Organizzato dal Cricolo
Liber.R.U. Sassari
Sabato, ore 17:30
Via Turritana 29, Sassari, Italia.
È già alla terza edizione il libro di Francesco Casula Carlo Felice
e i tiranni sabaudi: una casa editrice coraggiosa (Grafica del Parteolla edizioni) e
uno studioso che ha dedicato la sua esistenza alla divulgazione e
all’approfondimento di temi che i media e le istituzioni, guarda un po’, tengono nascosti. L’aspetto che
rende il libro agile, di facile lettura e in alcune parti avvincente è che
Casula fa parlare gli storici e i protagonisti di allora.
Il libro di Casula risponde a una
domanda semplice: dopo che i Savoia ricevettero,
controvoglia, la Sardegna nel 1720, e divennero re, come si comportarono verso
quella importante parte del loro regno? La risposta al quesito è semplice,
lineare, durissima: la Sardegna venne trattata come un territorio altro rispetto al Piemonte,
abitato da uomini che avevano meno diritti rispetto agli
altri, culturalmente e socialmente inferiori, i quali
dovevano essere trattati in modo tale da mantenere questa inferiorità.
Questo
pensavano i tiranni sabaudi, e le loro modalità di governo, o meglio di
spoliazione, sono la diretta conseguenza della visione ideologica appena tratteggiata.
Girolamo Sotgiu, probabilmente il più grande storico
del periodo sabaudo in Sardegna, pur essendo un oppositore della “diversità” dei
sardi rispetto agli italiani, non poté non constatare il carattere coloniale dei
rapporti tra Piemonte e Sardegna. Di quei
rapporti non sono colpevoli coloro che allora abitavano il
Piemonte (per carità) bensì i governanti, cioè i Savoia e,
successivamente, gran parte della classe dirigente post-1861.
Nel 2011, durante le celebrazioni del
150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, si è persa l’occasione di riflettere
criticamente sul Paese e sul processo di “unificazione”. Però
si può sempre (ri)cominciare, anche in assenza di una ricorrenza. Se un
turista, un italiano o uno straniero, viene in Sardegna, scoprirà che la strada più importante,
la SS131, è la “Carlo Felice”. Carlo Felice, detto
anche “Carlo feroce” è stato uno dei
peggiori, più sanguinari e pigri vice-re di Sardegna.
Un amico studioso ama ripetere che è
come se gli israeliani, nel 2200 dedicassero la loro strada più importante a un
nazista, magari a Hitler in persona. Certo,
questo sarebbe potuto succedere se i nazisti avessero vinto. Dato però che non
è giusto che la storia la facciano i vincitori, le persone dotate di senno o
almeno di amor proprio che abitano in Sardegna, perché non mettono mai in
discussione la memoria che si reifica nei
nomi delle strade e delle vie di Sardegna?
A Cagliari, nella piazza più
frequentata, svetta la statua di Carlo Felice. Più di sei
anni fa proposi, per molti provocatoriamente,
di sostituirlo con Giovanni Maria Angioy, il
quale “fu il capo del movimento anti-feudale sardo. Angioy fece proprie le
rivendicazioni delle popolazioni della campagna vessate
dai feudatari, e propugnò l’eliminazione delle arcaiche strutture di potere”.
Da tempo, un movimento di opinione, che ha presentato anche una petizione, chiede che la statua
venga spostata.
In questa fase storica, di
disfacimento di un progetto politico (l’Italia), ragionare sulla sua storia
secolare e i suoi governanti, ragionare sul suo carattere plurinazionale (l’Italia
è insieme alla Francia uno dei paesi europei a non aver ratificato la Carta
Europea delle Lingua Minoritarie), fa sicuramente bene ai popoli in cerca
di una libertà che Roma non ha fornito, ma anche a Roma stessa.
Il libro di Francesco Casula, che rifiuta ogni razzismo anti-italiano,
è un valido contributo per riscrivere veramente la storia, andando contro i tanti tradimenti dei
presunti chierici
Commento
tratto da “Il fatto quotidiano” del 05 Aprile 2017
e scritto Da Enrico Lobina
Nessun commento:
Posta un commento