La
Nuova
Domusnovas,
la fabbrica delle bombe si trasferirà nella capitale saudita Rwm ha le valigie
in mano pronta la fuga in Arabia, di Claudio Zoccheddu
Non saranno le inchieste
giornalistiche a scrivere il futuro della Rwm, la fabbrica delle bombe di
Domusnovas. La chiusura dalla filiale sarda del gigante tedesco degli armamenti,
la Rheinmetall, non verrà decretata nemmeno dalle azioni di protesta dei
movimenti pacifisti, indignati dalla produzione di bombe commissionate
dall'Arabia Saudite e utilizzate contro lo Yemen dove uccidono, senza troppe
distinzioni, guerriglieri e civili, colpendo obiettivi militari e presidi umanitari.
La Rwm di Domusnovas potrebbe presto
fare le valigie perché la Rheinmetall sarebbe pronta a chiudere una trattativa
proprio con gli sceicchi sauditi, intressati ad accorciare la filiera delle
bombe producendo in casa il materiale bellico. La trattativa è iniziata due anni
fa ma, secondo il quotidiano Avvenire, sarebbe vicina all'epilogo.
Il trasferimento. La fuga di Rwm è
legata a motivi meramente pratici: i costi di produzione crollerebbero e il
giro d'affari potrebbe crescere. Con tanti saluti alle polemiche e alle inchieste
giornalistiche, decisamente più complicate in un Paese in cui la forma di
governo è una monarchia assoluta che non prevede il Parlamento. La nuova casa
delle bombe della Rwm sarà uno stabilimento nei pressi della capitale Riad, un
gioiello dell'industria bellica che occupa 130 addetti e che non ha ancora
soppiantato la filiale sarda solo perché prima entrare in funzione a pieno
regime ha bisogno di un lungo periodo di rodaggio.
In Arabia Saudita, quindi, si
producono già bombe da artiglieria e ordigni aerei dello stesso tipo di quelli
che vengono fabbricati a Domusnovas ma prima che Rheinmetall stacchi il biglietto
di sola andata per il più grande Stato della penisola arabica potrebbe passare
ancora qualche tempo, motivo per cui qualche tempo fa era stato chiesto
l'ampliamento dello stabilimento di Domusnovas.
Affari e politica. Sullo sfondo di
quella che l'Onu ha definito "la più grande crisi umanitaria del
pianeta", riferendosi alla situazione in Yemen, il registratore i cassa di
Rheinmetall non ha smesso di tintinnare e propositi traspaiono anche
dall'importanza del comitato allestito per salutare l'inizio della produzione
di bombe tedesche in terra d'Arabia, che comprendeva il principe ereditario Mohammed
bin Salman bin Abdelaziz e il presidente sudafricano Jacob Zuma, perché la
migrazione è stata possibile anche grazie all'appoggio della Rdm, una
controllata sudafricana di Rheinmetall.
Il cambio di sede, da Domusnovas e
Riad, comporterebbe anche la fuga di 411 milioni di euro di commesse ricevute
da Rwm Italia. Soldi che hanno generato un dibattito etico infuocato, e
decisamente comprensibile, ma che apriranno un buco difficile da compensare in
uno dei territorio più poveri d'Italia.
La riconversione. Probabilmente la
notizia della possibile e imminente fuga di Rwm era sfuggita, forse si pensava
che il rodaggio della filiale araba fosse più lungo, o più complicato, ma con i
tedeschi pronti ad abbandonare l'isola assume un altro aspetto la possibilità
di riconvertire lo stabilimento, snobbata dai sindacati e bollata come un
affare assolutamente inconsistente dal punto di vista pratico oltre che dannoso
sotto l'aspetto dell'ospitalità, perché molti temevano che Rheinmetall, dopo il
blocco imposto da Berlino che aveva convinto la multinazionale a trasferire la produzione
delle commesse arabe in Sardegna, Rwm potesse trovare casa in un altro Paese
dell'Ue. Ma il trasloco, a questo punto, sembra molto più lungo.
Pd-Pds,
accordo a rischio posizioni ancora distanti
Oggi la
direzione del Partito dei Sardi per decidere se andare da soli
Sterile
lo scambio di mail tra Maninchedda e Fassino. Lettera appello di Cucca
SASSARI
Un amore che sembra destinato a non
sbocciare. Tra Partito dei sardi e
Pd la tensione resta altissima. Oggi
la direzione nazionale del Pds
deciderà che strada prendere. Se
accettare le offerte dei Dem o
correre da soli, con la testa già
rivolta alle Regionali. Il leader
del Pds, Paolo Maninchedda, non
parla, ma il suo partito sembra
rivolto a tirare dritto per la sua
strada. Nessuna alleanza con il Pd.
Troppo tiepida la posizione dei Dem
su temi cardine cari al partito
dei sardi come la posizione post
autonomistica e la sovranità dei
sardi. Lo strappo.
Nella direzione della scorsa
settimana il Pds aveva
elaborato un documento che metteva
alcuni paletti, la base per
un'alleanza che partisse dalle
Politiche, ma si estendesse alle
Regionali del 2019. Il Pds chiedeva
un posto sicuro per le Politiche e
la possibilità di guidare la
coalizione di centrosinistra alle
prossime regionali. Questo in
spiccioli. In realtà il partito di Sedda
e Maninchedda puntava molto
sull'accentuazione della spinta
indipendentista nella coalizione.
Nei principi e nelle direttive
politiche. Non solo poltrone e
cariche. La direzione del Pd aveva
accolto solo una parte delle
richieste.
Sì al posto per le Politiche,
ma per il resto era rimasto sul
vago. Nessun documento, ma solo un
impegno verbale. Abbastanza per
scatenare la rivolta nella base degli
indipendentisti. E all'interno dei
Dem c'era anche distanza tra Renato
Soru, cauto sulle alleanze, e il
segretario Giuseppe Luigi Cucca, che
riteneva indispensabile allargare il
più possibile il fronte
elettorale».Il carteggio. In questo
quadro magmatico si è inserito
anche uno scambio di mail tra
Maninchedda e Piero Fassino. Al centro
il tema dell'insularità. Il
mediatore Dem assicura che i documenti
presentati dal Pds sull'insularità
saranno discussi con Gentiloni e
Delrio. Sulla possibilità di una
guida del Pds della coalizione per le
Regionali Fassino rimanda a un
dibattito futuro. Abbastanza per
spazientire la base del Pds che vede
nell'impegno a parlare di
insularità una sorta di disimpegno
passato. Maninchedda in altre
parole si chiede cosa abbia fatto il
governo del dossier insularità
presentato da Pigliaru nel 2015.
L'offerta ribadita da Fassino di un
posto per le Politiche sembra non bastare
più. La mail di Fassino non
ha un effetto boomerang.L'ultima
lettera. Cucca sembra avere un sesto
senso e invia in serata una lettera
aperta al Partito dei sardi. Il
segretario Pd ci mette tutta la sua
capacità di mediazione e ribadisce
l'apertura del Pd a dare un posto al
candidato del Pds. Cucca scrive
sulla volontà del Pds di guidare la
coalizione alle Regionali: «Noi
riteniamo tale aspirazione
legittima, ma pensiamo che debba essere
sottoposta anche agli alleati, con
la garanzia della più larga e
paritaria partecipazione alla scelta
della leadership, senza alcuna
preclusione o pregiudiziale.
Pensiamo che sia prematuro parlarne
adesso». Nella missiva Cucca parla
anche dell'impegno del governo ad
affrontare le questioni
dell'insularità anche in sede europea. Parla
anche della coalizione e dei punti
cardine: «Le battaglie già avviate
sul fronte delle entrate, delle
servitù militari, delle
infrastrutture, dei trasporti e
della continuità territoriale, della
fiscalità di vantaggio, dell'energia
e dello sviluppo sostenibile,
delle politiche del lavoro, della
lingua sarda, della tutela
dell'ambiente e delle bonifiche».
Ma anche questa missiva viene
ritenuta insufficiente dal Pds.
Manca il riconoscimento dell'orizzonte
ideale e politico degli
indipendentisti. Una sorta di incomunicabilità
che rischia di far perdere un pezzo
importante alla coalizione del
centrosinistra, non solo per le
Politiche, ma anche per le Regionali.
Il direttivo di questa sera del Pds
sarà il momento della verità.
Anche perché il tempo è scaduto.
Entro qualche giorno liste e
coalizioni dovranno essere
presentate. (l.roj)
Unione
Sarda
Ore
decisive per l'alleanza: sul tavolo le politiche e anche le regionali
Pd-Pds,
un filo sottile - Da Cucca una lettera di apertura: freddo Sedda
Ore decisive sui destini
dell'alleanza Pd-Partito dei sardi in vista
delle elezioni politiche del 4
marzo. Ieri il segretario dem, Giuseppe
Luigi Cucca, ha lanciato un appello
agli uomini del partito di Paolo
Maninchedda, che oggi alle 17, nella
direzione nazionale convocata a
Oristano, decideranno il da farsi.
La lettera del leader regionale Pd
è di apertura alle richieste
avanzate dal Pds nel documento scritto il
4 gennaio. Tra le condizioni poste
per correre assieme alle politiche
c'era «il riconoscimento della
legittimità del Partito dei Sardi a
candidarsi alla guida della
coalizione per le future elezioni sarde».
Adesso il senatore dem scrive che
«noi riteniamo questa aspirazione
legittima».
I DUBBI C'è un ma: «Pensiamo però
che debba essere sottoposta anche
agli alleati, con la garanzia della
più larga e paritaria
partecipazione alla scelta della
leadership, senza alcuna preclusione
o pregiudiziale. Pensiamo, inoltre,
che sia prematuro parlarne adesso,
poiché in questa fase è
indispensabile concentrare le energie sulla
sfida elettorale di marzo». In ogni
caso, «l'intesa per le politiche
rappresenta un'occasione di
consolidamento dei rapporti nella
coalizione, anche all'interno del
governo regionale e in vista delle
elezioni del 2019».
«LE GARANZIE» Quanto alla
composizione delle liste, il Pds chiedeva
«adeguate garanzie che la voce del
Partito dei Sardi possa esprimersi
direttamente all'interno del
Parlamento italiano attraverso un proprio
rappresentante». Cucca assicura che
«sarà massimo l'impegno per
garantire al Partito dei Sardi, come
agli altri partiti alleati, una
candidatura con le più ampie
possibilità di esito favorevole, il
collegio o la lista più adeguata,
compatibilmente con le esigenze di
rappresentanza del Partito
Democratico, per conseguire la vittoria in
Sardegna e contribuire alla vittoria
nel Paese».
Condivisione piena,
invece, sui programmi: «Rispetto
agli obiettivi programmatici che sono
stati evidenziati dal Partito dei
Sardi, vi è piena condivisione
poiché sono temi che appartengono
all'agenda del Pd sardo».
LE DIFFICOLTÀ L'appello è stato
accolto dal Pds in modo abbastanza
gelido. Il presidente del partito,
Franciscu Sedda, non si è
pronunciato perché «prima è
necessario il confronto nella direzione
nazionale». Certo è che «domani il
Pds arriverà a un bivio». Due
giorni fa Sedda aveva replicato alle
posizioni di Renato Soru che,
come è noto, non è un sostenitore
dell'intesa col Pds. Ieri ha
ribadito che «è arrivato il momento
di dire se si ha intenzione
assumere l'orizzonte nazionale sardo
come terreno da cui ripartire».
FASSINO E L'INSULARITÀ Secondo
indiscrezioni, sempre ieri, in una mail
indirizzata al Partito dei sardi il
mediatore del Pd, Piero Fassino,
avrebbe proposto di sedersi tutti
attorno a un tavolo per discutere
della questione dell'insularità.
In realtà sono trascorsi più di due
anni da quando la Giunta Pigliaru ha
consegnato un dossier ad hoc
all'allora governo Renzi. Il Partito
democratico, insomma, nonostante
la contrarietà dei soriani, vuole
portare a casa l'alleanza. Ma nel
Pds c'è chi interpreta questa
volontà come tentativo di inglobare il
partito dentro il Pd, e per un
seggio potrebbe non valerne la pena. Di
sicuro insieme Pd e Pds voteranno
domani in Consiglio regionale per il
via libera definitivo alla
Finanziaria 2018 da 7,7 miliardi di euro.
Roberto Murgia
Autodeterminatzione
e la polemica nell'area sardista
«Per la prima volta dal 1948 a oggi
la domanda di unità dei sardismi è
sentimento diffuso come mai lo é
stato; e in nessun altro momento,
sempre dal 1948 a oggi, i partiti
cosiddetti italiani sono
diffusamente individuati come
responsabili a Roma e a Cagliari e a
Bruxelles della drammatica
condizione sociale del Popolo Sardo».
Nell'analisi diffusa ieri dai
Rossomori, le condizioni nopn sono mai
state così propizie per il movimento
indipendentista. Eppure
l'universo dell'autodeterminazione,
che lavora e dialoga per
compattarsi, deve fare i conti con
«la pretesa di qualcuno che il bene
sta dove lui si colloca. Una volta e
mezzo a destra e una volta a
sinistra. E chi non lo segue,
secondo lui, non ha dignità politica.
Salvo mandare messaggi trasversi o
per vie sotterranee cercando
consensi utili e organizzando
bardane abigeatarie con i fondi delle
pubbliche istituzioni».
A parte le polemiche con gli
abigeatari il comunicato - dal titolo
“Autodeterminatzione esiste!” -
ribadisce l'appello al lavoro comune:
«La base per mettersi insieme é
stata la più semplice: chi ci sta
faccia un passo avanti e lavoriamo
insieme, secondo i tempi delle
istituzioni e della politica, con
l'obiettivo di conquistare il
governo della Regione. Nessuno si
senta escluso».
Forza
Italia, sulle candidature sarde l'incognita Vella
ARCORE.
Siglato il patto tra Berlusconi, Salvini e Meloni: Maroni si
ritira in
Lombardia
Dal vertice di Arcore non arrivano
novità decisive ma trapela che alla
fine sarà Silvio Berlusconi a
decidere i nomi e i posizionamenti delle
candidature nell'Isola per le
Politiche di marzo. Il Cavaliere ha già
ricevuto le proposte locali: ora si
entra nel periodo più caldo e
appare molto difficile avere un
contatto diretto con il leader
azzurro.
SCENARI SARDI Viene data per certa
la candidatura del coordinatore
regionale di Forza Italia, Ugo
Cappellacci, nel collegio proporzionale
della Camera a Cagliari-Sud
Sardegna. Il consigliere regionale e
sindaco di Golfo Aranci, Giuseppe
Fasolino, dovrebbe correre in un
collegio uninominale in Gallura,
Pietro Pittalis nel proporzionale
alla Camera del Nord Sardegna ed
Emilio Floris, senatore uscente, nel
proporzionale del Senato. Ma c'è
l'incognita del deputato uscente
Paolo Vella: potrebbe aspirare a un
posto nello stesso collegio
proporzionale della Camera al quale
mira il capogruppo in Consiglio
regionale, Pittalis, oppure volere
la candidatura nel proporzionale al
Senato, dove dovrebbe essere in
lizza anche Emilio Floris. Poi c'è il
nodo delle donne. Se
nell'uninominale a Cagliari è semplice ipotizzare
il nome di Alessandra Zedda, al nord
i nomi spendibili sono pochi, e
si potrebbe puntare su qualcuno
proveniente dalla società civile, o
indicata dai partiti alleati.
L'ASSE NAZIONALE E intanto proprio
da Arcore il centrodestra nazionale
fa un passo avanti mentre Roberto
Maroni ne fa uno indietro. È la
sintesi di una domenica che, in un
pranzo nella residenza
berlusconiana, ha registrato la
nascita formale della coalizione e
l'ipotesi - concretissima - che il
governatore della Lombardia, per
«motivi personali», non si ricandidi
alle prossime regionali e venga
sostituito con un nome di coalizione
che verrebbe individuato già
domani. L'alleanza sarà composta da
Forza Italia, Lega Nord, Fratelli
d'Italia e il “quarto polo” dei
moderati Cesa e Fitto, che vede
formalizzato il proprio ingresso nel
centrodestra nonostante i suoi
leader non abbiano partecipato al
vertice con Silvio Berlusconi,
Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
L'accordo stretto ieri dà comunque
ai
tre azionisti di maggioranza il
potere di veto sulle candidature: una
clausola che porterà all'esclusione
di esponenti dell'area moderata
come l'ex sindaco di Verona Flavio
Tosi e il già montiano Enrico
Zanetti, invisi alla Lega.
IL SIMBOLO DI FORZA ITALIA E intanto
è polemica per il simbolo di
Forza Italia che sotto l'abituale
logo tricolore porta la dicitura
“Berlusconi presidente”, nonostante
l'ineleggibilità dell'ex premier.
(ro. mu.)
Oristano
Assemblea
di Liberi e uguali
Prima assemblea sarda di Liberi e
Uguali. Gli esponenti di Art 1 Mdp,
Sinistra Italiana e Possibile si
riuniscono oggi alle 17 in via Canepa
a Oristano, nella sede “Enrico
Berlinguer”, a meno di 24 ore da
un'assemblea nazionale che sarà
ricordata per la proposta lanciata dal
leader del movimento, il presidente
del Senato Pietro Grasso: abolire
le tasse universitarie. «La misura
costa 1,6 miliardi - ha detto ieri
all'hotel Ergife di Roma - è un
decimo dei 16 miliardi che ci costa lo
spreco di sussidi dannosi
all'ambiente. Avere un'università gratuita
significa credere davvero nei
giovani e rendere l'Italia più
competitiva». L'altra novità è
quella rivelata da Pierluigi Bersani,
che non ha escluso alleanze post
elettorali con il Movimento
Cinquestelle.
Oggi a Oristano i lavori saranno
incentrati più che
altro sulla definizione di una rosa
di candidati per le politiche del
4 marzo. Ci sarà anche il garante di
Liberi e Uguali, il deputato
bersaniano Nicola Stumpo. Prima sarà
eletto un coordinamento che
raccoglierà le proposte dei nomi per
quanto riguarda i collegi
plurinominali proporzionali e gli
uninominali. Tra gli esponenti sardi
di Mdp, Possibile e Sinistra
Italiana che aspirano ad entrare alla
Camera e al Senato, c'è sicuramente
l'uscente Michele Piras: è alta la
probabilità che possa ottenere una
candidatura nel collegio
proporzionale del Senato. Forse in
corsa anche il consigliere
regionale Eugenio Lai, che potrebbe
mirare a un posto nel collegio
proporzionale per la Camera a
Cagliari.
Ro. Mu.
La
Nuova
Autodeterminatzione
- Dai Rossomori no alle alleanze con i partiti italiani
SASSARI
C'è chi ancora di deve decidere con
chi allearsi o se andare da solo,
ma c'è anche chi quella scelta l'ha
già fatta. Sono i Rossomori, che
insieme ad altre sigle della
galassia indipendentista hanno dato vita
al Progetto per
l'Autodeterminatzione. «Per la prima volta dal 1948 a
oggi - si legge in una nota della
segreteria dei Rossomori - la
domanda di unità dei sardismi è
sentimento diffuso come mai lo è stato
e in nessun altro momento, sempre
dal 1948 a oggi, i partiti italiani
sono diffusamente individuati come
responsabili a Roma e a Cagliari e
a Bruxelles della drammatica
condizione sociale del popolo sardo.
In questa condizione - recita ancora
la nota - si è aperto un confronto
vasto e profondo per verificare la
possibilità di organizzare una
risposta unitaria, plurale, dinamica
alla domanda che tutti diciamo di
aver sentito venire sempre più forte
dal popolo. La base per mettersi
insieme è stata la più semplice: chi
ci sta faccia un passo avanti e
costruisca progetto. Chi non ci sta
lo fa per sua scelta e per sua
responsabilità. Autoescludendosi».
Di qui la nascita del Progetto per
l 'Autodeterminatzione. «Un soggetto
politico, aperto a ogni ulteriore
partecipazione sulla base del codice
etico e del programma di governo.
Nel frattempo - prosegue la nota -
parti non secondarie dei movimenti
e dei partiti del sardismo trattano
con le coalizioni di centrodestra
e di centrosinistra al fine di
eleggere parlamentari propri nelle loro
liste conferendo il proprio peso
elettorale nella disponibilità dei
partiti italiani che ne
costituiscono la ossatura e la struttura di
comando. Rendendoli in questo modo
più forti e perciò stesso meno
battibili. E chiarendo, ora per
allora, che alle prossime elezioni
regionali ne saranno naturali
alleati».
M5s,
Bianchi fuori dopo 2 mandati «Divieto giusto ma ci penalizza»
di Alessandro Pirina
SASSARI
Nel 2013 in Sardegna dalla sorpresa
elettorale a 5 stelle vennero
fuori 4 deputati e due senatori.
Cinque anni dopo a ritentare la corsa
verso Roma saranno solo in tre, i
deputati Emanuela Corda e Andrea
Vallascas e il senatore Roberto
Cotti. La senatrice Manuela Serra ha
annunciato che non si ripresenterà,
mentre la deputata Paola Pinna ha
lasciato da tempo il Movimento,
prima per Scelta civica poi per il Pd,
che però non la ricandiderà. C'è poi
il caso di Nicola Bianchi, che
forse non avrebbe disdegnato
un'altra legislatura a Montecitorio, ma
le rigide regole dello statuto dei
grillini glielo impediscono. Prima
di essere eletto alla Camera Bianchi
era stato per poco più di un anno
consigliere comunale a Sennori, il
suo paese.
Una brevissima
esperienza in Comune, da cui si
dimise diversi prima di presentarsi
alle parlamentarie, ma per i 5
stelle vale quanto un mandato in
Parlamento. E siccome il ferreo
regolamento stabilisce un massimo di
due mandati elettivi a vita, il
deputato non potrà partecipare alle
parlamentarie.Bianchi, è stata dura
rinunciare alla candidatura?«Ma
no, perché ero conscio del fatto che
non mi sarei potuto ripresentare.
Sapevo di essere al secondo mandato.
Il problema non si è mai posto.
Forse la cosa crea stupore perché
negli altri partiti funziona
diversamente».Ma non è troppo rigido
uno statuto che impedisce di
ricandidarsi dopo appena due
mandati, anche parziali, in qualsiasi
assemblea elettiva?«Questo paletto a
me sembra una cosa giustissima,
bellissima ma in una società pronta
a recepirlo. Se fosse per esempio
messo per iscritto nella
Costituzione.
In questo modo il politico non
avrebbe il tempo di costruirsi un
elettorato. Negli altri partiti però
funziona in un altro modo - e il
pessimo Rosatellum enfatizza questa
situazione - e alla fine questo
penalizza noi del Movimento, che siamo
meno radicati nel territorio».Il
sindaco grillino di Pomezia, due
mandati alle spalle, ha annunciato
che si ricandiderà lo stesso,
andando contro il M5s. Ha mai avuto
la tentazione di mollare il
Movimento per ripresentarsi?«Mai
avuta nessuna tentazione. Ma
politiche e amministrative sono cose
diverse. In parte capisco il
sindaco, perché noi come Movimento
puntiamo molto sul gruppo, sul
programma. Ma per il cittadino conta
molto la persona. Lo abbiamo
visto anche a Parma con Pizzarotti».
Come giudica la sua esperienza a
Roma?«È stata bellissima, perché ho
potuto vedere da vicino come va la
politica, senza i filtri dei media.
Sono molto contento di essere
riuscito a fare una esperienza così
importante. C'è però l'aspetto
negativo, perché mi sono reso conto
che la politica così com'è non
funziona. È tutto un compromesso,
gli interessi personali hanno la
meglio su quelli generali. Io
comunque mi sono sempre rimasto un
cittadino normale, ho mantenuto i
piedi per terra. E lì all'interno
del Palazzo non è così facile. È
tutto un onorevole qua, un onorevole
là...».E il rapporto con gli
esponenti degli altri partiti?«Presi
singolarmente molti di loro sono
persone splendide, competenti.
Soprattutto in commissione Trasporti
ho trovato colleghi molto in
gamba. Il problema è che troppo
spesso devono sottostare a quello che
decidono i vertici dei loro partiti,
e votano anche se non sono
d'accordo».Finita l'esperienza alla
Camera cosa farà?«Tornerò al mio
lavoro di perito informatico. E poi
continuerò a occuparmi del
Movimento e della campagna
elettorale. Sono appena stato nominato
referente per la zona di Oristano.
Di certo non abbandonerò la
politica. Anzi, sono pronto a fare
da cicerone ai nuovi eletti del
Movimento in Parlamento».
Pittalis:
pensiamo ai sardi Salvini: favoriti i clandestini
Arru
sotto attacco ribadisce: accuse razziste, gli stranieri sono necessari
di Luca Rojch
SASSARI
Coraggio unico, effetto caustico. Le
dichiarazioni dell'assessore
Luigi Arru alla Nuova su
spopolamento e migranti sono un cerino nella
polveriera. Scoppia il caso,
pochissime le voci a sostegno di Arru,
tantissime le accuse contro
l'assessore. Lui parte da due dati
incontestabili, la Sardegna si
spopola e l'isola è la regione italiana
con il più basso tasso di natalità.
Per non diventare un deserto la
Sardegna ha bisogno dei migranti,
che potrebbero ripopolare i paesi.
Teoria che l'assessore aveva già
espresso più volte. E che a dire il
vero era stata portata avanti anche
da Beppe Severgnini.Kamikaze. Con
la dedizione di un kamikaze Arru ha
detto: «Per invertire la tendenza
al calo delle nascite si deve
favorire l'immigrazione. I migranti sono
l'unica soluzione per aumentare la
popolazione».
Affermazioni che il
centrodestra cavalca incredulo e
grato. Con varie sfumature, dalla
difesa etnica della razza sarda, alla
paura dell'invasione. Arru
replica ai contestatori senza timore
e in particolare al consigliere
di Fdi Paolo Truzzu. «Di un
ragionamento sul calo demografico non
comprensibile per tutti, il
consigliere Truzzu coglie un invito alla
sostituzione etnica, vero chiodo
fisso di una destra becera.
L'accoglienza ai migranti non è
alternativa o in contrasto con le
politiche per la famiglia e di
sostegno all'occupazione giovanile,
almeno per la giunta Pigliaru. Ma è
più facile fomentare le paure,
creare una assurda contrapposizione
tra sardi e stranieri, alimentare
il razzismo, perché di questo
miseramente si tratta».Elezioni. La
campagna elettorale è il
fertilizzante che fa crescere la foresta di
contestatori. Scontata la posizione
di chi sta a destra, ma non
mancano le critiche anche a
sinistra. Scontato anche il post su
Facebook di Matteo Salvini.
Il leader leghista non si fa
sfuggire
l'assist: «Per ripopolare la
Sardegna "bisogna favorire
l'immigrazione" dice Arru,
assessore regionale della giunta di
sinistra. Follia e razzismo. Invece
di aiutare i nostri giovani a
trovare un lavoro e mettere al mondo
dei figli, la sinistra vuole
riempire l'Italia di clandestini.
Cosa rispondereste all'assessore?
#stopinvasione
#4marzovotoLega».Pittalis. Il consigliere regionale di
Forza Italia Pietro Pittalis dà una
lettura differente del tema. «Arru
parte da un dato oggettivo.
C'è un crollo della natalità. Ma da
lui mi
sarei aspettato una risposta
politica a questa emergenza. Risposta che
non esiste e che la giunta non ha
mai dato. Non esistono politiche per
la famiglia. Questo non lo dico solo
io, ma anche Arru. La differenza
è che lui le doveva creare».
Pittalis elenca le incognite per una
giovane coppia. «Prima di sposarsi
oggi ci si trova davanti alla
difficoltà del costo di una casa,
dell'assenza di asili nido e su
tutti l'emergenza del lavoro. Come
si può fare una famiglia se nessuno
dei due genitori ha reddito?».
Pittalis parla anche delle zone
interne. «Un'emergenza
nell'emergenza. Non c'è una politica contro lo
spopolamento, mancano i servizi
essenziali. Alcuni sindaci come quello
di Ollolai e quello di Bitti provano
a contrastarlo, ma lo fanno senza
il sostegno della Regione. Arru deve
impedire che i giovani lascino la
Sardegna e nello stesso tempo doveva
cercare il modo per far rientrare
i tanti giovani che lavorano e
vivono all'estero». Integrazione.
Pittalis parla anche
dell'integrazione. «Da cristiano non metto in
discussione la solidarietà e la
compassione che ho verso chi fugge
dalla miseria e da situazioni di
vita impossibile.
Ma c'è un discorso
da fare a monte e riguarda
l'integrazione e l'accoglienza. Perché
senza una reale politica che aiuti
chi viene in Sardegna a queste
persone non si possa offrire nulla.
E al dolore si aggiunga altro
dolore. Queste persone devono essere
trattate in modo adeguato. Io
vedo spesso immigrati che finiscono
a chiedere l'elemosina per strada
e vivono in strutture non adatte.
Sulle politiche di integrazione e
accoglienza siamo al fallimento.
C'è tantissimo da fare. Ci sono
situazioni che spesso sono gestite
dalle associazioni di volontariato
o dalla chiesa. Non è colpa loro se
le cose non funzionano. Manca del
tutto l'attenzione da parte del
governo nazionale e regionale».
Spopolamento. Pittalis boccia anche
la ricetta contro lo spopolamento
proposta da Arru. «Di certo non si
risolve con i migranti - continua
Pittalis -. Al massimo si dovrebbe
cercare di far tornare i sardi
nella loro terra. Ma questo lo si pò
fare se si crea lavoro, se si
danno servizi nei piccoli comuni.
Serve un cambio di rotta. Questa
giunta dovrebbe abbandonare gli
slogan e mettersi a lavorare».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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