Sono passati nove mesi dalle elezioni. E nove mesi fa dando le dimissioni dicevo di non credere in alcun modo alla prospettiva di Liberi e Uguali. Che a maggior ragione dopo il risultato elettorale era evidente che quella fusione non avrebbe avuto alcuna utilità. Che erano due le alternative (seppur lontane e diverse tra loro) o decidere di far parte del dibattito interno al Partito democratico o contribuire alla costruzione dello spazio politico avviato da De Magistris. Tanto queste due opzioni avrebbero comunque prodotto anche all'interno di Liberi e Uguali una scomposizione vista la natura delle due parti che la componevano.
Quindi era meglio non perdere tempo ma prendere una decisione per un verso o per l'altro. Fui ignorata. Adesso leggo che Mdp guarda a Zingaretti, Sinistra Italiana guarda a De Magistris e Liberi e Uguali è morta. Il punto non è avere avuto ragione. Il punto è: perchè tutto questo? Ancora una volta? Sono molto preoccupata e dispiaciuta di come stanno evolvendo le cose in entrambi quegli spazi. E per quanto irrilevanti credo invece che avremmo potuto nei tempi giusti contribuire a dare un senso alle cose.
Ho letto l'intervista di De Magistris e l'ho trovata disarmante. Di un egocentrismo esasperato. So già che l'appuntamento dell'1 andrà bene, sarà bello e partecipato ma guardate che se le premesse sono queste... avverrà sempre la stessa cosa. Si fa il passaggio delle europee e poi nel bene o nel male torna tutto come prima. In casa Pd la candidatura di Minniti è paradossalmente un elemento di grande chiarezza. A differenza di Zingaretti che non prende posizione su nulla. Quella di Zingaretti è la candidatura di sinistra perchè così è stata definita ma io ancora non ho sentito su quali basi lo dovrei sostenere. Perché è un bravo Presidente di regione?
Io ricordo quando Nichi rivestiva il suo ruolo di Governatore e di candidato alle primarie nazionali. L'essere Presidente lo metteva in una condizione di vantaggio, certo. Dopodichè c'erano delle prese di posizione nette sulle grandi questioni. Questo galleggiamento continuo che lo rende sostenibile da Gentiloni passando per Franceschini fino a Bersani, francamente non solo non convince ma ha già stufato. Noi in questi nove mesi avremmo potuto fare da pungolo. Con Zingaretti avremmo potuto promuovere una discussione pubblica. Costringerlo ad esprimersi su certi temi e cercare insieme un'alternativa.
Con De Magistris invece avremmo potuto costruire le realtà territoriali di questo progetto con l'ambizione magari di non farle durare un mese cambiando nome ad un circolo. Per non sentirci trattati come il partito da tenere ai margini. Perché se ho capito l'andazzo le cose saranno come al solito: spazio alla società civile, dietro i partiti. Provare a sentirsi parte anziché innesto. Io ho smesso di fare politica dentro il partito per un personale senso di inadeguatezza nei cofronti del percorso intrapreso.
Posso essere accusata di tante cose ma non sicuramente di aver avuto atteggiamenti ostili o rancorosi nei confronti di qualcuno nel momento in cui sono andata via. Quindi spero che questo post possa essere letto con onestà. Anche quando dico: stiamo sbagliando di nuovo tutto compagne e compagni. Questo “governo del cambiamento” durerà, ha consenso. Oggi è inutile fare opposizione cercando di entrare nelle loro contraddizioni. La Lega è al massimo della popolarità. Bisogna utilizzare questo tempo per studiare. Per sviluppare una nuova teoria politica. Per trovare delle risposte credibili ai problemi, aprendo spazi a generazioni politiche che non conosciamo che possano avere l'autorevolezza di farsi carico di questa nuova elaborazione.
Dovremmo fare quello che sta facendo il fronte sovranista. Che al di là di come la si pensa sta aprendo un dibattito forte nel Paese. Coinvolge tanti. Sviluppa un ragionamento. Noi invece continuiamo a stare fermi. A proporre le stesse ricette di vent'anni fa. Non abbiamo più una visione sul lavoro, sul sociale. Siamo al rimorchio del sindacato che sta più in crisi di noi. Abbiamo da decenni gli stessi riferimenti intellettuali. Ci aggrappiamo ad alcune figure generando mostri perché non conosciamo più il collettivo. Di tattica si muore, sempre.
Di Celeste Costantino.
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