Unione
Sarda
L'impegno
di Mattarella: «Parlerò con Gentiloni». Eserciterà la sua “moral suasion” sul
governo in favore della Sardegna
Otto ore in Sardegna, due tappe,
sette minuti di discorso all'Università, zero nell'incontro dedicato a Gramsci.
Nella terra di Cossiga arriva il presidente più silenzioso della storia,
austero contrappasso alla vis polemica del predecessore sardo. Ma tra le poche parole
pronunciate da Sergio Mattarella, nel tour tra Cagliari e Ghilarza, ne bastano quattro per
rassicurare la Regione: «Ne parlerò con Gentiloni», in risposta alle
sollecitazioni di Pigliaru sulle vertenze col governo.
Poco? È quello che passa il convento
quirinalizio, del resto il profilo della visita era dichiaratamente culturale
anziché politico. Però in fondo è una promessa, e Mattarella ha l'aria di uno
che se promette poi mantiene. Non farà mai entrate a gamba tesa sul governo, ma
è legittimo aspettarsi una moral suasion, una rispettosa raccomandazione perché
si tenga conto delle difficoltà dell'Isola.
RISERVATO Atteggiamenti in linea con
il suo stile, in effetti. Ligio al protocollo fino all'eccesso, puntuale come
se fosse il presidente degli svizzeri e non del Paese che ha istituzionalizzato
il quarto d'ora accademico, l'uomo del Colle sta attento a non travalicare i confini
dei temi di giornata. Mai dichiarazioni estemporanee ai giornalisti, un solo
intervento pubblico, stringatissimo: va detto però che il capo dello Stato non trasmette
sensazioni di freddezza, semmai di una timidezza antica. Che si impone di
superare quando entra in contatto con la gente: niente di spettacolare, per
carità, ma il presidente ricambia i saluti della folla, stringe mani,
addirittura prima di ripartire da Ghilarza lo si vede impegnato in qualche
selfie (decisiva l'esuberanza del consigliere regionale Upc Pierfranco
Zanchetta).
E pochi minuti prima,
nell'auditorium, aveva salutato con entusiasmo alcuni vecchi amici: un lungo
abbraccio con l'ex deputato e presidente della Regione Pietrino Soddu, una
frase affettuosa («che bello rivederti») al presidente della Fondazione
Sardegna, Antonello Cabras. Oltre all'evidente confidenza con Giorgio
Macciotta, oggi alla guida della Fondazione Casa Gramsci ma per lungo tempo tra
i big della sinistra parlamentare.
LA CATALOGNA Il presidente
silenzioso aveva iniziato la giornata partecipando all'inaugurazione dell'anno
accademico dell'Università di Cagliari. Grande sintonia nel breve colloquio
privato col rettore Maria Del Zompo («vedo che il vostro ateneo sta crescendo»,
dice il capo dello Stato); grande attenzione per tutte le relazioni, testimoniata
dai vari riferimenti inseriti nel suo pur fulmineo intervento conclusivo. Il
discorso presidenziale non è in scaletta, ma Mattarella non nega un saluto al
rettore e ai relatori. Nell'occasione riesce a cucire il tema culturale della
visita con l'attualità: «Quando prevalgono scontri e imposizioni ci si
allontana dalle soluzioni positive e condivise, che invece vengono favorite dalla
conoscenza e dalla cultura», è l'implicito ma chiaro riferimento alle vicende
catalane.
Non certo un atto di fede
indipendentista, ma neppure la mera riaffermazione delle ragioni del governo di
Madrid: non scontato da parte del primo garante della Costituzione italiana, e
dopo giorni in cui l'Ue ha regolarmente deluso gli appelli dei catalani. Anche
se, com'è logico, Mattarella non caldeggia i separatismi: «La cultura è un veicolo
di libertà, ma la libertà va vissuta insieme. Non è vera libertà, se accanto a
noi c'è chi non può goderne. Insieme si cresce, e questo vale anche per le
nostre regioni».
LA CONOSCENZA Il ruolo delle
Università, ha aggiunto, «è fondamentale in questo momento di tensioni e
pericoli in tutto il mondo. Il contributo della cultura è decisivo per
analizzare le cause di queste situazioni». La citazione di Gramsci, in questo
passaggio, serve appunto a ricordare che la cultura non può essere riservata a
pochi eletti. Per questo, tra gli spunti registrati nell'ascolto degli interventi
precedenti, il capo dello Stato valorizza soprattutto il richiamo ai ragazzi
che devono rinunciare agli studi universitari per le difficoltà economiche:
«Anche un solo caso di questo tipo - è la sentenza di Mattarella - rappresenta
una ferita per l'intero tessuto nazionale».
Giuseppe Meloni
Il
pressing di Pigliaru: «Entrate e servitù,
ora lo Stato collabori»
Qui è il pianeta Sardegna, c'è
qualcuno in ascolto? Dopo Renzi, Lotti,
Delrio, Gentiloni e ministranze
varie, l'ultimo sos dalla Giunta è per
il presidente della Repubblica
Sergio Mattarella, come dire: più di
così non sappiamo a che santo
votarci. Nell'ambito di una visita non
strettamente politica, Francesco
Pigliaru coglie comunque l'occasione
per richiamare lo Stato ai suoi
doveri: «Noi abbiamo fatto riforme
importanti, anche assumendoci la
responsabilità di scelte non
semplici, fuggendo la demagogia»,
dice il presidente della Regione
all'ospite venuto dal Quirinale. «Ma
non sempre possiamo risolvere i
problemi con le sole nostre forze».
Serve la «leale collaborazione dello
Stato», soprattutto su
insularità, accantonamenti, servitù
militari. Riflessioni non inedite,
ma che ribadiscono il crescente
disappunto del governatore. La sua
fiducia nella capacità del governo
di aiutare la Sardegna non è più
quella di prima, da vari mesi sono
cambiati i toni nei confronti di Roma.
A GHILARZA Tacere i veri problemi
davanti a Mattarella sarebbe
criticabile, e così Pigliaru affida
anche a lui il suo messaggio nella
bottiglia, il dossier ormai famoso
sugli svantaggi strutturali di cui
soffre la Sardegna. Gliene parla
prima nel colloquio riservato durante
il pranzo in prefettura, glielo
ripete nell'intervento pubblico a
Ghilarza. E il ragionamento trova un
interlocutore non solo disposto
ad ascoltare, ma anche preparato e
partecipe: «Era molto informato
sulle nostre vertenze, soprattutto
sulle questioni finanziarie»,
confiderà il governatore pochi
minuti dopo la fine della visita
istituzionale.
La condizione insulare è l'origine
di molti guai. «Per la prima volta
- spiega nel discorso di Ghilarza -
abbiamo misurato il vero e proprio
“costo di cittadinanza”» determinato
dalla geografia: «Non chiediamo
anacronistici protezionismi, ma pari
opportunità». E per averle
bisogna incidere sulla normativa
europea, specie in materia di
trasporti: «È urgente che lo Stato
italiano ci affianchi con
determinazione di fronte alle
istituzioni europee in questa
rivendicazione».
LE RIFORME Il nocciolo del discorso
riguarda appunto quei risultati
che la Regione non può raggiungere
senza quella famosa «leale
collaborazione». Tra le azioni messe
in campo in questi anni con buoni
esiti, il governatore ribadisce
l'orgoglio per il progetto Iscol@:
istituti nuovi o rimodernati, mille
cantieri aperti («veri, non tanto
per dire»), tremila posti di lavoro.
Cita la riforma sanitaria: «Non
tagliamo le risorse ma gli sprechi».
Spera di arrivare,
sull'urbanistica, a «una legge che
abbia la massima condivisione»
(apertura colta al volo,
positivamente, dal soprintendente Fausto
Martino, in una conversazione con
Pigliaru subito dopo la
manifestazione gramsciana nell'auditorium).
Però «ci sono partite che vanno
affrontate con lo Stato», insiste il
presidente, a partire dalla
questione migranti. «La Sardegna
continuerà a fare la sua parte», ma
chiede «regole chiare: dal
rispetto delle quote al contrasto
dei flussi irregolari, come quello
dall'Algeria». E poi c'è il problema
della sicurezza, con le
intimidazioni agli amministratori
locali.
FINANZE E SERVITÙ Ma la vertenza più
aspra con lo Stato è quella sugli
accantonamenti, cioè i sacrifici
«imposti in modo perpetuo» alle casse
regionali per risanare il debito
pubblico italiano: «Circa 700 milioni
all'anno sottratti alle politiche di
sviluppo, violando in modo
unilaterale l'articolo 8 dello
Statuto», sulle entrate dell'Isola.
Pigliaru spera nell'impegno di
Mattarella su questo e sulle servitù
militari, «a cui l'Isola dà un
contributo sproporzionato».
La presenza del capo dello Stato,
conclude Pigliaru, è «un segnale di
ottimismo». Ma in questa fase
«bisogna far crescere la fiducia dei
cittadini verso le istituzioni», e
c'è una sola strada: «Ottenere
risultati concreti su questioni
cruciali per la nostra gente». (g. m.)
L'abbraccio
a Graziella Dore, sorella di Dina. Il dialogo sulla legge
nata in
Sardegna Dalla parte delle donne uccise - Mattarella ha ricevuto i familiari
degli
orfani di femminicidio
Dalla parte delle vittime. Di quei
figli cresciuti senza madre per
colpa di un padre assassino. Per
difendere i loro diritti il
presidente della Repubblica Sergio
Mattarella ieri mattina ha preso un
impegno solenne con Agostino Mele -
fratello di Anna Maria uccisa a
Nuoro il 3 dicembre del 1998 dal
marito Pier Paolo Cardia - e con
Graziella Dore - sorella di Dina,
fatta ammazzare dal marito Francesco
Rocca il 27 marzo del 2008 nel
garage di casa a Gavoi.
Anna Maria e Dina morendo hanno
lasciato le loro bambine. A loro e
alla legge che vuole tutelare tutti
i figli di vittime di femminicidio
è stato dedicato il colloquio di
trenta minuti che si è svolto nel
salotto della Prefettura.
Il Capo dello Stato - pur
sottolineando la
doverosa imparzialità rispetto al
testo che è ancora all'esame del
Parlamento - ha preso l'impegno di
vigilare sull'iter legislativo e di
tenere alta l'attenzione su un
provvedimento che punta a facilitare la
gestione del patrimonio e a
garantire sostegno economico agli orfani
finora prigionieri di una burocrazia
cieca e di un vuoto normativo
importante. «Oggi è il giorno della
speranza». Graziella Dore è appena
rientrata in paese ed è ancora
emozionata. «Essere ricevuti dalla più
alta carica dello Stato non capita tutti
i giorni. Il Presidente ha
ascoltato le nostre storie con
attenzione, gli ho detto che non vorrei
sostenere una battaglia lunga come
quella della famiglia Mele per
vedere riconosciuti i diritti della
figlia di Dina. Io da Rocca non
voglio un soldo, ma la bambina ha il
diritto a una vita senza rinunce.
Se un giorno decidesse di andare a
studiare all'estero io non potrei
permettermelo». Diciotto anni, tanti
ne sono serviti a Vanessa Mele
perché le venisse riconosciuto il
diritto a una casa. A raccontarlo è
stato lo zio Agostino. «Mattarella
ha detto che è nostro dovere
aiutare questi minori che già hanno
sofferto tanto e che devono essere
tutelati dallo Stato». A spiegare
quanto possa essere difficile
difendere i diritti degli orfani del
femminicidio è stata Anna Maria
Busia, legale delle famiglie Mele e
Dore. «Sono rimasta molto colpita
dall'attenzione mostrata dal
presidente nei confronti di Agostino e
Graziella».
Ai parlamentari Roberto Capelli e
Luciano Uras il compito
di indicare il percorso seguito finora
dalla legge di cui sono
promotori proprio insieme
all'avvocatessa e consigliera regionale
cagliaritana. Mattarella ha
ascoltato senza interrompere mai, le mani
poggiate sui braccioli della
poltroncina e lo sguardo su quel fratello
e quella sorella venuti dalla
Barbagia a spiegare tanto dolore. Frasi
spezzate da silenzi pesanti, occhi
che di tanto in tanto ricacciavano
indietro le lacrime. Non c'era tempo
per piangere, meglio parlare,
meglio chiedere attenzione e
impegno. La promessa del Capo dello Stato
è arrivata alla fine: una lunga
stretta di mano, come un abbraccio ai
bambini resi orfani da chi li
avrebbe dovuti amare.
Mariella Careddu
Pili:
serve referendum sardo - Soru: «Rajoy ha
già perso, troppa violenza»
«Mai reprimere con la forza e silenziare
un popolo», dice Renato Soru.
Non una dichiarazione d'amore per
l'indipendenza, ma una difesa del
«diritto dei catalani ad esprimersi
sul referendum», spiega su
Facebook l'europarlamentare sardo
del Pd. «Vedendo le immagini di
quello che è accaduto nelle scorse
ore in Catalogna mi è venuta in
mente una frase che ho letto su uno
degli straordinari murales di
Orgosolo, questa estate. Con i
pestaggi sui civili inermi, aventi la
sola colpa di voler pacificamente
esercitare il diritto di esprimere
la propria volontà, ieri il governo
Rajoy “ha perso il mandato del
cielo”», spiega Soru citando il
murales.
«Non sarà semplice, ma
l'unica mossa ce l'ha ancora la
politica, a tutti i livelli, che ha il
dovere di riavviare immediatamente
il confronto ed il dialogo». Anche
dal sindaco di Alghero Mario Bruno
arriva la sindaco di Alghero la
«ferma condanna per l'uso della
forza da parte della Spagna contro la
volontà di un popolo di pronunciarsi
pacificamente e
democraticamente». La solidarietà al
popolo catalano non arriva solo
dalla politica. Ruggero Mameli,
manager dell'alta finanza di Dubai
originario di Irgoli, ha offerto il
suo appoggio e ospitalità a
eventuali profughi: per questo è
stato ringraziato ufficialmente dalla
presidenza della Generalitat
catalana.
REFERENDUM SARDO E anche in Sardegna
si muove qualcosa: il deputato di
Unidos Mauro Pili ha presentato ieri
una proposta di legge
costituzionale per indire un
referendum sull'autodeterminazione del
popolo sardo. «È evidente che se la
presidente della Camera non
dovesse dichiarare ammissibile la
proposta e quindi rigettarla ne
scaturirebbe un contenzioso
giudiziario di livello internazionale».
(m. r.)
In
commissione l'esame degli 849 emendamenti - Rete ospedaliera, prova difficile
La riforma della rete ospedaliera,
questo pomeriggio, ritorna in
Consiglio carica di incognite. La
maggioranza cerca di trovare una
linea condivisa e lo dovrà fare
stamattina quando la commissione
Sanità (presidente Raimondo Perra)
comincerà l'esame degli 849
emendamenti. L'opposizione è pronta
a dare battaglia, forte della
posizione compatta ribadita ieri
sera durante un convegno a Cagliari
dal titolo “La salute prima di
tutto”.
Tra gli emendamenti condivisi
dalla maggioranza ci sono alcune
modifiche come quella che prevede di
trasformare l'ospedale Marino di
Cagliari, non solo in stabilimento
riabilitativo ma anche in un Centro
di emergenza territoriale (Cet).
BOCCIATURA Durante il convegno di
ieri sera, il senatore di Forza
Italia, Emilio Floris, è stato
critico con i criteri della rete
ospedaliera che «non tengono conto
delle peculiarità della Sardegna».
Duro anche il consigliere regionale
di Fratelli d'Italia, Paolo
Truzzu: «La sanità non può essere
una merce di scambio per regolamenti
di conti nel centrosinistra».
LA PROTESTA Giorgina Secci,
presidente dei volontari dell'assistenza
pubblica di Urzulei, protesta con lo
sciopero della fame contro la
riforma sanitaria. L'Ogliastra lotta
per non perdere le specialità
dell'ospedale di Lanusei, ma a
preoccupare è la delibera della Giunta
sui distretti sanitari di macroarea.
L'Ogliastra è accorpata a
Oristano e Nuoro: il timore è
l'emarginazione sia in termini di budget
che di controllo. (m. s.)
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La
Nuova
Insularità,
trasporti, servitù e accantonamenti: ecco l'elenco delle priorità
Pigliaru
a Mattarella: lo Stato ascolti la Sardegna
di Simonetta Selloni
INVIATO A GHILARZA
Una visita privata alla Casa Museo
Gramsci; poi un incontro pubblico
all'auditorium comunale per la
presentazione dell'ottavo volume
dell'Edizione nazionale degli
scritti di Antonio Gramsci. Questi i due
momenti dell'omaggio che il Capo
dello Stato Sergio Mattarella ha
voluto rendere al politico e
filosofo, nell'ottantesimo anniversario
della sua morte. A Ghilarza Gramsci
visse gli anni della sua
giovinezza, tra il 1809 e il 1914.
Il presidente della Repubblica è
arrivato nel pomeriggio,
accompagnato dal governatore della Sardegna
Francesco Pigliaru, dopo aver
inaugurato in mattinata a Cagliari
l'anno accademico dell'Ateneo.
Un'ora e mezza di permanenza tra
eccezionali misure di sicurezza; il
presidente non ha rilasciato
dichiarazioni ma ha stretto tante
mani alla folla che si è radunata
per vedere da vicino la prima carica
dello Stato.La nipote di Gramsci.
Un momento di commozione ha in
qualche modo incrinato il rigidissimo
protocollo imposto dal Quirinale,
nel momento in cui Mattarella è
entrato a Casa Gramsci. Ad
accoglierlo, il presidente della Fondazione
Giorgio Macciotta ma anche Diddi
Paulesu, 87 anni, figlia di Teresina
Gramsci, sorella di Antonio. Parole
affettuose tra il Capo dello Stato
e la nipote di Gramsci, attiva
promotrice della funzione culturale
della Casa Museo di recente
diventata monumento nazionale.
L'intervento
di Pigliaru. Se la visita a Casa
Gramsci si è svolta quindi lontano da
telecamere e curiosi, l'appuntamento
all'auditorium comunale è
diventato un momento di intenso
confronto politico tra la Regione,
attraverso l'intervento del
governatore Francesco Pigliaru, e il Capo
dello Stato. Introdotto dal sindaco
di Ghilarza Alessandro Defrassu
(ha annunciato che un ulivo scampato
ai roghi estivi e donato dal
Comune di Boroneddu ricorderà la
visita di Mattarella), Pigliaru ha
riportato viva l'attenzione sulla
vertenza Sardegna. Il valore delle
parole. «Se si fa un omaggio a
Gramsci, si fa un omaggio al pensiero,
all'intelligenza, a una lezione
politica, umana e sociale, che è per
la Sardegna ricchezza interiore. Ma
per avere un valore, l'omaggio
deve andare oltre le parole,
soprattutto se reso da chi rappresenta le
istituzioni e ha ricevuto il temporaneo
compito di guidarle».Le
questioni aperte. Il garbo
istituzionale di Pigliaru ha in parte
alleggerito la gravità dei temi
contenuti nel discorso del
Governatore. Le "questioni
aperte", le ha chiamate Pigliaru, «che ci
vedono in un confronto intenso e a
tratti acceso con lo Stato e sulle
quali mi preme richiamare la sua
attenzione».
«Statuto speciale
violato». C'è il tema degli
accantonamenti. «Ci vengono imposti dal
2012 in modo perpetuo, senza
scadenza. Da allora circa 700 milioni di
euro l'anno sono sottratti alle
politiche di sviluppo e crescita che
ci sono necessarie. Entrate che
vengono progressivamente ridotte
violando in modo sistematico e
unilaterale l'articolo 8 dello Statuto
speciale. Le rivolgo, Presidente, un
appello a garantire una leale
collaborazione tra i diversi livelli
di governo per superare una
situazione che riteniamo non più
accettabile».Migranti. È un'altra
delle vertenze aperte. «La storia ci
ha insegnato il valore
dell'accoglienza, e nell'affrontare
la grande crisi dei nostri tempi
la Sardegna ha fatto e continuerà a
fare, con convinzione e
generosità, la propria parte.
Ciò che chiediamo è però di poter
agire
in un quadro di regole chiare e nel
rispetto delle quote assegnateci
per far fronte alla azione di
contrasto verso flussi irregolari come
quello che oggi muove
dall'Algeria».L'insularità. È un "costo di
cittadinanza", dato dalla
condizione geografica di isola periferica.
Pigliaru: «Abbiamo mostrato in quale
misura questa condizione viola il
principio di uguaglianza. Non chiediamo
anacronistici protezionismi,
come non li chiedeva Gramsci per
risolvere la questione meridionale».
A Mattarella, la richiesta che «lo
Stato ci affianchi con
determinazione di fronte alle
istituzioni europee in questa
rivendicazione per noi fondamentale».La
sicurezza. «Gli attentati, le
minacce, le intimidazioni nei
confronti degli amministratori locali -
ha proseguito Pigliaru - si
susseguono con impressionante frequenza.
Anche in questo caso abbiamo fatto
la nostra parte, realizzando un
sistema di videosorveglianza che
sarà sempre più capillare. Ma non
basta. Troppo spesso i nostri
territori interni subiscono un costante
arretramento dello Stato laddove
avrebbero bisogno, al contrario, di
una maggiore presenza».
Servitù militari. Altro tema per il
quale la
Sardegna confida nell'attenzione del
presidente della Repubblica è
quello delle servitù militari.
«Chiediamo da anni riequilibrio,
cessione di beni non utilizzati,
monitoraggi ambientali indipendenti e
riconversione in senso duale delle
attività svolte nei
poligoni».L'urbanistica. Pigliaru
l'ha infilata a proposito
nell'intervento politico, con
l'obiettivo che dopo tante polemiche con
lo Stato il messaggio arrivasse
chiaro a Roma. «Sul tema - ha detto -
c'è una discussione aperta che può
farci solo piacere, e a cui
intendiamo offrire tutto il tempo
che servirà, perché vogliamo che la
nostra ricerca di un equilibrio
virtuoso tra sviluppo e sostenibilità,
il nostro voler favorire crescita
economica e creazione di posti di
lavoro intorno a un capitale naturale
preservato con rigore, trovino
sintesi in una legge che abbia la
massima condivisione».Il brivido
finale. Prima di andare via,
Mattarella ha assistito alla
presentazione dell'ottava edizione
degli scritti Gramsciani.
Qualche
brivido all'auditorium per il malore
di un corazziere per via del gran
caldo; quindi la chiusura con la
forza più potente sulla quale Gramsci
confidava. Gli studenti, (quelli
della quinta Liceo Scientifico).
Giovani istruiti, organizzati,
agitati. E se il Capo dello Stato è
riuscito a eludere tutti i
giornalisti che chiedevano almeno un
commento sulla visita a Casa
Gramsci, al selfie con loro proprio non
si è potuto sottrarre.
La lunga
giornata è iniziata con l'inaugurazione dell'anno accademico a Cagliari
«Se anche
un solo ragazzo non può studiare all'Università è una ferita
per
tutti» Le rassicurazioni ai sardi: «Sì, mi attiverò per voi»
di Umberto Aime
CAGLIARI
Presidente, che Sardegna ha trovato?
La domanda è gridata da una parte
all'altra della piazza. Sergio
Mattarella accelera il passo, quando
dopopranzo esce dal portone della
prefettura. È scortato e protetto da
un imponente, esagerato, cordone di
sicurezza, tirato su per evitare
che persino l'improvviso, leggero
maestrale provi solo a spettinare
l'inviolabile protocollo. È lontano,
il Capo dello Stato:
inavvicinabile, dopo che, nella zona
rossa, sono stati ammessi solo
gli stretti invitati istituzionali.
La risposta al domandone del
lunedì è gridata una seconda volta.
Perché purtroppo e spesso i sardi
devono gridare dalla mattina alla
sera per farsi ascoltare.
Mattarella è attirato da quel punto
voce, imprigionato suo malgrado fra le
transenne. Allarga il sorriso, e lo
fa quando nello stesso attimo un
raggio di sole illumina i suoi occhi
verde smeraldo. È un'immagine che
dà serenità e sicurezza quella di un
presidente molto deciso nel
salire sull'Audi blu notte,
abbellita dalle bandierine d'ordinanza del
Quirinale. Ma la risposta
sollecitata e attesa non arriva, almeno che
non fosse racchiusa, allora sarebbe
da interpretare, in quel saluto:
la mano destra sollevata all'altezza
del viso, consueto a ogni Capo di
Stato in visita ufficiale.Di poche
parole.
Peccato, per il silenzio di
Mattarella, a Cagliari e anche a
Ghilarza sarà così, perché lui - da
siciliano e regionalista convinto
qual è - avrebbe potuto dire molto
sulla salute della Sardegna e anche
suggerire tanto su come
riconquistare almeno in parte le
troppe potenzialità inespresse
dell'Autonomia. Peccato davvero
averlo tenuto lontano dalla gente
comune, a parte le strette di mano e
qualche foto con i passanti, una
cinquantina, in attesa al di là del
museo nazionale, dov'è esposta una
testimonianza dei Giganti di Mont'e
Prama. Perché una Sardegna che è
stata capace di dissipare la
grandezza di quei suoi gloriosi antenati
ma oggi pare impegnata a rialzarsi
dopo l'ultima devastante crisi, una
parola d'incoraggiamento se la
sarebbe meritata e aspettata. Arriverà,
bisogna avere pazienza ed essere
ottimisti, dopo il pranzo nel Salone
delle feste.Gli incontri.
Soprattutto a tavola, Francesco Pigliaru e
Massimo Zedda, governatore della
Regione e sindaco di Cagliari,
avrebbero parlato con insistenza del
peso e del costo dell'insularità.
È un prezzo conosciuto da tempo,
supera ogni anno il miliardo e 100
milioni di euro, ma questo scompenso
sociale ed economico Roma e
Bruxelles continuano a
sottovalutarlo, a non risarcirlo. Così per
contrastare l'ormai quasi
settimanale indifferenza nazionale ed
europea, l'annunciato sostegno di
Mattarella potrebbe essere decisivo.
«Conosco la situazione. Mi
attiverò», avrebbe detto il Presidente nel
saluto in Prefettura e dopo aver
ricevuto in dono dalla Regione il
libro «Fiabe e giochi», scritto dal
genio che è stato Maria Lai e un
telo di lino ricamato dalle allieve
dell'artista, che lavorano a «Su
Marmuri» di Ulassai.All'università.
È
stato un telo anche il discorso
a braccio del Presidente nell'aula
magna del rettorato, scenografia
dell'inaugurazione dell'anno
accademico numero 397 per Cagliari. Sette
minuti intensi, incisivi in cui ha
parlato di libertà, cultura e
dialogo. Dopo essere stato
sollecitato dalle parole del rettore Maria
Del Zompo, «continuiamo a crescere,
ma lo Stato ci ha tagliato due
milioni di finanziamenti», del
portavoce degli studenti Roberto Vacca,
«i soldi non possono andare solo ai
grandi atenei» e della senatrice a
vita e farmacologa Elena Cattaneo,
che ha ricordato Giulio Regeni, il
ricercatore ucciso in Egitto, e
detto «rivendico la libertà di
conoscenza in ogni direzione»,
Mattarella ha preso la parola, con un
strappo questa volta al
protocollo.Il discorso. «La cultura è veicolo
di libertà - ha detto - ed è un bene
indivisibile perché non può
essere goduta da soli e va difesa
ogni giorno.
La libertà è piena se
si realizza insieme agli altri che
sono attorno a noi: questo vale per
le persone, i territori e gli Stati.
E non è tale se, accanto a noi,
c'è chi non può usufruire della
cultura». Ed è subito arrivato un
monito: «Se oggi anche un solo
giovane non può iscriversi
all'Università per motivi economici,
è di sicuro una ferita destinata
a lasciare a lungo il segno
nell'intero tessuto nazionale. Che invece
ha un grande bisogno di cultura,
soprattutto in una stagione come
questa segnata da tensioni e
pericoli nel mondo.
La cultura, lo
scriveva Gramsci e noi dobbiamo
ripetercelo, è fondamentale per
esaminare e studiare i problemi che
provocano contrapposizioni». Per
poi entrare nella stretta attualità
senza però pronunciare mai il caso
Spagna o le manganellate di un altro
Stato in Catalogna, e parole
rischiose come lo sono referendum o
spinte indipendentiste che sono
forti anche in Sardegna. «In questi
giorni - ha detto - in Europa
abbiamo verificato ancora una volta
che, quando prevalgono scontro ed
esasperazioni le soluzioni si
allontanano, mentre è proprio la cultura
a poter fornire il giusto supporto
per un ritorno al dialogo e al
confronto fino ad arrivare a
soluzioni condivise».
Per ritornare ai
fatti nostri, è quella condivisione
che da sempre il governatore
Pigliaru declina in una «leale e
necessaria collaborazione fra Stato e
Regione». Ma nelle stanze della
Repubblica però purtroppo non è sempre
così e il Capo dello Stato questo lo
sapeva o l'ha scoperto.
Ugo
Cappellacci dovrà risarcire la Regione
Condannato
a pagare 220mila euro per il danno arrecato con il
licenziamento
dell'addetto stampa
di Mauro Lissia
CAGLIARILa mannaia della Corte dei
Conti si abbatte sul capo dell'ex
governatore Ugo Cappellacci, che
dovrà versare alla Regione 220 mila
euro per risarcire circa la metà del
danno erariale - 426 mila euro -
causato all'ente pubblico nel 2009
con il licenziamento ad appena
quattro mesi dall'assunzione del
capo ufficio stampa Valerio Vargiu. A
deciderlo è stata la sezione
d'appello della Corte dei Conti, che
ribaltando il giudizio di primo
grado ha incolpato il leader sardo di
Forza Italia per aver «violato i
doveri di prudenza, correttezza e
cura delle sorti delle finanze
erariali» visto che «non poteva
ignorarsi che l'immotivata
risoluzione unilaterale di un contratto di
lavoro genera sempre conseguenze sul
piano economico per il soggetto
che arbitrariamente vi ricorre».
È stato lo stesso Cappellacci («ho
fatto il mio dovere e mi è costato
caro») a diffondere la notizia sul
profilo Facebook, annunciando il
ricorso per Cassazione. In realtà la
decisione dei giudici contabili è
definitiva, a meno che i magistrati
supremi rilevino difetti di
giurisdizione. L'ex presidente della
Regione spiega infatti in un lungo
post che dovrà far fronte al
verdetto della Corte dei Conti col
suo lavoro di commercialista e
mette polemicamente a confronto i
testi delle decisioni di primo e
secondo grado in cui i giudici
sostengono prima la sua estraneità
rispetto alla vertenza Vargiu e ora
il suo coinvolgimento. I fatti
risalgono al 2009, quando
Cappellacci decide di affidare l'incarico di
capo ufficio stampa della giunta
regionale al giornalista televisivo
Valerio Vargiu. Il rapporto di
lavoro va avanti per quattro mesi, poi
si guasta a causa di dissapori
piuttosto evidenti tra Vargiu e lo
staff del governatore.
La decisione conseguente è il licenziamento
in
tronco, cui segue l'inevitabile
causa di lavoro in cui la Regione non
si costituisce. Vargiu vince facile
e il tribunale condanna la Regione
a pagargli gli 8500 euro lordi di
stipendio per i cinque anni previsti
nel contratto, più spese e interessi.
Chiamato in causa dalla Corte
dei Conti, Cappellacci spiega di
aver saputo della causa di lavoro
solo dopo la sentenza: «Se avessi
partecipato al giudizio - sostiene
ora - avrei spiegato le ragioni
della decisione, legata al venir meno
del vincolo di fiducia». Normale
spoil system, si difende Cappellacci
e i giudici gli danno ragione,
condannando al risarcimento soltanto la
Regione. In secondo grado il
giudizio è di segno opposto: «Quando
Cappellacci ha manifestato alla
giunta la volontà di recedere dal
contratto - hanno scritto i giudici
- Vargiu era al lavoro da quattro
mesi». In quanto alla causa di
lavoro, che per il leader di Forza
Italia sarebbe andata avanti a sua
insaputa, la Corte ironizza
parlando di «palleggio tra gli
uffici» e di «magiche mutazioni» nel
circuito della corrispondenza
interna agli uffici.
Soru
attacca la politica di Rajoy: mai usare la forza contro il popolo
SASSAR
IL'onda lunga del referendum
catalano arriva nell'isola. E anche in
Sardegna si moltiplicano i commenti
e le iniziative. Il Pd nell'isola
ha scelto una linea di silenzio.
L'unico che prende posizione via
social è Renato Soru. Lo fa con un
lungo post che prende spunto da un
murales di Orgosolo. «Vedendo le
immagini di quello che è accaduto
nelle scorse ore in Catalogna mi è
venuta in mente una frase che ho
letto su uno degli straordinari
murales di Orgosolo, questa estate.
Con i pestaggi sui civili inermi,
aventi la sola colpa di voler
pacificamente esercitare il diritto
di esprimere la propria volontà,
ieri il governo Raioy "ha perso
il mandato del cielo". Nell'impedire
il diritto dei catalani a esprimersi
sul referendum e nelle modalità e
nei tempi con cui esso si è svolto,
è stato fatto il più grande errore
che poteva essere fatto. Mai
reprimere con la forza e silenziare un
popolo. La crisi tra Madrid e
Barcellona andava ricomposta prima che
sfociasse nelle piazze.
L'unica via era quella politica:
informare i
catalani dei contenuti del
referendum, negoziare le conseguenze,
pretendere una parola chiara
innanzitutto dall'Unione Europea, che
solo oggi interviene ricordando che
"questo è il tempo di unire e non
di perseguire ulteriori divisioni e
frazionamenti". Non bisogna mai
temere il volere del proprio popolo,
anzi bisogna sempre rispettarlo.
Un esempio è quanto accaduto
recentemente in Scozia, dove la
democrazia inglese ha mostrato un
forte legame e un rapporto di
fiducia con la sua gente e ha dato a
tutti la possibilità di discutere
per tempo ed esprimersi liberamente.
Non sarà semplice, ma l'unica
mossa ce l'ha ancora la politica, a
tutti i livelli, che ha il dovere
di riavviare immediatamente il
confronto ed il dialogo».Si schiera
contro il referendum catalano
l'eurodeputato di Forza Italia, Stefano
Maullu, di origine sarda.
«In Spagna non si sta assistendo a
un
referendum, ma a un vero e proprio
golpe da parte di chi peraltro non
rappresenta nel Parlamento catalano
la maggioranza dei cittadini: si
sta mettendo a repentaglio la
sicurezza e l'integrità di uno dei più
grandi paesi europei, per cui non
c'è da stupirsi che il governo abbia
deciso di intervenire con forza
sostenuto da una serie di sentenze
della Corte Costituzionale spagnola
che conferma l'illegalità del
referendum». «Mi auguro che prevalga
il buon senso e che si riesca a
riportare la calma, perché ciò che
sta accadendo in Spagna è davvero
incomprensibile - aggiunge.
La mia solidarietà è tutta verso il
popolo
spagnolo che in queste ore è
costretto a vivere momenti di tensione a
causa di una minoranza che ha
ottenuto un unico risultato, fare in
modo che la Spagna torni alle
tensioni di un tempo
passato».Solidarietà alla sindaca di
Barcellona Ada Colau da parte
della collega di Carbonia, la
grillina Paola Massidda, che le ha
inviato una lettera pubblica.
«Gentile sindaco Ada Colau, a nome di
tutta l'amministrazione comunale di
Carbonia che, in qualità di
sindaco rappresento - scrive
l'esponente del Movimento 5 stelle -
desidero manifestare a te e a tutto
il popolo catalano la nostra
solidarietà e vicinanza. E vi esorto
ad andare avanti nella vostra
battaglia. Una battaglia civile e
democratica per vedere riconosciuto
il vostro diritto
all'autodeterminazione».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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