La
Nuova
Il M5s
tentato dall'asse con Salvini
Paragone,
ex direttore della Padania, si propone come mediatore
di Michele Esposito
«Non lasceremo il Paese ai
voltagabbana». È con questa frase che Luigi Di Maio vola a Londra per la sua
prima «uscita» internazionale da quando la campagna è entrata nel vivo. La
direzione è la City, cuore pulsante del capitalismo anglosassone. Obiettivo,
rassicurare gli investitori sul fatto che il M5S non è né estremista né anti-Ue
ma ha un programma «moderato». Eppure, nelle stesse ore, torna l'ipotesi di un
asse post-voto con il meno moderato dei partiti, la Lega.
«Potrei essere l'uomo del dialogo»,
sottolinea Gianluigi Paragone rimarcando le «affinità» tra M5S e Carroccio su
temi come sicurezza e macroeconomia. Il nuovo corso governista, è intanto ormai
cementificato. «Sono orgoglioso di com'è oggi il M5S», scandisce Di Maio seduto
al fianco di Lombardi, Virginia Raggi e Fabio Massimo Castaldo in un'immagine
che è anche il tentativo di far dimenticare agli elettori i veleni e gli
scontri capitolini. Di fronte ai cronisti Di Maio torna a presentare il
Movimento come antidoto al caos e a un'Italia che, senza un governo
pentastellato, rischia di essere «vittima delle guerre tra partiti».
È un messaggio, questo, che Di Maio
porterà anche sulle rive del Tamigi quando oggi vedrà una serie di
rappresentanti di società e fondi d'investimento americani e anglosassoni. Ad
accompagnarlo ci sarà Lorenzo Fioramonti, il teorico del «No Pil» che il M5S
sta candidando, in questi giorni, ad ambasciatore delle teorie economiche del
Movimento. Un Movimento che, inevitabilmente, torna ad interrogarsi su cosa
accadrà a urne finite.
«Tocca a a noi il primo appello»,
sottolinea Di Maio mentre Paragone, ex direttore della Padania e candidato a Varese
contro Umberto Bossi, oltrepassa la prudenza mostrata finora dal M5S. «Con
Salvini ci scambiamo messaggi, ci sentiremo», spiega Paragone assicurando di
fare campagna contro una Lega che non è più quella delle origini. E le sue
parole fanno tornare a galla quell'asse M5S-Lega che preoccupa, non poco, le
cancellerie europee. Un asse, quello tra Lega e M5S, che emerse nei giorni
degli attacchi del Movimento alle Ong «poco trasparenti».
E proprio su quel caso, scoppiato ad
aprile scorso, Di Maio fa un parziale dietrofront. «Non ho mai detto che le Ong
sono taxi del mare», spiega all'agenzia tedesca Dpa in un'intervista rilanciata
da Roberto Saviano assieme al post su facebook con cui, lo stesso leader M5S,
definiva le Ong prorio «taxi nel Mediterraneo». «Di Maio chieda scusa, quella
orrenda dichiarazione portò all'accordo tra l'Italia e i trafficanti libici»,
attacca lo scrittore. E non si placano, nel frattempo, le polemiche sulle
candidature: i risultati delle Parlamentarie ieri sera ancora non c'erano.
Cappellacci:
"Mura aveva chiesto a noi di essere candidato"
(tratto dall'articolo su La Nuova
Sardegna): "A proposito di
competizione, lei è in un girone di
ferro a Cagliari contro Luciano
Uras e il velista Andrea Mura.«Sarà
una sfida divertente. Andrea Mura
è un caro amico e uno sportivo.
Credo che nessuno lo abbia sostenuto
quanto me. Quando ero governatore la
Sardegna ha sponsorizzato le sue
imprese. Altri non lo hanno fatto.
Per quanto ne so Andrea non credeva
nel progetto 5 Stelle, anche perché
aveva chiesto a noi di essere
candidato. Vorrei sapere come fa a
schierarsi con il partito che ha
tagliato le olimpiadi del 2024 a
Roma, che avrebbero dato a Cagliari
la possibilità di avere la sede per
le regate». Ma se vincerà farà il
bagno nel Tevere?«Assolutamente no.
Io lo faccio solo nel nostro
fantastico mare».
Unione
Sarda
Dal Pd a
LeU e FdI, tutti i veleni sulle liste nell'Isola
Tra i dem
resta la spina dei soriani, nel partito della Meloni
proteste
nel nordovest
Il deposito delle liste non getta acqua
sul fuoco di polemiche che
queste hanno causato. Ad alimentare
il coro del malessere ci sono gli
esclusi, le voci dei diversi
territori che lamentano una scarsa
rappresentanza e chi non ha ancora
digerito la scelta di ospitare
ancora una volta nelle liste isolane
i paracadutati da Roma.
IL PD La chiamata all'unità mossa
dal segretario regionale del Pd,
Giuseppe Luigi Cucca, deve fare i
conti con i malumori che si annidano
tra le correnti dem. Ed è proprio a
Cucca che tra i soriani si
contesta la scelta di occupare un
posto sicuro (capolista al Senato)
considerato il suo ruolo da
segretario regionale.
I soriani, però,
chiedevano che Cucca fosse in quota
a una delle tre correnti
(renziani), in modo che la
distribuzione dei posti blindati (di fatto
tre) fosse più equa. Malumore da
parte del Pd gallurese che contesta
il metodo utilizzato per fare le
liste: «Rende palese», scrivono gli
esponenti dem della Gallura, «la
situazione desolante del partito
gallurese e regionale». Parole dure
anche sul metodo: «Non è un
mistero che le liste siano state
fatto solo da una corrente e con le
solite logiche personali».
IL CASO Il deputato uscente di
Art1-Mdp, Michele Piras, non figura tra
i candidati di Liberi e Uguali.
Piras, dopo la decisione romana di
candidare Claudio Grassi, capolista
alla Camera, ha deciso per il
ritiro. Piras non toglie il sostegno
a LeU, «nonostante gli
imperdonabili errori commessi dal
gruppo dirigente nazionale». Non a
caso l'augurio del deputato va a
«tutti i candidati e le candidate
realmente espressione di questa
terra».
I TERRITORI Qualche malumore
serpeggia anche nel centrodestra. Dopo
l'addio dei Riformatori che hanno
abbandonato la quarta gamba di Noi
con l'Italia, qualche lamentela
arriva dai circoli di Sassari, Alghero
e Ozieri di Fratelli d'Italia. In un
documento si fa riferimento alla
scelta delle candidature del
centrodestra nei collegi uninominali di
Sassari per la Camera e del nord
Sardegna per il Senato. I
rappresentanti dei circoli parlano
di «amarezza e sconforto che la
gestione del partito, nella scelta
delle candidature, ha generato in
noi». Tutto questo, nonostante «le
indicazioni che il territorio ha
fornito alle strutture regionali e
nazionali».
M. S.
Nei
collegi è sfida all'ultimo voto
La corsa
dei candidati nell'uninominale
Una corsa all'ultimo voto. La sfida
nei collegi uninominali mette a
dura prova i candidati, costretti a
giocarsi un posto in Parlamento
con la conta secca delle preferenze.
Sarà soltanto uno a vincere la
competizione elettorale e sarà chi
prenderà anche un solo voto in più
rispetto agli avversari. Questo è
uno dei due sistemi previsti dal
Rosatellum, la nuova legge
elettorale con la quale i cittadini si
confronteranno il 4 marzo. Un'altra
parte di parlamentari sarà eletta
con il sistema proporzionale che stabilisce
il numero di eletti per
ogni partito sulla base del
risultato elettorale complessivo.
LE REGOLE Nei sei collegi della
Camera e nei tre del Senato si
sfideranno dieci candidati, alcuni
sostenuti da una coalizione di
partiti (centrodestra e centrosinistra)
e altri in rappresentanza di
un solo simbolo. Il loro nome sarà
stampato nella scheda elettorale, a
fianco alla coalizione o al partito
collegato.
IN CAMPO Centrosinistra,
centrodestra e Movimento 5 Stelle sono le tre
forze che partono con una dote di
voti maggiore rispetto agli altri
partiti. I penstastellati, inoltre,
sono dati vincenti in quasi tutti
i collegi stando ai sondaggi che
circolano in queste settimane. Il
candidato dell'uninominale ha un
compito molto importante nel traino
dei voti perché deve ottenere le
preferenze dirette.
LE SFIDE Nel collegio uninominale
della Camera di Cagliari la
battaglia storica tra centrosinistra
e centrodestra sarà incarnata dal
senatore uscente, Luciano Uras e dal
coordinatore regionale di Forza
Italia, Ugo Cappellacci. Il
Movimento 5 Stelle ha scelto di puntare su
un personaggio noto, il velista
Andrea Mura, per cercare di strappare
il collegio agli avversari. Per
Progetto Autodeterminatzione, sarà
Valentina Sanna a giocarsi la
partita, mentre la sinistra di Liberi e
Uguali punta su Roberto Mirasola,
Potere al Popolo su Matteo Contu e
il Partito comunista candida Carola
Troga. L'avvocato, Alberto Agus,
correrà per il Popolo della
Famiglia, Paola Farigu per Partito Valore
Umano ed Edoardo Lecis per
CasaPound.
Il Psd'Az, inoltre schiera al
quarto posto del proporzionale sud
della Camera, Daniela Fois.
ALTRI CASI Un po' in tutti i collegi
le sfide degli uninominali
mettono a confronto big e outsider.
Nel collegio del Senato del nord
Sardegna. Il presidente del Consiglio
regionale, Gianfranco Ganau, se
la vedrà con il giornalista Antonio
Moro (scelto dal centrodestra in
quota Lega-Psd'Az), mentre il M5S
punta su Maria Vittoria Bogo.
L'indipendentista, Pier Franco
Devias, correrà con Progetto
Autodeterminatzione nel collegio del
centro per il Senato, nel quale
dovrà sfidare il senatore uscente
Ignazio Angioni, per il
centrosinistra, e il sardista
Lorenzo Palermo.
Matteo Sau
Maninchedda:
«Disertiamo il voto alle Politiche»
Mongiu:
inascoltata la scelta di 92mila sardi. Cossa: una decisione superficiale
«Ci vogliono impedire di parlare?
Disertiamo in massa il voto,
dimostriamo di essere un popolo
capace di serie, pacifiche e legali
resistenze». Il leader del Partito
dei Sardi Paolo Maninchedda invita
alla «protesta globale e civile». Un
gesto «di obiezione di coscienza
che marchi l'insostenibilità del
superamento di un confine, quello del
diritto dei sardi a decidere su di
sé. Talvolta», conclude, «basta un
gesto per esistere nella storia».
Sulla «disobbedienza civile» e sulla
necessità di uscire
dall'atteggiamento «gregario»
insiste anche Maria Antonietta Mongiu,
tra le personalità più impegnate
nella campagna referendaria.
«L'Ufficio del referendum dà per
scontato che i sardi abbiano le
stesse opportunità e gli stessi
diritti degli altri cittadini europei,
ma non è così. Essere un'Isola può
non essere uno svantaggio ma solo
se si supera ogni forma di
discriminazione ed esclusione, se non si
impongono servitù. Chi ha deciso non
ha ascoltato oltre 92mila sardi»,
conclude Mongiu, «ma noi gireremo di
nuovo tutta l'Isola perché i
sardi siano sempre più consapevoli».
Per Michele Cossa «la superficialità
delle considerazioni su cui si
basa il parere dell'Ufficio
regionale per il referendum è certo
sconcertante, ma è un assaggio della
resistenza degli apparati. Contro
tutto questo ora inizia la
mobilitazione dei moltissimi sardi».(f.
ma.)
Prodi
difende Renzi: «Il Pd lavora per l'unità, altri no»
Ma
Bersani attacca: parole opinabili. M5S: Di Maio difende il suo
candidato
ex dem
ROMA «Un appoggio che vale molto».
Mentre dalle parti del Nazareno fa
fatica a diradarsi il caos seguito
alla chiusura delle liste e
continuano gli attacchi delle
minoranze (quelle attuali e quelle che
furono), a Matteo Renzi arriva
l'aiuto inaspettato di Romano Prodi.
«Liberi e Uguali non è per l'unità
del centrosinistra. Renzi, il
gruppo che gli sta attorno, il Pd e
chi ha fatto gli accordi con il Pd
sono per l'unità del
centrosinistra», risponde il professore.
Musica per le orecchie dem.
L'ATTACCO DI GRASSO Non gradiscono,
invece, dalle parti di Liberi e
Uguali. Prodi «voterà per la
coalizione guidata dal Pd perché, secondo
lui, rappresenta l'unico
centrosinistra unito? Lo stesso partito che
ha messo insieme una finta
coalizione che chiede ai bolognesi di
votare Casini. Lo stesso partito che
ha composto le liste elettorali
cancellando le minoranze interne. Lo
stesso partito che ha imposto
otto - otto! - fiducie sulla legge
elettorale. Liberi e Uguali in quel
tipo di coalizione non ci può
stare», attacca Pietro Grasso su
Facebook.
BERSANI CRITICO Le parole del
Professore sono invece «opinabili» per
Pierluigi Bersani. «Che il Pd sia
per l'unità del centrosinistra è
abbastanza curioso - dice - Nel Pd è
stata liquidata buona parte di
quelli che parlavano di centrosinistra.
Quando candidi in Sicilia
sodali di Cuffaro o di Lombardo, in
Lombardia il braccio destro di
Formigoni, nel cuore dell'Emilia
Casini e Lorenzin... È tutta gente
che quando pensa al centrosinistra
pensa di farlo con Berlusconi», è
la lettura dell'ex leader dem.
FORZA ITALIA, DONNE CONTRO Intanto
il giorno dopo la chiusura delle
liste, Forza Italia si trova alle
prese con il j'accuse lanciato dalla
deputata sannita Nunzia De Girolamo
contro i vertici campani, rei, a
suo dire, di aver cambiato con un
blitz notturno il collegio che le
spettava e gli era stato promesso,
ovvero la testa del listino nella
sua Benevento. De Girolamo chiede il
commissariamento della Campania e
le dimissioni del coordinatore
regionale («De Siano non è degno di
rappresentare il nostro
territorio»), tira in ballo Mara Carfagna («Mi
aspetto che prenda le distanze da
questa classe dirigente»). I vertici
nazionali in una nota chiariscono
che le candidature sono state
condivise al tavolo nazionale.
RENZIANI E CINQUESTELLE Nel Movimento
Cinquestelle tiene banco il caso
dell'ex renziano Nicola Cecchi,
candidato proprio contro il segretario
Dem nel collegio di Firenze: «Un ex
renziano per me non è un
appestato», dice Luigi Di Maio,
prendendone le difese «È una persona
che è stata a casa di Renzi ed è
rimasta fregata, e ha deciso di
cambiare, quindi ha tutta la mia
stima».
Di Gioia,
l'ultimo paracadutato: «Ma io ho lavorato per voi»
Avvertenza: la prima parte di questa
intervista si svolge pochi giorni
prima della chiusura delle liste.
Lello Di Gioia, com'è il suo
bilancio come deputato sardo?
«Direi positivo, coi colleghi ho
lavorato su molti temi relativi alla
Sardegna. Specie all'inizio, poi ho
assunto la presidenza della
commissione sugli enti
previdenziali».
Su quali temi si è impegnato?
«La continuità territoriale, le
industrie del Sulcis, la cassa
integrazione in deroga. Abbiamo
fatto un casino enorme per il collegio
unico sardo nella legge elettorale
europea».
Ma non è andata.
«Purtroppo no. Ah, di alcune cose si
è occupata pure la commissione,
come del caso di quella tv locale in
difficoltà... Non ricordo il
nome, è roba di qualche anno fa. E
ho fatto sì che rimanesse in
Sardegna la proprietà di un
villaggio turistico nel sud dell'Isola».
È venuto spesso in Sardegna?
«Varie volte, l'ultima pochi mesi fa
per il bilancio sociale dell'Inps».
Con quali sardi ha collaborato di
più?
«Roberto Capello (Capelli, ndr ),
Gian Piero Scanu per i lavoratori
esposti all'amianto, con Emanuele
Canu (Cani, ndr ), Silvio Lai. Ma un
po' con tutti».
Il Patto per la Sardegna firmato dal
governo darà risposte adeguate all'Isola?
«Darà un grande aiuto se si realizza
tutto. Compresi gli interventi
nelle periferie, ce ne sono anche
nella zona di Cagliari, vero?»
Sì, Renzi ha firmato un Patto
specifico col sindaco della Città metropolitana.
«Ecco, appunto. Inoltre bisogna
rilanciare il turismo abbassando i
costi dei viaggi».
Come valuta la Giunta Pigliaru?
«Con tanti problemi nazionali da
curare, non ho potuto seguire molto
le vicende della Regione. Ma dovrà
essere giudicata a fine mandato, è
in carica da tre anni, no?»
Quattro, si vota tra dodici mesi.
«Ecco. Andrà giudicata allora».
Sarà ricandidato?
«Dovrei correre nel collegio
uninominale Lucera-San Severo, nella mia Puglia».
Qui ci sono polemiche sui candidati
non sardi imposti da Roma, come
lei nel 2013.
«Lo so, capisco le proteste degli
amici sardi. Ma anche qualche sardo
a volte viene catapultato altrove: è
il sistema che va cambiato,
bisogna ricreare il legame con i
territori».
L'ultima parte del colloquio è di
ieri: Di Gioia non è candidato in
nessun collegio.
Onorevole, che cosa è successo?
«Ho rinunciato: un piccolo guaio di
salute mi blocca proprio nel
periodo elettorale».
Allora auguri di pronta guarigione,
di certo continuerà a fare
politica in altri ruoli.
«Certo, l'impegno non verrà meno. Ma
mi dica, da voi alla fine Scanu è
candidato?»
No.
«Mi dispiace molto. E Francesco
Sanna e Roberto Capello?
Sanna è secondo nel proporzionale,
Capelli è candidato in altre regioni.
«Eh, sarà dura. In bocca al lupo».
(g. m.)
Dalla
rivolta su Fioroni all'acido Barbareschi: vent'anni di “stranieri”
Col primo paracadute elettorale, nel
lontano 1996, piovve in Sardegna
nientemeno che Rosa Russo Iervolino.
Se la ricordano in pochi perché
non conquistò il seggio nell'Isola,
ma fu lei di fatto a inaugurare un
fenomeno che, fino all'ultimo caso
di questi giorni (l'emiliano
Claudio Grassi capolista di Liberi e
Uguali in un collegio della
Camera), ha visto decine di episodi
e altrettante polemiche.
Il fatto è che il sistema
proporzionale con liste bloccate induce
troppo in tentazione i partiti:
poiché rende quasi certi alcuni seggi,
spesso le segreterie nazionali usano
questi ultimi per piazzare gli
intoccabili. Accadeva soprattutto
col Porcellum, interamente
proporzionale: ma già il Mattarellum
(applicato fino al 2001)
assegnava in quel modo un quarto dei
seggi della Camera.
E il Rosatellum resuscita il doppio
binario tra collegi uninominali e
proporzionali, per di più
estendendolo al Senato.
L'ESORDIO A parte il caso Iervolino,
rimasto solo potenziale (ma aveva
suscitato le proteste di Beppe
Pisanu, già con lei nella Dc), la prima
polemica furibonda sui candidati
paracadutati nell'Isola risale al
2001 e riguarda un altro notabile
Dc, all'epoca ancora poco noto:
Giuseppe Fioroni.
Il breve listino proporzionale della
Margherita, alla Camera, vedeva
al primo posto il sardissimo Arturo
Parisi: ma lui, come leader
nazionale dell'Ulivo, aveva anche un
collegio uninominale blindato
nella Penisola. Quindi il vero
titolare di quel seggio isolano sarebbe
stato il candidato numero due: e
Roma impose appunto Fioroni.
La cosa provocò settimane di
proteste dei leader locali del Ppi,
totalmente scavalcati dalla
decisione. Il segretario sardo Gianvalerio
Sanna si dimise, Gian Mario Selis si
autosospese dal ruolo di
coordinatore dell'Ulivo. Venne
addirittura a Cagliari il segretario
nazionale Pierluigi Castagnetti, ma
senza riuscire a placare gli
animi. Nella stessa tornata
elettorale, invece, l'ira dei Ds sardi
aveva sventato la candidatura di
Walter Veltroni come capolista
nell'Isola.
LA SVOLTA Ma è col Porcellum che il
gioco sfugge di mano. Al primo
giro (2006), in realtà, neanche
tanto: il centrodestra schiera ovunque
come capilista Berlusconi, Fini e
Casini, ma nessuno di loro opta per
il seggio sardo. Nel centrosinistra
i posti di maggior rilievo vanno a
sardi doc come Parisi, Antonello
Cabras, Tore Ladu. Gli eletti imposti
da Roma si limitano così a Giuseppe
Cossiga (Forza Italia), sardo solo
di nascita e di stirpe, il verde
Mauro Bulgarelli e Francesco Martone (Prc).
Il festival del paracadute sarà alle
Politiche 2008. Il Pd cede il
terzo posto nel listino sardo del
Senato a Luciana Sbarbati, per
ricompensare l'alleanza con i
Repubblicani europei di cui lei era
leader nazionale. E soprattutto si
scatena il Popolo della libertà,
che pensava - con ragione - di
strappare molti seggi in Sardegna. Alla
Camera, oltre a riproporre Cossiga,
Berlusconi impose Piero Testoni
(anche lui nato a Sassari come
Giuseppe Cossiga, ma estraneo ai
forzisti sardi) e pure l'attore Luca
Barbareschi, amico di Fini. E al
Senato imbucò un altro ex An,
Filippo Saltamartini.
Né Sbarbati né gli altri fecero
granché per meritarsi almeno a
posteriori i voti isolani. Anzi,
Barbareschi arrivò a dire,
intervistato da Giorgio Pisano per
l'Unione Sarda, che «la Sardegna ha
un problema: i sardi». Giuseppe
Meloni
Domenica
il primo incontro pubblico
Autodeterminatzione,
il programma nel sito web
Un nuovo sito web in attesa della
presentazione ufficiale di candidati
e programma. Il Progetto
AutodetermiNatzione sbarca sulla Rete ed è
pronto ad affrontare le elezioni
politiche del 4 marzo. Il movimento
politico, riuscito ad abbracciare
sotto uno stesso simbolo otto anime
differenti esponenti
dell'indipendentismo e del sovranismo (Rossomori,
Sardegna Possibile, Sardigna
Natzione, Irs, Liberu, Sardos,
Communidades e Gentes) si prepara al
primo incontro pubblico.
L'esordio virtuale precede infatti
quello programmato per domenica 10
a Nuoro nell'auditorium del Museo
Etnografico Sardo.
Nel nuovo sito è disponibile il
programma sviluppato in tredici punti
chiave: dal lavoro all'ambiente,
dalla sanità alla revisione sugli
accordi riguardo le basi militari.
L'obiettivo dichiarato è
risollevare le sorti della Sardegna
riportando nell'Isola «il centro
decisionale degli interessi dei
sardi». All'appuntamento nuorese
saranno presenti i ventuno
candidati, 11 donne e 10 uomini. Tutti,
sottolineano da AutodetermiNatzione,
scelti in Sardegna. «Non abbiamo
dovuto chiedere il permesso a
nessuno, non abbiamo litigato su nulla,
non abbiamo badato al partito o
movimento di provenienza». (l. m.)
La
Nuova
Il Pds:
ora disertiamo le politiche
All'attacco
Forza Italia e i sindaci. Più cauto il Pd: non era lo
strumento
idoneo
CAGLIARIIl Comitato non è solo dopo
la sconfitta. Tutti i Riformatori,
che avevano avviato la sfida
referendaria, si sono schierati al suo
fianco. Ma anche dal centrosinistra
hanno protestato, anche se con
qualche distinguo, mentre il
centrodestra l'ha buttata in campagna
elettorale. «La dichiarazione
d'illegittimità è sorprendente», hanno
detto uno dopo l'altro Pierpaolo
Vargiu, Michele Cossa, Piero Fois,
Michele Cossa e Attilio Dedoni,
referendari della prima ora. Per poi
aggiungere: «Abbattere l'insularità
vuol dire abbandonare la cultura
dell'assistenza e far partire quella
che noi definiamo prima di tutto
una rivoluzione culturale e questo
non è stato capito». Dal
centrosinistra anche Luciano Uras e
Francesco Agus di Campo
progressista sono stati duri: «La
bocciatura, per nella sua
concretezza formale, stupisce» e il
senatore uscente va oltre «è
un'assurdità soprattutto perché
anche la recente Legge di stabilità ha
riconosciuto l'insularità come un
svantaggio» .
Per Paolo Maninchedda,
segretario del Partito dei sardi,
«siamo di fronte all'ennesima
dimostrazione dell'ordinamento
italiano di saper interpretare i nuovi
diritti di partecipazione e
democrazia. Occorre a questo punto un
gesto di protesta civile: disertiamo
in massa il voto del 4 marzo».
Per Forza Italia sono intervenuti Pietro
Pittalis, «siamo di fronte a
un decisione illogica e paradossale
visto quanto in un passato recente
è stato concesso agli elettori della
Lombardia e del Veneto», Emilio
Floris, «i burocrati scelti dal
presidente Pigliaru hanno cestinato le
firme di quasi 100mila sardi» e
Marco Tedde: «La violenza burocratica
non può fermare la democrazia».
Di bavaglio parla anche il
comunicato
firmato da Lucia Tidu, che ha
coordinato i sindaci, fra questi Nicola
Sanna e Andrea Soddu, nella raccolta
delle firme: «La nostra battaglia
non si fermerà e non ci metteranno a
tacere». Ma c'è chi ha nei
confronti della decisione
dell'Ufficio regionale un atteggiamento
diverso. A cominciare dal segretario
regionale del Pd Giuseppe Luigi
Cucca: «Il referendum consultivo -
scrive - non era lo strumento
idoneo per riconoscere il nostro
stato d'insularità.
Chiedere ai
cittadini di esprimersi è sbagliato
sotto il profilo giuridico perché
quel principio è già contenuto nei
trattati europei ed è in Europa che
dobbiamo rivendicarlo». Non è invece
sorpreso Paolo Zedda di Mpd: «La
decisione era sta prospettata da
diversi costituzionalisti proprio per
il quesito ambiguo e fumoso che era
stato proposto dal Comitato», per
poi rilanciare: «è nello Statuto che
sono contenute le nostre
prerogative ed è per questo che
dobbiamo rivendicarne la piena
attuazione, mentre finora l'abbiamo
fatto».
Cappellacci:
«Tutti uniti Forza Italia è la svolta»
verso il voto
di Luca Rojch
SASSARI
Gli azzurri sognano un futuro rosa.
Per Forza Italia le Politiche sono
un punto di svolta nell'isola, una
affermazione forte potrebbe aprire
le porte anche della Regione. Il
coordinatore regionale Ugo
Cappellacci lo sa e si concentra sul
risultato. Cerca di spazzare via
le polemiche interne dopo le scelte
dei candidati e parla del
programma. Soddisfatto delle
liste?«Sì, assolutamente. È una squadra
che credo rispecchi il giusto
equilibrio tra esperienza e
rinnovamento. Tra volti nuovi ed
esponenti di esperienza. Come ho
detto da tempo si deve essere capaci
di creare una nuova classe
dirigente. E credo che le new entry
lo saranno».Ma le scelte hanno
creato più di un malumore tra gli
esclusi eccellenti.
«Beh, è normale.
È il segno che in tanti vogliono
partecipare, credono al progetto e ci
mettono l'anima. Forza Italia ha
tante carte da giocare. I posti
purtroppo sono limitati e dobbiamo
fare di necessità virtù. Era
impossibile accontentare tutti. Ma
sono certo che tutti daranno il
loro contributo alla causa e
sosterranno i candidati». Il Psd'Az ha
preferito fare l'accordo con la
Lega. Poi ve lo siete ritrovati in
coalizione e avete dovuto concedere
qualche posto. Non lo trova un
effetto un po' strano di questa
legge?«Sì più che altro sarebbe stato
più naturale fare l'accordo con noi.
Abbiamo già sottoscritto una
piattaforma programmatica col Psd'Az
nel 2009 e nel 2014. Abbiamo
portato avanti insieme battaglie
storiche».
Ma è vero che non è
bastata neanche la telefonata di
Berlusconi a convincere Solinas?«Sì,
gli ho passato il telefonino e il
cavaliere ha parlato con Christian
davanti a me. Ma noi non potevamo
dare tutte le garanzie che loro
chiedevano. Detto questo sono felice
che i sardisti siano rimasti nel
centrodestra». La spaventano i
sondaggi? Forza Italia è in crescita,
ma i 5 Stelle sono davanti, anche
nei collegi uninominali.«I 5 Stelle
in Sardegna fanno risultati
superiori al resto di Italia. Il motivo è
semplice, trovano terreno fertile.
Nell'isola ci sono grande malessere
e disagio. E il voto 5 Stelle è un
voto di pancia. Un voto di
protesta. Sono convinto che da qua al
4 marzo saremo in grado di far
riflettere le persone e portarle sul
terreno delle cose concrete. Dei
fatti e delle proposte per cambiare
la Sardegna». A proposito di
competizione, lei è in un girone di
ferro a Cagliari contro Luciano
Uras e il velista Andrea Mura.«Sarà
una sfida divertente. Andrea Mura
è un caro amico e uno sportivo.
Credo che nessuno lo abbia sostenuto
quanto me. Quando ero governatore la
Sardegna ha sponsorizzato le sue
imprese. Altri non lo hanno fatto.
Per quanto ne so Andrea non credeva
nel progetto 5 Stelle, anche perché
aveva chiesto a noi di essere
candidato. Vorrei sapere come fa a
schierarsi con il partito che ha
tagliato le olimpiadi del 2024 a
Roma, che avrebbero dato a Cagliari
la possibilità di avere la sede per
le regate». Ma se vincerà farà il
bagno nel Tevere?«Assolutamente no.
Io lo faccio solo nel nostro
fantastico mare». Cosa pensa della
legge urbanistica che la giunta
vuole approvare?«Non mi piace.
Perché è una legge viziata da un
pregiudizio ideologico della
sinistra.
Per noi lo sviluppo passa dal
rispetto dell'ambiente e dal
rilancio dell'edilizia. Per noi
l'ambiente deve essere a servizio
dell'uomo. Non vogliamo costruire
sull'acqua, ma in tutto il mondo si
mostra come si può fare edilizia e
valorizzare il territorio.
L'equazione mattone distruzione
dell'ambiente è una mistificazione
della sinistra. Dobbiamo sostenere
il turismo e rinnovare le nostre
strutture ricettive».Un altro nodo
fondamentale è costituito dai
trasporti, via cielo e via mare. «C'è
una primo vulnus da risolvere,
l'accordo sulle Entrate stipulato da
Soru che ha spostato sulle casse
della Regione il costo della
Continuità. Una follia. Se siamo
parte dell'Italia il diritto alla
mobilità deve essere a carico dello
Stato. Perché dobbiamo avere i
diritti di tutti gli altri cittadini
italiani.
C'è un altro punto che
riguarda la continuità marittima.
Noi partecipiamo al tavolo della
continuità solo grazie a un mio
ricorso. Ma non basta avere diritto di
parola. Serve che la Regione
gestisca alla base questo processo». La
Regione lavora a una holding per i
tre aeroporti sardi. Cosa ne
pensa?«Noi avevamo pensato a una
cabina di regia che facesse un'unica
programmazione per i tre scali.
L'operazione della giunta Pigliaru mi
sembra più concentrata su quote
societarie e proprietà. Cose che non
mi interessano e non trovo giuste».
Ma lei ci crede davvero alla zona
franca?«Certo ci ho sempre creduto e
sono convinto sia realizzabile.
Certo è una cosa diversa dalle tesi
fantascientifiche della sindaca di
Giave. E non ha ragione neanche il
Pd quando dice che non è
realizzabile. Al contrario, si può
fare ed è una opportunità di
crescita reale per la Sardegna».
Quali sono secondo lei le priorità
per i sardi?«Prima di tutto la
libertà e la dignità per i cittadini.
La possibilità di avere una famiglia
e avere una istruzione. Per fare
tutto questo serve il lavoro. Per
questo è il nostro primo obiettivo».
Ma nei
territori non mancano i malumori
Tedde
resta fuori in extremis, la Zedda sbatte la porta. A Oristano
rivolta
contro i candidati di fuori
SASSARI
Sotto la patina di pace e
compattezza anche Forza Italia deve fare
fronte a più di un territorio in
rivolta davanti alla scelta fatta
nelle liste del centrodestra. Come
nelle precedenti elezioni si è
materializzato nelle liste Paolo
Vella, con buona pace dei tanti
pretendenti che volevano dare il
contributo alla battaglia elettorale
degli azzurri. Alessandra Zedda non
ha nascosto il suo disappunto per
non essere stata presa in
considerazione per un posto nel listino
proporzionale del sud. Restano in
silenzio Antonello Peru, mister
8mila preferenze, e l'ex sindaco di
Alghero Marco Tedde, che era
considerato tra i sicurissimi per un
posto nelle file di Forza Italia
per il nord. Molti degli azzurri
sono stati sacrificati sull'altare
delle alleanze. Alcune caselle sono
state lasciate vuote a favore dei
candidati della Lega-Psd'Az.
Ma le caselle lasciate vuote in nome
dell'accordo rischiano di
depotenziare il risultato del centrodestra.
Ma non è solo il nord ovest a
protestare per le scelte fatte nelle
liste. Anche a Oristano si
registrano malumori per la scelta di avere
candidato alla Camera l'ex
consigliere regionale Gianni Lampis, in
quota Fratelli d'Italia, e al Senato
l'avvocato nuorese Lorenzo
Palermo, esponente di Psd'Az-Lega.
Nei giorni scorsi le segreterie
politiche di Forza Italia,
Riformatori, Fortza Paris e Un'altra
Oristano hanno diffuso una nota
molto critica sulle decisioni prese
dalla coalizione a livello
regionale.
«I partiti protagonisti della
vittoria alle comunali di Oristano
appena sei mesi fa sono fortemente
preoccupati in vista delle
politiche. Anche in questa tornata
elettorale, le posizioni utili per
essere eleggibili saranno riservate
a candidati che rappresentano Medio
campidano o Cagliari. Una scelta
del genere rischia di far disperdere
il consenso che la coalizione di
centrodestra ha costruito negli anni
sul territorio in quanto
l'elettorato moderato della
provincia di Oristano non è disposto a
votare per candidati che provengono
da altri territori.
Da 15 anni non
viene candidato, in posizione
eleggibile, un rappresentante di
centrodestra della provincia di
Oristano, questo va a frustrare la
voglia di crescita di un territorio
che storicamente ha sempre
premiato alle elezioni la coalizione
moderata».
Al via i
controlli sulle liste Una esclusa, due a rischio
verso il voto
CAGLIARILe liste da diciassette sono
scese a sedici. A essere esclusa
subito dalle Politiche di marzo è
stata quella del Popolo per la
Costituzione: non ha raggiunto il
numero minimo di firme imposte dal
Rosatellum per ogni collegio. Altre
due sono sotto osservazione:
Partito comunista e Valore Umano.Le
verifiche. Dopo la presentazione
di lunedì, la cancelleria della
Corte d'appello ha cominciato a
controllare la documentazione
consegnata al momento del deposito.
Sotto osservazione è finita dopo
poche ore la Lista del popolo per la
Costituzione, che ha presentato solo
sette candidati nel listino
proporzionale e nei tre collegi
uninominali del Senato. Sin da quando
erano in attesa nei corridoi del Palazzo
di giustizia, i rappresentati
di lista s'erano accorti che le
firme raccolte, obbligatorie per chi è
senza parlamentari, non superavano
la soglia delle 375 previste.
Prima di entrare nell'ufficio del
cancelliere, la documentazione era stata
messa a posto e la Lista ammessa con
riserva ma dopo 24 ore è arrivata
la bocciatura senza appello.
Potrebbe essere a rischio anche la lista
del Partito comunista, che aveva lo
stesso obbligo di raccogliere le
firme, però una prima verifica
avrebbe escluso errori o dimenticanze
negli allegati all'elenco dei
candidati. La risposta definitiva, cioè
l'ammissione, è attesa entro la fine
della settimana. Sembra invece
aver superato tutti gli scogli
procedurali il Partito Valore Umano,
che è legato al progetto etico «Mondo
migliore».
Al momento della
presentazione, i delegati hanno
rischiato di non essere accettati dai
funzionari della Corte d'appello.
Però, almeno nel caso delle liste
della Camera, tutto sarebbe stato
chiarito dopo un lungo confronto
negli uffici. Le verifiche comunque
non sono finite neanche per i
partiti più grandi: i documenti da
controllare sono ancora diversi e
qualche irregolarità - ma è
difficile - potrebbe essere sfuggita
quando le candidature sono state
depositate. Stando alle previsioni,
entro la settimana si saprà quante
liste saranno ufficialmente in
campo nelle elezioni Politiche di
marzo. Prime ipotesi sulle schede.
Di sicuro quelle per il Senato e la
Camera non saranno uguali. Per
Montecitorio i partiti in campo sono
16, al Senato uno in più ed è
proprio la Lista del popolo, che è
stata esclusa e quindi il pareggio
è stato raggiunto dopo poche ore.
Le schede comunque non saranno
lenzuola: le coalizioni sono solo
due, con quattro partiti a testa, e
non dovrebbe essere difficile
incastrarli - secondo l'ordine deciso
dal sorteggio - fra i nove che
corrono da soli. Mentre lo schema su
come nella scheda saranno divisi i
candidati del maggioritario da
quelli del proporzionale è deciso da
tempo. I nomi dei prima saranno
stampati sul lato sinistro della
scheda, con a destra i listini di
riferimento. Va ricordato: nel
Rosatellum non è previsto il voto
disgiunto.Meglio del 2013. Allora i
candidati furono 500, stavolta
sono meno della metà: 244. Sono
diminuiti anche i partiti, da ventitré
a diciassette, e le coalizioni: da
due a tre. Ad aver resistito,
com'era ovvio che fosse sono state
centrosinistra e centrodestra, con
il Centro del 2013 che s'è
disgregato e trovato ospitalità nei due
poli.Rosatellum rosa.
La nuova legge elettorale avrà mille
difetti, ha
messo in difficoltà soprattutto i
piccoli partita, ma un pregio l'ha
di sicuro: è aumentato il numero
delle donne candidate. Nonostante i
listini siano molto più corti di
quelli del 2013, ventisette candidati
cinque anni fa, quattro ora, è stato
l'obbligo dell'alternanza uomo
donna a bilanciare le quote. Nel
proporzionale è stata raggiunta la
parità perfetta, nel maggioritario
invece sono ancora gli uomini a
essere in vantaggio ma non di molto.
C'è però ancora un controllo da
fare ed è quello sulla divisione
nazionale fra i due generi che
dev'essere entro la forbice del 60 e
40 percento. Chi non raggiunto
quelle due percentuali è fuori.Seggi
in oscillazione. La Sardegna
dovrebbe eleggere, come si sa,
venticinque parlamentari, mail numero
potrebbe cambiare.
È risputo che rispetto al 2013 ci
sarà un deputato
in meno: da diciotto a diciassette,
perché il diciottesimo era
arrivato grazie ai resti. Anche
questa volta i resti potrebbero essere
a favore della Sardegna, con qualche
posto in più e dipenderà molto
dall'affluenza alle urne. Anche se
per alcuni il complicato calcolo
previsto dal Rosatellum, la
ripartizione dei seggi non assegnati con
il quoziente pieno avverrà su base
nazionale e dopo aver verificato
chi avrà superato i vari
sbarramenti, e potrebbe riservare persino
qualche sorpresa negativa per la
Sardegna. (ua)
I
Riformatori non si presentano, l'Upc si sfila dalla Civica di
Lorenzin,
i civatiani mollano Liberi e uguali
Nomi
depennati e simboli spariti all'ultimo
di Alessandro PirinawSASSARIDue
coalizioni, 17 liste e quasi 250
candidati. Ma ai nastri di partenza
sarebbero potuti essere molti di
più. Diversi aspiranti parlamentari
sono spariti dalle liste
all'ultimo momento: qualche rinuncia
e molte esclusioni, anche
eccellenti. Ma nella scheda
mancheranno anche simboli di partiti
pronti a scendere in campo che
all'ultimo hanno dovuto rimettere nel
cassetto santini e manifesti. A
destra. I casi più clamorosi nel
centrodestra. La Quarta gamba che a
livello nazionale raccoglie Fitto
e Cesa, in Sardegna poteva contare
sull'Udc e sui Riformatori. Ma la
distribuzione dei collegi
uninominali ha fatto saltare il tavolo e
nella lista Noi per l'Italia resta
solo l'Udc.
I Riformatori hanno
preferito sfilarsi e rinunciare alla
competizione elettorale. Pronto
ad affrontare la corsa per le
politiche era anche il gruppo di Energie
per l'Italia, prima con il
centrodestra, dopo la rottura con Forza
Italia da solo. Il leader sardo Tore
Piana aveva già preparato le
liste, ma il leader nazionale
Stefano Parisi ha siglato la pace col
centrodestra ed è stato scelto come
candidato a governatore del Lazio.
A quel punto il partito si è
ritirato dalle elezioni del 4 marzo.
Ovviamente anche in Sardegna.A
sinistra. Nel centrosinistra, invece,
nelle ultime ore si è registrata la
defezione dell'Upc. Il suo
segretario Antonio Satta aveva
partecipato a Roma al battesimo della
lista Civica popolare guidata da
Beatrice Lorenzin.
Il suo nome, tra
l'altro, era in pole position per
guidare la lista proporzionale nel
nord dell'isola e per il collegio
uninominale di Olbia, ma alla fine
Satta si è tirato fuori e nella
lista restano solo i centristi di
Casini. Non sono mancate frizioni
nemmeno in Liberi e uguali. Anzi, il
deputato uscente Michele Piras e il
leader di Possibile, Thomas
Castangia, hanno mal digerito la
candidatura dell'emiliano Claudio
Grassi e hanno ritirato le
candidature.Indipendentisti. Della alleanza
del Psd'Az con la Lega si è detto
tutto. Ma l'accordo con Salvini ha
fatto saltare quello che i sardisti
avevano siglato con la Base e
Fortza Paris. I due movimenti hanno
sconfessato l'intesa con la camice
verdi. A quel punto la Base ha
stretto un accordo con Forza Italia, il
suo leader Efisio Arbau aveva
annunciato la sua candidatura nel
collegio di Nuoro alla Camera, ma
improvvisamente tutto è saltato. E
anche la Base osserverà dall'esterno
queste elezioni.
Come anche il
Partito dei sardi, che aveva provato
a mettere su un'intesa col Pd,
era intervenuto l'ambasciatore Piero
Fassino, e si era pensato a un
posto al Senato nel Nuorese per
Paolo Maninchedda, ma il matrimonio
non è stato siglato. Esclusi
eccellenti. Non mancano poi gli esclusi
eccellenti, cancellati dalle liste
all'ultimo momento per fare posto
ad altri. Il Pd ha tagliato gli
uscenti Gian Piero Scanu e Luigi
Manconi, autori di molte battaglie
in Parlamento, mentre Forza Italia
ha depennato il consigliere Marco
Tedde, fino all'ultimo certissimo,
mentre la collega Alessandra Zedda,
spostata dalla Camera al Senato,
ha preferito rinunciare. C'è infine
il caso di Roberto Cotti, il
senatore del M5s, cancellato dalle
liste delle parlamentarie.
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Federico
Marini
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