giovedì 1 novembre 2018

Rassegna stampa 01 novembre 2018


Unione Sarda

CENTROSINISTRA. Pd, braccio di ferro sulle Primarias. Progres: ora un percorso duraturo. L'Upc: evitiamo strappi I dem vorrebbero riscrivere le regole, ma Maninchedda dice no

Le primarie costringono le forze politiche a un braccio di ferro fatto di trattative, rifiuti e strategie. Nel centrosinistra comincia a maturare l'idea che la cosa migliore sia un passaggio di questo tipo per il candidato in pectore Massimo Zedda. Ma non nel terreno delle primarie nazionali sarde, che per ora rappresentano l'unico progetto in campo. Si tratta di un format già scritto, con date e regole precise e un perimetro politico chiaro che interroga i cittadini sul concetto di nazione sarda.

A queste condizioni il centrosinistra va in difficoltà perché preferirebbe riscrivere le regole delle primarie, coinvolgendo anche il Partito dei sardi e le forze che hanno dato vita alla convergenza nazionale. Il risultato è lo stallo. Perché nessuno cede di un passo. Tutti consapevoli, però, che avere una massa critica di voti potrebbe diventare fondamentale in uno scenario con tre o quattro forze ai nastri di partenza per le regionali. Oltre a Pd, Campo progressista e Partito dei sardi ci sono le altre forze, tentate dalle “Primarias” ma che vorrebbero la coalizione più ampia possibile.

Nessun freno Bastano le parole del segretario del Pds, Paolo Maninchedda, per capire che i margini di trattativa sono ai minimi. Sul suo blog precisa che le Primarias si «svolgeranno esattamente come sono state programmate e nei tempi previsti, e cioè on line, aperte a tutti, trasparenti e democratiche, senza rinvii e negoziati di alcun tipo».

Un paletto preciso, perché le Primarias «servono proprio a unire i sardi, per questo rifiutano di essere etichettate come primarie di questa o quella coalizione e si chiamano nazionali». Il dibattito interno al Pd ha due radici, una politica e l'altra strategica. Il primo aspetto rappresenta un salto importante per un partito nazionale che si troverebbe a giocare in un perimetro in cui l'indipendentismo è tutt'altro che utopia. L'aspetto strategico è riflettere se il percorso con il Partito dei sardi possa garantire un peso in più per giocarsi la vittoria. Saranno i sondaggi, commissionati in questi giorni, a dare indicazioni.

Le differenze Dentro il Pd cominciano a emergere differenze di posizione. Per ora, solo i dirigenti galluresi hanno aperto le porte a un'alleanza con il Pds. Ma non tutti i dem sono così favorevoli, soprattutto quelli più vicini a Zedda che rivendicano la possibilità di organizzare le primarie. Il segretario regionale, Emanuele Cani, è costretto a gestire la situazione: «Si tratta di un progetto interessante che vale la pena prendere in considerazione. Sarebbe bene, però, avere una condivisione collettiva di tutti i soggetti che decideranno di partecipare a questo momento di consultazione».

Le altre forze. Uno sguardo di interesse verso il progetto è arrivato da Progres che chiede, però, «un percorso duraturo che vada oltre le Primarias», dice il segretario Gianluca Collu, dubbioso sull'apertura della competizione a forze nazionali: «Se ci fosse il Pd non sarebbe più una convergenza nazionale, ma una coalizione di centrosinistra. Noi chiediamo una rottura con il passato».

Il segretario del Psi, Gianfranco Lecca, non ha dubbi: «La soluzione passa attraverso le primarie del Partito dei sardi. Chi va a governare deve avere un'investitura dal basso e non dalle segreterie». L'obiettivo è anche dare «un segnale di discontinuità rispetto a questi cinque anni», dice Lecca, «e strutturare una coalizione fondata sugli interessi dei sardi».

Il segretario nazionale dell'Upc, Antonio Satta, ha una posizione leggermente diversa. Bene le primarie, ma «devono coinvolgere tutte le forze che credono in un progetto di governo». L'idea dell'Upc è che siano le autonomie locali a giocare un ruolo di prim'ordine e così la presenza di un sindaco in corsa per la Regione è un motivo in più per trovare una convergenza. «Sarebbe bene evitare di fare ognuno le proprie primarie perché si arriverebbe a uno strappo», conclude Satta. Matteo Sau

Spread, scontro Tria-Visco
Il testo della Manovra inviato al Colle, in Aula arriverà a fine novembre
Il ministro replica a Bankitalia: il nostro deficit è sostenibile

ROMA Mentre il testo della Manovra è stato inviato al Colle, alla
Camera arriverà a fine novembre per la discussione, botta e risposta
tra il ministro Giovanni Tria e il governatore della Banca d'Italia
Ignazio Visco. Quest'ultimo ha lanciato l'allarme e richiamato alla
stabilità dei conti pubblici. Argomenti toccati anche dal presidente
della Repubblica Sergio Mattarella in un telegramma inviato al
presidente Acri: «La tutela del risparmio delle famiglie italiane
unito all'equilibrio dei bilanci pubblici è condizione essenziale
dell'esercizio della effettiva sovranità del Paese».

La replica di Tria
Alle richieste di cautela risponde il ministro dell'Economia Tria:
«Dopo dieci anni e due recessioni siamo già oltre gli effetti della
grande Depressione. Il deficit previsto in manovra è sostenibile e
responsabile e ci consentirà di affrontare prossimi anni convinti che
ridurremo il rapporto debito/pil e miglioreremo il benessere sociale».

Nuovo monito
Il monito sullo spread è condiviso dal presidente Acri, Giuseppe
Guzzetti, secondo cui «è innanzitutto responsabilità del Governo di
non mettere a rischio il risparmio degli italiani che nelle ultime
settimane è già stato significativamente ridotto ma non può venire
sacrificato sull'altare del debito pubblico». E il numero uno Abi
Antonio Patuelli aggiunge che «non si può essere indifferenti agli
andamenti dello spread e dei mercati e alle conseguenze su conti
pubblici, imprese e famiglie perché lo spread appesantisce tutta la
catena produttiva e ostacola la ripresa».

Tav e metropolitana
«Noi non siamo contro il Tav a prescindere», ha detto il ministro
dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, a Torino. Poi ha aggiunto:
«Utilizziamo quei denari, per esempio, per fare la metro due a Torino,
utilizziamo quei denari per rilanciare le infrastrutture su questo
territorio che ne ha bisogno». Ma gli industriali non ci stanno: «Il
ministro Di Maio non ha capito nulla di quanto è accaduto», ha
risposto il presidente di Api Torino Corrado Alberto. «Ci preoccupa -
ha spiegato Alberto - che questa infrastruttura non si faccia. Non c'è
e non ci può essere scambio fra la Tav e la metro di Torino: sono
entrambe infrastrutture essenziali per il nostro territorio».

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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