giovedì 1 agosto 2019

La mia esperienza al Pronto Soccorso del Brotzu. Di Alessandro Mura.



Sette anni fa, mi ricorda Facebook e per questo mi piace, nello stesso giorno ero ricoverato in osservazione nel pronto soccorso del Brotzu. Allora ci andai, accompagnato da Luca, per una brutta caduta in kitesurf perché il gancio del trapezio aveva cercando di sfondarmi costole e diaframma.

Questa volta ci sono entrato con l'ambulanza del 118 dopo aver avuto un incidente in bici contro una macchina che, di nuovo, cercava di sfondarmi le costole. Ma questo non è ne un post sulle mie disavventure imbranate e tanto meno sul fatto che sia pericoloso andare in bici, questo post è sulla nostra sanità e più in generale sul modo di affrontare le prove che a volte ci mettiamo da soli.

Per la seconda volta, ho ricevuto cure e attenzioni di prim'ordine, dal tanto vituperato Pronto Soccorso dell'Ospedale Brotzu. Ho trovato personale del 118, infermieri, capo infermiere, dottori e dottoresse che con scrupolo e professionalità si sono presi cura di me, sempre con attenzione e con un sorriso. Io, che lavoro, so bene come tutto questo non sia né scontato né dovuto sopratutto quando lavori in condizioni critiche e con tutta quella pressione addosso. A causa dei tagli alla sanità, delle mancate nuove assunzioni e quindi del turn over bloccato, della mancanza di materiale e delle scarse manutenzioni.

A tutto questo si aggiunga l'enorme mole di lavoro a causa della chiusura degli ospedali periferici che portano tre quarti di Isola a confluire nella stessa struttura. In queste condizioni tutto questo personale sanitario è talmente abituato a lamentele, dolenze e spesso litigi che non può che essere, giustamente prevenuto nei confronti del paziente. Quando invece che fare il dottore devi far parte di una catena di montaggio è molto facile che, anche per difesa, ti crei un distacco che non ti mette nelle condizioni di fare il tuo lavoro al meglio.

Quindi puoi finire al Pronto Soccorso del Brotzu e metterti in modalità "tutto mi è dovuto" e rischiare a volte di prendere pesci in faccia, o mettere gli altri, con pazienza ed educazione, nelle condizioni di fare al meglio il loro lavoro. Con un sorriso, nonostante il dolore, salutando cortesemente quando entri e quando esci, chiedendo, nonostante tu sia pestato e legato in una lettiga da due ore, come stanno o come va la giornata.

Se ci si pone nella maniera giusta e si fa davvero il paziente educato e collaborativo si può vivere una bella esperienza e uscire certo che ti sia stato fatto tutto quello che si doveva fare nel migliore dei modi. Tra le due opzioni capirete che io preferisca scegliere la seconda e cosi, in questo modo, ho trovato persone gentili e disponibili che si sono fatte in quattro per curarmi e oltre alla loro professionalità mi hanno sempre dato una parola gentile e un sorriso. Oltre un checkup completo per i prossimi sette anni! Vivete in gentilezza, diffondete pazienza e prendetevi sempre le vostre responsabilità, anche quando tutti potrebbero essere convinti che non le abbiate. La vita vi restituirà tutto in fortuna, benessere e felicita. Siamo quello che seminiamo.

Di Alessandro Mura

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