venerdì 28 ottobre 2016

Rassegna stampa. 28 Ottobre 2016. - "DOSSIER MIGRANTI. Stranieri, nell'Isola solo una tappa Molti sbarchi ma pochi si fermano." - "L'odissea a lieto fine di un bimbo siriano in fuga dalla guerra." - "«Prostitute per pochi spiccioli» È allarme nel Sulcis: la criminalità locale assolda i profughi."

Unione Sarda

DOSSIER MIGRANTI. Stranieri, nell'Isola solo una tappa Molti sbarchi ma pochi si fermano

È tutta una questione di participio, passato e presente: immigrati e migranti non sono la stessa cosa ed è bene utilizzare il giusto linguaggio per non incappare in equivoci e reazioni (sociali) a catena. Premessa doverosa per capire come la Sardegna si confermi terra di passaggio: aumentano gli sbarchi dei migranti (16mila negli ultimi tre anni di cui 1.215 approdati con i barchini), ma gli stranieri residenti nell'Isola, pur aumentati lievemente, restano pochi e non compensano la dinamica negativa della popolazione sarda, che nell'ultimo anno è diminuita ancora di oltre cinquemila abitanti.

LE CIFRE Gli immigrati residenti in Sardegna sono 47.425, il 2,9% della popolazione (contro una media italiana dell'8,3). Oltre la metà proviene dall'Europa, in maggioranza sono donne (il 54,4%) e hanno tra i 30 e i 44 anni. È quanto emerge dal dossier statistico immigrazione 2016, curato dal Centro studi ricerche Idos in collaborazione con Confronti, realizzato in partenariato con l'Unar e finanziato dall'8 per mille della Chiesa valdese.

Il rapporto è stato presentato ieri nella facoltà di Scienze politiche dell'Università di Cagliari. Secondo il dossier nazionale - curato nella parte sarda da Tiziana Putzolu, ricercatrice del Centro studi telazioni industriali dell'Università di Cagliari - nel 2015 i residenti stranieri sono aumentati di 2.346 unità, con un incremento del 5,2% rispetto al 2014. Ma la crescita è ora a passo contenuto: nel 2013 l'aumento sull'anno precedente era stato del 18,4%, per poi rallentare al 6,9% nel 2014 e ancora nel 2015.

LA PROVENIENZA Arrivano per oltre il 50% (24.969) da Paesi del continente europeo, in particolare dalla Romania, al primo posto con il 28,6%. La seconda comunità più numerosa è quella marocchina (9,3%), segue il Senegal (8,9%) e la Cina (6,8%).

I residenti stranieri si sono insediati per lo più nelle aree costiere: la maggior parte (il 33%) si trova nella provincia di Cagliari e incide sulla popolazione per il 2,8%. Ma la concentrazione di stranieri più alta di tutta la Sardegna è nella provincia di Olbia-Tempio: qui gli 11.826 immigrati rappresentano il 7,4% della popolazione e sono aumentati rispetto all'anno precedente del 2,4%. Nella provincia di Sassari sono 8.982, mentre il numero più basso si registra in Ogliastra (919) e la più bassa percentuale di concentrazione si rileva nel Medio Campidano con l'1,3% sul totale della popolazione residente.

OCCUPAZIONE E IMPRESE Sul fronte economico, in tutta Italia, confrontando le spese pubbliche sostenute per gli immigrati e gli introiti da loro assicurati all'erario, risulta un beneficio per le casse dello Stato di 2,2 miliardi di euro: il totale delle entrate fiscali e previdenziali degli immigrati è di 16,9 miliardi, contro 14,7 miliardi di spese sostenute dallo Stato per loro.

Cresce anche l'occupazione: in Sardegna i lavoratori stranieri sono poco più di 25mila, con un incremento in tutte le province. Di questi il 63,8% è impiegato nei servizi, il 18,8% nell'industria e il 9,9% in agricoltura. Buono anche l'andamento delle imprese in cui oltre la metà dei soci è straniera: quelle attive sono 10.243, il 6,1% del totale, mentre quelle a conduzione femminile sono il 22,5%. Per quanto riguarda le rimesse, la quota di denaro inviata dai cittadini stranieri nei loro Paesi d'origine è stata di 62 milioni di euro, in diminuzione rispetto al 2014.

Marzia Piga

L'odissea a lieto fine di un bimbo siriano in fuga dalla guerra

La macchina di Barbara e Malik avanza sui tornanti schiacciata fra le
rocce brune del Monte Libano e lo spesso muro di nebbia che si solleva sul ciglio della strada. Oltre, molti chilometri a valle, si affanna Beirut. «Non vi siete per caso persi mentre cercate la mia mamma?». Da Senorbì la voce allegra di Omar raggiunge la macchina in corsa con un messaggio. «Non gli abbiamo raccontato come procedono le cose, ma lui percepisce tutto», commenta Barbara. Omar sa solo che lei e Malik sono in Libano nel tentativo di portare la madre e i tre fratellini in Sardegna.

L'ODISSEA E IL LIETO FINE Omar è fuggito dalla guerra nella città di Deraa, Siria, nel luglio del 2014, quando aveva 5 anni. Insieme allo zio ha trascorso due mesi in Turchia in attesa di potersi imbarcare per l'Italia. La notte stabilita per la partenza, quando confusamente
si raggiungono le imbarcazioni che uniscono le spiagge alla nave madre, Omar è si è ritrovato solo sul grande ponte gremito. «Il viaggio è durato molti mesi, e la notte mi lasciavano a fare la guardia, mi rubavano i biscotti», racconta Malik recitando la trasfigurazione di Omar, protetto durante la settimana di navigazione verso le coste della Sicilia da una famiglia irachena. Catania, Elmas, e il centro di accoglienza di Villasor, dove il bimbo è stato affidato a Barbara Follesa e suo marito algerino Malik Yousfi, amministratori di un centro di accoglienza migranti nel paese. Solo il contatto dello zio fornito dalla famiglia ha strappato Omar all'oblio. Una telefonata ha raggiunto la famiglia a Deraa. Così dopo diversi mesi, molti chilometri lungo la rotta Balcanica e il dedalo burocratico attraversato da Barbara e Malik, il padre, cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato, ha potuto riabbracciare il fanciullo.

LA NUOVA VITA Nel frattempo Omar ha rimosso l'arabo, sviluppato una rigogliosa loquela italiana, iniziato la scuola elementare e gli allenamenti di calcio. Barbara, ex vicedirettrice del centro di accoglienza di Elmas, e Malik, a lungo impegnato come mediatore nelle diverse missioni italiane nel Mediterraneo, continuano a crescere Omar in un equilibrio dove le culture sono luoghi diversi in un sistema aperto, da attraversare senza paura. Maldestramente in moschea Omar si esercita in bisbigli e genuflessioni. Farà il pilota e il costruttore da grande, perché nasceranno molti palazzi a Daraa. Per Barbara e Malik ha pensato a una grande villa con piscina, non troppo profonda. Non si nasconde più al passaggio degli aeroplani e sarà lui a prendersi cura di loro perché sono soli, dice, mentre i genitori possono contare sugli altri figli, per la vecchiaia.

LA FAMIGLIA DI OMAR La madre e i tre fratellini (11, 10 e 6 anni) sarebbero dovuti arrivare a Beirut in mattinata, presentare i documenti e affrontare l'indomani un'intervista con l'agenzia che si occupa dei ricongiungimenti per l'ambasciata italiana. Poi attendere, e volare verso Cagliari. Ma qualcosa è andato storto, e i quattro sono bloccati al confine di Masnaa, dove Barbara e Malik sono diretti.

LA PAURA DI NON FARCELA Surreale come sempre la frontiera: la sera avvolge pochi camion parcheggiati nel piazzale silenzioso e soldati che chiacchierano in capannelli fuori dagli uffici. Malik si adopera per capire cosa impedisca l'attraversamento. Semplice: il padre è un palestinese siriano, come Omar e i fratelli. Le politiche migratorie libanesi sono severe riguardo la possibilità che la massa estranea dei 12 campi palestinesi presenti dal 1948 aumenti nel numero. Solo la madre, di passaporto puro, può passare.

L'OK DELL'AMBASCIATA Dopo innumerevoli telefonate a scavalcare il confine sono solo lo smagrito tassista e le valigie, squassate nell'ordine dalle molte perquisizioni nei check point che frammentano la Siria. È l'elenco della solitudine di un popolo: vestiti, tazzine da caffè, una foto, olive nere. A Malik e Barbara non resta che pagare il tassista per il ritorno a Deraa, e sperare che a Beirut, nei due giorni rimasti a disposizione, sia possibile superare lo stallo.

Così avviene, i funzionari dell'ambasciata italiana abbracciano la storia di Omar, e dopo dieci giorni la madre e i fratelli arrivano nella capitale per l'intervista, che ha buon esito. Presto sarà Sardegna, dove c'è tutto ciò che avanza di un'esistenza dispersa, salvata, dicono Barbara e Malik, «un rapporto che non finirà mai».

Luca Foschi

«Prostitute per pochi spiccioli» È allarme nel Sulcis: la criminalità locale assolda i profughi

I cittadini di Iglesias sono allarmati: «Anche l'altro giorno alcuni di loro ci hanno riferito di essere stati fermati da un paio di ragazzine migranti che chiedevano soldi in cambio di sesso. Avranno avuto sedici anni appena», racconta il presidente della commissione Servizi sociali del Comune, Alberto Cacciarru: «Sul giro di prostituzione che sta prendendo piede anche lungo le strade della città, oltre a un possibile coinvolgimento dei migranti nel traffico della droga, non possiamo voltarci dall'altra parte.

Per chi, come loro, arriva senza documenti e soldi in un territorio già stremato da povertà e disoccupazione, l'unica prospettiva potrebbe essere la criminalità. Siamo preoccupati».

L'ALLARME Dalla prostituzione ai furti nei negozi del centro: «Ad agosto sono stato circondato e derubato da un gruppo di migranti», racconta il commerciante Fabio Calaresu. E poi si parla di droga: il rischio è che molti di loro, soprattutto fra i giovanissimi, rimangano invischiati nella rete locale dedita al traffico di stupefacenti.

Qualcuno è stato notato intento a vendere droga ed è stato arrestato all'interno del centro di accoglienza di Sant'Angelo, a qualche chilometro da Iglesias: «Fortunatamente è un caso isolato», spiega Susanna Steri, presidente dell'associazione “Diomira” che gestisce la struttura dove vive da alcuni mesi una folta comunità multietnica:

«Appena ci siamo accorti, abbiamo chiamato i carabinieri e siamo in attesa del decreto di espulsione». LE DIFFICOLTÀ «Considerando le difficoltà economiche in cui ci troviamo - questa la sua paura - il rischio di delinquenza potrebbe essere alto: il Governo non ci dà soldi da aprile. Noi facciamo il possibile per tenerli lontano dalla criminalità, ma non è facile gestire centinaia di migranti in questa situazione».

Migranti per i quali non arrivano neppure le risorse per i pocket money: giusto martedì scorso, un centinaio di africani ha inscenato per questo una protesta bloccando la strada che collega Iglesias a Fluminimaggiore.

L'ACCOGLIENZA «Io faccio il pastore. Non siamo tutti uguali»: Ibraima Davva, senegalese da 11 anni in città, spiega che «l'unica soluzione è quella di regolarizzarli e lasciarli liberi di spostarsi per cercarsi un'occupazione». Eppure la politica dei centri d'accoglienza va avanti e rischia di far rumore la decisione del Comune di ospitare i migranti nell'attuale istituto per anziani “Casa Serena”, destinato alla chiusura: «Siamo chiamati ad accoglierli responsabilmente - dice il sindaco Emilio Gariazzo - lo faremo portando avanti una corretta politica di solidarietà nella quale coinvolgeremo i cittadini».

LE POLEMICHE Le perplessità sono già parecchie: «Diventerà un ghetto, non è la struttura idonea per integrarli», si oppone il consigliere comunale Alberto Cacciarru (Pci). Il collega Gian Marco Eltrudis (Piazza Sella) ha presentato un'interrogazione: «Siamo contrari, propendiamo per un sistema di integrazione e accoglienza efficiente».

«C'è poi il fattore negativo del peso sociale», sostiene il consigliere regionale Udc Gigi Rubiu: «Il nostro territorio attraversa un momento di forte crisi economica». In ogni caso, ribadisce il suo “no” «alle decisioni imposte dall'alto» che «mirano a desertificare i servizi per ospitare i migranti in edifici abbandonati».


Ilenia Mura

Federico Marini
skype: federico1970ca

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