Di ritorno dalla Catalogna la sensazione che ho,
personalmente, è quella di aver partecipato a un evento storico, uno di quegli
avvenimenti che nella vita capita raramente di vedere.
Non si può dimenticare un coinvolgimento popolare di quelle
dimensioni. Dai portuali che boicottavano le truppe d’occupazione ancorate al
porto, ai pompieri che organizzavano cordoni di protezione, agli studenti che
occupavano le scuole, ai tipografi che lavoravano giorno e notte per non far
mancare le schede elettorali nonostante i sequestri, passando per le centinaia
di migliaia di cittadini e militanti indipendentisti che sostenevano il
referendum col loro lavoro e con i loro corpi, fino alla polizia autonoma che
ha rifiutato di schierarsi contro il popolo. Uomini e donne, di ogni età, di
ogni ceto sociale. Tutti, davvero tutti insieme, determinati a voler decidere
del loro Paese.
Non è possibile dimenticare gli applausi scroscianti agli anziani che, dopo aver conosciuto la bestialità del franchismo, uscivano dai seggi a pugno alzato, con lacrime di gioia, perché nella loro vita avevano realizzato il sogno di poter dire SI alla Repubblica di Catalunya.
Non si possono dimenticare i gesti eroici di quei giornalisti spagnoli che – rischiando la carriera – hanno organizzato una clamorosa protesta contro la distorsione delle notizie attuata dai grossi media spagnoli, la solidarietà di migliaia di cittadini spagnoli che in ogni angolo dello Stato hanno manifestato in favore del diritto a poter votare, il calore internazionalista portato da decine di organizzazioni e migliaia di militanti accorsi da ogni angolo d’Europa a sostenere il popolo catalano.
Ma in questi momenti, nei momenti in cui la storia bussa alla porta, non si possono – non si devono! – dimenticare nemmeno i comportamenti brutali e antidemocratici delle forze politiche reazionarie, degli apparati repressivi, degli Stati che pure bombardano ovunque in nome della democrazia, dei milioni di intellettuali e politici che alla prova dei fatti hanno dimostrato che per loro la democrazia è quella cosa che va auspicata nei salotti e massacrata nelle piazze.
Perciò non potrò mai dimenticare neanche quelle pupille dilatate sotto le visiere, il sorriso folle degli agenti mentre torcevano il braccio alle ragazzine davanti a me, i pugni, i calci ai miei compagni, quei guanti neri che mi sbattevano sul palo e addosso agli altri, le urla e le lacrime dei ragazzi, i boati di “VOTAREM! VOTAREM!” che si schiantavano sui blindati come onde invincibili.
E oggi si sente l’odore nauseabondo di questa Europa putrida nelle dichiarazioni dei potenti che si ostinano a definire “democrazia” la palese, filmata, testimoniata, gratuita violenza su cittadini inermi. Nessuno potrà dimenticare le bastonate gratuite sui pompieri e sugli studenti, nessuna persona onesta potrà mai dimenticare gli agenti che in un seggio elettorale spezzano le dita della mano a una ragazza mentre altri le palpano le parti intime, quelli che trascinano le persone per i capelli, quelli che si lanciano dalle scale atterrando con gli anfibi sulla faccia dei manifestanti seduti in terra…
Nessuna persona giusta può chiamare democrazia le manganellate e i calci dati ai soccorritori che cercavano disperatamente di salvare la vita a un uomo infartuato al seggio elettorale. Nessuna persona perbene in questo mondo potrà mai convincermi che è giusto massacrare un ragazzo, una ragazza, un padre, una madre, un disabile, una vecchietta, colpevoli solo di aver voluto esprimere la propria opinione pacificamente.
Ma tu come reagiresti se tua madre di settant’anni tornasse a casa con il vestito pieno di sangue e la testa spaccata, per il solo fatto di aver cercato di esprimere il suo parere? Tu ce la faresti a tenere la calma e la disciplina se tuo figlio studente tornasse a casa cieco a un occhio a causa di un proiettile di gomma, colpevole solo di aver messo un tratto di penna su un foglio? Tu ce la faresti a tenere la disciplina, a convincere milioni di persone ad avere il coraggio di andare avanti senza perdere il controllo davanti a tutto ciò?
Io, parlo per me, non lo so. Ma loro sì, ce l’hanno fatta, e lo hanno dimostrato.
E anche solo per questo meritano il rispetto di tutto il
mondo.
Bon cop de falç, Catalunya, bon cop de falç!
Di
Pier Franco Devias
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