La
Nuova
Rapporto
svimez 2017 Culle vuote e poco lavoro. L'economia sarda è al palo, di Gianna
Zazzara.
Pochi laureati, pochissimo lavoro,
zero nascite e altissimo rischio di povertà. È questa la fotografia della
Sardegna scattata dal rapporto dell'associazione Svimez sull'economia del
Mezzogiorno, che non vede alcuno spiraglio di ripresa neanche nel 2018.
Nonostante il Pil nel Centro-Sud sia cresciuto dell'1% nel 2016, l'isola fa
fatica ad agganciare la ripresa: tra le regioni meridionali è in coda alla classifica
per reddito pro capite e per occupati.
Anzi, è la regione dove
l'occupazione è calata di più, soprattutto nel settore dell'edilizia. Come se
non bastasse, a ciò si aggiunge l'aumento delle tasse e il crollo degli
investimenti pubblici che ha aumentato il divario infrastrutturale con il resto
d'Italia. L'unica nota positiva arriva dall'agricoltura: la Sardegna è l'unica
regione del Mezzogiorno ad aver migliorato le proprie performance.
Occupazione. Il tasso di occupazione
nel Mezzogiorno è il più basso d'Europa (35% al di sotto della media Ue),
nonostante nei primi 8 mesi del 2017 siano stati incentivati oltre 90mila
rapporti di lavori nell'ambito della misura "Occupazione Sud". Fa
rabbrividire, poi, il tasso di occupazione giovanile che si ferma al 28,1%
rispetto al 47,3 delle regioni del centro-nord.
La Sardegna, anche in questo caso,
riesce a fare peggio delle altre regioni del Mezzogiorno. Mentre nel 2016 al
sud l'occupazione è cresciuta dell'1,7% - soprattutto tra gli ultracinquantenni
e a tempo parziale - la Sardegna è l'unica regione in cui gli occupati sono
calati e i numeri restano lontani da quelli prima della crisi: nell'isola ci
sono quasi il 7% in meno di occupati.
Fa paura anche la disoccupazione,
soprattutto quella dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che supera il 56% contro
il 16,1 del Centro-Nord. «Quei dati si riferiscono al 2016 - ha commentato
l'assessore regionale al Lavoro Virginia Mura - Le ultime statistiche mostrano
un netto miglioramento della situazione lavorativa nell'isola. Nei primi sei
mesi del 2017 le assunzioni sono state in crescita e in percentuale sono
cresciute più nella nostra regione che nel resto d'Italia».
Il capitale umano. Alla fine del
2016 il Mezzogiorno ha perso altri 62mila abitanti. Ma non la Sardegna dove i
residenti restano stabili. Mentre il pendolarismo verso le regioni del centro-nord
o verso l'estero è molto accentuato in Abruzzo, Campania e Calabria, neanche
l'1% dei sardi decide di andare a cercare lavoro fuori dall'isola. Anche perché
la stragrande maggioranza è anziana. I giovani sono pochi e lo saranno sempre
di più in futuro dal momento che i sardi non fanno figli.
Università. I giovani sardi non solo
sono pochi, ma sono anche poco istruiti. Come nel resto del Mezzogiorno, la quota
media di laureati in Sardegna è bassissima (intorno al 14%). A questo dato si
associa il crollo delle immatricolazioni nelle università sarde. Secondo il
rapporto Svimez l'unico modo per invertire la tendenza è aiutare gli studenti
con le borse di studio.
Redditi e povertà. In Sardegna, come
nel resto del Mezzogiorno, un residente su tre è a rischio povertà, soprattutto
tra i lavoratori con un basso tasso di istruzione, gli stranieri e i giovani.
Crolla anche il reddito procapite: meno 7%.
Pressione fiscale. Nonostante il calo
del reddito procapite, la pressione fiscale in Sardegna è aumentata, come nel
resto del Mezzogiorno. Mentre al Nord sono calate, nel Sud le tasse sono salite
dal 29,5 al 32,2%. Diminuisce invece la spesa pubblica complessiva che è più
bassa rispetto al Centro-Nord.
Infrastrutture. Aumenta il divario
infrastrutturale. La Sardegna, insieme al Molise e alla Basilicata, è la
regione dove lo Stato investe di meno e con scelte qualitative orientate prevalentemente
a garantire un servizio di base, senza alcun miglioramento tecnologico.
Renzi non
molla Alleanza nel caos
In tv
senza Di Maio: «Pd è indietro, ma l'Italia non è stanca»
«Premier?
Dibattito sterile». Rosato: «Gentiloni spendibile»
di Serenella Mattera
ROMAAltro che passo indietro. Matteo
Renzi non intende farsi immolare
da chi «è contro il Pd» sull'altare
dell'unità a sinistra: «Sono mesi
che cercano di mettermi da parte, ma
non ci riusciranno nemmeno
stavolta». Il segretario dei Dem lo
mette per iscritto in tarda
mattinata, mentre Pier Luigi Bersani
e Massimo D'Alema, uscendo dalla
direzione di Mdp, sigillano
l'ennesimo «no» a un'alleanza con il Pd di
Renzi con l'auspicio che Pietro
Grasso scenda in campo da leader della
nascente lista unitaria della
sinistra: «Ci starebbe da Dio...»,
sospira Bersani. Ma i giochi sono
appena iniziati, si attendono le
mosse di Giuliano Pisapia e i
dirigenti Dem lavorano a pieno ritmo per
accorciare le distanze.
Tanto che entra nel dibattito in
chiave
unitaria il nome di Paolo Gentiloni.
Perché se la sinistra si divide
dal Pd, rischia di diventare una
chimera lo schema indicato da Renzi:
«Coalizione senza veti per il 40%».
«In due settimane» si può
costruire un'alleanza che porti il
centrosinistra unito al voto:
questa legge elettorale consente di
correre insieme nei collegi, ma
«ciascuno col suo simbolo e leader».
È il «lodo» con cui Dario
Franceschini prova a sbloccare la
partita. Una soluzione, voluta dallo
stesso leader Dem, che garantirebbe
a Renzi di presentarsi da
candidato premier del Pd e alla
sinistra di scegliere il suo
«frontman»: dopo le elezioni darebbe
le carte chi ha avuto più voti.
Ma l'offerta non sembra far breccia
fuori dal Pd. Resta forte il
sospetto degli uomini vicini a
Giuliano Pisapia che Renzi voglia
ridurre Campo progressista a una
«costola» del Pd.
E Mdp, con Massimo
D'Alema (che cita lo stesso
Pisapia), chiede «discontinuità di
contenuti e leadership». «Questo
dibattito è solo tatticismo», taglia
corto Bersani. «La vera
discontinuità utile è l'unità del
centrosinistra», replica Maurizio
Martina. E Franceschini insiste:
«Dobbiamo superare i rancori». Anche
Walter Veltroni fa un appello a
«stare uniti pur non amandosi». I
luogotenenti renziani, da Lorenzo
Guerini a Matteo Richetti, per tutto
il giorno si spendono in colloqui
con esponenti di centro e sinistra,
per tessere la tela della
coalizione. Ma secondo gli
orlandiani serve di più: un candidato
premier unitario.
E Luigi Zanda invita Renzi a
«spezzare» la
coincidenza tra segretario e
candidato premier Pd: «Lo ha fatto un
anno fa con Gentiloni e ha
funzionato», sottolinea. «Gentiloni è un
nome spendibile», dice anche Ettore
Rosato, che è molto vicino a
Renzi. Ma è uno «scivolone» che
Rosato poi chiarisce: «Il candidato Pd
è Renzi». A mettere in chiaro le
cose ci pensa poi lo stesso leader
Dem, che già si proietta verso la
campagna elettorale (stoppando chi
vorrebbe il voto a maggio e non a
marzo). In serata rilancia la sua
sfida nello studio di Floris a La7,
dove si presenta nonostante Di
Maio abbia annullato il duello. «I
sondaggi? Abbiamo molto da
recuperare - ammette - Ci accusano
di essere stati troppo amici di chi
ha potere», ma con orgoglio, anche
in risposta a Grasso, nega che
l'Italia «sia stanca e delusa, c'è
tanta bella gente che vuole
mettersi in gioco».
La premioership? «Dibattito sterile,
deciderà il
Parlamento». Sulle banche rivendica:
«Negli anni le hanno spolpate e
tutti zitti. Se uno ha paura di
stare contro le burocrazie, ha
scheletri nell'armadio. Io non ne ho
e voglio la verità».«Non mollo e
non sarò mai il segretario dei
caminetti - aveva scritto nella e-news
- ma siamo già oggi in coalizione e
se smettiamo di litigare,
allargando ancora a centro e a
sinistra, possiamo arrivare al 40%. Non
abbiamo veti verso nessuno». Ma la
sinistra non sta ferma. Roberto
Speranza (Mdp), Nicola Fratoianni
(Si) e Pippo Civati (Possibile)
lanciano la «road map» per la lista
unitaria. Giuliano Pisapia
domenica indicherà ai suoi il
cammino. E ieri mattina il deputato
«pisapiano» Ciccio Ferrara ha incontrato
proprio Grasso.
Pigliaru
contro la Difesa: non può decidere da sola
Il
governatore: riunione per discutere sul calendario delle esercitazioni
Polemica
anche sugli indennizzi: lo Stato non paga i Comuni dal 2010
CAGLIARIL'Esercito non può fare e
disfare come vuole. Ci sono delle
regole da seguire anche quando ci
sono di mezzo le servitù militari ed
è stato questo, in estrema sintesi,
il richiamo del presidente della
Regione. Francesco Pigliaru l' ha
sollevato all'inizio e durante la
convocazione straordinaria del
Comitato paritetico (militari e civili
allo stesso tavolo) sulle servitù.
Caso esercitazioni. La convocazione
straordinaria - ed è la seconda
volta che accade da quando è stato
costituito il Comitato - era
diventata necessaria dopo che, a maggio,
c'era stato lo strappo sul
calendario delle esercitazioni militari da
settembre fino a dicembre.
I rappresentati nominati dalla
Regione
avevano abbandonato quella riunione
e l'Esercito, in perfetta
solitudine, aveva approvato date e
tipo delle manovre. Ora un
incidente di questo tipo non
dovrebbe ripetersi, perché «d'ora in poi
quando manca una componente, l'altra
non potrà non potrà decidere da
sola». E così sarà sin dalla
prossima riunione del Comitato, è stata
convocata il 21 novembre, per
discutere il calendario delle
esercitazioni nel primo semestre del
2018. I colpi di mano, in altre
parole, non saranno più possibili da
una parte e neanche
dall'altra.Caso indennizzi. Nella
riunione straordinaria, nella sala
giunta di viale Trento, è saltato
fuori anche un altro problema
complicato: gli indennizzi non sono
stati ancora pagati ai Comuni su
cui gravano i poligoni.
Lo Stato è in arretrato dal 2010 e
fino al
2015 non ha trasferito a Teulada,
Sant'Anna Arresi, Villasor,
Decimomannu, Villaputzu, Perdasdefogu,
Ulassai, Villagrande e La
Maddalena neanche un euro dei 15
milioni previsti per quei cinque
anni. Il generale Gian Domenico
Pintus, che presiede il Comitato
paritetico, ha fatto sapere che
c'erano a disposizione otto milioni e
mezzo, ma «nel frattempo non ci sono
più. Sono stati riassorbiti dal
bilancio dello Stato». Una decisione
anche questa - hanno sottolineato
Pigliaru e i rappresentati della
Regione - «unilaterale senza neanche
ci sia stato un minimo contatto fra
le parti». C'è di peggio, è venuto
fuori sempre dall'incontro che il
ministero della difesa, senza
consultare la Regione, ha deciso
comunque di ridurre la quota
d'indennizzo che spetta alla
Sardegna.Da 3 milioni l'anno a non più di
1,9 milioni per il 2015 e a 2
milioni e 100mila euro per il 2016,
comunque indennizzi anche questi
ancora sulla carta e destinati a far
salire il debito totale dello Stato
a 21 milioni .
«Siamo di fronte all'ennesima
prevaricazione», è stata la denuncia dei componenti
civili del Comitato. Subito raccolta
dal presidente Pigliaru, che ha
scritto, seduta stante, una lettera
di protesta al ministro della
difesa Roberta Pinotti, per
«rimarcare il ruolo che deve avere il
Comitato in ogni fase del confronto
sulle servitù militari». Con anche
un'altra beffa: al Trentino l'indennizzo
è stato aumentato del 5 per
cento, alla Valle d'Aosta del 3,
mentre alla Sardegna - che sopporta
più della metà delle basi militari
nazionali - è stato ridotto
addirittura del 10. Come mai visto
che le servitù militari sono
rimaste le stesse?
La domanda è caduta nel vuoto, ma
forse la risposta
è questa: alla Sardegna il ministero
della difesa continua a far
pagare il gran rifiuto del 2014,
quando Pigliaru disse no al rinnovo
della convenzione sulle servitù
militari. Da allora è vero che con il
governo è cominciata una lunga
trattativa sulle dismissioni, è ancora
in corso, ma si vede che qualcuno, a
Roma, non s'è dimenticato
dell'affronto di tre anni fa e per
quel qualcuno la vendetta - si vede
- è un rancio da servire freddo.
(ua)
L'annuncio
in un tweet da Singapore. La compagnia: «Nulla è deciso».
La
Regione: «Resti sarda» Il caso: «Meridiana diventerà Air Italy»
OLBIAL'era del Qatar per Meridiana
comincia con un raggelante tweet da
Singapore che annuncia: «La
compagnia sarà rinominata Air Italy».
L'account è quello del Capa - Centre
for aviation che riporta le
parole del potente Akbar Al Baker,
amministratore delegato di Qatar
airways, presente al vertice tra
vettori aerei. «Vogliamo veramente
essere il vettore nazionale e
servire gli italiani», dice ancora Al
Baker, come riferito dallo stesso
tweet del Capa.
Naturalmente, le
parole del manager di Qatar airways
hanno provocato uno scossone in
Sardegna e a Olbia, perché se così
fosse significherebbe davvero
l'addio a Meridiana così come
conosciuta sinora e, soprattutto, il
trasferimento della base operativa
da Olbia a Milano. Lapidario il
commento di Meridiana: «La questione
è ancora oggetto di analisi e, in
ogni caso, la stessa attiene al
marchio e non agli assetti societari
del gruppo».Da Cagliari batte un
colpo anche la Regione. Il
governatore Francesco Pigliaru e
l'assessore ai Trasporti Carlo
Careddu avevano già deciso di
parlare con i vertici di Meridiana. Un
incontro con l'amministratore
delegato Marco Rigotti è già fissato per
il 21 novembre. «Vogliamo conoscere
il piano industriale - dice
Careddu -. E per noi resta
fondamentale che cuore, sede e cervello di
Meridiana restino in Sardegna, a
Olbia. Più volte abbiamo messo questo
punto come un paletto fondamentale.
Aspettiamo di capire cosa diranno
i manager della società. È chiaro
che noi auspichiamo che Meridiana
cresca e possa riassorbire tutto il
personale. In questi anni mentre
in troppi cantavano il de profundis
per la compagnia abbiamo lavorato,
anche in collaborazione con il
ministro Graziano Delrio, per il suo
salvataggio. Ci siamo riusciti.
Certo non lo abbiamo fatto per fare
andare via la compagnia.
Vigileremo».Durissimo il commento del
deputato di Unidos Mauro Pili, che
nei giorni scorsi aveva ipotizzato
un simile scenario. «Un colpo letale
- dice Pili - Meridiana sarà
cancellata, cambierà nome dopo aver
fatto passare tutti gli aerei
sotto Air Italy. La storica
compagnia sarda non esisterà più.
L'operazione che avevo denunciato
nei giorni scorsi viene di fatto
confermata e aggravata da questa
dichiarazione inaspettata e
inaccettabile rispetto agli stessi
accordi con il governo». In realtà
la compagnia aerea fondata nel 1963
dall'Aga Khan aveva già cambiato
nome una prima volta nel 1991 quando
da Alisarda diventò Meridiana.
Anche allora come oggi la
motivazione era dettata dalla necessità di
ampliare gli orizzonti: cioè dare
alla vecchia Alisarda una
connotazione più nazionale. Oggi
accade lo stesso con il Qatar che
lancia la sfida ad Alitalia e Akbar
Al Baker che annuncia di cambiare
nome alla compagnia utilizzando un
marchio come Air Italy che richiama
il nome Italia e che è già nel
portafoglio di famiglia. Air Italy,
infatti, è interamente controllata
da Meridiana, a sua volta nelle
mani della nuova AQA Holding che
appartiene al 49% alla Qatar airways
e al 51% ad Alisarda. (m.b.)
L'unica
offerta arriva da chi aveva già vinto la precedente gara
Careddu:
«Ora lavoriamo ai nuovi bandi». Incontro chiave a Bruxelles
Alghero-Roma
salvo La rotta va a Blue Air
di Luca Rojch
SASSARI
Il Risiko dei cieli è completo. O
almeno una sua versione provvisoria,
ma essenziale per consentire ai
sardi di volare con la continuità
territoriale. L'ultima tessera del
rompicapo ha la livrea della Blue
Air. La compagnia romena è l'unica
che ha presentato l'offerta per la
rotta Alghero-Roma e si è
aggiudicata la procedura di emergenza
bandita dalla Regione. Da domani
sarà Blue Air a gestire i voli per
Roma dal Riviera del Corallo. Ultima
curva. Verrebbe da dire "tutto
come previsto" se il percorso
della continuità non fosse pieno di
colpi di scena. Dalla contestazione
dell'Ue, alla inattesa rinuncia di
Alitalia a una delle due rotte che
gestiva come Ct1 da Alghero.
Ha tenuto Milano e abbandonato Roma.
Sulle scelte pesano i conti incerti
della compagnia di bandiera. Blue
Air che si era già preparata a
gestire la nuova Ct1, aveva vinto la
gara annullata su Alghero, è
stata l'unica a presentare
un'offerta per garantire la rotta su Roma
fino a giugno.Passeggeri salvi. La
Regione mostra una moderata
soddisfazione. Scongiurato il caos
nei cieli. Si volerà senza
soluzione di continuità su Roma e
Milano. Nessuna difficoltà anche per
chi ha già comprato i biglietti con
Alitalia. Le compagnie hanno già
trovato un accordo e i passeggeri
saranno riprotetti in modo
automatico su Blue Air. La Regione.
Da parte della Regione un rush
finale per evitare il buco nei
cieli. «Si chiude il percorso aperto
con la proroga degli oneri di
servizio sulle tratte da Cagliari, Olbia
e Alghero verso gli scali di
Fiumicino e Linate - dice Careddu -.
Siamo soddisfatti per aver definito
nei tempi previsti e con un
impegno encomiabile della direzione
generale e della struttura
dell'assessorato tutti i
provvedimenti per non interrompere i
collegamenti aerei in continuità».
Blue Air. Sarà la compagnia con
sede in Romania a gestire la tratta,
ma la low cost si candida a
entrare nel mercato isolano da
protagonista. Ma per prima cosa dovrà
spazzare via i dubbi che
accompagnano le low cost che si affacciano
sul mercato. Tutti ricordano ancora
il caso Livingston che nel 2014
vinse il bando per la continuità, ma
venne estromessa per gravi
inadempienze dalla Regione.
«Vigileremo - garantisce l'assessore
Careddu -.
Il contratto è molto preciso su
quello che viene richiesto
alle compagnie. Per quello che so
Blue Air è una società solida.
Fattura 450 milioni di euro
all'anno. Ha una sua base a Torino da cui
trasporta un milione e mezzo di
passeggeri all'anno. Più di quanto
sono previsti dalla continuità. La
compagnia si era già attrezzata per
gestire le rotte in continuità da
Alghero. Per questo aveva acquistato
tre Boeing 737 nuovissimi, che userà
sull'isola. Per ora non ho motivi
per dubitare della serietà di questa
azienda. Ma la nostra attenzione
sarà massima».Passo dopo passo. Ma
l'assessore guarda già avanti e
lavora in collaborazione con il
presidente Pigliaru e il ministero dei
Trasporti ai nuovi bandi sulla Ct1.
«Chiudere il caso Alghero e la
proroga delal continuità è un passo
avanti. una buona notizia che
saluto con moderata e soddisfazione
- dice Careddu -. Ma ora ci
prepariamo alla madre di tutte le
battaglie: la disposizione del nuovo
bando. Ci lavoriamo alacremente. Ci
prepariamo all'incontro con la
commissione Ue». Alla fine della
settimana i vertici della Regione
andranno a Bruxelles per incontrare
i burocrati della commissione. Al
centro della discussione ci saranno
i nuovi bandi sulla continuità
territoriale. Si dovranno
confrontare due punti di vista diversi. Da
una parte la Regione che non vuole
rinunciare al diritto alla mobilità
dei sardi. Dall'altra gli
euroburocrati che hanno già intimato con una
lettera che la Sardegna rischia una
procedura di infrazione in caso di
una Ct1 troppo esigente con le
compagnie e troppo generosa con gli
oneri di servizio. Un terreno minato
su cui la giunta si deve muovere
con grande attenzione per evitare un
nuovo caos dei cieli. Anche per
questo è stata scelta una strategia
comune con il ministero dei
Trasporti.
L'assessore:
«Isola esclusa dalla ripartizione dei fondi, ora
un'azione
bipartisan». Ma Forza Italia si sfila
Province
a rischio, Erriu contro il governo
SASSARILe Province restano di nuovo
a secco. Gli enti intermedi
isolani rischiano di rimanere
esclusi dalla ripartizione dei fondi
nazionali. In pericolo dunque la
manutenzione delle strade, delle
scuole e del verde pubblico. A
lanciare l'allarme è l'assessore
Cristiano Erriu, che chiama tutte le
forze politiche, di maggioranza e
di opposizione, a marciare unite
contro lo scippo del governo. «Siamo
di nuovo punto e a capo: c'è il
forte rischio che le Province sarde e
la Città metropolitana di Cagliari
siano escluse dalla ripartizione
dei fondi nazionali loro destinati -
attacca Erriu -. Una decisione
incomprensibile e inaccettabile. La
Regione chiama a una mobilitazione
tutte le forze politiche presenti in
Parlamento e in Consiglio
regionale. Prepariamoci a una nuova
battaglia in difesa dei diritti
dei sardi». Anche la Conferenza
permanente Regione-Enti locali,
all'unanimità, «ha espresso una
ferma e netta opposizione al contenuto
del disegno di legge finanziaria
dello Stato che esclude le Province
della Sardegna dal riparto dei 352
milioni attribuiti per l'esercizio
delle funzioni fondamentali - dice
ancora Erriu -. Si tratta di
funzioni statali, e come tali devono
essere poste a carico del
bilancio dello Stato. Parliamo della
manutenzione di strade
provinciali e scuole medie superiori
e le numerose competenze in
materia ambientale.
Le responsabilità, anche penali,
connesse alle
mancate manutenzioni, costituiscono
una pesante futura ipoteca sulla
continuità dei servizi e delle
stesse funzioni fondamentali. Siamo
l'unica Regione in Italia che
sostiene l'attività delle Province, ma
ora la situazione sta precipitando».
Erriu cita il caso della
Provincia di Nuoro. «Poche settimane
fa la giunta ha dovuto stanziare
un finanziamento straordinario di
2,5 milioni di euro per evitare il
dissesto finanziario, mentre gli
altri enti intermedi sardi sono
arrivati al pareggio di bilancio
attingendo ai residui avanzi
d'esercizio. Ormai hanno raschiato
il fondo del barile, dal prossimo
anno nessuna Provincia e neppure la
Città metropolitana sarà in grado
di chiudere il bilancio in
condizioni di equilibrio finanziario».
L'appello di Erriu non è stato però
accolto da tutti. «È
indispensabile la mobilitazione
proposta dall'assessore - afferma il
consigliere Pd Roberto Deriu, che
invita Pigliaru a convocare i
parlamentari sardi -. È un tema
cruciale di difesa dei diritti
dell'isola, colpita soprattutto
nelle periferie e nei territori rurali
dallo forzoso prelievo delle risorse
tributarie proprie delle province
da parte dello Stato». Il presidente
della commissione Autonomia,
Francesco Agus, Campo progressista,
parla di «atto iniquo e ostile che
rischia di creare gravissimi
problemi nell'erogazione di servizi ai
cittadini. Serve una risoluzione
unitaria».
Il capogruppo di Forza
Italia, Pietro Pittalis, invece,
rigetta l'appello. «È un piagnisteo
ai limiti dell'assurdo. L'esclusione
delle Province è il segnale
dell'inadeguatezza di una giunta
incapace di far valere i propri
diritti». Uno schiaffo alla vigilia
del summit tra Pigliaru e
Gentiloni: «Un incontro che suona
come una beffa, visto che il
governatore andrà ancora una volta
col cappello in mano a reclamare
risorse dovute all'isola». (al.pi.)
L'appoggio
a Bruno agita le anime divise dei Dem catalani
La
ritrovata alleanza di centrosinistra mostra la prime crepe
Ma il
segretario cittadino Salis conferma l'appoggio esterno
di Gian Mario Sias
ALGHERO
Ad Alghero ci sono almeno tre
Partiti democratici. Il primo è quello
ufficiale. Volendo asciugare al
massimo la sua descrizione, è quel
partito che alle amministrative del
2014 si è presentato da solo,
rifiutando di aderire al
centrosinistra allargato all'Udc e guidato da
Mario Bruno, che aveva deciso di
candidarsi a sindaco contro il volere
della segreteria cittadina. In
questi il Pd di Alghero, quello
ufficiale, ha fieramente fatto
opposizione a Bruno e, in accordo con
le segreterie provinciale e
regionale, è sempre rimasto in minoranza
nonostante non siano mancate le
trattative e i tentativi di
pacificazione.
Nell'ultimo mese
questo Pd algherese, quello ufficiale,
ha rieletto il proprio segretario,
ha dimostrato di avere più numeri
dei suoi oppositori interni, ha
detto di essere pronto per lavorare al
nuovo centrosinistra cittadino, e
come segno di distensione ha ammesso
che Mario Bruno e i suoi potessero
rientrare nel partito. Non solo, il
Pd ha anche annunciato di voler
offrire alla giunta un appoggio
esterno, programmatico.
La posizione resta quella, Mario
Salis, il
segretario, è stato chiarissimo.
«Contrariamente a quanto deliberato
dal partito e condiviso col sindaco,
la nuova giunta comprende anche
figure di ex dirigenti iscritti al
Partito democratico - dice Salis -
è una scelta che rientra nelle
prerogative del sindaco ma che si
discosta dallo spirito e dalla
sostanza del percorso definito nel
documento conclusivo del nostro
congresso e nelle interlocuzioni che
hanno preceduto il ritiro delle sue
dimissioni». Motivo per cui «si
rende necessario rimarcare la presa
di distanza da scelte su incarichi
molto discutibili, da relegare a
mere decisioni personali». C'è poi un
Pd di mezzo. Il suo leader, emerso
prepotentemente negli ultimi due
mesi e scelto da alcuni big
regionali e territoriali del partito per
fare da "pontiere" tra il
partito ufficiale e quello di Mario Bruno, è
Mimmo Pirisi. Ha salvato per due
volte la giunta dal collasso, il
giorno del congresso ha consumato le
scarpe e i nervi per riuscire a
fare convergere tutti su una mozione
unitaria a favore dell'uscente
Salis, e ha premuto per qualcosa di
più di un semplice appoggio
esterno. Il massimo che ha strappato
è un appoggio programmatico. Non
contento, si è discostato ogni
giorno di più. Sabato ha detto che lui
entra in maggioranza, lunedì l'uomo
indicato da lui, Alessandro
Balzani, è entrato in giunta come
assessore dell'Urbanistica.
E ieri Pirisi ha scritto di nuovo
per annunciare che si dimette da presidente
della commissione di garanzia, ruolo
che per regolamento spetta alla
minoranza. Insomma, Pirisi si sente
organico alla maggioranza e
ritiene che questo sia figlio di
«mutate condizioni politiche, dettate
dal congresso cittadino di qualche
settimana fa, che vedono impegnato
il Pd in un percorso di dialogo e
proposta programmatica con
l'amministrazione». Infine c'è il Pd
di Mario Bruno, ormai legittimato
dalla mozione congressuale a
sentirsi di nuovo un esponente del
partito, prova a riprenderselo. Lo
fa utilizzando i contrasti tra il
Pd ufficiale e il Pd di Mimmo Pirisi
per presentarsi in consiglio con
una maggioranza autosufficiente.
«Lavoriamo a un progetto di governo
della città di 80 mesi», annuncia
Bruno. Si tratta dei 20 mesi che
mancano alla fine di questo primo
mandato, cui ne seguirà un altro di
60 mesi. Cinque anni. Almeno un Pd,
in tutto questo caos, è ottimista.
Unione
Sarda
RAPPORTO
SVIMEZ. Paci: c'è un'inversione di tendenza. Matta (Cisl):
politica
non all'altezza Nell'Isola solo una debole ripresa
L'industria
in grave crisi, bene i servizi, il Pil cresce dello 0,6%
L'industria è andata, il crollo del
numero dei lavoratori è
devastante: -30% dal 2000 al 2016 e,
ancora, -0,6% nell'ultimo anno. E
il settore costruzioni, da solo, va
addirittura peggio (-40,6% e
-2,7%). Anche l'agricoltura registra
cifre negative (-14,1% di posti
nel lungo periodo e -3,9% nel
breve); solo i servizi respirano (+21% e
+0,1%). È vero che nell'arco di tre
lustri il tasso di occupazione è
cresciuto leggermente, ma è anche
vero che quello di disoccupazione è
salito maggiormente (più persone si
sono affacciate nel mercato del
lavoro), e quello giovanile,
relativo alla fascia d'età 15-24 anni, è
lievitato di ben 21 punti
percentuali. Confermata la mini crescita del
Pil, ma nel complesso delle regioni
del Sud la media dell'incremento
della ricchezza è superiore.
La Sardegna fatica a uscire dalla crisi.
Lo dice il rapporto Svimez,
presentato ieri alla Camera dei
Deputati. «L'Italia si è rimessa in
moto e il Mezzogiorno ha rialzato la
testa. Questo Paese ce la può
fare, la strada è imboccata pur non
dovendo esagerare nell'ottimismo»,
dice Claudio De Vincenti, ministro
per la Coesione territoriale e il
Mezzogiorno.
Spicca il fatto che nel Meridione
l'aumento del Pil nel 2016 è stato
maggiore che nel Centro Nord - +1%,
contro lo 0,8 - con la Campania in
testa (+2,4%) e, a seguire,
Basilicata (+2,1%,), Molise (+1,6%),
Calabria (+0,9%), Puglia (+0,7%),
Sardegna (+0,6%), Sicilia (+0,3%),
Abruzzo (-0,2%).
L'assessore regionale al Bilancio
Raffaele Paci sottolinea che
«finalmente c'è un'inversione di
tendenza, stiamo uscendo dalla grande
crisi». Certo, «l'aumento del Pil è
minimo, ma è pur sempre positivo,
e questo conta se pensiamo che nel
2013 eravamo a -3%». Inoltre, «se
da un lato assistiamo a una drastica
riduzione dell'industria,
dall'altro vediamo un aumento dei
servizi. Dobbiamo continuare a
difendere l'industria, ma è
fondamentale puntare sui settori più
leggeri , hi-tech, agroindustria,
turismo».
Avverte l'assessora al Lavoro
Virginia Mura che «Svimez fotografa una
situazione ferma al 2016. Gli ultimi
dati Inps e Istat, e ulteriori
dati dell'Osservatorio del
precariato gennaio-agosto 2017 per la
Sardegna, indicano che gli occupati
aumentano e diminuisce il tasso di
disoccupazione. Nei primi sei mesi
di quest'anno le assunzioni sono
cresciute (del 21,6%), più che nel
resto d'Italia (+19,4%), rispetto
allo stesso periodo dell'anno
scorso.
E le trasformazioni dei rapporti
di lavoro da determinato a
indeterminato sono aumentate del 34,4%».
Tuona Giovanni Matta, segretario
regionale Cisl: «La ripresa noi in
Sardegna non l'abbiamo vista, anzi,
nell'industria continuiamo ad
assistere a un drammatico
ridimensionamento delle attività produttive.
Ci chiediamo se la politica sia
all'altezza, e quali sono i
provvedimenti concreti messi in
campo per frenare l'emorragia».
Il capogruppo dei Riformatori in
Consiglio regionale, Attilio Dedoni,
sottolinea che «il rapporto mette in
luce ancora una volta l'urgenza
di affrontare i due nodi principali
che tengono ferma al palo
l'economia isolana: il mancato
trasferimento delle quote erariali
previste nello Statuto e il riconoscimento
degli svantaggi strutturali
derivanti dalla condizione di
insularità».
Cristina Cossu
Annuncio
del Qatar: «Meridiana diventerà Air Italy»
Addio Meridiana: per la sfida ad
Alitalia il Qatar preferisce il nome
Air Italy. La svolta non è ancora
ufficiale, anche perché bisogna
vedere cosa ne pensa l'Aga Khan -
che è pur sempre il socio di
maggioranza - ma sui propositi della
compagnia qatariota non ci sono
dubbi. Akbar Al Baker, chief
executive di Qatar airways group, l'uomo
che si sta occupando in prima
persona della rivoluzione nella
compagnia sarda, l'ha dichiarato a
Singapore al summit asiatico del
Centre for aviation: «Meridiana sarà
rinominata Air Italy perché
vogliamo essere il vettore nazionale
italiano e servire gli italiani.
Qatar Airways crescerà con Meridiana
in questo momento in cui Alitalia soffre».
La dichiarazione è stata rilanciata
in un tweet dal Capa ed è
subito rimbalzata in Sardegna con
effetto doccia scozzese, alimentando
- da una parte - le speranze sul
rilancio della compagnia, dall'altra
le incertezze sul futuro ruolo della
Sardegna nel nuovo corso.
Meridiana, nel frattempo, tira il
freno a mano e si limita a uno
stringatissimo comunicato nel quale
precisa che «la questione è ancora
oggetto di analisi e che, in ogni
caso, la stessa attiene al marchio e
non agli assetti societari del
gruppo». Nessuna conferma, nessuna
smentita.
LA STORIA La compagnia aerea fondata
dall'Aga Khan ha già cambiato
nome nel 1991 quando lasciò lo
storico Alisarda per Meridiana,
all'indomani dell'acquisizione
dell'omonimo vettore spagnolo, e
proprio in nome di un ruolo più
importante sullo scenario nazionale.
Corsi e ricorsi storici: anche in
questo caso il marchio Air Italy è
già in casa con la compagnia
acquisita da Meridiana nel 2013 e nel
mirino dei sindacati che, nel corso
della lunga vertenza, hanno
accusato più volte il management di
svuotare (negli organici) la
società madre in favore della più
snella ed economica controllata. Ora
il cambio di nome rafforza i timori
sullo spostamento dell'asse del
gruppo verso Milano Malpensa
malgrado le diverse rassicurazioni sul
manteninento della base ad Olbia.
Le poche parole della nota stampa
ufficiale lasciano però intendere
che gli assetti resteranno in ogni
caso quelli attuali con Air Italy
sotto il controllo di Meridiana.
OTTOBRE DA RICORDARE Intanto Geasar
(che invece rimane saldamente
nelle mani della holding dell'Aga
Khan) festeggia un altro mese in
netta crescita, tanto più che si
tratta di un mese di spalla. Ad
ottobre sono passati al Costa
Smeralda oltre 190.000 passeggeri con
una crescita del 15,7 per cento, a
settembre erano quasi 414.000, il
12 per cento in più. Anche nel mese
scorso, il 57 per cento dei
passeggeri venivano dall'estero a
conferma della vocazione
internazionale dello scalo che
cresce, in proporzione, più nei mesi di
spalla che in quelli canonici dove
ormai si è vicini al tutto esaurito
.
Caterina De Roberto
Alghero,
pista vuota: esuberi in vista
Con la chiusura dei voli stagionali
di Ryanair l'aeroporto di Alghero,
da un paio di giorni, è tornato a
gestire appena una manciata di
collegamenti. Dal 5 novembre e fino
al 25 marzo il vettore irlandese
mette a riposo la maggior parte
delle rotte nazionali e
internazionali, lasciando operative
solo Pisa, Bologna e Bergamo.
A fine mese, invece, dovrebbe
decollare l'Alghero-Londra Luton di
EasyJet, con una frequenza
bi-settimanale.
C'è l'Alghero-Milano
gestito da Alitalia e l'Alghero-Roma
della Blue Air, in regime di
continuità territoriale. Stop. I
dipendenti algheresi di Ryanair,
hostess e steward, hanno già scelto
la sede alternativa per la lunga
stagione invernale. C'è chi andrà
alle Canarie, chi in Inghilterra,
chi si fermerà in Italia, nei
terminal di Pisa o Ciampino.
Lo scalo Riviera del Corallo,
intanto, ha chiuso i primi nove mesi
dell'anno con una perdita di oltre
il 20 per cento rispetto al 2015,
quando ancora c'era Ryanair.
La speranza di ripresa dei volumi di
traffico era riposta nell'ingresso
della Blue Air che, oltre ai voli
in regime di continuità, sembrava
intenzionata a sviluppare ulteriori
rotte a prezzi ragionevoli. Poi il
cartellino rosso dell'Unione
Europea ha congelato ogni ipotesi di
sviluppo. Tagli ai voli e al
numero di dipendenti aeroportuali.
Dopo i 45 addetti alla security,
servizio che l'azienda ha deciso di
esternalizzare, potrebbe toccare
ad altrettanti dipendenti della
Sogeaal. Si tratta di operatori di
rampa, addetti al parcheggio, al
check-in e del servizio biglietteria.
Il minor traffico, ha convinto il
management a ridurre il personale.
(c. fi.)
E
l'assessorato ai Trasporti è al lavoro sui bandi della nuova continuità
Blue Air
plana sulla Riviera del corallo
Affidati
i collegamenti con Roma: oggi i biglietti in vendita sul sito
VEDI LA FOTO
Sarà Blue Air a gestire la rotta
Alghero-Roma fino a giugno: quella
della compagnia rumena, che già si
era aggiudicata qualche mese fa
l'appalto per la nuova continuità
territoriale - poi bloccato dalla
commissione europea -, è stata
l'unica offerta arrivata ieri per
l'affidamento d'urgenza indetto
dalla Regione.
I primi voli decolleranno domani
(tre collegamenti al giorno, andata e
ritorno) e probabilmente già oggi
saranno in vendita sul sito internet
e sugli altri canali i biglietti per
i prossimi mesi.
Quelli già acquistati sul portale di
Alitalia (che ha rinunciato alla rotta)
saranno comunque validi per salire a
bordo degli aerei Blue Air:
«Siamo contenti di servire,
finalmente, i passeggeri sardi. Eravamo
pronti a gestire la continuità
territoriale e per questo abbiamo
sentito l'obbligo di partecipare
alla procedura d'urgenza.
Riproteggeremo i viaggiatori che
hanno già comprato i biglietti da
Alitalia», spiega Mauro Bolla,
manager di Blue Air per l'Italia.
La gara era stata avviata dalla
Regione venerdì scorso, dopo il passo
indietro di Alitalia, che ha
giudicato la rotta non sostenibile
economicamente. «Si chiude così il
percorso aperto con la proroga
degli oneri di servizio sulle tratte
da Cagliari, Olbia e Alghero
verso gli scali di Fiumicino e
Linate», dice l'assessore ai Trasporti
Carlo Careddu.
«Siamo soddisfatti per aver definito
nei tempi previsti e con un
impegno davvero encomiabile della
direzione generale e della struttura
dell'assessorato tutti i
provvedimenti necessari a non interrompere i
collegamenti aerei in tariffa
agevolata», continua l'assessore. «Il
prossimo passo importante al quale
stiamo lavorando da tempo è quello
della stesura finale dei nuovi
bandi». (m. r.)
Il Pd va
alla resa dei conti
Traballa
la candidatura del segretario a Palazzo Chigi. Mediazione di
Franceschini
Renzi: «Il futuro premier? Lo sceglierà il Parlamento»
ROMA «Se sarò premier? Per ora è una
discussione sterile, lo deciderà
il Parlamento dopo le elezioni».
Matteo Renzi, come promesso, si
presenta a Di Martedì, la
trasmissione di La7 dove avrebbe dovuto
confrontarsi con Luigi Di Maio.
L'esponente dell'M5S ha rinunciato,
non riconoscendo più Renzi come
candidato premier, il leader Pd si è
presentato ed ha attaccato.
«Sono stato scelto da 2 milioni di
elettori e sono legittimato», ha
detto, aggiungendo, tra le altre
cose, di volere «dialogo con tutti
senza veti».
LA GIORNATA Il martedì che segue la
sconfitta del Pd in Sicilia era
iniziata con la proposta di Dario
Franceschini. «Ognuno con il proprio
leader e il proprio simbolo potrebbe
collaborare alla costruzione di
una alleanza», dice prospettando uno
schema simile a quello del
centrodestra.
Una proposta preparata con cura nei
giorni scorsi, che infatti
raccoglie subito l'appoggio dei
renziani. «Non esiste un problema
legato al candidato premier del
centrosinistra. La legge elettorale
non lo richiede. Matteo Renzi sarà
il capofila della lista Pd», scrive
Andrea Marcucci sui social
aggiungendo: «Il premier si vedrà dopo le
elezioni, a seconda dei numeri che
le diverse forze politiche potranno
vantare». Ettore Rosato va anche
oltre, facendo il nome del presidente
del Consiglio in carica: «Paolo
Gentiloni è un nome spendibile. Ce ne
sono tanti di nomi spendibili», dice
in radio.
FIBRILLAZIONE Niente di nuovo
rispetto alle parole di Renzi alla
Conferenza di Pietrarsa, ma il
telefono di Rosato diventa bollente.
Sui giornali Luigi Zanda aveva
chiesto a Renzi di «spezzare il legame»
segretario-candidato premier. Era il
segnale che Gentiloni era in
campo? Tra i whatsapp per Rosato c'è
anche quello dello stesso Renzi.
Meglio spiegare. Così il capogruppo,
che intanto in Transatlantico
fatica a smaltire la fila di
deputati che lo interrogano, chiarisce:
«Il candidato Pd resta Renzi».
Ma intanto il partito è in fermento.
IL PASSO DI LATO L'indicazione di
Gentiloni candidato premier da parte
di Renzi sarebbe «un atto di
saggezza e di generosità politica», dice
Gianni Cuperlo. «Renzi ci stupisca e
accetti un'altra leadership del
centrosinistra», fa eco Michele
Emiliano. Andrea Orlando tace, ma la
sua area discute: c'è chi è scettico
ma alla fine prevale una linea
che ricalca il “lodo Franceschini”.
«Non possiamo aprire la guerra nel
Pd a cinque mesi dalle elezioni, il
segretario non si discute. Ma il
candidato premier si può trovare
altrove. Gentiloni? Anche, ma si
vedrà», spiega un orlandiano
aggiungendo: «Renzi capirà che gli
conviene».
I BERSANIANI Intanto, nonostante la
chiusura di Mdp, il lavoro per la
coalizione nel Pd va avanti: Lorenzo
Guerini alla Camera vede Nico
Stumpo. E un big del Pd ammette:
«Mdp oggi non può dire “apriamo”, ma
le cose possono cambiare. Certo non
si può chiedere che Renzi sparisca
dalla faccia della Terra».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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