UNIONE
SARDA
06.10.2019
“ Non sono sereno”. L'ha detto ieri
in un'intervista al Corriere della Sera il premier Giuseppe Conte. Il riferimento a Matteo Renzi non è casuale: l'ex segretario del Pd, oggi
leader degli Scissionisti, è la mina vagante della nuova maggioranza
giallorossa. Renzi non nasconde questo suo ruolo di bomba a orologeria che fa tic tac
in toscano, anzi se ne fa vanto negandolo e pur esprimendo a ogni piè sospinto
il proposito di dare continuità alla legislatura (alla legislatura, non per
forza al governo) Renzi esprime come testo e sottotesto il fatto non banale che
possiede la golden share sul governo: lo ha fatto nascere e può mandarlo al
patibolo suonando stornelli.
Stai sereno, appunto. Renzi ha dato
vita ai suoi gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, ha lanciato un nuovo
marchio sullo scaffale del supermercato politico, Italia Viva, e nonostante
l'ironia di qualcuno che lo vede già zombificato (e dunque morto-non-morto)
gode di uno stato energetico eccezionale visto che ogni giorno monopolizza il
dibattito del Palazzo.
Questo
scenario ad alto voltaggio, si capisce, è un vento gelido che entra nelle
stanze del Partito democratico e nella segreteria di Nicola Zingaretti, il
quale è avvolto in una ragnatela: alla sua destra è pressato da
Renzi, alla sua sinistra si ritrova i Cinque Stelle, in casa ha una sorta di
consiglio balcanico dove deve cercare di mettere tutti d'accordo senza
comandare su nessuna delle fazioni.
Catapultato dalle cancellerie
europee nella dimensione del partito responsabile, cioè della formazione che
deve accollarsi le decisioni più scomode della fase di governo, il Pd deve anche cercare di non farsi soffocare dal boa constrictor della
responsabilità, non perdere la partita che conta, quando ci sarà, il voto. Le elezioni in
Umbria il 27 ottobre sono la prima prova elettorale dopo la formazione del governo
giallorosso.
Resta il tema del partito responsabile.
Il Pd deve farsi carico di ogni provvedimento che frena la spesa, può giostrare
in Europa per ottenere più risorse, ma deve anche far quadrare i conti, coprire
le clausole di salvaguardia sull'Iva (23 miliardi) e piazzare qua e là tasse
più o meno occulte per non far saltare il banco del bilancio dello Stato. C'è
l'evoluzione sul debito che è positiva da settimane grazie al calo dello
spread, si calcola un risparmio di 6 miliardi, ma i rumors (poi smentiti, ma
per ora dobbiamo attendere la manovra nero su bianco) sulle tasse di varia
natura, la trasformazione in sostituti d'imposta delle famiglie che assumono le
colf e i provvedimenti anti-evasione che tradiscono un pregiudizio nei
confronti delle partita Iva (si procederà a quanto pare a una revisione del
forfait sull'Iva a quota 65 mila euro) non sono il biglietto da visita ideale per
un partito che ha un problema con i ceti produttivi, gli autonomi, i piccoli
imprenditori e l'elettorato del Nord.
Qual è la soluzione? Qui entriamo
nel campo della disperazione politica, Totò la chiamava “la forza della paura”,
ma bisogna deciderne una, di mossa. Perché qualsiasi
decisione è una spinta verso terre pericolose, popolate da creature orribili
che mangiano voti: se il Pd zingarettiano improvvisamente si sveglia dal sonnambulismo governista,
rompe la maggioranza e si va al voto anticipato, spalanca i cancelli a una
probabile affermazione del centrodestra a trazione leghista (cioè lo scenario
che ha originato il sottosopra giallorosso per reazione chimica al suicidio
estivo di Salvini); se il Pd resta al governo con l'attuale tattica attendista,
verrà logorato inesorabilmente da Renzi che prima lo spolperà in Parlamento,
poi lo consegnerà a una probabile sconfitta nel paese.
Zingaretti paradossalmente dovrebbe
appoggiarsi a Renzi: il leader di Italia Viva non può andare a votare subito,
ma se vede segni di sfaldamento non esiterà un minuto, Renzi in questo è un
gambler, un giocatore di poker che al tavolo è uno svelto che tenta di volta in
volta il bluff e il buio. Qualcuno accenda la luce nel Pd.
Mario
Sechi
Direttore
Agi
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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