La
Nuova
«La
Barracciu? Colpevole» Il pm chiede cinque anni. Il
magistrato: «Non ha giustificato le spese, virtuali anche quelle per la
benzina» L'avvocato Satta: «Crocifissione mediatica, lesi dalla Procura i diritti
della difesa»
di Mauro Lissia
CAGLIARI. Due certezze per il pm
Marco Cocco: la prima è che sul conto corrente di Francesca Barracciu,
quand'era consigliera regionale nel gruppo Pd, sono finiti 77 mila euro.
L'altra è che agli atti del procedimento penale non c'è traccia di
giustificativi, perché anche le famose spese per il carburante che dovevano
spiegare dove fossero finiti i primi 33 mila euro, sono svanite nei recenti
passaggi processuali: in una memoria difensiva depositata lo scorso 21 novembre
è la stessa ex sottosegretaria ai Beni Culturali a definire quei rendiconti «puramente
virtuali», un cambio di linea definito «sovversivo» dal magistrato dell'accusa.
Quindi - ha detto Cocco nella sua
requisitoria - «le percezioni di denaro sono perfettamente reali, al contrario
le giustificazioni sono virtuali. Come dire che sono state costruite a tavolino».
Qualsiasi tesi difensiva, per il magistrato, viene meno su questo punto, perché
la Cassazione si è espressa con chiarezza su almeno tre casi analoghi: a soldi
pubblici spesi senza un «puntuale e coevo» rendiconto corrisponde, per il
pubblico ufficiale, il delitto di peculato. Dunque l'equazione dell'accusa non
ammette incognite: «L'onorevole Barracciu è colpevole di peculato continuato e
con le attenuanti generiche dev'essere condannata a cinque anni di reclusione».
E' la pena più alta richiesta da
Cocco dopo quella inflitta all'ex senatore del Pdl Silvestro Ladu, la stessa
richiesta e ottenuta per Mariolino Floris. Una mazzata giudiziaria che potrebbe
metter fine alla carriera politica dell'ex sindaca di Sorgono. Era mezzogiorno
e mezzo quando il pubblico ministero ha concluso il suo attesissimo intervento,
arrivato al termine di un confronto molto acceso col difensore Franco Luigi
Satta. L'esponente del Pd ha ascoltato con attenzione ogni parola pronunciata
dal magistrato, ha più volte scosso la testa mentre il celebre avvocato
sassarese accennava sorrisi di dissenso.
Quando infine è arrivata la
richiesta di pena, il volto di Francesca Barracciu si è contratto senza lasciar
trasparire emozioni. Restano sei giorni per sperare: il presidente Massimo
Poddighe ha dato appuntamento al 5 dicembre per eventuali repliche e sentenza.
Tutto il processo ruota sulle spese
che la Barracciu non è riuscita a spiegare: «L'onorevole ha depositato tre memorie
difensive e una nota di dichiarazioni spontanee - ha fatto i conti Cocco - ma
le giustificazioni che aveva annunciato le stiamo ancora aspettando». Non solo:
«Dal primo interrogatorio del 5 dicembre 2013 ad oggi, l'imputata ha avuto
quattro anni e un intero processo per dirci come sono stati spesi quei soldi
del gruppo Pd e per compiere le verifiche che si era riproposta di fare, ora
sappiamo che anche le sole spiegazioni fornite a suo tempo con quelle tabelle
sui chilometri percorsi in giro per la Sardegna, dove peraltro compaiono molti
errori, sono virtuali».
A tratti dura la difesa
dell'avvocato Satta: «Il pm ha giocato sulle parole - ha insistito il legale - abbiamo
parlato di giustificazioni virtuali perché condizionate dal tempo, basate solo
su ricordi e i ricordi a distanza di anni possono essere imprecisi». D'altro
canto quelle spese - ha sostenuto Satta - sono tutt'altro che ingiustificate:
«La contabilità del gruppo c'era, sono rimborsi e anticipazioni per attività
reali, non è vero che si buttavano i soldi dalla finestra». A garantirlo è «la
tradizione di legalità che caratterizza da sempre il Pd» che contrasta con la «crocifissione
mediatica cui è stata sottoposta la signora Barracciu».
Ma per Satta «la prova del peculato
non c'è, tutto il processo si è basato sullo svilimento e sulla lesione del
diritto di difesa». Il riferimento era per la decisione assunta dal pm Cocco di
stralciare la posizione della Barracciu dalle altre 32 del gruppo di
centrosinistra, che a suo giudizio - il magistrato
ha replicato dettagliatamente all'avvio della requisitoria - ha privato
l'onorevole di Sorgono della possibilità di utilizzare gli atti
del procedimento: «Ci sono state nascoste carte per noi fondamentali» ha detto
Satta. Il difensore ha concluso con un invito al tribunale:
«Ma davvero, senza alcuna prova di peculato, vogliamo sacrificare questa cavia,
questo porcellino d'India? No, io chiedo l'assoluzione, il fatto non sussiste».
Sotto accusa 83 consiglieri: 19
condannati. Sono 83 i consiglieri ed ex consiglieri regionali coinvolti nell'inchiesta
sull'uso dei fondi pubblici destinati al funzionamento dei gruppi politici e
accusati di peculato. Di questi, 19 sono stati condannati tra primo e secondo
grado a pene tra un anno e mezzo e sette anni , per uno solo (Adriano Salis) la
Cassazione ha finora confermato definitivamente la condanna, mentre due
onorevoli hanno scelto di patteggiare la pena, oltre a un imprenditore
(Riccardo Cogoni) esterno alla politica. Gli imputati assolti in giudizio sono due,
altre posizioni sono state archiviate nel corso delle indagini.
Alcuni nomi compaiono in diversi
procedimenti perché le imputazioni sono riferite a periodi e a legislature
diversi. L'inchiesta del pm Marco Cocco, che coordina il lavoro delle sezioni
di polizia giudiziaria dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, riguarda due legislature regionali - 2004/2009 e
2009/2014 - e abbraccia dieci anni di attività dei gruppi regionali fino
all'abolizione dei fondi. Il gruppo politico in testa per numero di indagati è
quello del Pd (31), seguito dall'Udc (15).
Elezioni
2019 - Pigliaru: «Non ho detto che non voglio ricandidarmi»
CAGLIARI
Il presidente della Regione
Francesco Pigliaru interviene e precisa di
non aver detto «Non mi ricandiderò»,
nel corso del convegno sulla
sanità, organizzato dal Pd a
Guspini. Frase riportata e attribuita nel
titolo e tra virgolette da La Nuova,
nell'edizione di martedì 28
novembre, allo stesso governatore.
Come invece riportato
nell'articolo, il presidente ha
detto che «probabilmente presto
ritornerò al mio amato lavoro».
Frase tra l'altro pronunciata
all'interno di un contesto più
generale, in cui sosteneva che
«nell'ultima parte della
legislatura, la maggioranza di centrosinistra
al governo dovrà dimostrarsi
compatta nelle prossime riforme e
decisioni, e soprattutto dovrà
esserlo anche al di là delle
aspirazioni personali». Aspirazioni
che, stando alle parole dette a
Guspini, potrebbero prevedere per
Pigliaru la scelta di non
ricandidarsi alle regionali 2019. Ma
questa è un'interpretazione delle
parole del governatore, anche se
«probabilmente» - in questo caso
giustamente fra virgolette - quella
scelta non dovrebbe essere lontana
dai suoi pensieri. E molto dipenderà
da come andrà l'ultima parte
della legislatura.
Unione
Sarda
Zedda
sceglie la linea dura contro i sei consiglieri dissidenti
LO
SCONTRO. Psd'Az, La Base e Pds abbandonano l'Aula. Il sindaco: «Non
curo mal
di pancia» «No alla forzature o tutti a casa»
«Se ci sono mal di pancia, non posso
farci niente. Io non curo mal di
pancia, qualcuno se li terrà per
mesi e mesi». Il sindaco Massimo
Zedda rompe il silenzio sulla crisi
di maggioranza davanti ai sei
posti vuoti lasciati in Aula dai
consiglieri di Psd'Az, la Base e
Partito dei Sardi. Non ha mostrato
nessuna apertura nei loro confronti
e il suo giudizio è netto: «Se tu
forzi, si rinvia sempre di sei mesi.
Altrimenti salta il banco, non è un
problema: ho un sacco di
prospettive davanti». Per la prima
volta il sindaco è intervenuto sul
braccio di ferro portato avanti
dagli alleati e si è dimostrato
irremovibile sulle sue posizioni,
pronto a mandare tutti a casa se
dovesse essere necessario. Lo
strappo si è consumato la settimana
scorsa e anche ieri, subito dopo
l'avvio della seduta, i consiglieri
sardisti Monia Matta,
Gabriella Deidda, Aurelio Lai,
Francesco Stara,
Lino Bistrussu de la Base e Roberto
Tramaloni del partito dei Sardi
hanno lasciato polemicamente l'Aula.
I sei hanno formalizzato la
nascita di una nuova alleanza
politica che riguarda tutta la Città
metropolitana, col prestito tecnico
della sardista Gabriella Deidda
nasce anche il gruppo consiliare del
Partito dei Sardi con Roberto
Tramaloni che diventa capogruppo.
Ieri all'ordine del giorno c'era una
maxi variazione di bilancio che
risistema i conti per permettere nuovi
interventi del Comune. La seduta era
in seconda convocazione e la
maggioranza zoppa avrebbe comunque
avuto i numeri per far passare gli
atti, ma l'opposizione ha scelto di
restare in Aula vista l'importanza
del documento finanziario.
Un comportamento che è stato
apprezzato dal
capogruppo Pd Fabrizio Rodin e dal
sindaco, che ne ha approfittato per
prendere alla gola i consiglieri
sull'Aventino. «Vorrà dire che le
prossime volte discuteremo di somme
di bilancio con chi c'è - ha detto
riferendosi ai sei assenti - se c'è
senso di responsabilità da parte
di alcuni, noi con quelli che sono
di buona volontà siamo pronti a
concedere scelte sul bilancio:
pazienza per chi non c'è. Si dice che
chi va a Roma perde la poltrona, in
questo caso dico che chi è uscito
dall'Aula di via Roma perde la
poltrona».
I gruppi d'opposizione hanno
voluto subito commentare la crisi di
maggioranza. «Come volevasi
dimostrare a distanza di un anno il
patto col diavolo del sindaco
Zedda, che ha candidato importanti
ex esponenti del centrodestra e
movimenti politici palesemente
disomogenei al suo, si rileva un
fallimento - si legge nella nota
congiunta di centrodestra, centristi
e grillini - il sindaco Zedda oggi
in aula, di fronte all'evidente
assenza di parti importanti della
sua ex maggioranza, ha dichiarato di
avere molte opportunità ancora per
proseguire con la sua carriera
politica». La minoranza si dice
pronta a tornare al voto.
Marcello Zasso
FONDI AI
GRUPPI. Sentenza a dicembre. Salis a giudizio
«Barracciu:
5 anni» Peculato, il pm chiede la condanna
Cinque anni: è la condanna chiesta
ieri a Cagliari dal pm Marco Cocco
per Francesca Barracciu, ex
consigliera regionale ed europarlamentare
del Pd accusata di peculato nel
processo sui fondi ai gruppi per spese
non giustificate pari a circa 81
mila euro: 77 mila ricevuti tra il
2004 e il 2008 (tredicesima
legislatura), altri 3.600 relativi
all'assegno ottenuto dalla società
“Evolvere”, che nel 2009 avrebbe
organizzato convegni e incontri del
Pd di cui però gli investigatori
non hanno trovato traccia. Barracciu
aveva giustificato l'uso di 33
mila euro (prima contestazione) con
il carburante acquistato per
girare in Sardegna «e far conoscere
la nostra attività». Ma
carabinieri e finanzieri della
sezione di polizia giudiziaria avevano
scoperto che varie volte si trovava
in luoghi diversi da quelli
indicati. Poi l'addebito era salito
a 81 mila euro.
Ieri il pm ha detto che «ancora
attendiamo una risposta» sul reale
utilizzo delle risorse, e che
«scopriamo ora, dalla memoria difensiva,
che quelle giustificazioni erano
virtuali». Nel frattempo «è stata
chiusa l'inchiesta e si sono tenuti
udienza preliminare e
dibattimento». In realtà «la
giustificazione sull'uso dei 33 mila euro
è stata smentita dalla stessa
imputata ed era stata costruita a
tavolino». Poiché la Cassazione «ha
detto che le spese senza
documentazione idonea costituiscono
il peculato», il reato è
«dimostrato». L'avvocato Franco
Luigi Satta ha ribattuto che l'ex
consigliera va «assolta», la «prova
non c'è».
La memoria sui 33 mila
euro parlava di «rimborsi
forfetizzati per difetto» legati ai
chilometri percorsi con l'auto, «la
compensazione di spese già
avvenute». L'organizzazione del
gruppo «era questa: nessuno scontrino
o fattura. Solo
l'autocertificazione». E «dopo anni, per ricostruire
dove si è stati ci si basa su
ricordi, locandine, appunti. Virtuale in
questo senso». Per i 44 mila euro
«non è arrivato l'invito a
comparire». Sentenza a dicembre.
SALIS Poche ore prima Adriano Salis
è stato rinviato a giudizio per lo
stesso reato (spese non giustificate
per circa 86 mila euro nel gruppo
Fas): processo il 9 marzo.
La
Nuova
Nuovo
rinvio a giudizio per Adriano Salis
Già
condannato definitivamente a 18 mesi, la Procura gli contesta
spese per
quasi 100mila euro
CAGLIARI
Arriva un nuovo rinvio a giudizio
per Adriano Salis, l'ex consigliere
regionale dell'Idv già condannato a
un anno e mezzo di reclusione
dalla Corte d'Appello il 21 giugno
2016, con pena confermata dalla
Corte di Cassazione. L'accusa di
peculato continuato è riferita alle
spese sostenute dal gruppo Fas, di
cui Salis era amministratore: si
tratta di 9600 euro più altri 90
mila la cui responsabilità è stata
attribuita all'ex consigliere dal pm
Marco Cocco. Ieri, nel corso
dell'ujdienza preliminare davanti al
giudice Giuseppe Pintori, i
difensori Rita Dedola e Marco Fausto
Piras hanno chiesto il non luogo
a procedere nei confronti di Salis,
mentre il pubblico ministero ha
ribadito la richiesta di procedere
fondata - a suo giudizio - su prove
sostanzialmente speculari al
processo precedente: agli atti della
Procura risultano le spese ma non il
rendiconto e i giustificativi
conseguenti, il che nel ragionamento
accusatorio integra il delitto di peculato.
Sentito dalla Nuova Sardegna, Salis
ha sostenuto di essere
all'oscuro di come gli altri
consiglieri del gruppo Fas utilizzassero
i fondi destinati all'attività
istituzionale: «Io posso rispondere
delle mie spese - ha detto - che
sono sempre state compatibili coi
criteri stabiliti dalla legge,
perché non ho mai speso un euro per
ragioni private. Ma non vedo che
tipo di responsabilità io possa evere
sulle scelte degli altri
consiglieri».
Salis dovrà presentarsi il
prossimo 9 marzo davanti ai giudici
della seconda sezione del
tribunale. Nel precedente
procedimento che lo riguarda l'ex esponente
del partito di Di Pietro aveva
scelto il giudizio abbreviato, stavolta
i suoi legali hanno preferito il
rito ordinario. Salis fu il primo
consigliere regionale, agli albori
dell'inchiesta sui fondi ai gruppi,
a chiedere il giudizio abbreviato.
Davanti al giudice Cristina Ornano
sostenne che la prassi di spesa dei
fondi pubblici dei gruppi era
comune all'intero consiglio
regionale e in base alle sue dichiarazioni
il pm Cocco estese l'inchiesta.
Prima
della Finanziaria la maggioranza traballa
politica regionale
CAGLIARIAlla quarta correzione
volante della vecchia Finanziaria, la
nuova entrerà in aula fra una
settimana, l'assessore al bilancio
Raffaele Paci è stato tradito da chi
meno se l'aspettava: il canonico
Giovanni Spano, nato a Ploaghe il 3
marzo 1803 e morto a Cagliari 75
anni dopo. La storia va spiegata
meglio, per evitare che passi l'idea
di un fantasma, tra l'altro molto
prestigioso in vita, è stato
archeologo, linguista, etnologo e
docente universitario, arrivato dal
passato per "tirare i
piedi" a qualcuno. Niente di tutto questo, il
paranormale non c'entra granché.
Molto più terra a terra, la giunta è
stata sconfitta in Consiglio quando,
all'interno della quarta manovra
, ha proposto un finanziamento di
25mila euro a favore della casa
editrice nuorese Ilisso, per
completare l'opera monumentale - testuale
in delibera - intitolata «Il
Canonico Spano e i suoi corrispondenti».
Tre volumi già pubblicati e altri
tre pronti per essere dati alle
stampe. Chissà perché proprio su
questo emendamento s'è scatenato un
fuoco di fila. S'era scontato quello
dell'opposizione, con Forza
Italia impegnata sin dall'inizio su
questa e altre correzione
dell'ultim'ora a denunciare,
soprattutto con Alessandra Zedda e Marco
Tedde, «siamo al festival delle
mance», s'è rivoltata anche gran parte
della maggioranza di centrosinistra.
Dal Partito dei sardi a Mdp, in
molti hanno votato contro. Finirà
con 28 no e appena 17 sì, senza però
nulla togliere - hanno detto tutti -
alla «grandezza culturale del
Canonico» e neanche «alla meritoria
pubblicazione», ma «quando i soldi
sono pochi, è meglio spenderli per
qualcos'altro». Attenzione, però:
in passato il Consiglio ha elargito
invece a piene mani, finanziando
fin troppe sagre e tante piazzette,
ma stavolta e chissà perché ha
avuto questo sussulto. Se l'è presa
con il Presbitero, l'Ilisso, i
libri e l'assessore Paci, che c'è
rimasto male, anche se ha incassato
con stile.La manovra.
A parte l'incidente di percorso sul
Canonico e
le accuse sparate dall'opposizione
per una trentina di emendamenti
presentati all'ultimo momento, sul
resto gli oltre trenta milioni a
disposizione sono andati tutti a
favore di diverse giuste cause. A
cominciare dai 2,5 milioni destinati
alla Provincia di Nuoro,
altrimenti non avrebbe potuto
chiudere il bilancio, e che avrà altri
400mila euro per pagare gli stipendi
arretrati agli operai della
disinfestazione.
Seicentomila euro saranno trasferiti
alla Provincia
di Sassari, che pressappoco ha gli
stessi guai, anche se Francesco
Agus, Campo progressista, ha detto:
«Noi continuiamo a metterci una
pezza, ma la colpa è del governo che
prima ha svuotato le casse delle
nostre Province e ora non ci vuol
dare neppure un euro di rimborso,
mentre lo dà alle altre Regioni».
Venti milioni sono stati anticipati
alla sanità, per coprire un'altra
fettina del disavanzo, ma visto che
saranno risparmiati nella prossima
Finanziaria, potranno essere
utilizzati per altro. È probabile
che finiscano, insieme a qualcosa di
più consistente, nel prossimo Piano
straordinario del lavoro, quello
chiesto a gran voce dalla Cgil e
dall'Anci, che hanno avuto l'appoggio
anche della Sinistra unita, formata
da Si, Mdp e movimento Possibile.
C'è poi il capitolo Forestas.
In attesa che il Consiglio capisca
come
far entrare i dipendenti dell'Azienda
nell'organico della Regione, è
un problema di contratti e rapporti
con l'Inps, sono stati stanziati
7,7 milioni per mettere al sicuro
l'integrativo atteso da chi lavora
per Forestas. Decisione salutata tra
l'altro come positiva dagli
assessori al personale e
all'ambiente). Infine, ecco le altre
correzioni contabili: 600mila per la
viticoltura, 100mila ai cavallini
della Giara, 23mila allo Sportello
linguistico, 253mila all'agenzia
Film commission, 69mila per eventi
sportivi diffusi e 1,3 milioni
destinati all'incremento ippico. Più
altri (Olmedo e Università)
raccontati in altre pagine del
giornale.
Martedì
in Consiglio il caso di Abbanoa e dei 29 Comuni ribelli
Elezioni,
sbarramenti più bassi
CAGLIARILa doppia preferenza di
genere è stata «un'importante e
democratica correzione», ma della
legge elettorale con cui i sardi
hanno votato nel 2014 per il
Consiglio regionale, c'è ancora molto da
cambiare. Sarà una manutenzione
profonda - sollecitata da tutti i
partiti con diverse proposte di
legge - e dovrebbe cominciare da
domani nell'aula della commissione
riforme del Consiglio regionale,
presieduta da Francesco Agus, Campo
progressista. Il prossimo articolo
destinato a essere rivisto e
corretto dovrebbe essere quello sulle
soglie di sbarramento. Oggi sono del
5 per cento per i partiti che si
presentino da soli, mentre le
coalizioni devono superare la soglia del
10 per cento. L'ipotesi è che siano
abbassate in un caso e nell'altro.
Dovrebbero cambiare anche le regole
sull'assegnazione dei seggi
all'interno delle alleanze, per
evitare che, nel 2019, si ripeta il
caos delle porte girevoli in
Consiglio, con eletti poi bocciati o
promossi dal Consiglio di Stato
proprio a causa di un criterio nel
calcolo dei voti validi.Abbanoa.
Martedì prossimo Abbanoa sarà al
centro della prima seduta di
dicembre del Consiglio regionale.
All'ordine del giorno è prevista
l'approvazione della leggina che
permetterà ai 29 Comuni ribelli di
non entrare nel gestore unico del
servizio idrico. Poi in aula
dovrebbe essere discussa la recente
delibera con cui la giunta ha
ricapitalizzato l'Azienda ma soprattutto
quali dovrebbero essere i correttivi
dopo che l'Autorità per
l'anticorruzione, l'Anac, ha imposto
che gran parte delle quote della
Regione debbano passare ai Comuni.
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Federico Marini
skype: federico1970ca
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