Monastir
06 Ottobre 2018,
ore 18:00
Sala Ass. Popoli del mare
Via progresso 72
Presentazione del libro
“Carlo Felice ed i
Tiranni sabaudi”
Di Francesco Casula
Il libro di
Casula risponde a una domanda semplice: dopo che i
Savoia ricevettero, controvoglia, la Sardegna nel 1720, e divennero
re, come si comportarono verso quella importante parte del loro
regno? La risposta al quesito è semplice, lineare, durissima: la Sardegna venne
trattata come un territorio altro rispetto al Piemonte, abitato da uomini
che avevano meno diritti rispetto agli altri, culturalmente
e socialmente inferiori, i quali dovevano essere trattati in modo tale da mantenere
questa inferiorità. Questo pensavano i tiranni sabaudi, e le loro modalità
di governo, o meglio di spoliazione, sono la diretta conseguenza della visione
ideologica appena tratteggiata.
Girolamo
Sotgiu, probabilmente il più grande storico del periodo sabaudo in Sardegna,
pur essendo un oppositore della “diversità” dei sardi rispetto agli
italiani, non poté non constatare il carattere coloniale dei rapporti
tra Piemonte e Sardegna. Di quei rapporti non sono colpevoli coloro
che allora abitavano il Piemonte (per carità) bensì i governanti,
cioè i Savoia e, successivamente, gran parte della classe
dirigente post-1861. Nel 2011,
durante le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è
persa l’occasione di riflettere criticamente sul Paese e sul processo
di “unificazione”.
Però si può sempre (ri)cominciare, anche in assenza di
una ricorrenza. Se un turista, un italiano o uno straniero, viene in
Sardegna, scoprirà che la strada più importante, la SS131, è
la “Carlo Felice”. Carlo Felice, detto anche “Carlo feroce” è
stato uno dei peggiori, più sanguinari e pigri vice-re di Sardegna.
Un amico
studioso ama ripetere che è come se gli israeliani, nel 2200 dedicassero la
loro strada più importante a un nazista, magari a Hitler in persona.
Certo, questo sarebbe potuto succedere se i nazisti avessero vinto. Dato però
che non è giusto che la storia la facciano i vincitori, le persone dotate di
senno o almeno di amor proprio che abitano in Sardegna, perché non mettono mai
in discussione la memoria che si reifica nei nomi delle strade e
delle vie di Sardegna?
A Cagliari,
nella piazza più frequentata, svetta la statua di Carlo Felice. Più di sei
anni fa proposi, per molti provocatoriamente,
di sostituirlo con Giovanni Maria Angioy, il quale “fu il capo
[…] del movimento anti-feudale sardo. Angioy fece proprie le rivendicazioni
delle popolazioni della campagna vessate dai feudatari, e propugnò
l’eliminazione delle arcaiche strutture di potere”. Da tempo, un movimento di
opinione, che ha presentato anche una petizione, chiede che la statua
venga spostata.
In questa
fase storica, di disfacimento di un progetto politico (l’Italia), ragionare
sulla sua storia secolare e i suoi governanti, ragionare sul suo carattere
plurinazionale (l’Italia è insieme alla Francia uno dei paesi europei a
non aver ratificato la Carta Europea delle Lingua Minoritarie), fa sicuramente
bene ai popoli in cerca di una libertà che Roma non ha fornito, ma anche a
Roma stessa.
Il libro di
Francesco Casula, che rifiuta ogni razzismo anti-italiano, è un valido
contributo per riscrivere veramente la storia, andando contro i tanti
tradimenti dei presunti chierici.
Enrico Lobina
Due
domande al professor Francesco Casula, per fare un po’ chiarezza.
1. I Sardi hanno sputato
sangue per fare l’Unità d’Italia?
Sono stati costretti a partecipare alle cosiddette Guerre di
Indipendenza, per farsi massacrare in Guerre da loro non volute. Di cui non
conoscevano le ragioni e tanto meno gli obiettivi. Fin dalla Prima guerra di
Indipendenza, essendo stato istituito il servizio militare obbligatorio dopo la
“Perfetta Fusione”. Senza l’obbligo non avrebbe partecipato quasi nessuno.
2. Ma si è realizzata
l’Unità d’Italia?
No: si son create due Italie: una colonizzatrice e l’altra
colonizzata. Infatti l’Unità d’Italia si risolverà sostanzialmente nella
“piemontesizzazione” della Penisola e fu realizzata (grazie alle sterline della
massoneria inglese, a Napoleone III e alla Prussia) dal Regno del Piemonte,
dalla Casa Savoia, dai suoi Ministri (da Cavour in primis) dal suo esercito in
combutta con gli interessi degli industriali del Nord e degli agrari del Sud
(il blocco storico gramsciano) contro
gli interessi del Meridione e delle Isole e a favore del Nord; contro gli
interessi del popolo, segnatamente del popolo-contadino del Sud; contro i paesi
e a vantaggio delle città, contro l’agricoltura e a favore dell’industria.
Qual è la nostra
nazionalità?
Noi Sardi siamo di nazionalità sarda con la cittadinanza
italiana, ovvero incorporati coattivamente (speriamo ancora per poco) in uno
Stato che non abbiamo mai né scelto, né voluto. Continuare a confondere Nazione
con Stato è non solo segno di crassa ignoranza ma foriero di disastri e
disfatte. La Nazione attiene alla storia, cultura, lingua, tradizioni. Lo
Stato appartiene a una dimensione politico-giuridica. La mia patria è la Sardegna. La mia
bandiera sono i 4 Mori. Ogni volta che vedo il tricolore e sento l’orrendo,
militaresco e bellicista “Fratelli D’Italia”, mi viene l’orticaria.
Libero ciascuno di
pensarla diversamente. Ma ciascuno parli per sé. E possibilmente si studi la
storia: quella vera non quella falsificata e mistificata dei libri scolastici. Tutta tesa a esaltare le magnifiche
sorti e progressive del cosiddetto Risorgimento e dell’Unità d’Italia che tante
sofferenze e tanti drammi ha procurato e procura alla Sardegna e al Meridione
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