La
Nuova Sardegna.
CAGLIARI «Sono sorpreso, che Dio mi
aiuti». L'algherese Michele Pais s'è emozionato non poco quando al voto numero
31, il centrodestra ha battuto le mani con ritmo incessante. Ecco, «abbiamo
eletto il nuovo presidente del Consiglio regionale». Ma «chi è, quello con la
barba?», ha chiesto Giorgio Oppi, il decano dell'assemblea, pronto a cedergli ruolo,
poltrona e microfono. Dentro cui l'avvocato civilista, 45 anni, dirà ancora più
tremante, dopo aver incrociato fra il pubblico lo sguardo di parenti e amici.
«Entrando in quest'aula, giovedì scorso, mai avrei immaginato di essere
chiamato a presiedere il Parlamento dei sardi. È per questo onore e onere
ricevuto che chiedo l'aiuto di Dio».
È stato questo il primo discorso
ufficiale, metà a braccio e metà scritto su un foglietto che gli tremava fra le
mani. Poi è cominciata la festa, durata fino al passaggio di consegne,
campanella compresa, con il predecessore Gianfranco Ganau.
Presidente,
il suo è stato un trionfo.
«La nostra maggioranza ha dimostrato
grande compattezza. Ho
ottenuto 36 voti su 36».
Voti
controllati, a uno a uno, grazie allo stratagemma su come ogni alleato avrebbe
dovuto scrivere il nome sulla scheda.
«Ogni consigliere è stato libero di
scrivere come voleva: Michele Pais, Pais Michele, l'avvocato Pais. Non ci vedo
nulla di strano».
Lei s'è
votato e ha scritto?
«Michele Pais. A scuola me lo ripetevano
spesso: mai il cognome davanti al nome».
Quindi
come tutti gli altri leghisti.
«Non ci ho badato».
Dopo la
sua elezione, arriverà il resto della Giunta?
«Le due situazioni non erano e non
sono collegate fra loro».
C'è chi
invece continua a dire il contrario: se Pais non fosse stato eletto con 36 voti,
sarebbe stato un disastro.
«Non credo proprio. Da una parte c'è
il presidente Solinas che, con grande capacità, sta lavorando per garantire
alla Sardegna un governo autorevole. Dall'altra, c'è la mia grande felicità che
ho voluta subito condividere con l'intera maggioranza. Il resto fa parte della
normale dialettica fra i partiti. Non parlerei di litigi in
corso, c'è un confronto in atto che
finirà bene».
È il
primo presidente leghista del Consiglio della Sardegna.
«Sono orgoglioso di essere un sardo
autonomista. Sono felice di rappresentare un partito che proprio sull'autonomia,
dovrà essere sempre più forte a favore delle Regioni, ha costruito la sua
storia».
Ma il
Nord, quello della Lega, è di solito un Nord poco generoso col Sud.
«Dopo un'esperienza in Alleanza Nazionale,
alla Lega mi sono avvicinato in punta di piedi. Mi sono messo a studiare e 18
anni fa, eletto consigliere comunale ad Alghero, ho capito sul campo che gli
obiettivi politici del partito e quelli miei erano gli stessi».
Quali
sono?
«Il diritto delle Regioni di
rivendicare maggiori spazi. Da sempre la nostra Sardegna è in grande credito
col governo nazionale».
Governo
Che da oggi in poi rischia di essere una sua controparte, nonostante Salvini.
«Mai cerco lo scontro, ma il confronto.
Col dialogo, questo Consiglio farà tutto il possibile per rivendicare le
prerogative della nostra terra e su questo sarò e saremo inflessibili».
Il primo
obiettivo politico.
«Dare più voce e forza ai Comuni. È
dalle periferie che dobbiamo far ripartire la Sardegna».
Che
carattere ha?
«Parlo schietto e diretto. Mi piace guardare
le persone negli occhi. Non sopporto i troppi tatticismi».
Dovrà
essere imparziale.
«Lo sarò sempre. La minoranza può stare
più che tranquilla».
Sui
grandi temi solleciterà l'unità del Consiglio regionale?
«Sarà indispensabile per trattare
alla pari con il Governo».
I
problemi sono un'infinità.
«Prima di tutto, voglio studiare bene
ogni articolo e comma del regolamento del Consiglio, per far sì che il nostro
compito di legislatori possa davvero migliorare la vita quotidiana della nostra
terra. Alghero compresa, perché con la mia città natale, ho un legame
speciale».
Sa che
rischia di essere l'unico politico del Nord Ovest ad avere un posto di comando.
«Quello che contano sono i risultati
che riusciremo a portare non solo per la mia Provincia, ma dovunque». (ua)
Intervista
tratta da “La Nuova Sardegna” del 10.04.2019
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Federico Marini
marini.federico70@gmail.com
skype: federico1970ca
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