Unione
Sarda.
SANT'ELIA.
Collegherà il lungomare del rione con Su Siccu
Ponte
ciclabile sul canale, ecco il via libera ai lavori
Il ponte tra il lungomare Sant'Elia
e Su Siccu, con vista sul rudere del padiglione Nervi, ha superato l'ultimo
scoglio: i lavori per la sua realizzazione sono stati affidati dal Comune al
consorzio Ciro Menotti di Ravenna, vincitore del bando da quasi mezzo milione
di euro.
Diciassette le ditte partecipanti:
alla fine la società cooperative si è aggiudicato il cantiere con un ribasso
del 21,3 per cento. Ora con 418 mila euro dovrà costruire il ponte ciclabile e pedonale,
l'anello mancante che permetterà di andare in bici o a piedi da via Roma fino
al Poetto, superando il canale che separa il parcheggio cuore dello stadio
Sant'Elia e l'area del padiglione Nervi.
IL CANTIERE Una volta consegnati i
lavori, l'impresa avrà a disposizione trecento giorni per realizzare il ponte.
Insomma - se non ci saranno intoppi e ricorsi al Tar delle imprese escluse
entro trenta giorni dalla pubblicazione della determinazione di aggiudicazione dell'appalto
a firma del dirigente del servizio Lavori pubblici, Daniele Olla - l'opera
dovrebbe essere pronta negli ultimi mesi del 2019.
LE TAPPE «Un progetto che da anni
non vedeva la luce si sta finalmente cancerizzando», aveva commentato nel
dicembre dell'anno scorso l'allora assessore ai Lavori pubblici Gianni Chessa,
dopo la pubblicazione della gara d'appalto. Di un passaggio pedonale e ciclabile
sopra il canale se ne parlava fin dai primi anni del Duemila. I primi passi
concreti nel luglio del 2006 con un protocollo d'intesa firmato da Regione e
Comune: impegni reciproci su una serie di progetti su Sant'Elia (c'era anche il
museo Betile) e tra questi anche la realizzazione del ponte. Poi, nel dicembre
del 2014, la delibera di giunta. Da quel momento si è messo in moto l'iter burocratico:
dopo quattro anni finalmente l'aggiudicazione dei lavori.
IL FINANZIAMENTO Il progetto è stato
finanziato attraverso il Piano nazionale delle città: il Comune aveva partecipato
con il programma strategico di riqualificazione del quartiere di Sant'Elia. Il
ponte verrà costruito nel tratto in cui il canale si restringe. Avrà una lunghezza
di 22 metri e una larghezza di tre metri e mezzo. Verrà realizzato anche
l'impianto di illuminazione con tre punti luce a led. (m. v.)
La
Nuova Sardegna
Direzione
Pd: ora andiamo oltre il centrosinistra
Approvato
un documento che prevede di allargare la coalizione e
aprirsi
ai sindaci e alle associazioni
ORISTANO
Il Pd porta avanti la lunga strada
della sua riorganizzazione. La
direzione a Oristano ha portato un
po' di serenità e una linea
condivisa. Un documento votato da
quasi tutti, solo tre astenuti di
area soriana. E in questo testo c'è
la linea che il Pd vuole seguire
per costruire una coalizione per le
Regionali.
La linea è quella
proposta nel suo discorso
introduttivo e tracciata dal segretario
Emanuele Cani. La proposta è andare
oltre il centrosinistra
tradizionale e cercare di allargare
la coalizione, in una spinta che
eviti un governo dei 5 Stelle o
della Lega. Il documento finale spiega
in modo chiaro quale sarà la linea
del Pd. «Ora ci sarà una grande
conferenza programmatica - spiega
Cani - in cui sarà coinvolto tutto
il partito. E poi una grande
iniziativa pubblica a fine ottobre». Il
documento approvato lo spiega bene.
«Il Pd vuole porsi al servizio di
un progetto politico che si ponga
l'obiettivo di raccogliere forze
politiche, associazioni,
amministrazioni locali, cittadini intorno
all'obiettivo di porre un argine
alla deriva democratica e civile che
è in atto in Italia e che abbatterà
l'Europa se non gli si pone un
freno. Come durante la Resistenza.
La direzione è impegnata a
sostenere l'azione del segretario
nel promuovere una alleanza per la
solidarietà, per la democrazia, per
la libertà, per l'autonomia e per
l'Europa aperta alla partecipazione
di ogni soggetto politico sardo,
ogni associazione e ogni cittadino
che ne condivida l'urgenza e i
valori.
Non è il tempo di dare giudizi su
ciò che si è fatto di
positivo ma di andare oltre i
confini delle precedenti coalizioni e
oltre i confini dei partiti. Siamo a
una emergenza che richiede umiltà
e disponibilità e non arroganza o
imposizioni, e il Pd della Sardegna
è il primo ad essere a disposizione.
Si può e si deve partire dalle
buone amministrazioni locali che
ogni giorno sono impegnate
nell'amministrazione della cosa
pubblica e dalle migliori esperienze
politiche, sindacali, associative,
senza condizionamenti ne primazie.
Per farlo il Pd darà appuntamento agli
incontri locali e provinciali,
promossi per discutere del progetto
e all'appuntamento regionale
programmatico di metà ottobre che
sarà uno spazio aperto e condiviso e
costruito insieme a chi vorrà
rispondere a questo appello. A partire
dalla costruzione dell'alleanza, un
progetto per la Sardegna e una
classe dirigente pronta ad
interpretarla da scegliere, anche
attraverso le primarie di
coalizione, in maniera condivisa».
Diffamò
cronista: Barracciu patteggia
Post al
veleno contro un cronista della Nuova. A giudizio anche il
leader di
Nurnet
CAGLIARI
Rinviata a giudizio per diffamazione
nei confronti del giornalista
Mauro Lissia, l'ex sottosegretaria
ai Beni culturali Francesca
Barracciu ha chiesto al pubblico
ministero di patteggiare la pena. Il
prossimo 15 ottobre il giudice Sara
Ghiani formalizzerà la sentenza
applicando la sanzione concordata
tra il pubblico ministero e il
difensore, l'avvocato Agostinangelo
Marras: una multa di 600 euro.
Va invece al giudizio ordinario
Antonello Gregorini, il presidente di
Nurnet, una fondazione che si occupa
di archeologia, da anni
consulente tecnico del tribunale
civile di Cagliari: dovrà presentarsi
a ottobre davanti al giudice Capitta
per rispondere di diffamazione
via internet. Gregorini sarà difeso
dall'avvocato Massimo Melis.
I fatti al centro del procedimento
risalgono al 3 marzo del 2015, quando
la Nuova Sardegna pubblica un
servizio sull'inchiesta giudiziaria per
peculato in cui è coinvolta
l'esponente del Pd, che sarà poi
condannata in primo grado a quattro
anni di reclusione. Il servizio
riporta il contenuto di un
provvedimento del gip Giovanni Massidda, ma
la Barracciu non gradisce e con un
post molto duro diffuso su Facebook
rivolge al cronista una sequenza di
insulti. Il post viene ripreso da
Gregorini, che in un profilo rivolto
ad appassionati di archeologia
aggiunge pesanti valutazioni
indicando nome e cognome del
destinatario.
Partono le querele, curate
dall'avvocato Mario Maffei:
il pm Diana Lecca conferma le accuse
e chiede il giudizio per l'ex
europarlamentare e per Gregorini.
Chiuso con il patteggiamento il
processo penale, ora Francesca
Barracciu dovrà affrontare la causa
civile per il risarcimento del
danno.
L'ex
consigliere del centrodestra era stato condannato a 5 anni e mezzo
Sigilli
ai beni di Diana: congelati 627mila euro
Il
provvedimento cautelare è stato disposto dalla Procura della Corte dei Conti
di Mauro Lissia
CAGLIARI
Per Mario Diana i guai giudiziari
non finiscono mai: dopo la condanna
a cinque anni e mezzo per peculato
continuato incassata lo scorso 13
luglio davanti al tribunale di
Cagliari, la Procura della Corte dei
Conti ha ordinato che all'ex capo
del gruppo di centrodestra in
consiglio regionale venissero
sequestrati beni immobili per 627 mila
euro, la somma che secondo le
conclusioni del giudizio ordinario
l'esponente politico oristanese
avrebbe in parte speso per ragioni
personali e in parte consentito di
spendere ai colleghi onorevoli al
di fuori dai fini istituzionali.
Il primo provvedimento di sequestro
indicava una somma superiore: 770
mila euro. Dopo il ricorso
presentato dall'avvocato Pierluigi
Machiavelli la cifra è stata
modificata al ribasso, togliendo dal
conto alcune spese che non
riguardavano direttamente Diana. Al
centro del procedimento erariale
sono fra l'altro le ormai celebri 31
penne Montblanc acquistate con
denaro pubblico e distribuite nel
2009 come strenne natalizie fra gli
onorevoli del Pdl, i preziosi libri
d'arte e di storia trovati dai
carabinieri nell'abitazione di Diana
nel corso di una perquisizione
che portò all'arresto a novembre
2013 del consigliere regionale e le
spese per l'allestimento del
banchetto di nozze del collega Carlo
Sanjust nella passeggiata coperta
del Bastione Saint Remy, a Cagliari,
il 13 ottobre del 2009.
Nell'ordinanza di sequestro
conservativo
firmata dal pm Mauro Murtas ed
eseguita nei giorni scorsi era
stabilito che la Guardia di Finanza
mettesse i sigilli a terreni e
altri immobili di proprietà di Diana
sino alla concorrenza della somma
contestata, beni che resteranno
congelati fino alla definizione del
giudizio erariale di merito, avviato
dai giudici contabili ma non
ancora sfociato in alcuna udienza.
Si tratta di un provvedimento
cautelare, necessario in base alla
legge perché in caso di condanna
davanti alla Corte dei Conti Diana
possa pagare interamente la somma
che è accusato di aver speso
impropriamente.
L'ex onorevole regionale
riavrà la disponibilità dei beni
sotto sequestro se uscirà indenne dal
giudizio erariale, altrimenti il suo
patrimonio passerà
definitivamente in mani pubbliche.
Quello di Diana é un caso simile a
quello che coinvolge in questi
giorni i dirigenti della Lega per i
famosi 49 milioni spariti dalla
cassa del partito, solo che a disporlo
è stato la Procura della Corte dei
Conti. La cifra però, a leggere il
provvedimento, è la stessa che il pm
Marco Cocco gli ha contestato al
giudizio immediato davanti alla
prima sezione del tribunale penale,
come dire che la polizia giudiziaria
della Procura ordinaria e la
Guardia di Finanza incaricata dal
magistrato contabile sono arrivati
alle stesse conclusioni: quei soldi
hanno seguito canali illegali,
perché Diana (200 mila euro) e i
consiglieri del suo gruppo (circa 400
mila) li hanno spesi per ragioni del
tutto incompatibili coi criteri
indicati dalla presidenza
dell'assemblea regionale.
Difeso dagli
avvocati Massimo Delogu e Pierluigi
Concas, l'ex esponente di An ha
sostenuto nel corso del giudizio
davanti al tribunale di essere
rimasto vittima di una truffa
perpetrata nei suoi confronti da altri
consiglieri regionali. In altre
parole, Diana non era consapevole di
come i fondi del gruppo venissero
utilizzati, al punto che in diversi
casi - uno è stato documentato in
udienza - gli sarebbero stati
sottoposti per la firma assegni
falsificati. La tesi difensiva non ha
convinto i giudici, ma l'attività
dei sui avvocati è stata utile per
farlgi ottenere una sentenza più
mite: il pm Cocco aveva chiesto la
condanna a otto anni di carcere.
In attesa del giudizio davanti alla
Corte dei Conti, Diana dovrà tornare
in tribunale per rispondere di
una nuova imputazione riferita al
periodo in cui svolgeva il ruolo di
presidente del gruppo di An: si tratta
di altre spese non
rendicontate, che il pm Cocco gli
contesta insieme ad altri ex
consiglieri regionali. Il
dibattimento si aprirà il 17 gennaio
dell'anno prossimo.
UNIONE
SARDA
VERSO LE
ELEZIONI.
Il Pd
prepara le primarie per scegliere l'uomo giusto
La
direzione approva la linea di Cani, giallo su un sondaggio interno
Se non si troverà un candidato
condiviso saranno le primarie a
stabilire chi sarà in corsa per
Villa Devoto.
La direzione regionale del Pd,
riunita ieri sera a Oristano per la
prosecuzione dell'incontro di una
settimana fa, ha ribadito che questo
strumento è nel dna del partito. Da
usare con parsimonia, però, visto
che qualche volta si è rivelato un
po' avvelenato. Alla riunione di
ieri non ha partecipato
l'eurodeputato Renato Soru che in occasione
della prima direzione è stato molto
critico con il neosegretario e ha
annunciato la rinuncia alla
candidatura per Bruxelles.
VIA LIBERA Alla chiusura
dell'incontro, la linea politica di Emanuele
Cani e della segreteria ottiene il
via libera da parte dell'organismo
che affida pieni poteri al neo
segretario per la guida del partito
verso l'appuntamento delle
regionali. «Sono molto soddisfatto per la
quantità e la qualità degli
interventi», dice Cani, «adesso dobbiamo
continuare a lavorare perché non
abbiamo molto tempo e vogliamo
rimettere in marcia il Pd».
Da oggi i dem lavoreranno sulla
conferenza programmatica, di cui nei
prossimi giorni verranno
formalizzati i temi. I punti sui quali Cani
ha fatto leva riguardano la
necessità di restituire al Pd il contatto
con gli elettori, la responsabilità
di sposare le battaglie della
gente e la voglia di essere di nuovo
un partito con un cuore popolare.
Non a caso Cani, durante il suo
intervento, ha ribadito la necessità
di lavorare sodo anche con incontri
frequenti, chiedendo così l'aiuto
di tutti.
IN SALUTE Per il Pd è iniziata una
corsa contro il tempo. Dopo la
sconfitta alle elezioni regionali
c'è da ricucire uno strappo
importante con gli elettori. Un
sondaggio interno attesterebbe il Pd
all'8%, anche se lo stesso
segretario smentisce: «Non abbiamo sondaggi
nostri, per ora lavoriamo soltanto
su alleanze e programmi per le
regionali».
M. S.
L'assessore
Spanu dalla viceministra Del Re - «Noi aiutiamo i Paesi africani»
La cooperazione territoriale è stato
il tema cardine dell'incontro di
ieri a Roma tra l'assessore
regionale agli Affari generali, Filippo
Spanu, e la vice ministra agli
Affari esteri, Emanuela Del Re.
In questo ambito le Regioni svolgono
un ruolo fondamentale «nelle
attività di programmazione e
realizzazione degli interventi nei paesi
che hanno bisogno di rafforzare il
loro processo di sviluppo e, in
particolare, in quelli da cui hanno
origine i flussi migratori»,
spiega l'assessore.
Durante la riunione Spanu si è fatto
portavoce delle richieste di
tutto il sistema regionale: è emersa
la necessità di una
programmazione che abbia maggiore
raccordo col sistema regionale per
rendere più efficaci i progetti di
partenariato.
Nel corso dell'incontro si è
discusso anche della proposta di
regolamento sulla cooperazione
territoriale europea «la cui
impostazione potrebbe mettere a
rischio la continuità dei programmi
con i paesi del sud del Mediterraneo
e indebolire la capacità della
cooperazione di incidere
positivamente sulle cause delle migrazioni»,
dice Spanu.
Inoltre, l'esponente della Giunta ha
illustrato alla viceministra Del
Re i progetti avviati dalla Regione in
Tunisia, Senegal e Uganda e
ribadito la volontà di dare vita ad
azioni analoghe in Algeria, in
modo particolare con la regione di
Annaba da cui proviene la maggior
parte degli sbarchi che interessano
le coste dell'isola. (m. s.)
Bachelet
vuole inviare un team. Salvini: prevenuti e disinformati
«Razzismo
e violenze» Italia nel mirino dell'Onu
ROMA Il Viminale apre un altro
fronte, stavolta col Palazzo Di Vetro
di New York. Per l'Alta Commissaria
delle Nazioni Unite per i diritti
umani, Michelle Bachelet, sono
troppi «gli atti di violenza e di
razzismo, in Italia, contro migranti
e rom». Bachelet, che prima dei
ruoli alle Nazioni Unite è stata
presidente del Cile, ha deciso di
«inviare un team» nel nostro Paese
per monitorare «questo
atteggiamento politico e altri
sviluppi recenti che hanno conseguenze
devastanti per molte persone già
vulnerabili».
SCINTILLE In ballo ci sono «i
diritti fondamentali» dell'uomo, gli
stessi che a volte hanno attirato su
Salvini le critiche di altre
organizzazioni e istituzioni. Ma
Salvini, sotto indagine per sequestro
di persona per la nave Diciotti,
replica accusando l'Onu di essere
«prevenuta, inutilmente costosa e
disinformata».
CONTRIBUTI Il ministro dell'Interno
ricorda che «l'Italia negli ultimi
anni ha accolto 700mila immigrati,
molti dei quali clandestini, e non
ha mai ricevuto collaborazione dagli
altri Paesi europei». Poi, da
Milano, rilancia: «Da
un'organizzazione che costa miliardi di euro, a
cui l'Italia dà più di 100 milioni
all'anno di contributi, ragioneremo
con gli alleati sull'utilità di
continuare a dare questi 100 milioni
per finanziare sprechi, mangerie,
ruberie per un organismo che
vorrebbe venire a dare lezioni agli
italiani».
VERTICE CONTE-TUSK Una linea dura
poco in sintonia con i toni
dell'incontro tra il premier
Giuseppe Conte e il presidente del
Consiglio europeo Donald Tusk. Il
premier continua ad auspicare
«segnali di progresso» sul fronte
delle politiche sull'immigrazione,
«per arrivare, nell'interesse
generale, ad un meccanismo stabile ed
efficace con cui gestire, col
supporto della Commissione Europea, gli
sbarchi, la redistribuzione, e i
rimpatri». Quello che chiede
l'Italia, ha sottolineato, è «un
meccanismo che renda l'Europa
credibile, sicura e solidale».
L'INCONTRO DI VIENNA Parole sobrie
che fanno da contrappeso alla linea
leghista degli ultimatum. Il leader
del Carroccio, peraltro, venerdì a
Vienna potrebbe siglare con il
collega tedesco, Horst Seehofer, un
accordo per riprendersi alcune
persone spostatesi in Germania nei
cosiddetti “movimenti secondari”.
Salvini ha però spiegato che
l'intesa deve essere «a saldo zero».
Nel conteggio finale, cioé, non
deve esserci «senza avere un solo
immigrato in più a nostro carico».
La Nuova
Sardegna
La Digos
al lavoro per identificare tutti i partecipanti alla manifestazione
Funerale
fascista a Sassari Ora si allarga l'inchiesta
di Daniela Scano
SASSARI«È giusto così». A commentare
con queste parole l'inchiesta
della magistratura sui funerali
fascisti del professor Giampiero
Todini non è Ettore Licheri, il
senatore-avvocato pentastellato che ha
presentato un esposto in Procura
insieme al deputato e collega Mario
Perantoni. A parlare così del
procedimento penale che lo riguarda è
Luigi Todini, il figlio del defunto.
«Guardi - si schermisce -, i miei
avvocati mi hanno consigliato di non
rilasciare dichiarazioni». Chi
siano i legali però non lo dice.
«Per il momento preferisco non fare i
loro nomi - spiega -, ma li
conoscerete a tempo debito. Comunque una
cosa la posso dire: è giusto che la
magistratura faccia tutti gli
accertamenti del caso.
Il loro è un atto dovuto».Anche se
non gli è
stato ancora notificato alcun atto
ufficiale, Luigi Todini sa di
essere il primo dei 23 indagati per
la violazione dell'articolo 5
della legge Scelba che punisce con
il carcere fino a tre anni chi
partecipa a manifestazioni fasciste.
«Ero certo che sarebbe stata
aperta una inchiesta, dopo il
clamore mediatico che la vicenda ha
avuto a livello nazionale - ostenta
tranquillità Todini -. Ma ho
fiducia nella magistratura. Aspetto,
sereno e convinto come sono di
non avere commesso alcun reato».
A fare scattare le indagini non sono
stati solo gli esposti della
segretaria provinciale del Pci, Patrizia
Marongiu; dei parlamentari
pentastellati e della consigliera comunale
Lalla Careddu. Ci sono anche questi
documenti formali, certo, ma c'é
soprattutto il video dei funerali
fascisti. Quelle immagini, diffuse
dallo stesso Todini e diventate virali
dopo che le aveva rilanciare
Careddu, per la magistratura sono
allo stesso momento una "notitia
criminis" e prova. Insomma è
come se, il 3 settembre, Luigi Todini si
fosse autodenunciato.L'uomo, guardia
giurata e attivista di CasaPound,
che lo aveva anche candidato alle
ultime elezioni politiche, non dovrà
aspettare a lungo e con lui i 22
camerati i cui nomi sono stati
iscritti nel registro degli
indagati.A quei nominativi potrebbero
presto aggiungersene altri.
L'inchiesta, infatti, si è allargata
e
potrebbe coinvolgere altre persone.
Magistrati e personale della Digos
non parlano delle indagini, ma dalla
cortina di riserbo qualcosa
trapela. Il supplemento di
accertamenti chiesto dal procuratore capo
Gianni Caria e dal suo sostituto
Paolo Piras, magistrati titolari
dell'inchiesta, alla Digos di
Sassari guidata dalla dirigente Cristina
Rapetti, sarebbe quello di
identificare tutti i partecipanti alla
cerimonia. Quindi anche coloro i
quali, non schierati a favore di
telecamera, all'uscita dalla chiesa
avevano fatto il saluto romano e
risposto "presente" al
"camerata Giampiero Todini". Se per
identificare i 23 del picchetto è
bastato guardarli in faccia nel
video, dare un nome ai camerati
rimasti dietro le quinte durante la
cerimonia potrebbe essere un lavoro
più lungo.
Comunque, una volta
acquisito dalla Digos il supplemento
di accertamenti, è facile
prevedere che si vada al giudizio
immediato per definire
processualmente la storia dei
funerali fascisti celebrati sulla
pubblica via da un
"officiante" di CasaPound. Sarebbe stato il
professore Todini, assistente
ordinario di Storia del diritto italiano
all'Università di Sassari, a
chiedere sul letto di morte al figlio di
essere salutato da un picchetto
d'onore schierato davanti al suo
feretro coperto dalla bandiera di
guerra di Salò.
Ma questa richiesta
non sarà rilevante ai fini
processuali. In aula si parlerà di fatti
concreti. Il giudizio immediato è
più di una ipotesi. L'articolo 453 e
seguenti del codice di procedura penale
dispongono che il pubblico
ministero (ma anche l'imputato)
possa chiedere di saltare l'udienza
preliminare e andare direttamente al
processo «quando la prova appare
evidente». è incontestabile che quel
video costituisca una prova, sarà
il tribunale a dire se di
colpevolezza o di innocenza.
L'Anpi si
costituirà parte civile Cossu: «È una scelta obbligata»
SASSARI
L'Associazione nazionale dei
partigiani d'Italia (Anpi) si costituirà
parte civile in un eventuale
processo sui funerali del docente
universitario Giampiero Todini. «Una
scelta obbligata - annuncia Piero
Cossu, vicepresidente nazionale
dell'Anpi - I funerali con triplice
saluto romano, picchetto d'onore e
bara avvolta nel tricolore con
tanto di fascio littorio in onore di
Todini non sono da archiviare
come una vicenda anacronistica, ma
sono il segno di una pericolosa
deriva che sta vivendo il nostro
paese.
Anzi, diciamolo chiaramente:
quei funerali si sono trasformati in
una manifestazione fascista. Il
punto è che questi gruppi di estrema
destra non hanno più paura a
farsi vedere, si sentono legittimati
da un clima politico che,
purtroppo, sta virando sempre più a
destra». Per Cossu il problema è
che l'Italia non ha mai fatto i
conti con la sua storia passata.
«L'anno scorso l'Anpi ha segnalato
al Ministero dell'Interno 500
pagine web che inneggiavano
all'estrema destra. Qualcuna è stata
chiusa, ma la maggior parte sta
ancora circolando. È come se ormai
fosse stato tutto sdoganato».
Perché questa voglia di destra?
«L'Italia, come molti altri paesi
europei, sta uscendo da una crisi
economica feroce: milioni di posti
di lavoro persi, periferie
abbandonate, disuguaglianze in
aumento. La sinistra non è riuscita ad
arginare il disagio delle classi
sociali più deboli. E il risultato è
che ora al governo c'è un partito
come la Lega, che della lotta ai
migranti ne ha fatto una bandiera».
Voterà la sinistra alle prossime
regionali? «Alle ultime elezioni
europee ho votato Tsipras ma se il
mercato politico è questo, non so chi
voterò. Sicuramente sarà un voto
antifascista. Il M5S? Perché no,
molti iscritti condividono i nostri
ideali e le nostre battaglie».
Anche per Daniele Sanna, storico
delle
istituzioni «quei nostalgici che
hanno offerto quello spettacolo
davanti alla chiesa di San Giuseppe,
a Sassari, sono fuori dalla
storia, anzi sono stati condannati
dalla storia». Ma anche per Sanna,
in Italia e in Europa, «c'è molta
voglia di destra». Anche a Sassari,
a quanto pare, nonostante sia la
città dei Berlinguer, dei Segni.
«Sassari vive di gloria del passato.
Ormai è una città in declino
economico e culturale. I suoi
giovani migliori scappano perché non ha
nulla da offrire». Di chi è la colpa
di questo disastro? «La sinistra,
e lo dico da ex dirigente del Pd,
dovrebbe fare un'analisi seria,
capire il perché della disaffezione
da parte dei cittadini. Invece si
è chiuso in se stesso, parlano solo
tra di loro. Se voterò il Pd alle
regionali? È presto per dirlo, ora
mi definirei un elettore non
simpatizzante». (g.z.)
Di Maio
pensa ai turni: «Aperti il 25 %. Decideranno Comuni e commercianti»
Il
vicepremier attacca gli editori. La Fieg: serve un serio confronto
in
Parlamento Negozi chiusi di domenica M5s procede, la Lega frena
di Mila
Onder
ROMA La spesa si potrà comunque fare
perché qualche negozio aperto in
città si troverà. Dopo il coro di
polemiche suscitato
dall'accelerazione sulla chiusura di
esercizi e centri commerciali la
domenica, Luigi Di Maio parla in tv
per rassicurare le famiglie: anche
con la nuova stretta il 25% dei
negozi resterà aperto, in modo che in
ogni quartiere ci sia sempre la
possibilità di fare acquisti. E stanco
del presunto discredito della stampa
contro il suo partito, il
vicepremier attacca intanto gli
editori dei giornali: «Hanno le mani
in pasta ovunque - dice - nelle
concessioni di Stato: autostrade,
energia, telecomunicazioni, acqua.
L'ordine dei prenditori editori è
di attaccare con ogni falsità e
illazione il M5s: screditano il
governo senza sosta. Bisogna fare
una legge per garantire che gli
editori siano puri e i giornalisti
liberi di far inchieste». Immediata
replica del presidente della Fieg
Andrea Riffeser Monti che rigetta
con forza le affermazioni di Di Maio
e ribadisce la pronta ed
immediata disponibilità ad un serio
confronto in Parlamento con tutte
le forze politiche per analizzare e
discutere il futuro della carta
stampata. Riffeser ricorda che il
Sottosegretario con delega
all'editoria, Vito Crimi, ha
ufficialmente sostenuto che è necessario
traghettare il settore per i
prossimi dieci anni.
«Mi auguro - ha
ribadito Riffeser - che si ricerchi
nel Parlamento la massima
condivisione sulla riforma in modo
da dare certezze alle imprese,
considerando il ruolo fondamentale
della stampa e del lavoro dei
giornalisti che richiede, sempre
più, adeguate risorse e mezzi. Resta
prioritario poter continuare ad
informare i cittadini nella maniera
più obiettiva, potendo disporre di
aziende sane e libere da
condizionamenti, tutelando gli oltre
60mila addetti di tutta la
filiera dell'informazione». Sul
lavoro domenicale la Lega però fissa
dei paletti. Per il ministro
dell'Agricoltura e del Turismo Gian Marco
Centinaio, non si devono bloccare le
città turistiche. E il presidente
di Confcommercio Carlo Sangalli
chiede «un incontro urgente» con il
governo «per approfondire le tante
ipotesi che in questi giorni stanno
circolando».
Di Maio, fautore della proposta di
legge M5S presentata
alla Camera, non accetta critiche e
respinge ogni attacco. A partire
dal Pd. «Se il tempo che Renzi usa
per realizzare programmi tv per
Berlusconi, lo dedicasse a fare il
parlamentare, saprebbe che proprio
il suo partito ha proposto una legge
che prevede l'obbligo di chiusura
domenicale», accusa. Di Maio liquida
anche l'allarme della grande
distribuzione su decine di migliaia
di posti di lavoro a rischio. «È
il solito terrorismo - tuona il
vicepremier e aggiunge: «Tireremo
dritto e approveremo la legge in
Parlamento al più presto per dare al
Paese una normativa in grado di
superare il selvaggio West delle
liberalizzazioni», gli fa eco il
ministro dei Rapporti con il
Parlamento Riccardo Fraccaro.
Nel dibattito si inserisce l'alleato
di
governo del M5S. «La proposta che
abbiamo è di non bloccare le
aperture domenicali nelle città
turistiche», ha detto il leghista
Centinaio, che continua: «Facciamo
un ragionamento che ci sia un
giorno a settimana di chiusura, che
non sia necessariamente la
domenica», precisando comunque che
non c'è polemica con il M5S.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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