Unione
Sarda
DOSSIER MIGRANTI. Stranieri, nell'Isola
solo una tappa Molti sbarchi ma pochi si fermano
È tutta una questione di participio,
passato e presente: immigrati e migranti non sono la stessa cosa ed è bene
utilizzare il giusto linguaggio per non incappare in equivoci e reazioni
(sociali) a catena. Premessa doverosa per capire come la Sardegna si confermi terra
di passaggio: aumentano gli sbarchi dei migranti (16mila negli ultimi tre anni di cui 1.215 approdati con
i barchini), ma gli stranieri residenti nell'Isola, pur aumentati lievemente,
restano pochi e non compensano la dinamica negativa della popolazione sarda, che
nell'ultimo anno è diminuita ancora di oltre cinquemila abitanti.
LE CIFRE Gli immigrati residenti in
Sardegna sono 47.425, il 2,9% della popolazione (contro una media italiana
dell'8,3). Oltre la metà proviene dall'Europa, in maggioranza sono
donne (il 54,4%) e hanno tra i 30 e i 44 anni. È quanto emerge dal dossier
statistico immigrazione 2016, curato dal Centro studi ricerche Idos in
collaborazione con Confronti, realizzato in partenariato con l'Unar e
finanziato dall'8 per mille della Chiesa valdese.
Il rapporto è stato presentato ieri nella
facoltà di Scienze politiche dell'Università di Cagliari. Secondo il dossier
nazionale - curato nella parte sarda da Tiziana Putzolu, ricercatrice del
Centro studi telazioni industriali dell'Università di Cagliari - nel 2015 i
residenti stranieri sono aumentati di 2.346 unità, con un incremento del 5,2%
rispetto al 2014. Ma la crescita è ora a passo contenuto: nel 2013 l'aumento
sull'anno precedente era stato del 18,4%, per poi rallentare al 6,9% nel 2014 e
ancora nel 2015.
LA PROVENIENZA Arrivano per oltre il 50%
(24.969) da Paesi del continente europeo, in particolare dalla Romania, al
primo posto con il 28,6%. La seconda comunità più numerosa è quella marocchina
(9,3%), segue il Senegal (8,9%) e la Cina (6,8%).
I residenti stranieri si sono insediati
per lo più nelle aree costiere: la maggior parte (il 33%) si trova nella
provincia di Cagliari e incide sulla popolazione per il 2,8%. Ma la
concentrazione di stranieri più alta di tutta la Sardegna è nella provincia di Olbia-Tempio:
qui gli 11.826 immigrati rappresentano il 7,4% della popolazione e sono
aumentati rispetto all'anno precedente del 2,4%. Nella provincia di Sassari
sono 8.982, mentre il numero più basso si registra in Ogliastra (919) e la più
bassa percentuale di concentrazione si rileva nel Medio Campidano con l'1,3%
sul totale della popolazione residente.
OCCUPAZIONE E IMPRESE Sul fronte
economico, in tutta Italia, confrontando le spese pubbliche sostenute per gli
immigrati e gli introiti da loro assicurati all'erario, risulta un beneficio
per le casse dello Stato di 2,2 miliardi di euro: il totale delle entrate fiscali
e previdenziali degli immigrati è di 16,9 miliardi, contro 14,7 miliardi di
spese sostenute dallo Stato per loro.
Cresce anche l'occupazione: in Sardegna i
lavoratori stranieri sono poco più di 25mila, con un incremento in tutte le
province. Di questi il 63,8% è impiegato nei servizi, il 18,8%
nell'industria e il 9,9% in agricoltura. Buono anche l'andamento delle imprese
in cui oltre la metà dei soci è straniera: quelle attive sono 10.243, il 6,1%
del totale, mentre quelle a conduzione femminile sono il 22,5%. Per quanto riguarda
le rimesse, la quota di denaro inviata dai cittadini stranieri nei loro Paesi d'origine è stata
di 62 milioni di euro, in diminuzione rispetto al 2014.
Marzia Piga
L'odissea a lieto fine di un bimbo siriano
in fuga dalla guerra
La macchina di Barbara e Malik avanza sui
tornanti schiacciata fra le
rocce brune del Monte Libano e lo spesso
muro di nebbia che si solleva sul ciglio della strada. Oltre, molti chilometri
a valle, si affanna Beirut. «Non vi siete per caso persi mentre cercate la mia
mamma?». Da Senorbì la voce allegra di Omar raggiunge la macchina in corsa con
un messaggio. «Non gli abbiamo raccontato come procedono le cose, ma lui percepisce
tutto», commenta Barbara. Omar sa solo che lei e Malik sono in Libano nel
tentativo di portare la madre e i tre fratellini in Sardegna.
L'ODISSEA E IL LIETO FINE Omar è fuggito
dalla guerra nella città di Deraa, Siria, nel luglio del 2014, quando aveva 5
anni. Insieme allo zio ha trascorso due mesi in Turchia in attesa di potersi
imbarcare per l'Italia. La notte stabilita per la partenza, quando confusamente
si raggiungono le imbarcazioni che
uniscono le spiagge alla nave madre, Omar è si è ritrovato solo sul grande
ponte gremito. «Il viaggio è durato molti mesi, e la notte mi lasciavano a fare
la guardia, mi rubavano i biscotti», racconta Malik recitando la trasfigurazione
di Omar, protetto durante la settimana di navigazione verso le coste della
Sicilia da una famiglia irachena. Catania, Elmas, e il centro di accoglienza di
Villasor, dove il bimbo è stato affidato a Barbara Follesa e suo marito
algerino Malik Yousfi, amministratori di un centro di accoglienza migranti nel
paese. Solo il contatto dello zio fornito dalla famiglia ha strappato Omar
all'oblio. Una telefonata ha raggiunto la famiglia a Deraa. Così dopo diversi
mesi, molti chilometri lungo la rotta Balcanica e il dedalo burocratico attraversato
da Barbara e Malik, il padre, cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato,
ha potuto riabbracciare il fanciullo.
LA NUOVA VITA Nel frattempo Omar ha
rimosso l'arabo, sviluppato una rigogliosa loquela italiana, iniziato la scuola
elementare e gli allenamenti di calcio. Barbara, ex vicedirettrice del centro
di accoglienza di Elmas, e Malik, a lungo impegnato come mediatore nelle diverse
missioni italiane nel Mediterraneo, continuano a crescere Omar in un equilibrio
dove le culture sono luoghi diversi in un sistema aperto, da attraversare senza
paura. Maldestramente in moschea Omar si esercita in bisbigli e genuflessioni.
Farà il pilota e il costruttore da grande, perché nasceranno molti palazzi a
Daraa. Per Barbara e Malik ha pensato a una grande villa con piscina, non
troppo profonda. Non si nasconde più al passaggio degli aeroplani e sarà lui a prendersi
cura di loro perché sono soli, dice, mentre i genitori possono contare sugli
altri figli, per la vecchiaia.
LA FAMIGLIA DI OMAR La madre e i tre
fratellini (11, 10 e 6 anni) sarebbero dovuti arrivare a Beirut in mattinata,
presentare i documenti e affrontare l'indomani un'intervista con l'agenzia che
si occupa dei ricongiungimenti per l'ambasciata italiana. Poi attendere, e
volare verso Cagliari. Ma qualcosa è andato storto, e i quattro sono bloccati
al confine di Masnaa, dove Barbara e Malik sono diretti.
LA PAURA DI NON FARCELA Surreale come
sempre la frontiera: la sera avvolge pochi camion parcheggiati nel
piazzale silenzioso e soldati che chiacchierano in capannelli fuori dagli
uffici. Malik si adopera per capire cosa impedisca l'attraversamento. Semplice:
il padre è un palestinese siriano, come Omar e i
fratelli. Le politiche migratorie libanesi sono severe riguardo la possibilità
che la massa estranea dei 12 campi palestinesi presenti dal 1948
aumenti nel numero. Solo la madre, di passaporto puro, può passare.
L'OK DELL'AMBASCIATA Dopo innumerevoli
telefonate a scavalcare il confine sono solo lo smagrito tassista e
le valigie, squassate nell'ordine dalle molte perquisizioni nei check point che
frammentano la Siria. È l'elenco della solitudine di un popolo: vestiti, tazzine
da caffè, una foto, olive nere. A Malik e Barbara non resta che pagare il
tassista per il ritorno a Deraa, e sperare che a Beirut, nei due giorni rimasti
a disposizione, sia possibile superare lo stallo.
Così avviene, i funzionari dell'ambasciata
italiana abbracciano la storia di Omar, e dopo dieci giorni la madre e i
fratelli arrivano nella capitale per l'intervista, che ha buon esito. Presto
sarà Sardegna, dove c'è tutto ciò che avanza di un'esistenza dispersa, salvata,
dicono Barbara e Malik, «un rapporto che non finirà mai».
Luca Foschi
«Prostitute per pochi spiccioli» È allarme
nel Sulcis: la criminalità locale assolda i profughi
I cittadini di Iglesias sono allarmati:
«Anche l'altro giorno alcuni di loro ci hanno riferito di essere stati fermati
da un paio di ragazzine migranti che chiedevano soldi in cambio di sesso.
Avranno avuto sedici anni appena», racconta il presidente della commissione Servizi
sociali del Comune, Alberto Cacciarru: «Sul giro di prostituzione che sta
prendendo piede anche lungo le strade della città, oltre a un possibile
coinvolgimento dei migranti nel traffico della droga, non possiamo voltarci
dall'altra parte.
Per chi, come loro, arriva senza documenti
e soldi in un territorio già stremato da povertà e disoccupazione, l'unica
prospettiva potrebbe essere la criminalità. Siamo preoccupati».
L'ALLARME Dalla prostituzione ai furti nei
negozi del centro: «Ad agosto sono stato circondato e derubato da un gruppo di
migranti», racconta il commerciante Fabio Calaresu. E
poi si parla di droga: il rischio è che molti di loro, soprattutto fra i
giovanissimi, rimangano invischiati nella rete locale dedita al
traffico di stupefacenti.
Qualcuno è stato notato intento a vendere
droga ed è stato arrestato all'interno del centro di accoglienza di
Sant'Angelo, a qualche chilometro da Iglesias: «Fortunatamente è un caso
isolato», spiega Susanna Steri, presidente dell'associazione “Diomira” che
gestisce la struttura dove vive da alcuni mesi una
folta comunità multietnica:
«Appena ci siamo accorti, abbiamo chiamato
i carabinieri e siamo in attesa del decreto di espulsione». LE
DIFFICOLTÀ «Considerando le difficoltà economiche in cui ci troviamo - questa
la sua paura - il rischio di delinquenza potrebbe essere alto: il Governo non
ci dà soldi da aprile. Noi facciamo il possibile per tenerli lontano dalla
criminalità, ma non è facile gestire centinaia di migranti in questa
situazione».
Migranti per i quali non arrivano neppure
le risorse per i pocket money: giusto martedì scorso, un centinaio di africani
ha inscenato per questo una protesta bloccando la strada che collega Iglesias a
Fluminimaggiore.
L'ACCOGLIENZA «Io faccio il pastore. Non
siamo tutti uguali»: Ibraima Davva, senegalese da 11 anni in città,
spiega che «l'unica soluzione è quella di regolarizzarli e lasciarli
liberi di spostarsi per cercarsi un'occupazione». Eppure la politica dei centri
d'accoglienza va avanti e rischia di far rumore la decisione del Comune di
ospitare i migranti nell'attuale istituto per anziani “Casa Serena”, destinato
alla chiusura: «Siamo chiamati ad accoglierli responsabilmente - dice il sindaco
Emilio Gariazzo - lo faremo portando avanti una corretta politica di
solidarietà nella quale coinvolgeremo i cittadini».
LE POLEMICHE Le perplessità sono già
parecchie: «Diventerà un ghetto, non è la struttura idonea per integrarli», si
oppone il consigliere comunale Alberto Cacciarru (Pci). Il collega Gian Marco
Eltrudis (Piazza Sella) ha presentato un'interrogazione: «Siamo contrari, propendiamo
per un sistema di integrazione e accoglienza efficiente».
«C'è poi il fattore negativo del peso
sociale», sostiene il consigliere regionale Udc Gigi Rubiu: «Il nostro
territorio attraversa un momento di forte crisi economica». In ogni caso,
ribadisce il suo “no” «alle decisioni imposte dall'alto» che «mirano a
desertificare i servizi per ospitare i migranti in edifici abbandonati».
Ilenia Mura
Federico Marini
skype: federico1970ca
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