La
Nuova
Il Psd'Az
verso l'intesa con Salvini. Oggi i sardisti decideranno con chi allearsi: tra
Pd e Forza Italia la spunta la Lega.
Il Psd'Az sempre più vicino alla
Lega di Salvini. L'accordo sarebbe solo questione di ore. Il segretario del
Partito Sardo d'Azione Christian Solinas ha avuto mandato dal Consiglio
nazionale per chiudere un accordo che porti al Psd'Az alla conquista di uno o
più seggi. Solinas può decidere con chi chiudere. Ma il partito di Matteo
Salvini sembra avere più possibilità di portare a casa l'accordo. La Lega si è
detta pronta a sottoscrivere i 10 punti presentati dai sardisti e considerati
indispensabili per firmare l'intesa. Ma Solinas dovrà decidere entro oggi. I
tempi sono strettissimi per la presentazione delle alleanze e delle liste.
Il dialogo portato avanti nello
stesso tempo con Partito democratico e con Forza Italia, i faccia a faccia con
i big regionali e nazionali sembra non avere soddisfatto i vertici del Psd'Az.
Centrodestra e Centrosinistra sono pronti a offrire collegi sicuri per il
candidato sardista, ma non vogliono sottoscrivere tutti e dieci i punti messi
in campo dal Psd'Az. Ecco perché Solinas sembra più propenso a firmare con la
Lega, che ha concesso anche di ospitare il simbolo dei quattro mori nel logo
elettorale per l'isola. Saranno decisive le prossime ore.
Entro il 21 gennaio i sardisti
devono presentare il simbolo e dichiarare l'apparentamento. Perché se
l'obiettivo prioritario oggi è riavere una rappresentanza nel Parlamento, dopo
il 4 marzo, l'obiettivo prioritario sarà quello di un accordo con un alleato
che lasci ai sardisti l'indicazione del candidato alla presidenza della Regione.
Unione
Sarda
Collegi
blindati, tensione nel Pd: non c'è accordo tra le correnti
Rimangono
da sciogliere i nodi sulle alleanze e sui criteri per le candidature
Pochi giorni ancora per sciogliere i
nodi su candidature e alleanze
che interessano il Pd sardo.
Mercoledì a Roma è fissata la direzione
nazionale del partito, inizialmente
prevista martedì: all'ordine del
giorno il dibattito su programmi e
soprattutto sui criteri per le
candidature alle politiche del 4
marzo. Sarà trattato anche il
problema delle deroghe per chi ha
superato i quindici anni di mandato.
Già dopodomani, quindi, gli
aspiranti deputati e senatori sardi,
uscenti e non, dovrebbero avere un
quadro più chiaro rispetto ai
rispettivi posizionamenti nei nove
collegi uninominali e tre
proporzionali dell'Isola. E se le
interlocuzioni romane non dovessero
essere sufficienti, ci sarà la
possibilità di ulteriori chiarimenti il
giorno dopo - giovedì - a Oristano,
dove a partire dalle 17 si terrà
la direzione regionale del Pd.
IL MINISTRO Per i democratici sarà
una giornata piena: nello stesso
giorno è in programma a Nuoro la
visita del ministro dell'Interno,
Marco Minniti, che affronterà la
questione delle intimidazioni contro
gli amministratori locali. Giovedì
non si potrà evitare di fare il
punto sulle alleanze elettorali. Un
argomento che negli ultimi giorni
ha visto impegnato il segretario
regionale, Giuseppe Luigi Cucca. I
dem aspettano di conoscere le
decisioni del Partito sardo d'Azione.
IL PSD'AZ Sabato il Consiglio
nazionale ha dato mandato al segretario
Christian Solinas di definire entro
i prossimi giorni l'intesa con lo
schieramento in grado di fornire le
migliori garanzie politiche. In
campo restano tre ipotesi di
alleanza: con il Pd, con Forza Italia, e
con la Lega di Salvini. In
quelt'ultimo caso i quattro mori potrebbero
ottenere di vedere il proprio
simbolo stampato nella scheda
elettorale. Molto meno probabile
un'intesa del Pd con il Pds,
soprattutto dopo l'ultima chiusura
del partito di Maninchedda.
Per decidere sulle candidature c'è
invece più tempo: le liste dovranno
essere presentate in ogni
circoscrizione dalle 8 del 28 gennaio alle
20 del 29. Dieci giorni in più per
mettere d'accordo le tre correnti
del Pd in Sardegna: l'area
Cabras-Fadda, i renziani e i soriani.
SEGGI BLINDATI Il nodo, in questo
caso, riguarda la distribuzione dei
tre collegi proporzionali
considerati sicuri per i capilista: i due
del sud Sardegna e del nord Sardegna
alla Camera, e l'unico per il
Senato. Non c'è niente di ufficiale
ma i nomi che ricorrono con più
insistenza per i posti blindati sono
quelli del consigliere regionale
Gavino Manca (proporzionale nord),
di Giuseppe Luigi Cucca
(proporzionale Senato) e di Romina
Mura (proporzionale sud).
Il problema, posto ovviamente dai
soriani, riguarda l'area di
appartenenza dei tre: renziani i
primi due, vicina a Cabras-Fadda la
terza. Inoltre, un quarto collegio
solido è l'uninominale per la
Camera a Nuoro, dove dovrebbe
correre il presidente della commissione
Bilancio, Franco Sabatini, sempre
renziano. Sembra invece che ci sia
un accordo di massima sulla
candidatura dell'alleato Luciano Uras
(Campo Progressista Sardegna) nel
collegio uninominale di Cagliari. Il
senatore uscente conferma di essere
«per l'allargamento»: «Mi auguro
che vadano in porto le alleanze con
Psd'Az e Pds, e attendo le scelte
della lista di Emma Bonino: se
scendesse in campo col Pd saremmo
disponibili a condividerne la
battaglia nel campo dei diritti, anche
con nostri candidati nei collegi
uninominali».
Roberto Murgia
Vitalizi
degli ex consiglieri, spesa record per la Sardegna
Nelle
altre assemblee d'Italia si taglia, in via Roma i privilegi
restano
invariati
È di nuovo vergogna nazionale. La
Sardegna è la regione italiana che
spende di più per pagare i vitalizi
diretti agli ex onorevoli, e resta
sempre sul podio delle meno virtuose
se si considerano anche gli
importi medi, il costo totale a
carico delle casse pubbliche
considerando anche gli assegni di
reversibilità, e il fatto che mentre
da altre parti ci sono stati tagli e
interventi vari, nell'Isola i
privilegi sono rimasti sempre
assolutamente intatti.
LA SITUAZIONE La questione è stata
risollevata ieri da La Repubblica ,
che sulla base dei dati di Itinerari
previdenziali, ha sottolineato
che nel Paese i vitalizi erogati
sono 3546 e che la spesa ha
ricominciato a salire (con la
scadenza del contributo di solidarietà
in diverse regioni arriverà a quota
170 milioni). In Sardegna - dove
fino alla scorsa legislatura gli
eletti erano ottanta - le pensioni
d'oro dirette costano ai cittadini
13,7 milioni l'anno e la cifra
media versata è di oltre 58 mila
euro (la quarta più elevata), se si
sommano anche quelle girate a mogli
e figli di consiglieri defunti si
arriva a quota 17,7 milioni di euro.
Ancora - ha evidenziato
l'istituto di ricerca - dall'analisi
del rapporto tra popolazione
residente e numero di vitalizi
totale, risulta che in Italia a ogni
vitalizio corrispondono circa 17
mila abitanti: la Lombardia eroga un
assegno ogni 45 mila abitanti, la
Sardegna ogni 5.332 (la seconda
peggiore dopo il Molise).
I TAGLI A ottobre 2014 la Conferenza
dei presidenti delle assemblee
legislative delle regioni e delle
province autonome - sull'onda del
decreto Letta che riduceva le
pensioni statali alte per tre anni con
aliquote scaglionate - aveva
stabilito una serie di misure “minime”
per intervenire, alle quali le
Regioni si sarebbero potute (dovute?)
attenere. Dieci, una parte di queste
indicazioni le hanno adottate le
altre, Sardegna compresa, non hanno
fatto niente di concreto. Ad
esempio, il Piemonte, con una legge
di quello stesso anno, aveva
deliberato che i trattamenti mensili
lordi fossero ridotti secondo
percentuali progressive: del 6% fino
a 1.500 euro; del 9% per i
vitalizi oltre 1.500 e fino a 3.500
euro; del 12% per importi
superiori a 3.500 e fino a 6.000
euro lordi mensili; e del 15% oltre i
6.000 euro. Un'ulteriore
decurtazione del 40% riguardava infine i
titolari di un altro assegno
vitalizio riconosciuto dal Parlamento. Un
ricorso contro questa legge fu rigettato
dal Tribunale di Torino. Per
dire che i “diritti acquisiti” si
possono toccare.
LA PROPOSTA UNICA Da noi, come
ricorda sempre il presidente del
Consiglio regionale Gianfranco Ganau
(ma anche nelle altre regioni) i
vitalizi sono stati aboliti a
partire dall'attuale legislatura.
Significa che chi è stato eletto per
la prima volta nel 2014 non lo
percepirà, mentre per chi è almeno
al secondo mandato il diritto
resta, e dunque, ai 310 pagati
attualmente, se ne aggiungeranno, in
momenti diversi a seconda del
compimento dell'età richiesta e del
ritorno alla vita di tutti i giorni,
un'altra settantina.
Ribadisce Ganau: «Esiste una
proposta di legge a disposizione del Consiglio, una
sintesi elaborata sulla base del
documento congiunto approvato dalla
Conferenza nel 2014. Siamo in attesa
di norme nazionali che
indirizzino gli atti del legislatore
regionale su una materia che si
presenta complessa come dimostrano i
numerosi contenziosi in atto, si
tratta infatti di intervenire su
diritti acquisiti individuali. La
normativa nazionale deve costituire
la base giuridica per un
intervento organico di carattere
strutturale».
LA LEGGE RICHETTI C'era in
Parlamento la proposta del deputato Pd
Matteo Richetti, che si proponeva -
in estrema sintesi - di
ricalcolare tutti i vitalizi (di
deputati, senatori e consiglieri
regionali) con il sistema
contributivo (come per la previdenza dei
lavoratori normali). Purtroppo,
questa legge è stata uccisa nella
culla a fine dicembre in commissione
a Palazzo Madama. Angelo Carta,
capogruppo del Psd'Az, l'estate
scorsa ne ha depositato una analoga, e
Francesco Agus (Campo Progressista)
e presidente della Commissione
autonomia, ha minacciato di fare
altrettanto.
IL BUON ESEMPIO «Abbiamo deciso di
chiedere al Consiglio regionale la
proroga della riduzione fino al 31
dicembre 2020 dell'entità degli
assegni vitalizi», ha detto nei
giorni scorsi il presidente del
Consiglio regionale del Veneto,
Roberto Ciambetti, presentando un
progetto di legge, «tra i primi atti
depositati in questo inizio
2018». Visto che «manca ancora la
legislazione nazionale noi non
facciamo altro che riproporre la
riduzione che si applica in Veneto a
tutti i vitalizi in essere e anche
alle reversibilità nonché a quelli
che saranno erogati dopo
l'approvazione di questo nostro progetto di
legge». Insomma, se si vuole, si
può.
Cristina Cossu
Bufera
Ats, assunzioni e veleni
Il
manager: «Si tagliano le liste d'attesa». Il Pds: mossa elettorale,
intervenga
Pigliaru
Moirano
prevede 2mila contratti. Maninchedda: «Uno schifo»
Dice il direttore generale dell'Ats
(l'Azienda di tutela della salute)
che nella nuova pianta organica
appena approvata sono previsti 16mila
dipendenti, ovvero duemila in più
rispetto agli attuali. Musica per le
orecchie dei sindacati, dei precari,
dei giovani medici, dei
responsabili di moltissime strutture
(che lamentano pesanti carenze di
personale), dei malati. Ma Paolo
Maninchedda, leader del Partito dei
Sardi, non ci sta: «Francesco, impedisci
questo schifo», scrive sul
suo blog rivolgendosi al presidente
della Regione, «non ti sfugge
sicuramente il sapore rancido di un
annuncio di questo tipo fatto a
bocca di campagna elettorale».
Pigliaru si trincera dietro un «no
comment», una replica arriva invece
da Francesco Sanna, deputato del
Pd: «Lo schifo è il precariato e
l'abuso dei contratti interinali in
sanità, non lo sforzo per
eliminarlo».
LE ASSUNZIONI Fulvio Moirano,
manager dell'Ata, lo ha sottolineato
sabato a Sassari durante
l'inaugurazione della nuova sede dell'Ats
nell'ex ospedale ristrutturato di
piazza Fiume, insieme con il
presidente Pigliaru e l'assessore
alla Sanità Luigi Arru. Il 2018 -
sostengono - sarà l'anno della
svolta, delle stabilizzazioni, delle
assunzioni e del blocco del turn
over. Misure che, tra le altre cose,
aiuteranno ad abbattere i tempi
delle liste d'attesa. «Dopo un anno di
duro lavoro possiamo dire che l'Ats
non è più la semplice somma delle
otto precedenti Asl», ha spiegato Moirano,
«bensì un'azienda unica che
proprio in questi giorni ha
deliberato la nuova dotazione organica
fatta da circa 16mila dipendenti,
quasi duemila in più degli attuali
dipendenti a tempo indeterminato».
E poi, nel dettaglio: «Nel corso
del 2018 centinaia di precari
potranno essere stabilizzati e tanti
giovani medici, infermieri,
professionisti sanitari e tecnici potranno
essere assunti in pianta stabile
(complessivamente tra le 600 e le 800
unità). Operazione che, oltre a
mettere fine ad una precarizzazione
che dura ormai da troppi anni,
metterà a disposizione le risorse umane
necessarie per un deciso
miglioramento delle prestazioni, con
particolare attenzione alla
riduzione dei tempi di attesa per tutti i
cittadini della Sardegna».
L'ATTACCO Apriti cielo, l'ex
assessore regionale ai Lavori pubblici,
che non ha mai amato Moirano,
interviene sul tema con un lungo post
nel suo sito “Sardegna e libertà”
dal titolo Francesco, impedisci lo
schifo o finiamola qui . «Mi rivolgo
al presidente della Giunta. Non
ti sfugge sicuramente il sapore
rancido di un annuncio di questo tipo
fatto a bocca di campagna
elettorale. Spero anche che non ti sfugga il
grave, profondo, palpabile e
drammatico peggioramento dei servizi
sanitari nella nostra Sardegna. C'è
veramente poco da fare conferenze
stampa e inaugurazioni, a meno che
non si voglia ripetere lo stile
dell'Anas sulle inaugurazioni farsa
sulla Sassari-Olbia».
E aggiunge:
«Se è iniziata la fiera delle
assunzioni in sessanta giorni o delle
promesse, sappi che noi la faremo
finire in un giorno». Poi un
richiamo al Piano straordinario del
lavoro, l'intervento per
l'occupazione da oltre 127 milioni
inserito nella Finanziaria, di cui
rivendica la paternità. «Leggo di
imminenti annunci sul Piano
straordinario del lavoro, da noi
proposto. Mi auguro che non venga
scodellato come tua concessione
ottriata né che venga involgarito
durante la campagna elettorale».
LA REPLICA Risponde direttamente il
deputato del Pd Francesco Sanna,
invitando «l'amico professore» a
ricredersi: «Lo schifo è il
precariato e l'abuso
dell'utilizzazione dei contratti interinali in
sanità, non lo sforzo per
eliminarlo. Trovo molto strano che invece di
esultare alla notizia di 600/800
stabilizzazioni possibili, si
minaccino conseguenze politiche».
Continua Sanna: «C'è il pericolo,
dice il Partito dei Sardi, di un uso
strumentale delle
stabilizzazioni, perché ci sono le
elezioni. Segnalo che esistono nel
nostro Paese norme penali che
puniscono il voto di scambio, che è
molto più facile estorcere facendo
credere ad un ragazzo che sarà
assunto o riconfermato nel suo
contratto provvisorio da una agenzia
interinale.
Se si fermassero i piani di
stabilizzazione per paura
delle elezioni politiche di marzo,
si dovrebbero fermare anche per le
comunali di qualche mese dopo, e poi
inizia la discesa verso lo
scioglimento del Consiglio regionale
alla fine dell'anno e la lunga
campagna elettorale, poi nella
primavera del 2019 ecco le elezioni
europee». Dunque, è l'auspicio,
«andiamo avanti, ed eliminiamo il
precariato dalla sanità iniziando il
prima possibile lavorando tutti
assieme». (cr. co.)
COMUNE.
Yuri Marcialis convocato oggi in commissione e giovedì in via
Riva
Villasanta Terramaini, scontro sui campi
Duro
attacco della Municipalità di Pirri all'assessore allo Sport
«Con il Comune c'è collaborazione
totale ma questo è stato un grande
scivolone dell'assessore Marcialis».
Il presidente della Municipalità
di Pirri ha preso male la scelta
della Giunta di portare avanti la
trasformazione dei campi di
Terramaini senza coinvolgere i padroni di
casa.
POLEMICHE SUI PROGETTI Il bando da
un milione per creare un nuovo polo
sportivo sta creando grandi malumori
a Pirri per l'azione solitaria
della Giunta. Tensioni anche a
palazzo Bacaredda per il mancato
coinvolgimento dei consiglieri
nell'intervento nei due campi al
confine con Monserrato. Il campo da
calcio sterrato verrà trasformato
in un impianto adatto a softball e
baseball mentre quello in erba
sintetica verrà rifatto per ospitare
calcio a 11 e football americano.
Gli spazi dietro le tribune verranno
sistemati per rendere più agevole
il rimessaggio di canoe e kajak del
circolo nautico Terramaini. Le
notizie sul giornale che hanno
presentato i progetti voluti da Yuri
Marcialis hanno scaldato gli animi:
l'assessore domattina parteciperà
alla seduta della commissione Sport
e giovedì a quella della
Municipalità di Pirri, che si
riunirà appositamente.
MALUMORI A PIRRI «Abbiamo letto sul
giornale qual è il progetto per i
campi di Terramaini, ci siamo
rimasti male», commenta il presidente
della Municipalità Paolo Secci. Non
ne fa una questione politica,
anche se sul parlamentino di via
Riva Villasanta sventola la bandiera
del centrodestra. «Ho un ottimo
rapporto con l'assessore Marcialis e
di questi progetti mi aveva parlato
durante una chiacchierata -
aggiunge Secci - poi scopriamo che è
stato preparato e pubblicato il
bando senza neanche che venissimo
considerati». Pirri vuole giocare un
ruolo attivo nella partita
Terramaini. «Chiediamo spazi per la
Municipalità, in quel campo potremmo
fare anche spettacoli o incontri
di boxe. Non so quanti abbiano la
passione per football americano e
softball, aspetto di conoscere
meglio i dettagli, ma di sicuro
quell'impianto va valorizzato sotto
tutti i punti di vista».
INCONTRO IN COMUNE La commissione
Sport si riunisce stamattina e ha
convocato l'assessore Marcialis e i
rappresentanti della Municipalità.
«L'idea di dare spazio a tutti gli
sport non è sbagliata, certo,
dipende dagli sport e dai criteri
per la scelta», commenta il
presidente della commissione Filippo
Petrucci, da tempo critico verso
l'esponente della Giunta, «questa
decisione è stata presa, come spesso
accade, in totale solitudine
dall'assessore, tanto che la richiesta di
audizione è venuta anche da membri
di maggioranza che erano all'oscuro
di tutto».
Tra chi ha sollecitato l'incontro
c'è la vicepresidente
Loredana Lai, che è stata anche
consigliera della Municipalità
pirrese. «Non siamo stati
minimamente coinvolti, quello che è capitato
con l'assessore allo Sport non è un
caso isolato anche quello alla
Cultura viene a dirci le cose che
devono fare - si lamenta - le
commissioni servono per lavorare
insieme e confrontare le idee. Per
questa Giunta la democrazia
partecipata è una farsa, non coinvolgono i
consiglieri, figuriamoci i
cittadini».
I DUBBI DEL CALCIO Il futuro di
Terramaini preoccupa il mondo del
calcio. Nel campo sintetico giocano
Gemini, Uragano e Calcio Pirri con
un settore giovanile di oltre 100
bambini e dividono gli spazi con tre
squadre amatoriali. La convivenza
con i giocatori di football
americano potrebbe non essere facile
per la gestione degli spazi, ma
non solo: «Se giocano con i
tacchetti bullonati sul sintetico - si
lamentano negli spogliatoi - il
campo nuovo dovrà essere rifatto poco
tempo dopo».
Marcello Zasso
La
Nuova
Appello
di Maninchedda a Pigliaru: «Fermi lo schifo». Ma poi è duello
a
distanza con Francesco Sanna
Sanità,
scontro tra Pd e Partito dei sardi
SASSARIVolano sassate tra Pd e
Partito dei Sardi. Il tema è la sanità
e il filo rosso che la lega alle
elezioni. La prima pietra la scaglia
la mattina Paolo Maninchedda. Lo fa
dal suo blog con un titolo
delicatissimo: "Francesco,
impedisci lo schifo o finiamola qui". In
sintesi Maninchedda non ha gradito
l'annuncio fatto dal direttore
generale dell'Ats Fulvio Moirano
della stabilizzazione di 2mila
precari. Maninchedda non ci gira
intorno e lancia un appello a
Pigliaru perché disinneschi
l'operazione. «Non ti sfugge sicuramente
il sapore rancido di un annuncio di
questo tipo fatto a bocca di
campagna elettorale - scrive -.
Spero anche che non ti sfugga il
grave, profondo, palpabile e
drammatico peggioramento dei servizi
sanitari nella nostra Sardegna. C'è
veramente poco da fare conferenze
stampa e inaugurazioni». Chiude con
un caustico: «Se è iniziata la
fiera delle assunzioni in sessanta
giorni o delle promesse, sappi che
noi la faremo finire in un giorno».
La Regione non risponde. Neanche
l'Ats. Arriva la nota del deputato
Pd Francesco Sanna, di area
soriana. «Io la penso esattamente al
contrario dell'amico professore,
che invito a ricredersi.
Lo schifo è il precariato e l'abuso
della
utilizzazione dei contratti
interinali in sanità, non lo sforzo per
eliminarlo». E continua: «C'è il
pericolo, dice il Partito dei Sardi,
di un uso strumentale delle
stabilizzazioni, perché ci sono le
elezioni. Segnalo che esistono nel
nostro Paese norme penali che
puniscono il voto di scambio. Se si
fermassero i piani di
stabilizzazione per paura delle
elezioni politiche di marzo 2018, si
dovrebbero fermare anche per il
turno delle elezioni comunali di
qualche mese dopo. Poi inizia la
discesa verso lo scioglimento del
Consiglio Regionale alla fine
dell'anno e la lunga campagna
elettorale, poi nella primavera del
2019 ci sono le elezioni europee».
Maninchedda non la prende benissimo
e interviene duro contro Sanna.
«L'onorevole Sanna ritiene che io
sia intervenuto contro i processi di
stabilizzazione del precariato in
sanità, cosa falsa. Non solo, con un
grande artificio retorico il
parlamentare evoca anche il voto di
scambio legato al lavoro interinale.
Io su questo tema vado in giro
molto a testa alta, direi altissima.
Si facciano su altri gli stessi
controlli fatti su di me e su di
noi, dopo opportune e ben guidate
campagne insinuanti del troppo e
necessariamente concluse nel nulla, e
poi potremmo parlare alla pari.
Noi pensiamo che il problema del
precariato si risolva attraverso
iniziative di legge, ma anche
attraverso le iniziative del
Consiglio regionale. Detto questo, è al
corrente Sanna che è tutt'altro che
stabile il quadro dei fabbisogni
di personale dell'Ats? Se dovessimo
prendere alla lettera la relativa
delibera dell'Ats scopriremmo che
anziché di 2mila nuove assunzioni si
prevedono 900 esuberi. E forse Sanna
non lo sa, ma il punto di
partenza per sapere quante persone
servono in sanità in Sardegna
dovrebbe essere la regola
dell'accreditamento. Ma non c'è certezza che
il piano Moirano sia stato fatto su
questi presupposti». (l.roj)
Grasso
dice sì a Zingaretti «Per una svolta a sinistra»
Renzi
arruola Calenda nel team per vincere «Io farò il centravanti di
sfondamento»
di Gabriele Santoro. ROMA.
Quello che in Lombardia è fallito, è
riuscito nel Lazio: Liberi e
Uguali sosterrà la ricandidatura in
Regione del Pd Nicola Zingaretti,
per «una svolta a sinistra».«In
questi giorni - afferma il leader di
LeU Pietro Grasso - ho portato
all'attenzione del governatore le
richieste emerse dall'Assemblea
regionale sul profilo politico e sui
punti programmatici in tema di
sanità, mobilità, ambiente, rifiuti,
lavoro. Ci sono tutte le condizioni
- la sua conclusione - per
costruire una alleanza di sinistra».
«Abbiamo trovato punti di
incontro e condivisione importanti
che saranno utili a cambiare ed
essere più forti» ringrazia il
governatore. Un'intesa che ha scatenato
le ire di Civica Popolare, fuori
dalla coalizione di Zingaretti ma
pronta ad appoggiare Renzi alle
Politiche, che ora chiede un
chiarimento al Pd: «Si lavora forse
a due alleanze politiche
diverse?». Intanto nel centrodestra
è ancora stallo, e sono in molti a
pensare che si finirà per
appoggiare, tutti insieme, la candidatura
del sindaco di Amatrice Sergio
Pirozzi.
Ma ieri è stato il giorno del
centrosinistra. Zingaretti suona la
carica: «Ora andiamo a vincere.
Non tornino quelli che questa
Regione l'hanno distrutta» cioè il
centrodestra, e «non arrivi un
manipolo di incapaci» pentastellati. A
poche settimane dal 4 marzo prende
dunque forma la coalizione del
governatore Pd, e non sembra casuale
che l'ok di Grasso arrivi nel
giorno in cui Zingaretti ha messo in
campo un'altra «gamba» del suo
schieramento, la Lista Civica che
porta il suo nome: una compagine che
mette insieme i consiglieri
regionali uscenti dell'area Pisapia con
medici, professionisti, giornalisti,
docenti, amministratori, nel
segno di «un nuovo centrosinistra più
ampio e inclusivo», uno schema
che «rafforza la credibilità di
vittoria».
Manca ancora all'appello la
«quarta gamba», quella che il
governatore chiama «l'alleanza del
fare», e cioè i Moderati per
Zingaretti: lista in costruzione nella
quale sarebbero dovuti confluire,
tra gli altri, alcuni candidati di
area Lorenzin. Patto sfumato dopo la
volontà espressa da Civica
Popolare di correre nel Lazio con il
suo simbolo. C'è anche Carlo
Calenda nella squadra d'attacco che
Matteo Renzi arruola per il 4
marzo. Nonostante gli screzi, da
ultimo sul canone Rai. Nonostante
Calenda non abbia la tessera Pd e
nonostante i sospetti sussurrati dai
Dem che il ministro, che non sarà
candidato, stia giocando una sua
personale partita per il dopo. Il
leader Pd vuole Calenda in campo per
la campagna elettorale, insieme a
Gentiloni e agli altri ministri, da
Padoan a Minniti, perché si è
convinto che solo con un gioco di
squadra si possa vincere.
In quel gioco Renzi si riserva il
ruolo di
«centravanti di sfondamento». E in
questa chiave rispolvera anche il
tema della «rottamazione»: «Se c'è
un disegno politico non inedito è
la restaurazione di quelli che
c'erano prima e - promette - non la
permetteremo». Il segretario Pd
parla a un'iniziativa a Milano a
sostegno del candidato alla Lombardia
Giorgio Gori. Con lui il sindaco
Beppe Sala e Calenda, accolto con
calore dalla platea. «C'è da vincere
contro i 5 stelle, l'incompetenza
elevata a elemento di orgoglio.
Milano ha indicato il modello al
resto d'Italia», esclama Renzi dal
palco. «Non parlo di candidature ma
di leadership», aggiunge. E
Calenda gli riconosce di essere «il
candidato alla guida del governo,
come dicono le regole del Pd».
Il ministro invita poi il Pd a non
deviare dal messaggio di serietà e
competenza di cui è forte il
governo: Non siamo rottamatori ma
grandi costruttori e tu Matteo hai
guidato questa spinta«, dichiara.
Renzi, di rimando: «Avevamo
pregiudizi reciproci: lui per me era
il fighetto di Confindustria, poi
abbiamo iniziato a lavorare
insieme». Ma sul tema della rottamazione
il segretario corregge il ministro:
«Senza una fase di rottamazione la
classe politica sarebbe stata sempre
la stessa». «No alla
restaurazione di Berlusconi,
all'estremismo di Salvini,
all'improvvisazione di Di Maio», gli
fa eco Maurizio Martina. E anche
il ministro Pier Carlo Padoan, che
potrebbe essere candidato a Milano,
avvia la campagna attaccando
i Cinque stelle e bocciando
sonoramente
la flat tax proposta dal
centrodestra perché senza coperture: nel 2018
la crescita accelererà, aggiunge,
«se ci saranno le condizioni
politiche». di Michele Esposito
Un governo con chi ci sta, in
nome della stabilità, perché il
«M5S, se non avrà il 40%, non resterà
nell'angolo»: Luigi Di Maio prova
così a carpire la fiducia degli
indecisi, cercando di trasformare il
voto per il Movimento nel vero
voto utile. E per farlo, torna a
sacrificare uno dei pilastri della
storia dei pentastellati, la
chiusura a qualsiasi alleanza. Una
chiusura che, nei confronti del
Movimento, non c'è neanche dai due
partiti al momento «candidabili» ad
una convergenza sul programma: la
Lega di Matteo Salvini e Liberi e
Uguali di Pietro Grasso. Salvini pur
non aprendo al dialogo, invita Di
Maio alla piazza-anti Fornero
organizzata dalla Lega il 24
febbraio. «Ho letto che vogliono
cancellarla, è la mia battaglia»,
spiega Salvini in quella che, al
momento, appare soprattutto una
provocazione: che Di Maio abbracci la
piazza leghista ad una manciata di
giorni dal voto sembra
fantapolitica. Allo stesso tempo in
LeU il dibattito su un'eventuale
alleanza con il Movimento è
attualissimo e ha fatto rumore la nettezza
(«decido io») con cui Grasso ha
stoppato Laura Boldrini che chiudeva
all'ipotesi di una convergenza.
«Siamo un soggetto plurale, con la
responsabilità finale di una
sintesi», spiega Grasso rimandando il
nodo alleanze a dopo il voto. E
Boldrini sceglie la via della
diplomazia: «ha fatto bene a
sottolineare il carattere pluralistico di
Leu, no a personalismi». Il tema, tuttavia,
si insinua nei meandri
della campagna elettorale. Nel
centrodestra, ad esempio, se Silvio
Berlusconi punta tutto contro il
M5S, Salvini sceglie la via
dell'attacco «leggero» consapevole
di poter escludere un'alleanza con
il Pd ma non con il Movimento.
E l'ipotesi di convergenza con altri
partiti sembra essersi radicata
anche nel M5S con Di Maio che a Ivrea
si spinge in una frase dal sapore
leghista: «Non rassegniamoci alle
poche nascite favorendo
l'immigrazione. Prima sosteniamo le nostre
famiglie». Del resto, l'intento di
Di Maio è poter giostrare, da
vincitore, le eventuali alleanze.
«Non lasceremo l'Italia nel caos»,
sottolinea il capo politico
assicurando che il M5S «triplicherà» i
suoi parlamentari. E a fare da
stella polare, in questi giorni, è la
volontà di mostrarsi competenti.
Per questo il M5S continua nella sua
ricerca di candidati esterni che
possano «nobilitare» il Movimento.
Molti di questo potrebbero vedersi
già nella tre giorni di OpenDay
Rousseau a Pescara, per la quale il
M5S ha arruolato alcuni
accademici: Massimo Di Felice, Mario
Pireddu e, soprattutto, Derrick
de Kerkhove, sociologo della teoria
dell'intelligenza connettiva e
allievo di Marshall Mcluhan. A
Pescara dovrebbe mancare Beppe Grillo.
Ma il Garante, in una lettera al
Fatto, spegne le voci su un suo
addio. Sull'ipotesi è arrivata «una
grandinata di fake news, sarei
come un jazzista che si dà al
liscio», spiega l'ex comico il cui
ruolo, almeno fino al voto, si
manterrà immutato. «I vecchi partiti
sono spaventati e dal sistema
politico-mediatico giunge una marea di
idiozie», attacca Grillo.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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