C'è stato, dal mese di aprile, un tracollo sempre più drammatico, frutto
del cambiamento delle dinamiche internazionali dei grandi colossi navali. Tutte
le compagnie navali sono state assorbite da tre grandi colossi che hanno deciso
di ottimizzare e razionalizzare i costi e i viaggi attraverso l'utilizzo di
navi giganti (ognuna contiene l'equivalente di circa 4 navi normali) riducendo
il numero dei viaggi ed ovviamente dei porti in cui effettuare le operazioni di
Transhipment (smistamento dei container da navi più grandi a navi più piccole e
viceversa, che portano le merci ai mercati finali).
Il Transhipment è una tipologia di lavorazione che può essere effettuata in
qualsiasi porto attrezzato per farlo (nel Mediterraneo Cagliari, Gioia Tauro,
la Spezia, Salerno, Taranto in Italia, i porti della Spagna, Malta, i porti del
Nord Africa, il Porto del Pireo in Grecia e Port Said nel canale di Suez).
Quindi ovviamente si è nel libero mercato e la concorrenza è dura, perché in
Italia ci sono le tasse d'ancoraggio per le navi che arrivano e negli altri
porti no, oltre alle differenze di costo del lavoro (in Italia 21dollari/ora,
nei porti del Nord Africa 3dollari/ora).
Negli anni passati Cagliari era cresciuta tantissimo anche per l'instabilità
dei Paesi del Nord Africa, causata dalle guerre, Isis ecc.. Ora che queste zone si sono tranquillizzate, sono ripresi gli investimenti lì,
anche da parte del gruppo Contship Italia (detenuto a sua volta dal gruppo
Eurokai) che possiede le aziende che gestiscono i terminal di Cagliari, Gioia
Tauro, Spezia, Trieste, Salerno, Taranto e Tangeri.
Come e da chi abbiamo
appreso la notizia noi sindacati? È successo che, casualmente, portando avanti la vertenza di una delle aziende
di Cagliari in crisi, la Compagnia Lavoratori Portuali (prossima al fallimento
perché da sempre amministrata malissimo, che funge da agenzia interinale per
tutto il Porto di Cagliari (come previsto dalla normativa specifica sui porti)
siamo finiti al Ministero dei Trasporti per chiedere di attivare gli strumenti
previsti dalla normativa vigente per salvare i lavoratori e il lavoro.
Nella seconda riunione al Ministero, a fine novembre, il capo di Gabinetto ci
ha informato che Cagliari aveva problemi ben più gravi del salvataggio di quei
45 lavoratori, visto che avrebbe avuto prospettive di ripresa bassissime. Siamo
rimasti gelati, perché fino a quel momento l'azienda CICT e il gruppo CONTSHIP
ci avevano rassicurato sul fatto che stavano aspettando per stipulare nuovi
contratti pluriennali e che avrebbero trovato una soluzione entro pochi mesi.
Invece apprendevamo in quel momento dal ministero che le cose non stavano
esattamente così perché Cagliari scontava un gap infrastrutturale
insormontabile: essere in un'isola. Ci spiegava che i tre grandi colossi navali
stavano scegliendo i porti che potevano garantire l'ottimizzazione attraverso
il collegamento ferroviario del porto con i mercati del centro Europa: in poche
parole, prima le merci arrivavano via mare e dopo lo smistamento in navi più
piccole se ne andavano ugualmente via mare, ora viene richiesto che buona parte
delle merci raggiungano la destinazione finale (centro Europa) tramite
ferrovia. Quindi siamo quelli messi peggio.
Fa eccezione Malta, che pur essendo un'isola, ha la partecipazione azionaria
del porto di una delle grandi compagnie, che quindi invia le navi lì. Oltretutto
siamo tagliati fuori anche dal fatto che per lavorare quelle navi giganti si ha
bisogno di una tipologia di gru adatta e più grande, del costo di circa 10
milioni di euro l'una (ne servono almeno 5), e, inutile dirlo, la Contship
ritiene che sia un investimento a perdere. Cosa può succedere ora?
Il peggio può essere alle porte, proprio per questo è il momento di mettere
insieme tutte le forze per non farci scippare una realtà economica così
importante per Cagliari e per la Sardegna. Nessuno ha ricette con le quali si può contrastare la crisi, anche perché
essendo in un libero mercato, si devono costruire le condizioni per essere
concorrenti. Sapendo però che per alcuni aspetti di cui ho parlato prima,
partiamo comunque zoppi.
Che fare, quindi, arrendersi a questo nuovo scenario oppure provare a
pensare o ripensare il Porto Industriale? Mi chiedo, magari con un pizzico di
innato ottimismo, se questa crisi non possa diventare un'opportunità per il
Porto. Sono certa di una cosa però: lasciare il nostro destino nelle mani di un
solo imprenditore, che può decidere la vita o la morte di un'intera area della
Regione non va bene.
E con questo non intendo dire che non si possa fare più "Transhipment
puro", ma che sarà molto difficile farlo nelle proporzioni che abbiamo
conosciuto finora. Sarebbe più opportuno creare anche qualcos'altro per
sfruttare appieno le potenzialità del Porto. Sono convinta che, se siamo un
porto come tanti nel Mediterraneo (nel senso che le merci non sono destinate
alla Sardegna, ma qui vengono soltanto smistate) siamo un po' inguaiati.
Lo smistamento delle merci può avvenire ovunque: per una nave che arriva
dall'altra parte del mondo, un porto del Mediterraneo vale l'altro ed
ovviamente si ricercano le condizioni più vantaggiose (che noi non abbiamo). Un modo interessante di garantire il futuro sarebbe quello di fare in modo
che buona parte delle merci sia destinato alla Sardegna, non ovviamente come
consumi interni, ma magari come materie prime o semilavorati da lavorare nel
nostro apparato industriale e artigianale, o merce da confezionare , per poi
ripartire via mare verso le destinazioni finali. Si otterrebbe un doppio
vantaggio:
1- dal punto di vista portuale si garantirebbe un traffico merci destinato al
Porto industriale di Cagliari.
2- si potrebbe pensare ad un'implementazione dell'apparato industriale e
artigianale che porterebbe ulteriore ricchezza e lavoro.
Contemporaneamente si può pensare allo sviluppo della cantieristica
navale, al transhipment delle automobili, ecc. In una parola: DIVERSIFICAZIONE
delle attività.
Ovviamente il terreno deve essere particolarmente fertile per far
attecchire un progetto simile: infrastrutture adeguate ed una opportuna
politica di fiscalità di vantaggio sono fondamentali precondizioni. Comunque,
come organizzazioni sindacali abbiamo già attivato vari tavoli di confronto,
due dei quali hanno già visto la luce: quello con il Sindaco della Città
Metropolitana di Cagliari Massimo Zedda e quello costante con l'Autorità di
Sistema Portuale del Mare di Sardegna.
Insieme al Sindaco Zedda abbiamo chiesto l'attivazione di un tavolo
istituzionale con il Presidente della Regione Sardegna, con il Presidente della
Camera di Commercio, Confindustria ed ovviamente Autorità di Sistema. Dobbiamo
fare in fretta e noi abbiamo già iniziato a lavorare da un mese.
M.T.
Nessun commento:
Posta un commento