Se a sinistra decidiamo di aderire al gioco del bastian
contrario e difendere l’apertura domenicale dei centri commerciali, c’è
qualcosa che non va. Se pur di andare contro il Movimento 5 Stelle, siamo
disposti a rinnegare tutta la nostra storia, possiamo pure accomodarci alla
porta.
Non stupiamoci poi se le nostre percentuali sono da prefisso telefonico, mentre questi continuano a salire nei sondaggi. Anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno, e questa è una delle volte.
Non c’è nulla di cui vergognarsi nel dire che stavolta Di
Maio l’ha imbroccata. Anzi, potremmo e dovremmo trovare il coraggio di dire che
questa è una battaglia nostra. Che siamo noi quelli che da sempre hanno messo
prima le persone e i loro diritti, e non i profitti. Che non deve essere il
fatturato a decidere l’ampiezza delle tutele dei lavoratori.
Non c’è nulla di eretico nel dire che il centro commerciale
non è un servizio essenziale, e non ha nulla a che spartire con ospedali,
caserme, bar ristoranti ecc., e che, pertanto può tranquillamente rimanere
chiuso la domenica. Non è retrogrado o antistorico.
E non c’è nemmeno niente di velleitario nel dire che, domeniche o no, i contratti della GDO vadano migliorati e le tutele dei lavoratori vadano accresciute.
Perché al contrario, c’è qualcosa che invece è essenziale e
necessario, ed è dire chi siamo, cosa vogliamo, che interessi intendiamo
rappresentare e in che modo. Chè a furia di dire cosa non siamo, cosa non
vogliamo e contro chi siamo, non ci stiamo capendo più nulla né noi, né
tantomeno gli altri che dovrebbero seguirci.
Di
Luca Garau
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