Il cielo sopra Pechino è sorprendentemente libero e azzurro.
Non c’è smog, il sole fa risaltare il profilo della capitale cinese con i suoi
colori tutti nuovi, i suoi edifici modernissimi e il suo parco auto composto da
macchine quasi tutte fiammanti che sfrecciano nel reticolo di larghissime
autostrade urbane. L’assenza di polveri e fumi era stata notata già durante il
summit Cina Africa di qualche giorno fa, quando il presidente Xi Jinping
staccava assegni per 60 miliardi di dollari destinati a enormi investimenti in
45 paesi africani.
Qualcuno ha ipotizzato che l’aeronautica cinese avesse
irrorato qualche diavoleria chimica sulle nuvole della megalopoli e che
provvisoriamente molte fabbriche fossero state chiuse per far fare bella figura
al vertice internazionale. Solo che il vertice è passato e l’aria rimane
limpida e bella. Oggi ci sorprendiamo, ma la Cina investe in tecnologie verdi
più di tutto il mondo messo insieme e domani ci sorprenderemo meno del ritorno
del sole dove prima tutto era affumicato.
Eccomi dunque al ciclo di incontri organizzato
dall’Accademia diplomatica cinese rivolto a leader emergenti di tutta Europa. I
dieci giorni del fitto programma prevedono, oltre agli incontri con le
istituzioni basate a Pechino dedicate alla politica internazionale, pure una
visita alla metropoli industriale di Chengdu, dove nella seconda metà di
settembre arriverà anche il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, in
visita ufficiale.
L’attenzione del gigante asiatico verso l’Europa è
estremamente duttile e differenziata a seconda delle caratteristiche dei paesi
europei, visti nelle loro peculiarità che Pechino conosce da molto tempo. Mi ha
colpito ad esempio che – così come fa con l’Africa - la Cina convochi ogni anno
addirittura un vertice dei paesi dell’Europa Centrale e Orientale, con i quali
intraprendeva rapporti differenziati fin dai tempi della Guerra Fredda, e con
cui oggi firma contratti di grande calibro economico. Quale altro paese europeo
ha un’attenzione così diversificata verso i propri stessi partner?
Incontro Chen Xu, il direttore del Dipartimento affari
europei del Ministero degli esteri cinese (lo vedete a mio fianco nella foto di
gruppo della riunione al ministero degli esteri). Ha una profonda conoscenza
delle dinamiche politiche di tutti i paesi europei, Italia compresa. Gli chiedo
– citando espressamente i rischi di speculazione sul debito italiano – se la
Cina intenda svolgere un ruolo di stabilizzazione. Capisce al volo dove voglio
andare a parare, e me lo dimostra con una risposta giustamente molto
diplomatica: «abbiamo appena ricevuto il vostro ministro dell’economia, Tria, e
abbiamo condiviso l’idea che non convenga a nessuno che l’Italia si
indebolisca, perché il danno non riguarderebbe solo l’Italia, ma l’integrazione
europea nel suo insieme».
La finanza cinese sembra pronta a giocare un ruolo. Chi
volesse speculare sullo spread forse ora dovrà prima calcolare ulteriori
parametri in grado di raffreddarlo. Cerco di capire quali vie si aprano per i
rapporti fra Italia e Cina nel successivo colloquio con Li Xiaoyong, che per il
ministero degli esteri segue i paesi del Sud Europa (lo vedete mentre converso
con lui a cena).
Il signor Li parla uno splendido italiano e mi fa notare che
se facciamo un’analisi del testo nei documenti del governo cinese sulle
questioni internazionali, l’espressione più ricorrente è un’espressione in
inglese, “win-win”, ossia gli accordi vantaggiosi per tutti. Il successo
strepitoso dell’economia cinese è trainato anche da centinaia di accordi
win-win.
La Cina non persegue la sottrazione ma l’addizione, non
vuole i cambiamenti di regime né soffici né violenti ma il mutuo rispetto della
sovranità, non vuole imporre un modello di sviluppo ma adattarsi alle
diversità, tanto nei paesi più poveri, quanto presso le potenze industriali.
Chiedo a Li quanto la Repubblica Italiana potrà inserirsi nel grandioso
progetto della nuova Via della Seta, la “Belt and Road Initiative” lanciata dal
presidente Xi Jinping e gli faccio il nome di Genova. La città ferita, ma anche
la città dove passerà una diramazione della Via della Seta. E azzardo: sarebbe
possibile una joint venture fra l’Italia e la Cina per rifare in tempi
rapidissimi il ponte crollato?
I cinesi, nella loro corsa sfrenata allo sviluppo delle
infrastrutture, hanno perfezionato metodi costruttivi incredibilmente rapidi ed
efficienti, tanto che circolano dei video sbalorditivi in time-lapse girati in
Cina che mostrano cavalcavia sostituiti in 48 ore. Certo, il ponte che
ridarebbe respiro a Genova richiederebbe qualche tempo in più, ma riusciamo
benissimo a immaginare una… Cincantieri, con capitali italiani e cinesi, che
porta le apparecchiature di ultima generazione, quelle megamacchine che assemblano
strutture complesse con velocità pazzesche.
L’interlocutore prende appunti e ci sentiremo a breve di
nuovo dopo qualche verifica. Non so se sarà possibile risolvere questo singolo
caso, ma l’approccio win-win rende possibile prefigurare ogni scenario, e il
governo del cambiamento si apre a opportunità di grande portata. Con Li
Xiaoyong parliamo infatti anche del turismo cinese di qualità (in grande
espansione), di trasporti, di possibili riconversioni industriali in Sardegna e
in altri luoghi, di tutto un dossier di interventi che cercheremo di costruire
prossimamente.
L’approccio cinese all’Europa è prioritario. Da tredici anni
a oggi l’interscambio commerciale della Cina con l’Unione europea supera quello
con gli Stati Uniti (nel 2017 sono ben 617 miliardi di dollari con la UE contro
i 580 con gli USA), ma la partita da aprire è quella degli investimenti. I
colloqui con i dirigenti cinesi continuano con moltissime domande sul Movimento
Cinque Stelle e i prossimi impegni in agenda. Parlo loro del Reddito di
Cittadinanza, decisivo per un paese che ha visto crescere la povertà negli anni
dell’austerity. Chen Xu fa notare che anche un paese in pieno sviluppo non deve
mai nascondere i suoi problemi di povertà, inclusa la Cina, dove certamente
trovi una Pechino senza più una sola auto obsoleta che sia una, ma dove in
altri luoghi trovi aree segnate da indigenza e disuguaglianza.
I dirigenti cinesi considerano la povertà come la sfida
decisiva per la carriera di qualsiasi personalità politica emergente: deve dare
dimostrazioni concrete di saper risolvere dei problemi, far uscire dei villaggi
da una condizione di povertà, migliorare la qualità della vita degli
amministrati, e se non ci riesce la sua carriera si interrompe presto. Mi pare
un approccio utile per molte sfide: misurare il successo politico da quello che
fai per rendere i poveri non più tali. E mi sembra un buon criterio per
comprendere meglio i prossimi incontri a Pechino e a Chengdu.
Domani visiterò la Beijing Electric Vehicle (BJEV), la
fabbrica di auto elettriche per il 60% di proprietà statale che aspira al
primato mondiale nel suo settore, e la sede pechinese della Huawei, colosso
delle telecomunicazioni a proprietà collettivista dei suoi dipendenti, che sta
ampliando i suoi investimenti anche in Sardegna e in Italia. Poi, partenza per
Chengdu, i suoi 14 milioni di abitanti e le sue immense fabbriche. Vi
aggiornerò.
Di
Pino Cabras
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