martedì 21 novembre 2017

Rassegna stampa 21 Novembre 2017

La Nuova

Nella Finanziaria 2018 "solo" 300 emendamenti La volontà della giunta è approvare la manovra economica entro Natale Il centrosinistra chiede alcuni ritocchi sulla destinazione dei 7,7 miliardi.

Più veloce di qualunque altra Finanziaria della storia, è stata presentata a ottobre e dovrebbe essere approvata prima di Natale, quella del 2018 potrebbe conquistare anche un altro record: il minor numero di emendamenti presentati. Se ogni anno, chiunque governi, le correzioni richieste o pretese superavano almeno quota 500, questa volta non dovrebbero essere più di 300. Il numero esatto non c'è ancora e si saprà soltanto oggi, quando gli uffici della commissione bilancio del Consiglio metteranno in ordine la montagna di fogli firmati e depositati dai vari gruppi.

Stando a un primo censimento, la maggior parte - anche questa è una consuetudine - dovrebbe essere della minoranza di centrodestra. Quelli di maggioranza dovrebbero essere molti meno e comunque ancora da scrivere visto che il centrosinistra sarebbe ancora alla ricerca di «alcuni ritocchi importanti nell'assegnazione dei 7,7 miliardi di finanziamenti previsti dalla bozza presentata dall'assessore Raffaele Paci e approvata dalla giunta».

Sociale e lavoro. Su queste due voci il centrosinistra vorrebbe che i soldi in dotazione aumentassero. Articolo 1-Mdp lo ha dichiarato anche con largo anticipo: «Sul reddito di cittadinanza - ha detto di recente Luca Pizzuto - non ci possono essere tagli. Lo stanziamento deve aumentare, altrimenti io voterò contro». Anche la Cgil, che ha avviato delle consultazioni parallele con tutti i partiti, ha rilanciato sugli stessi temi: «Sono indispensabili 100 milioni destinati esclusivamente a un Piano straordinario per il lavoro di cui purtroppo non c'è ancora traccia».

Poi c'è stata la richiesta del Consiglio delle autonomie, il Cal, che ha sollecitato «maggiori trasferimenti dalla Regione ai Comuni, perché sono i sindaci ad affrontare per primi il dramma della povertà e della disoccupazione soprattutto nelle zone interne». La sintesi su questi possibili aggiustamenti l'ha fatta Franco Sabatini, presidente della commissione bilancio. «Come maggioranza - ha detto - dobbiamo avere più coraggio per contrastare il dramma della povertà e sostenere la ripresa che comincia a esserci». Il suggerimento dovrebbe essere accolto dalla maggioranza e anche dalla giunta, ed è per questo che alcuni emendamenti devono essere ancora scritti.

La sanità. Si sa che la il sistema continuerà a essere la voce in uscita più pesante del bilancio con quasi 3,5 miliardi. Anche - se secondo la Regione – i «conti cominciano a essere migliori anche grazie all'Asl unica e le altre riforme». Ottimismo però contestato dai Riformatori in un recente convegno. Il deputato Pierpaolo Vargiu è stato perentorio: «Altro che rinascita, la sanità è sull'orlo del disastro dopo tutti i pasticci voluti dal centrosinistra». Concetto ribadito dall'ex consigliere regionale Franco Meloni: «L'Asl unica è stata una buona idea ma applicata male e senza che sia riuscita ancora a incidere sugli sprechi. La spesa di oltre 3 miliardi non è eccessiva, è eccessiva l'enfasi con cui la giunta ha annunciato tagli dai 300 ai 400 milioni senza poi riuscirci. Anzi, l'ha sottostimata fino a provocare voragini ormai difficili da ripianare».

Più di una critica sulla sanità è arrivata anche dai banchi di maggioranza, con Augusto Cherchi, Partito dei sardi, che ha denunciato: «La garanzia dei livelli minimi di assistenza e le normali attività sono sempre più a rischio. Il mio è un grido d'allarme: vedo sempre più vicino il pericolo di un'interruzione del pubblico servizio. Un cambiamento di rotta non è solo necessario ma indispensabile».

I tempi. Stando alle previsioni, la Finanziaria 2018 dovrebbe essere approvata dalla commissione bilancio entro la prima settimana di dicembre e poi entrare subito dopo in aula.


Unione Sarda

IL SONDAGGIO. Il centrosinistra soffre, cresce M5S
Gli scenari aperti dal Rosatellum: migliora la situazione per il centrodestra

Il Rosatellum mette a dura prova i nervi del centrosinistra, a caccia
di alleanze sempre più difficili. E ad agitare i sogni del Pd ci sono
anche i sondaggi, come quello elaborato da Youtrend che, in Sardegna,
vede il Movimento 5 stelle in netto vantaggio. La legge elettorale
suggerisce ai partiti di unirsi per fare massa critica e cercare di
avere più voti.

NESSUN ACCORDO I partiti a sinistra del Pd non fanno sconti e
escludono l'alleanza. Mdp, Sinistra Italiana e Possibile scelgono la
strada alternativa con una lista unica che verrà ufficializzata il 3
dicembre. «Un'alleanza si fa su basi politiche», spiega il segretario
di Mdp, Yuri Marcialis , «vogliamo un programma in netta discontinuità
con le politiche degli ultimi anni». Sulla stessa linea il segretario
regionale di Sinistra Italiana, Antonello Licheri : «Non siamo il
salvagente del Pd che pone il problema della coalizione al momento dei
calcoli». La possibilità è «confrontarsi dopo le elezioni su alcuni
temi», spiega il rappresentante di Possibile, Thomas Castangia , «ma
non possiamo allearci anche perché il nostro elettorato non lo
accetterebbe». Non è così per Campo progressista che invece intende
chiudere l'accordo con il Pd.

LA CONFERMA Il vantaggio è una «conferma incoraggiante», per Mario
Puddu , sindaco di Assemini e leader del M5S. Ma comunque serve
prudenza: «Così come trovo sbagliato abbattersi quando le cose non
vanno bene, questo dato non deve accontentarci». L'obiettivo è
«spiegare il programma ai cittadini e concentrarci sulle persone che
non votano - dice - lavoriamo sugli indifferenti perché l'astensione è
la vera sconfitta delle forze politiche». Sul futuro Puddu è convinto
che «ogni elezione sia una partita isolata e noi vogliamo comunque
giocarla per vincere».

FIDUCIOSI Il coordinatore regionale di Forza Italia, Ugo Cappellacci ,
è convinto che i sondaggi «rilevano la crescita del partito insieme al
centrodestra in tutta Italia». Un segnale che «incoraggia ad andare
avanti», anche se per l'esponente azzurro «il vero sondaggio sarà il
voto popolare che vedrà prevalere il centrodestra». (m. s.)

CONSIGLIO. Doppia preferenza, alta tensione Pigliaru: «Evitare il voto segreto»
Oggi in aula senza intesa sulle “liste paritarie”. Agus: se non passa mi dimetto

Arrivano gli ultimi appelli a votare sì e in modo palese, compresi
quello di Francesco Pigliaru e del segretario regionale del Pd: ma
sulla doppia preferenza di genere l'aria che tira non è buona. Ieri,
alla vigilia dell'esame in Consiglio, si è riunita la commissione
Autonomia, per cercare una sintesi sull'emendamento che martedì scorso
aveva causato il rinvio della discussione, o, in caso contrario, per
decidere sul ritiro e portare in Aula la doppia preferenza secca. Ma
l'intesa non è arrivata: parti della maggioranza non intendono
ritirare la proposta sulla perfetta parità nella composizione delle
liste e sulla presenza di candidati in numero pari anche in collegi
con seggi dispari.

IL CASO Il presidente della commissione, Francesco Agus, ha minacciato
le dimissioni: «Sono il relatore di questo testo, non potrei rimanere
alla guida di un organismo in un Consiglio regionale incapace di
portare avanti la parola data». Per l'esponente di Campo progressista
la responsabilità rispetto a quanto succederà stasera «è della
maggioranza, è compito suo garantire i voti per approvare le leggi. A
volte ci si dimentica che il centrosinistra aveva preso un impegno con
gli elettori sulla doppia preferenza di genere».

Non solo: «Credo che la non approvazione segnerebbe la fine quanto
meno politica della maggioranza di centrosinistra». Ecco perché si
aspetta di vedere in aula il presidente della Regione, che ieri ha
postato su Facebook il suo appello: «L'unico voto giusto è quello
favorevole, chiaro e palese», ha scritto Pigliaru, «la politica trovi
tutto il suo senso di responsabilità per affermare con forza,
determinazione e senza indugi questo principio di democrazia e di
civiltà». «No a tentennamenti o a subdole operazioni machiavelliche»,
ammonisce il segretario del Pd, Giuseppe Luigi Cucca: «Il mancato via
libera sarebbe una regressione culturale che rischierebbe di
compromettere l'immagine della nostra regione nello scenario
nazionale».

LE POSIZIONI Appelli anche dalle assessore al Turismo e all'Ambiente,
Barbara Argiolas e Donatella Spano. «I consiglieri devono cogliere la
sensibilità che c'è fuori dall'aula sulla parità di genere», dice la
prima. «È una sensibilità che proviene da tutti i territori», rimarca
Spano. Anna Maria Busia, presidente del gruppo misto, ricorda che «la
doppia preferenza non è un obbligo, non vincola l'elettore, è solo
un'ulteriore opportunità, e non altera i risultati elettorali».

Intanto le donne del Coordinamento 3 invitano l'azzurro Mariano Contu
a lasciare “Sardegna”, il gruppo costituito dagli anti-stralcio
Marcello Orrù e Gennaro Fuoco (Psd'Az) e Paolo Truzzu (FdI) e che
potrebbe far ricorso al voto segreto. Proprio FdI, ieri ha ribadito le
motivazioni della sua scelta: «La doppia preferenza è un falso
problema, una riforma che non dà diritti alle donne e non favorisce la
loro partecipazione alla vita politica locale e nazionale».
Roberto Murgia


Politica regionale - Sulla doppia preferenza rischia il centrosinistra

CAGLIARI
Non doveva essere così, ma lo sarà: una roulette russa. Da scontata è
diventata incerta, o peggio potrebbe essere affossata una seconda
volta, come in quel tremendo giugno del 2013. La doppia preferenza di
genere ritorna questo pomeriggio in Consiglio regionale, ma alla
vigilia non si sa se l'attesa leggina avrà o meno un lieto fine. Se
saranno applausi, in caso di approvazione, o fischi se invece
arrivasse una clamorosa bocciatura, non si sa davvero. Perché se fuori
dal Palazzo tutti - ma proprio tutti - chiedono, anzi pretendono a
gran voce finalmente la parità di genere a partire dalle prossime
elezioni regionali del 2019, purtroppo dentro il Consiglio è un
susseguirsi di possibili trappole e agguati, e tutti potrebbero
scattare dalle 16 di oggi in poi.

Accordo saltato. L'ultimo tentativo
di approvare la riforma a larga maggioranza, cioè con i voti di tutto
il centrosinistra e gran parte del centrodestra, è fallito
ventiquatr'ore fa. Convocata d'urgenza, la commissione riforme non è
riuscita a districarsi dal labirinto degli emendamenti in cui si è
cacciata: sono quelli che una settimana fa avevano provocato
l'inatteso rinvio del voto. Se dopo sette giorni il Partito dei sardi
un passo indietro l'ha fatto sul raddoppio o meno dei candidati/e nel
collegio dell'Ogliastra, in estrema sintesi non è d'accordo che
passino dagli attuali 2 a 4, però s'è detto disponibile a discutere
possibili soluzioni alternative dopo il via libera al testo originale
della legge.

Il Pd invece non ha ritirato l'altro emendamento, ed è
quello presentato una settimana fa, insieme a quasi tutti gli altri
capigruppo, con in testa Forza Italia, che «impone la composizione
delle liste equamente divise, 50 e 50 per cento, fra candidati e
candidate» e «pareggia il numero dei candidati nell'unico collegio in
cui i seggi da assegnare sono dispari», i tre del Medio Campidano. Per
scriverla fino in fondo: quei due emendamenti che dovevano migliorare
la legge, sono diventati cappi al collo.Dimissioni pronte. In sette
giorni non è cambiato quasi nulla e c'è ancora la stessa situazione di
stallo. Commentata così da Francesco Agus, Campo progressista,
presidente della commissione riforme: «Sono molto preoccupato. Con
sincerità, non so come potrebbe finire.

Ma sia chiaro: oggi più che
mai spetta alla maggioranza di centrosinistra garantire comunque i
voti per il via libera alla doppia preferenza di genere. Arrivo a
dire: non importa se col voto segreto o senza, se con o senza gli
emendamenti. Basta, la legge deve passare in ogni caso. È questo
l'impegno che abbiamo preso nella campagna elettorale vinta nel 2014 e
dobbiamo rispettarlo». E se così non fosse? «Mi dimetterei dalla
presidenza un attimo dopo. È ovvio: non potrei rimanere neanche un
secondo in più alla guida di un organismo del Consiglio regionale
incapace di mantenere la parola data. Vado oltre: la bocciatura della
riforma rappresenterebbe nei fatti anche la fine politica della
maggioranza di centrosinistra e autonomista, con effetti
inimmaginabili».Voto segreto possibile.

Come se non bastasse
l'intreccio o snodo scorsoio degli emendamenti, c'è un rischio in più.
È l'ipotesi che il neonato gruppo «Sardegna», formato da Marcello
Orrù, presidente, Gennaro Fuoco, relatore di minoranza, Paolo Truzzu,
Fdi-An, e Mariano Contu, adesione tecnica da Forza Italia, possa
chiedere uno o più voti segreti sugli emendamenti, su uno degli
articoli, sono tre in tutto, o sull'intera legge. Se così fosse gli
incerti nascosti nei vari gruppi, ci sono e certo non si sono certo
mostrati a viso aperto, potrebbero aggregarsi ai già sicuri voti
contrari di Orrù e più fino ad affossare la legge. Certo, per riuscire
nell'agguato i franchi tiratori dovrebbero essere almeno una ventina e
pare che, almeno, sulla carta il partito degli «uomini mascherati»
questi grandi numeri non ce li abbia. Però approvare una legge di
questo peso con un sì risicato, cioè appena sufficiente, o a
larghissima maggioranza è evidente sarebbe ben altra cosa.

Purtroppo non tutti in Consiglio questa sottigliezza l'avrebbero capita: è il
confine fra la bella figura e una possibile figuraccia.Gli ultimi
appelli. Su tutti quello del governatore Francesco Pigliaru: «L'unico
voto giusto è quello favorevole, chiaro e palese. La politica trovi
tutto il suo senso di responsabilità per affermare, con forza e
determinazione e senza indugi questo principio di democrazia e
civiltà: la doppia preferenza di genere». Subito dopo l'appello
insieme delle due assessore Donatella Spano (ambiente) e Barbara
Argiolas (turismo): «I consiglieri regionali devono cogliere la
richiesta che arriva da tutti i territori e non possono girare la
faccia altrove». Anche il segretario regionale del Pd, Giuseppe Luigi
Cucca, è ritornato alla carica: «Il no sarebbe una regressione
culturale che rischierebbe di compromettere l'immagine della
Sardegna». Infine, il movimento Meglio in due, il primo a cominciare
questa battaglia, «Se il Consiglio non dovesse approvare la riforma,
farebbe bene a sbaraccare». (ua)

Busia: «È un'opportunità
per riequilibrare l'aula»

di Alessandro PirinawSASSARIÈ una delle quattro donne della
legislatura in corso. Appena 4 su 60 consiglieri. Neanche il 7 per
cento dell'assemblea. Ed è proprio per colmare questo gap che Anna
Maria Busia, eletta con il Centro democratico e presidente del Gruppo
misto, si batte per l'introduzione della doppia preferenza di genere.
Insieme a lei c'è quasi tutto il Consiglio, ma la paura è che lo sia
solo a parole. Il rischio è che il voto segreto possa capovolgere i
pronostici come nel 2013. Onorevole Busia, perché sì alla doppia
preferenza?«Per superare uno squilibrio che è sotto gli occhi di
tutti. Ma proprio a tal proposito vorrei superare alcuni equivoci che,
volutamente o meno, hanno condizionato il dibattito fin dalle
origini». Tipo?«Il primo punto riguarda la facoltatività della doppia
preferenza di genere, che non solo non è un obbligo, non vincola
l'elettore, ma deve essere vista come ulteriore opportunità, come
possibilità aggiuntiva. Chi va a votare può continuare a esprimere una
sola preferenza, oppure se ritiene, se vuole cogliere l'opportunità,
può indicare una seconda preferenza che deve essere di genere diverso
rispetto alla prima.

Questo strumento non è in alcun modo idoneo ad
alterare il risultato elettorale; se lo strumento viene utilizzato
porta sicuramente a un riequilibrio della composizione del Consiglio
regionale, ma se non viene utilizzata, essendo meramente facoltativa,
può permanere lo stesso squilibrio. Nessun privilegio, nessun
vantaggio, nessuna riserva indiana, come impropriamente viene
sostenuto da qualcuno». Ma perché allora fa tanto discutere
l'introduzione della doppia preferenza?

«Per una semplice ragione: il
naturale istinto di sopravvivenza di chi cerca di preservare il
proprio ruolo e non è disponibile a essere estromesso. Questo
strumento funziona, ha dato ottimi risultati in tutte le regioni in
cui è stato introdotto e nei comuni italiani con più di 5mila abitanti
aumentando in maniera considerevole il numero delle elette. Tutti gli
altri argomenti utilizzati per opporsi all'introduzione di questa
possibilità ulteriore per gli elettori sardi è solo fumo negli occhi».
In questa legislatura siete solo 4 consigliere: con un'assemblea con
più donne cosa sarebbe cambiato?

«Io credo che una maggiore presenza di
donne avrebbe cambiato l'esito di alcuni provvedimenti. Noi ci
accorgiamo subito di problemi che non vengono immediatamente percepiti
dagli uomini, abbiamo un modo diverso di vedere le cose. Penso alle
battaglie per i centri antiviolenza o il contributo che abbiamo dato
sulla riforma sanitaria». Oggi sarà il giorno del giudizio: ha paura
del voto segreto?«È stato creato questo gruppo con un presidente che
dichiara apertamente di essere contrario alla doppia preferenza.
Intorno, però, tutti i consiglieri hanno dichiarato di essere
favorevoli alla sua introduzione, si sono spellati le mani, hanno
fatto comunicati stampa parlando per sé stessi e per i gruppi di
appartenenza. Se poi i numeri non coincideranno scopriremo che quei
proclami servivano solo a crearsi un alibi».

Truzzu: «Per essere elette serve più partecipazione»

SASSARIA parole la vera riserva indiana sembra quella del gruppo
Sardegna, dove i suoi consiglieri sono gli unici ad aver dichiarato la
loro contrarietà alla doppia preferenza. E neanche tutti. Mariano
Contu, Forza Italia, ha infatti annunciato che oggi non sarà in aula.
Restano in tre - il capogruppo Marcello Orrù (Psd'Az), Paolo Truzzu
(Fratelli d'Italia) e Gennaro Fuoco (Uds) - contro gli altri 56
schierati tutti per il sì. Ma non è un mistero che il voto segreto
potrebbe scrivere un epilogo diverso. Onorevole Truzzu perché no alla
doppia preferenza?«Perché non aiuta ad aumentare la presenza delle
donne. Il vero problema che abbiamo oggi riguarda la partecipazione
delle donne in politica, bisogna lavorare su quella. Ma purtroppo il
sistema di welfare che abbiamo non consente alle donne di conciliare
l'attività politica con la famiglia e il lavoro.

Anche gli uomini che
partecipano alla politica devono fare rinunce di un certo tipo, ma
gran parte del carico familiare ricade sulla donna, che è prima mamma,
poi badante e infine nonna».C'è chi sostiene che molti consiglieri
uomini abbiano paura di perdere potere con più donne nell'aula. «Di
certo io non potrei essere tra questi visto che faccio parte di un
partito, Fratelli d'Italia, che è l'unico guidato da una donna,
Giorgia Meloni. Anche io l'ho votata, e non perché è donna, ma perché
è la più brava. Piuttosto dobbiamo chiederci perché le donne
primeggiano in tanti campi e solo in politica non riescono a emergere.
Solo a Cagliari sono donne il rettore dell'università, il prefetto, il
capo della Procura, la presidente della Corte d'appello.

Dobbiamo fare
in modo che le donne possano partecipare in maniera più attiva alla
politica e a quel punto, ne sono certo, saranno anche elette. Più che
la doppia preferenza sa qual è il vero problema?».Dica.«Che in
Sardegna abbiamo una legge elettorale scritta male che non garantisce
la rappresentanza. Nel 2014 Fratelli d'Italia ha preso 19mila voti e
l'Uds 17mila. Eppure, pur essendo nella stessa coalizione, noi abbiamo
un solo consigliere e loro due. Credo che più che della doppia
preferenza dovremmo preoccuparci di queste ingiustizie». Oggi, però,
il Consiglio regionale sarà chiamato a votare la doppia preferenza e
voi chiederete il voto segreto...

«In questi giorni si è fatta una
dietrologia clamorosa. Io ho detto solo che il voto segreto è stato
istituito per tutelare la libertà di coscienza dei consiglieri
regionali, svincolandoli dalla linea imposta dal gruppo di
appartenenza. Ma non lo abbiamo mai chiesto».Oggi lo chiederete?«È
un'ipotesi. Ma sinceramente non mi è piaciuto il clima di
intimidazione che si è respirato in questi giorni da parte dei
rappresentanti di genere».Ma tra i consiglieri favorevoli alla doppia
preferenza c'è qualcuno che le ha detto: "In caso di voto segreto
potrei cambiare idea"?«Non mi faccia dire cose che non posso. Più che
altro non capisco tutta questa preoccupazione visto che a dire
apertamente no alla doppia preferenza siamo stati solo in tre su 60.
Qualcosa non torna». (al.pi.)

Meridiana, primi passi la flotta crescerà a 40 aerei
Dai sindacati le prime indiscrezioni sul nuovo piano industriale della società
Trattative dell'azienda con i sindacati per il nuovo contratto dei piloti

OLBIA
La nuova vita di Meridiana procede a passi veloci. Il Qatar ha fissato
le prime tappe del nuovo corso. Entro metà dicembre Meridiana renderà
noti il nome del nuovo amministratore delegato e il suo piano
industriale frutto del matrimonio con Qatar Airways. Il piano prevede
anche l'incremento immediato degli aerei. Si parla di 40 velivoli,
numero sufficiente per consentire il riassorbimento degli esuberi. Le
notizie filtrano da fonti sindacali secondo le quali la compagnia
aerea sarebbe in procinto di fare il grande passo attraverso
importanti investimenti sulla flotta.

Stando a quanto trapela, il
nuovo piano industriale di Meridiana prevede di riportare il numero
degli aerei al periodo d'oro dell'azienda, ovvero 40 velivoli che
dovrebbero consentire di riassorbire gran parte del personale in
esubero licenziato il 26 giugno del 2016. I prossimi passaggi
dovrebbero essere la firma del nuovo contratto di settore, secondo il
modello nazionale, per piloti e assistenti di volo, seguita dalla
unificazione del Coa, il certificato di operatore aeronautico che
attualmente è diviso fra quello di Airitaly e di Meridiana. È in corso
la trattativa per la definizione delle nuove condizioni contrattuali
iniziata il 26 giugno del 2016 e poi interrotta in attesa della
ufficializzazione dell'ingresso del Qatar nella compagine societaria.

Il 15 e 16 novembre si sono svolti gli incontri con le sigle
firmatarie dell'accordo quadro del 2016: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Anpav e
Anpac. Su questo fronte si registra la protesta delle tre sigle che
non avevano voluto firmare. In un comunicato congiunto Usb, Apm e
Cobas invitano l'azienda «ad includere i sindacati maggiormente
rappresentativi di piloti e di assistenti di volo al tavolo delle
attuali trattative».

La compagnia fa sapere che ascolterà «come ha
sempre fatto, anche le voci di Usb, Apm e Cobas ma le tre sigle non
partecipano alle riunioni con i sindacati che hanno firmato
l'accordo». Mistero resta ancora su altri due aspetti. Il cambio del
nome e il trasferimento della sede. I vertici della compagnia hanno
assicurato che a Olbia resterà il cuore della compagnia. E lo hanno
ribadito anche nel faccia a faccia dei giorni scorsi con la Regione.

-----------------
Federico Marini

skype: federico1970ca

Nessun commento:

Posta un commento