"La libertà senza giustizia sociale può essere anche
una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame,
che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come
mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero.” (Sandro Pertini)
(08 Luglio 1978) Viene eletto Presidente della Repubblica Sandro
Pertini. In un'Italia ancora profondamente scossa dall'omicidio Moro, Pertini è
il miglior interprete dei bisogni degli italiani. E' un uomo dal carattere
diretto e schietto, la cui vicenda personale lo avvicina ancor più ai cittadini.
Nato a Stella, in provincia di Savona, Pertini mette più volte in gioco la sua
vita per gli ideali socialisti. Durante gli anni del
regime fascista subirà più volte il carcere e il confino. Medaglia d'oro della
Resistenza, nel 1948 Pertini è eletto Senatore e poi per 2 volte Presidente
della Camera.
A differenza dei predecessori, Pertini improntò la sua
azione a un notevole dinamismo, dando un'interpretazione più attiva della
carica e delle funzioni di presidente della Repubblica. Dotato di grande
comunicativa e di un linguaggio semplice ed efficace, riscosse in anni
difficili ed in circostanze spesso drammatiche il larghissimo consenso di chi vedeva
in lui il rappresentante di un'Italia diversa, non toccata dagli scandali. I suoi interventi politici furono
condotti in uno stile schietto e talvolta duro, come avvenne nel novembre 1980,
dopo il terremoto in Irpinia, quando in un messaggio alla nazione si scagliò
contro i pubblici poteri per la lentezza dei soccorsi e la grave inefficienza
dimostrata dallo stato.
Nella crisi di governo iniziata nel gennaio 1979 affidò per
la prima volta l'incarico governativo a un laico, il repubblicano Ugo La Malfa,
che non riuscì nel suo intento per i veti incrociati della DC e del PCI. Fu
ancora Pertini ad affidare l'incarico a un altro repubblicano, Spadolini, nel
giugno 1981, e al socialista Bettino Craxi nell'agosto 1983. In
campo internazionale perseguì sempre un coerente pacifismo, esprimendosi a favore di un disarmo
«totale e controllato» (aprile 1983), oppure dichiarando che il contingente
italiano inviato in Libano avrebbe dovuto ritirarsi in caso di guerra (dicembre
1983). Terminato il mandato presidenziale (giugno 1985), divenne, di diritto,
senatore a vita della Repubblica. Tra i suoi scritti il memoriale Sei condanne, due
evasioni (1970); nel 2012 un'ampia selezione di testi e discorsi dell'uomo
politico è stata pubblicata a cura di P. Pierri sotto il titolo Gli uomini per essere liberi.
La sua costante presenza nei momenti cruciali della vita
pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili, è
stata probabilmente uno dei motivi della sua grande popolarità. Spesso
è stato definito come il "presidente più amato dagli italiani",
ricordato per l'amore verso l'Italia, per il suo carisma, per il suo modo di fare schietto e
ironico, per l'onestà, per l'amore verso i bambini (a cui prestava molta
attenzione durante le visite giornaliere delle scolaresche al Quirinale) e per
aver inaugurato un nuovo modo di rapportarsi con i cittadini, con uno stile
diretto e amichevole («amici carissimi, non fate solo domande pertinenti, ma
anche impertinenti: io mi chiamo Pertini... »).
La schiettezza e la pragmaticità di Pertini si riflesse
inoltre anche nella sua azione politica ed istituzionale, facendolo apparire
come un presidente che puntava alla concretezza, rifiutando compromessi e
imponendosi con il suo rigore morale. Nel periodo della sua
permanenza al Colle contribuì a fare della figura del Presidente della
Repubblica l'emblema dell'unità del popolo italiano. La sua statura
morale contribuì al
riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento difficile e
costellato di avvenimenti delittuosi come quello degli anni di piombo.
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