Paolo Maninchedda
C’è il referendum ‘parlato’ e c’è il referendum ‘realizzato’. C’è il referendum
delle discussioni tra costituzionalisti, quello tutto memoria della lotta
partigiana e dei mirabili effetti – tutti da dimostrare – della Costituzione
italiana, contrapposto ai discorsi sulla necessità di cambiare, e c’è il
referendum anticipato, c’è il referendum dei pratici, dei rapporti di forza
sbilanciati dalla partigianeria di Stato per questa o quella impresa,
dell’azione sbagliata, prevalente e di vago sapore lobbistico dei vertici del
governo italiano sulle terre e le aziende della Sardegna. Cos’è infatti la
vicenda del progetto del solare termodinamico di Villasor-Decimoputzu se non
un’anticipazione degli effetti della famosa clausola di supremazia dello Stato
sulla Regione?
Ieri l’assessore Donatella Spano e il Direttore generale
dell’assessorato dell’ambiente Paola Zinzula hanno partecipato al tavolo
convocato dalla Presidenza del Consiglio per la discussione sull’impianto
solare termodinamico di Villasor-Decimoputzu presentato dalla società
Fluminimannu Limited. Donatella ha dichiarato: «Oggi ho ricordato che la
Regione Sardegna ha espresso parere negativo sull’intervento a febbraio 2015,
ottobre 2015 e a giugno di quest’anno. Il progetto, che impatta sulle risorse
ambientali, non solo è in contrasto con il piano energetico ambientale
regionale e con il piano paesaggistico ma anche con le nostre politiche
agricole.
La Giunta sta infatti investendo su prospettive economiche e
occupazionali per i sardi e il progetto dell’impianto non va certo in questa
direzione. In questi mesi il presidente Pigliaru e la Giunta hanno manifestato
una contrarietà al progetto. E sulla stessa linea si è espresso all’unanimità
il Consiglio regionale». L’incontro è previsto dalla procedura nei casi di
discordanza tra Amministrazioni statali su un parere tecnico istruttorio
nell’ambito dell’iter di valutazione ambientale nazionale.
La Commissione
tecnica nazionale aveva fornito un parere positivo sul progetto mentre era
stato negativo quello del Ministero dei Beni culturali. Dunque il
coinvolgimento della Regione in questa fase nasce dalla fortuita circostanza di
un contrasto tra il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dei Beni Culturali,
diversamente il Governo avrebbe già proceduto alla dichiarazione di interesse
pubblico sul progetto privato e dato il via libera all’esproprio dell’azienda
Cualbu.
Se fosse già vigente il nuovo art.117 della Costituzione, così come
disegnato dal Governo Renzi, la prepotenza di Stato che in questi mesi è stata
costretta a mostrare fino in fondo la sua intima natura lobbistica, avrebbe
potuto procedere anche con la forza del diritto, la forza della prevalenza
degli interessi dello Stato italiano, notoriamente e sempre orientati al bene
comune come 160 di storia hanno insegnato non essere per niente vero.
Claudio Mura Paolo,
sulla parte finale non sono per nulla d'accordo con te. NON è vero che, come
scrivi, 'se fosse già vigente il nuovo art.117 della Costituzione, così come
disegnato dal Governo Renzi, la prepotenza di Stato che in questi mesi è stata
costretta a mostrare fino in fondo la sua intima natura lobbistica, avrebbe
potuto procedere anche con la forza del diritto, la forza della prevalenza
degli interessi dello Stato italiano, notoriamente e sempre orientati al bene
comune come 160 di storia hanno insegnato non essere per niente vero'.
NON è
vero semplicemente perché le modifiche al titolo V della riforma costituzionale
che voteremo il 4 dicembre, 'non si applicano alle Regioni a statuto speciale e
alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei
rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province
autonome'.
Il 5 dicembre, se vincerà il Sì, per la Sardegna non cambierà nulla.
E dal momento che lo Statuto regionale dovrà essere revisionato a seguito di
una INTESA con la Regione, suppongo che le competenze legislative previste ora
possano restare tali (sempre che la Regione Sardegna le voglia ancora). Di più,
potrà aggiungersene anche qualche altra, se ci saranno le condizioni perché
queste possano essere esercitate. Sia al momento di revisione dello Statuto,
sia successivamente con la previsione del nuovo Art. 116, comma 3.
Paolo Maninchedda
Claudio, mettiamo in ordine le cose. Vediamo quanto la clausola di salvaguardia
per le Regioni a Statuto Speciale difenda la Sardegna dalla clausola di
supremazia. Tutti i cittadini della Repubblica italiana sono chiamati a
esprimersi sul nuovo dettato costituzionale, compresi quelli che risiedono
nelle regioni a statuto speciale. Poniamo dunque che vinca il SI ed entri in
vigore il nuovo art.117.
A quel punto la Sardegna dovrebbe negoziare il testo
del suo Statuto con un'Intesa con lo Stato. Quale dovrà essere la posizione
dello Stato? Quella corroborata dal referendum, che per l'appunto prevederà la
clausola di supremazia e l'eliminazione della legislazione concorrente a favore
dello Stato. O tu immagini che dopo che il popolo avrà sancito la clausola di
supremazia, lo Stato non la farà valere con la Sardegna?
L'intesa
Sardegna-Italia che potrà derivare dal referendum è un'intesa tutta interna
all'autonomismo, quindi fortemente lontana dalle mie corde, ma comunque tale da
non poter smentire ciò che il popolo ha affermato essere di competenza dello
Stato e non delle Regioni. Capisco il tuo orientamento al SI perché è il segno
di una volontà di non considerare la Costituzione italiana vigente come una
sacra reliquia che non invecchia e che sana qualsiasi cosa tocchi.
L'istanza di
cambiamento che sta dietro il SI è comprensibile, ma puoi consentire a me che
sono sempre più indipendentista di non esultare né per le ragioni italiane del
SI (Renzi) né per le ragioni italiane del NO (D'Alema) e di essere molto
preoccupato per i rischi che comunque corre la mia terra che sento e amo come
Patria? Il mio Partito sta elaborando un documento articolato su questa
schifezza di referendum, nel quale si cercherà di costruire e di divulgare una
posizione nostra, alimentata dall'idea di uno Stato Sardo piuttosto che
dall'inerzia dell'abitudine a pensare la Sardegna come una regione italiana.
Claudio Mura Io
sono tra coloro che, partendo dall'analisi del contesto politico e
istituzionale attuale e conoscendo l'origine di alcune decisioni che dal '48 ad
oggi hanno contribuito a generare problemi al sistema italiano (piuttosto che
aiutare a trovare delle soluzioni), considera questa riforma migliorativa dello
status quo (vanno secondo me in questa direzione le decisioni sul Senato, sulla
sola fiducia della Camera, sui limiti della decretazione di urgenza, ecc.
ecc.).
Credo però allo stesso tempo che ci siano cose buone e meno buone,
frutto della mediazione che è stata possibile in questo Parlamento. Nel suo
complesso, la riforma del titolo V correggerà alcune evidenti storture, che
sono tali anche se le guardo da Bologna, sapendo che qui in Emilia-Romagna, più
che in altri regioni (non solo tra quelle ordinarie), si è riusciti a mantenere
uno standard sopra la media.
Il nuovo titolo V ha il merito di riaccentrare
alcune competenze che, dal punto di vista nazionale, hanno più senso che stiano
in capo allo Stato (capisco che tu non condivida questo passaggio, che
rappresenta forse la discriminante per una valutazione positiva o negativa
dell'intero impianto di riforma).
Penso alle politiche sociali e del lavoro,
temi su cui ho maggiore confidenza, o alle grandi reti o altre materie per le
quali sia la cosiddetta 'sussidarietà legislativa' sia i riferimenti già
presenti in quasi tutti gli statuti regionali (compresi quello sardo) hanno
consentito alla Corte, nell'ultimo decennio, di dare spesso ragione allo Stato.
Come si collocano le Regioni a statuto speciale in questo discorso?
Non
contesto la tua posizione indipendentista, ma non concordo sul merito specifico
del titolo V. Per la fase transitoria (che vedremo quanto durerà) siamo
d'accordo entrambi. Il 5 dicembre per la Regione Sardegna non cambierà nulla.
Io vedo l'intesa per la revisione dello statuto ed il nuovo titolo V come una
finestra di opportunità, non come una minaccia.
La tua visione è opposta alla
mia, basata su un rapporto totalmente conflittuale Stato-Regione. Io credo che
sarebbe salutare per l'intero sistema, riportare dentro una dialettica politica
e parlamentare un conflitto che oggi si affronta solo davanti ai giudici
costituzionali. Nell'intesa con cui si 'revisionerà' lo Statuto, io credo, che
ci saranno gli spazi per confermare le competenze attualmente assegnate alla
Sardegna (forse anche aprire nuovi spazi). Questo è però un film da scrivere e
dipenderà dalla capacità della classe politica sarda e nazionale la qualità del
risultato finale.
È chiaro, che una volta superata la fase transitoria, anche
la clausola di supremazia potrà coinvolgere le regioni a statuto speciale. Ma
l'attivazione di tale clausola non sarà per nulla scontata, implicherà un
intervento del Senato (dove sarà rappresentata la Sardegna e le altre regioni a
statuto speciale) e dovrà essere approvata dalla Camera, eventualmente con
maggioranza assoluta nel caso non condivida le modifiche proposte dalle
autonomie locali (e non vedo all'orizzonte partiti o maggioranze così
granitiche e omogenee da essere impermeabili a ragionamenti e conflitti su
questioni specifiche).
Paolo Maninchedda
Claudio, capisco l'impostazione ma non condivido l'obiettivo e non per questo
sono conflittuale. Tu vedi nel rafforzamento delle competenze esclusive dello
Stato un grande passo in avanti; io invece vi vedo un grande passo indietro, il
ritorno allo schema dello Stato Nazionale che fu la vera tara della Costituente
italiana, come bene intuì Spinelli e con lui tutto il mondo federalista dei
liberali-azionisti di sinistra.
La storia, recente e passata, del confronto tra
la Sardegna e lo Stato è una storia di inibizioni (quelle dei sardi educati a non
pensare di poter esercitare una piena e esclusiva sovranità) e di incredibili
slealtà istituzionali (se vuoi li elenco, ma so che li conosci) da parte dello
Stato italiano (dal fisco alle compartecipazioni, dalla convenzione Tirrenia
alle tasse aeroportuali, dai poligoni militari alle eccezioni riservate agli
amici sul VIA nazionale, dalle strade statali pagate con i fondi regionali agli
accantonamenti illegittimi ecc. ecc.). Resta chiaro che qualsiasi intesa
dovesse realizzarsi con uno Stato italiano più centralista e, secondo te, più
efficiente, secondo me molto più autoritario e burocratico, non potrà essere di
vantaggio per la Sardegna. Detto questo, io non sono in una banale logica di
scontro con l'Italia su questo banale referendum politico. Io sono in
contrasto con l'Italia sul futuro, sul modo di vedere la cittadinanza, i
diritti, la libertà, la ricchezza.
Sono però più concentrato sulla politica
interna, in una logica di costruzione del consenso tra i sardi. Quando noi
avremo una maggioritaria coscienza nazionale, allora il confronto politico con
l'Italia avrà le stesse caratteristiche di quello di più di mezzo secolo fa tra
l'India e la Gran Bretagna.
E vinceremo noi, costruiremo uno stato fondato
sulla libertà, sul diritto e sulla giustizia, non sul lavoro (manco fossimo una
fabbrica), uno Stato libertario che non odia la ricchezza e che combatte la
povertà, che ha un fisco giusto e flessibile, che sarà europeo, poliglotta e
non bigotto. Adesso ti lascio: sto lavorando.
Claudio Mura Buon
lavoro Paolo!
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