Murgia:
«Sanità e trasporti, via le riforme di Pigliaru» Il leader di
Autodeterminatzione anticipa il progetto elettorale e respinge ogni dialogo con
il Pd
L'importanza di chiamarsi Murgia:
nel 2014 era Michela a guidare un'alleanza a trazione indipendentista, stavolta
il cognome del leader di Autodeterminatzione è lo stesso ma di nome fa Andrea.
«Però copriamo uno spazio non del tutto uguale a Sardegna possibile», precisa
subito il candidato governatore, «c'è Liberu, ci sono forze che stavano con
Pigliaru».
Nessuna
continuità con Sp?
«In parte sì. Sto rileggendo il
grande sforzo fatto allora per creare un progetto innovativo, e unire
l'indipendentismo al non-dipendentismo».
È
corretto dire che voi non siete tutti indipendentisti?
«Sì, ma è corretto anche dire che
non ci stiamo ponendo il problema. Vogliamo amministrare la Sardegna con un
programma di autogoverno».
Basato
su quali punti cardine?
«Anzitutto non vedo l'ora di
ridiscutere i bandi sui trasporti, sia aerei che marittimi. Bisogna rimettere
mano a questa continuità territoriale farlocca. Poi vorremmo destinare gran
parte dei fondi Ue al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili, aprendo
50mila piccoli cantieri per realizzare le cosiddette case passive, dotate della
massima efficienza energetica».
Sta
parlando di ristrutturare edifici già esistenti?
«Certo. Con materiali locali:
sughero, lana, legno pietre. Creando così lavoro nell'edilizia e
nell'artigianato».
Lei
ha parlato di 10 miliardi di fondi Ue da spendere bene. Negli ultimi anni la
spesa è sembrata più celere, perché voi dovreste fare meglio?
«Il problema è che le imprese
vengono finanziate dopo 3-400 giorni dalla domanda. Con le possibilità di
semplificazione offerte dal nuovo regolamento Ue, contiamo di dare entro 30
giorni le autorizzazioni alle imprese, che a quel punto potrebbero lavorare in
credito d'imposta».
Come
funzionerebbe?
«Chi deve investire ha bisogno di
liquidità: se ogni 15 del mese deve pagare l'F24 è un guaio. Così invece chi
investe non paga tasse: una zona franca degli investimenti. È fattibile,
altrove funziona».
Sulla
sanità cosa proponete?
«Di cancellare la riforma. Il primo
errore è stato aderire al decreto 70 sulla rete ospedaliera senza negoziare
prima le eccezioni».
Cancellereste
pure l'Asl unica?
«Quello è un esperimento senza senso
sulla testa dei sardi. Sarebbe stato meglio riorganizzare i servizi nel
territorio. Vorrei dire anche una cosa sull'agricoltura: il Psr doveva servire
a modernizzarla, ma l'apparato che lo gestisce costa più del Psr stesso. E su
2.600 domande di giovani agricoltori, 1.800 restano fuori».
Farete
una sola lista, per superare lo sbarramento?
«Il progetto è aperto a chiunque
voglia contribuire, anche partiti organizzati, ma deve tener conto di una legge
elettorale sbagliata. Sardegna possibile fu penalizzata dal voto disgiunto: chi
sostiene Autodeterminatzione dovrà anzitutto votare la lista».
Il Pd
cerca il dialogo con voi: nessuna possibilità?
«Se ne facciano una ragione, non
dialogheremo con chiunque abbia amministrato l'Isola negli ultimi
dieci anni».
I
Rossomori, cui lei aderisce, erano nella Giunta Pigliaru.
«Ha detto bene: erano. Poi ne sono usciti,
senza alcun tornaconto, per denunciare il fallimento di quell'esperienza.
Chiederci adesso di
ritornare lì è davvero assurdo».
Giuseppe Meloni
Unione
Sarda
CENTROSINISTRA.
Sondaggio
Dem, con Zedda la coalizione recupera Sindaco decisivo
Ottenere il sì da Massimo Zedda
potrebbe far tornare in gioco un
centrosinistra che, dopo il 5 marzo,
aveva davanti a sé un posto in
terza fila per le regionali. Un
sondaggio, fatto dal Partito
democratico, confermerebbe che la
scelta di Zedda è azzeccata, anche
se l'esercito dietro di lui è tutto
da costruire e non può garantire
numeri esorbitanti. I Dem sarebbero
tra il 13 e il 15%, mentre il
sindaco di Cagliari traina la
coalizione staccato di circa 5 punti
percentuali rispetto al candidato in
pectore del centrodestra
Christian Solinas.
La coalizione avrebbe, però, il
vantaggio di liste
molto più forti tra cui la Lega che
potrebbe avere un risultato tra il
15 e 16% e Forza Italia tra il 7 e
l'8%. Il Movimento 5 Stelle,
invece, viene dato circa al 31%, con
il problema della sostituzione di
Mario Puddu. Una situazione che il
Partito democratico sta cercando di
valutare con attenzione: non a caso
gli ambasciatori continuano a
trattare con il Partito dei sardi e
hanno tentato un approccio anche
con Autodeterminatzione. Il
centrosinistra fatica a raggiungere cifre
molto alte e per centrare
l'obiettivo serve quantità. All'appello
mancano ancora le eventuali liste
direttamente collegate al candidato
presidente, tra cui quella degli
amministratori.
Il motto tra i rappresentanti del
centrosinistra è «allargare la
coalizione». Lo ha detto il
segretario, Emanuele Cani, così come il
vice segretario, Franco Sabatini,
che però precisa: «Sulle primarie le
regole devono essere condivise».
Inevitabilmente lo sguardo va verso
il Partito dei sardi che potrebbe
essere l'ago della bilancia alle
prossime regionali. Superare gli
steccati delle primarie sarà
l'aspetto più difficile per il quale
serviranno le migliori diplomazie
politiche.
M. S.
IL CASO.
Di Maio taglia i vitalizi: «Claudia Lombardo si dovrà adeguare»
La
manovra prevede che le Regioni riformino il sistema di calcolo
degli
assegni per gli ex onorevoli
La «manovra del popolo» vuole
tagliare i vitalizi degli ex consiglieri
sardi. E già, perché l'abolizione
dell'assegno vale solo da questa
legislatura. Nel frattempo il
Consiglio spende 17 milioni all'anno per
pagare la pensione di circa 300
“vecchi” onorevoli. Tra loro c'è anche
Claudia Lombardo, citata ieri dal
vicepremier Luigi Di Maio come
esempio di chi dovrà adeguarsi ai
nuovi «tempi di magra». Il disegno
di legge nazionale prevede che le
Regioni si adeguino al sistema
contributivo e ricalcolino gli
importi dei vitalizi. In tanti casi ci
sarà un taglio drastico.
L'attacco frontale
«La baby pensionata Claudia
Lombardo, ex consigliera regionale sarda»,
spiega Di Maio, «da quando ha 41
anni gode di un vitalizio di oltre
5.000 euro mensili». I suo assegno,
insieme a quello di tanti altri,
«ci sono costati e ci costano
centinaia di milioni di euro. In questi
anni hanno tagliato di tutto nelle
Regioni: sanità, scuole,
infrastrutture. Ma nessuno ha mai
osato toccare i vitalizi di questi
privilegiati. È finita! Abbiamo
trovato il metodo per costringere le
regioni a tagliarselo, visto che per
legge questo compito spetta a
loro e non al governo centrale»,
scrive sui social il leader del
Movimento 5 Stelle.
Il sistema
A spiegare come lo Stato convincerà
le amministrazioni regionali, sia
quelle a statuto speciale come la
Sardegna, che quelle ordinarie, è lo
stesso vicepremier: «Nella legge di
bilancio abbiamo scritto che se
non eliminano questo privilegio non
gli diamo più soldi. Semplice. Ma
nessuno ha mai avuto il coraggio di
farlo. Dopo deputati e senatori,
bye bye vitalizi anche per i
consiglieri regionali!», esulta Di Maio.
Il testo di legge
L'articolo 75 della bozza di manovra
stabilisce che l'erogazione di
«una quota pari all'80 per cento dei
trasferimenti erariali a favore
delle regioni e province autonome»
sia subordinato alla
rideterminazione della «disciplina
dei trattamenti previdenziali e dei
vitalizi già in essere». Le Regioni
avranno tempo: «Quattro mesi dalla
data dell'entrata in vigore della
legge, ovvero sei mesi qualora
occorra procedere a modifiche
statutarie».
Dall'eventuale taglio dei
«trasferimenti erariali» rimarranno
comunque fuori alcuni capitoli
importanti: «Quelli destinati al
finanziamento del servizio sanitario
nazionale, delle politiche sociali»,
elenca il testo. Ma non è il caso
della Sardegna, che paga di tasca
propria queste voci. Sarebbero
assicurati anche i finanziamenti per
il trasporto pubblico locale.
I nuovi vitalizi
Il Consiglio regionale sardo ha da
poco iniziato a pagare nove nuovi
vitalizi. Ora sono in tutto 312 i
beneficiari degli assegni - importo
medio 4.500 euro -, che costano 17
milioni all'anno: solo in Sicilia
(con 324 ex deputati da mantenere)
si spende di più, circa 18 milioni.
Tra gli ultimi pensionati ci sono
tre ex parlamentari: Roberto
Capelli, Siro Marrocu e Luciano
Uras.
Tutti e tre sono riusciti ad
anticipare il pagamento: il
regolamento fissa a 65 anni la soglia
minima, ma sono previste delle
scorciatoie legate alla durata dei
mandati che consentono di ridurre
l'attesa fino a 5 anni. Ha dovuto
invece aspettare i 65 Giampaolo
Diana, ex consigliere del Pd. È
entrata da poco nell'elenco Marina
Concas, eletta nel 1994 con
Rifondazione Comunista. Negli ultimi
mesi ha cominciato a incassare la
pensione dal Consiglio regionale
anche l'ex senatore e sindaco di
Sassari Nanni Campus. Vincenzo
Floris, sindacalista eletto nella
circoscrizione di Nuoro nel 2004 col
Pd, ha compiuto 65 anni: è
scattato così il diritto al
vitalizio. A queste pensioni si sono
aggiunte poi due “reversibilità”.
Che ora potrebbero essere
ricalcolate secondo le direttive del
governo centrale.
Contributi
previdenziali rimborsati dall'Aula: polemiche sulla proposta
Pensioni
private, firme “a insaputa” dei consiglieri
Ora c'è
chi rinnega il sostegno alla legge Usula: «Mi sono fidato dei colleghi»
(...)«ed eventualmente modificare o
rettificare la propria opinione.
Nel caso della proposta in questione
posso dire che dopo lettura più
attenta ho deciso di ritirare la mia
firma da quella proposta, che
ritengo discriminatoria nei
confronti dei cittadini che non possono
usufruire dei medesimi vantaggi».
Insomma: la sottoscrizione non era
poi così convinta, ma «nelle
dinamiche del Consiglio», è la premessa
di Usula, «può capitare».
La proposta di legge
Eppure tra la bozza e la versione
esaminata dalla commissione
Autonomia il 17 ottobre, ad appena
ventiquattro ore dal deposito negli
uffici, non sono state fatte
aggiunte di sostanza. La leggina stanzia
5,8 milioni di euro per questa
legislatura e un milione di euro per
gli anni successivi, destinati a
pagare le pensioni integrative
private dei consiglieri, che nel
corso del mandato - ora che i
vitalizi sono stati aboliti - hanno
diritto solo a contributi
“figurativi”.
«Non ho firmato»
C'è anche il caso di Paolo Zedda
(Art.1-Sdp), che pur dichiarandosi
favorevole a una «correzione» del
sistema attuale, nega di aver
scritto il suo nome in fondo a quel
documento: «Non condivido il modo
con cui si propone di risolvere
questa anomalia nella proposta di
legge, e non ho apposto la firma sul
testo, come avrò modo di provare.
Chiederò di correggere l'errore
immediatamente», dice il consigliere.
Non è una svista isolata, perché già
da ieri Nanni Lancioni (Psd'Az),
giurava che il suo nome fosse
comparso «indebitamente» sul sito
internet del Consiglio regionale.
I conti non tornano
Ma è probabile che nelle prossime
ore arrivi qualche altro
disconoscimento. Perché il disegno
di legge sul web è sostenuto da 54
nomi. Invece nelle foto della bozza
che i consiglieri si inviano su
whatsapp si contano solo 42 firme,
tra l'altro quasi tutte
illeggibili. Una reazione inconscia?
Sicuramente in pochi, nelle
ultime ore, hanno scelto di metterci
la faccia. L'unica eccezione per
ora è Pietro Cocco, capogruppo Pd,
indicato dai colleghi come «primo
firmatario» della proposta.
«Quando firmo un documento lo faccio
consapevolmente senza che nessuna
manina esterna lo faccia al posto
mio», è la frecciata lanciata al
resto dell'aula. «In questo momento
il Consiglio regionale della
Sardegna è l'unico in Italia che non
versa alcun contributo ai propri
consiglieri», scrive in un lungo
intervento su Facebook, in cui
sottolinea come «sia giusto che chi
svolge attività istituzionale venga
retribuito e abbia i contributi
versati».
Critiche e approvazioni
Addirittura fuori dai banchi di via
Roma c'è chi va oltre. Come Thomas
Castangia, ex segretario provinciale
del Pd ora tra i protagonisti
sardi di “Possibile”: «Non solo
credo che sia sacrosanto che chi
ricopre una carica elettiva abbia
come tutti i lavoratori i contributi
pensionistici versati ma credo anche
che andrebbe ripristinato il
finanziamento pubblico ai partiti».
Il deputato del M5S Alberto Manca,
invece, demolisce la proposta di
legge: «La politica è fatta di
priorità, e questa non lo è. Anzi:
ci sarebbe un'urgenza opposta:
quella di ridurre spese simili».
Michele Ruffi
IL
MONITO. Mattarella: «Confronto con l'Ue»
Lettera
al Governo, che replica: «Lo faremo, ma serve la crescita»
Il capo
dello Stato chiede che siano tutelati gli interessi del Paese
ROMA Ricerca di equilibrio, dialogo,
confronto per evitare pericolosi
bracci di ferro e per tutelare
l'economia italiana. Si muove dentro
questa cornice la lettera che il
presidente della Repubblica Sergio
Mattarella ha inviato al presidente
del Consiglio Giuseppe Conte,
accompagnando il via libera alla
trasmissione della legge di bilancio
al Parlamento.
Poche righe, presentate come una
“raccomandazione” che il Quirinale
esprime «nel comune intento di
tutelare gli interessi fondamentali
dell'Italia». Ma in quelle poche righe
si ritorna a citare gli
articoli 97, 81 e 117 della
Costituzione, che sono quelli sulla tutela
del risparmio e sui trattati
internazionali, più volte al centro della
dialettica tra il Colle e il
governo. Da quest'ultimo comunque arriva
un messaggio rassicurante: «Il
dialogo è proficuo e costante».
La raccomandazione
Il capo dello Stato auspica «un
dialogo costruttivo» con l'Europa,
cosa che comunque annovera tra i
doveri dell'esecutivo, con il quale
c'è «un comune intento di tutelare
gli interessi fondamentali
dell'Italia, con l'obiettivo di una
legge di bilancio che difenda il
risparmio degli italiani, rafforzi
la fiducia delle famiglie, delle
imprese e degli operatori economici
e ponga l'Italia al riparo
dall'instabilità finanziaria».
La lettera arriva dopo settimane
infuocate tra Roma e Bruxelles, che
hanno visto la bocciatura da parte
della Commissione europea della
manovra elaborata dal governo
italiano, con le conseguenti
fibrillazioni dei mercati e lo
spread che non riesce a scendere.
Mattarella sembra così voler
suggerire al governo maggiore prudenza.
La risposta di Conte
Ma Palazzo Chigi, con una nota,
cerca di rassicurare l'inquilino del
Quirinale e garantisce che
«un'interlocuzione proficua e costante con
l'Europa» è sempre presente.
Tuttavia il premier Conte non rinuncia a
sottolineare che «il governo intende
rilanciare la crescita e
l'occupazione, con una particolare
attenzione agli investimenti
pubblici, alla creazione di un
ambiente normativo e istituzionale
favorevole agli investimenti privati
e al contrasto della povertà e
delle disuguaglianze».
Anche la Lega e il Movimento Cinque
Stelle ostentano tranquillità,
fanno sapere di non essere
preoccupati e che la lettera non è
considerata in alcun modo «un atto di
ostilità», ma un comune sentire
per «l'interesse del Paese». Ben
diversa è l'interpretazione che ne dà
Anna Maria Bernini, capogruppo di
Forza Italia al Senato: «Al netto
dei toni come sempre rispettosi, il
dito gentile ma fermo del
presidente Mattarella è puntato
contro il rischio di una crisi
economica del nostro Paese. Inutile
illudersi, quello del capo dello
Stato è un vero e proprio messaggio
di richiamo».
La
Nuova
Legge
salva pensioni via le firme dei consiglieri
Dopo il
grande clamore stanno scattando i primi dietrofront sul provvedimento
Controcorrente
Cocco del Pd: i contributi previdenziali non sono un privilegio
CAGLIARIÈ una certezza: rimarrà
dov'è, in commissione, la proposta di
legge trasversale per recuperare i
contributi previdenziali destinati
a consiglieri regionali. Dopo aver
sollevato un bel po' di polemiche,
sul web e da parte dei Cinque
stelle, la «555» non sarà inserita in
nessun ordine del giorno fino alla
fine della legislatura. Soprattutto
perché il costo complessivo
dell'operazione peserebbe per ben 5
milioni e 880mila euro sul bilancio
del Consiglio regionale, che tra
l'altro dovrebbe sborsarli in
un'unica soluzione, sia perché tutti i
partiti (escluso Fdi che non l'ha
firmata) hanno deciso di uscire in
fretta possibile dalla girandola di
attacchi che si sono scatenati in
queste ore. Resta comunque il
problema del buco dei contributi per i
cinque anni di mandato politico nel
caso in cui gli eletti siano
obbligati ad andare in aspettativa
dal posto di lavoro pubblico o
privato. Le altre Regioni, ma anche
il Parlamento, lo hanno risolto
con un sistema contributivo simile a
quello previsto dalla proposta
presentata dai 54 consiglieri
regionali.
Però, in Sardegna, è
scoppiato il caos - scatenato dai
troppi errori politici e di
opportunità commessi da chi ha
firmato la proposta - e quindi il caso
è stato rinviato alla prossima
legislatura.L'ho firmata. Il capogruppo
Pd, Pietro Cocco, è sceso in campo
non tanto in difesa della proposta
di legge in sé ma - come scrive su
Facebook - «sono uno dei
consiglieri che ha firmato e voglio
dare il mio contributo a una
discussione fuori dalla demagogia».
Innanzitutto, scrive, «in questo
momento il Consiglio regionale della
Sardegna è l'unico in Italia a
non versare alcun contributo per i
propri consiglieri». Secondo,
quanto ipotizzato dalla «555» è
«previsto dalla Legge di bilancio
votata dal governo nazionale in
carica, Lega-5 stelle, con il
versamento di contributi
previdenziali per il mandato politico da
sommare a quelli versati durante il
lavoro dipendente o autonomo e
quindi utilizzabili per il calcolo
del pensione a 65 0 67 anni d'età».
Poi ecco altri due passaggi
significativi: «È giusto o no riconoscere
il diritto, senza privilegi, che
ogni cittadino, abbiente o meno
abbiente possa svolgere liberamente
il mandato istituzionale senza
essere penalizzato nel suo percorso
lavorativo? È giusto che la
politica possa essere appannaggio
soltanto di coloro che potranno
finanziariamente permetterselo?». La
risposta del capogruppo Pd alle
due domande è subito dopo: «È giusto
che chi svolge un'attività
istituzionale sia retribuito e abbia
i contributi versati, lo prevede
la Costituzione, proprio per
garantire a tutti parità di accesso,
siano essi figli di notai,
industriali, pastori o operai».Presa di
distanze. Però, sempre su Facebook ,
più di un consigliere s'è
affrettato ad annunciare: ritirerò
la firma. A cominciare da Emilio
Usula, Rossomori-Adn, e Paolo Zedda
di Mdp.
Il primo ha scritto: «Può
capitare di sottoscrivere mozioni,
interrogazioni, proposte di legge
sulla fiducia dei colleghi che le
propongono. Così può accadere di
prendere anche cantonate iniziali ed
essere superficiali». Paolo Zedda
ha scritto: «A suo tempo, ho
dichiarato di essere favorevole, in linea
di massima, ma non condivido il modo
con cui è stato proposto di
colmare il vuoto che esiste, e non
ho apposto la firma sul testo, come
avrò modo di provare.
Giusto che i consiglieri abbiano un
versamento
pensionistico ma non chiedere un
risarcimento a posteriori».Oltre il
coro. È il post di Thomas Castangia,
leader di Possibile, formato da
un gruppo di ex Pd: «Non solo credo
che sia sacrosanto che chi ricopre
una carica elettiva abbia come tutti
i lavoratori i contributi
pensionistici versati ma credo anche
che andrebbe ripristinato il
finanziamento pubblico ai partiti.
Poi credo che un sindaco dovrebbe
prendere non meno di 2000 euro al
mese e credo anche sia giusto che
chi per una parte della sua vita
serve la comunità sia retribuito in
modo dignitoso. I privilegi sono
un'altra cosa». (ua)
Vitalizi,
Di Maio attacca la Lombardo
Il leader
M5s: mai più baby pensionati come l'ex presidente dell'aula
CAGLIARI
Di Maio dichiara guerra ai vitalizi
degli ex consiglieri regionali. E
lo fa citando il caso dell'ex
presidente del Consiglio regionale
sardo, Claudia Lombardo, che da
quando aveva 41 anni prende un
vitalizio di 5mila euro. «Tempi di
magra si prospettano per quei
nababbi degli ex consiglieri
regionali che da anni campano di
vitalizio sulle nostre spalle - ha
scritto il vicepresidente del
Consiglio in un post in cui commenta
la misura in manovra che prevede
il blocco dei trasferimenti nel caso
in cui le Regioni non procedano
al taglio dei vitalizi degli ex
consiglieri -.
Ovviamente non
tocchiamo i soldi per la sanità, per
le politiche sociali, per il
trasporto pubblico e gli altri
servizi essenziali. Ma se non si
tagliano i vitalizi, noi gli
tagliamo tutto il resto. Per farla breve
i consiglieri regionali, gli
assessori e i presidenti non avranno
neppure i soldi per il loro
stipendio. Avete dubbi su cosa faranno? Li
abbiamo messi all'angolo. Avranno
tempo entro il 31 marzo per farlo.
Da aprile dell'anno prossimo i
privilegi e i vitalizi saranno solo un
ricordo di quei tempi in cui la
casta faceva tutto quello che voleva.
Un'era che è finita il 4 marzo
2018». Il leader dei 5 stelle cita due
esempi e fa nome e cognome degli
interessati: Salvatore Caltagirone,
«eletto in Sicilia per 51 giorni nel
2011 e da allora si pappa un
vitalizio da 2mila euro al mese» e
appunto «la baby pensionata Claudia
Lombardo, ex consigliera regionale
sarda, che da quando ha 41 anni
gode di un vitalizio di oltre 5mila
euro mensili.
I loro privilegi ci
sono costati e ci costano centinaia
di milioni di euro. In questi anni
hanno tagliato di tutto nelle
regioni: sanità, scuole, infrastrutture.
Ma nessuno ha mai osato toccare i
vitalizi di questi privilegiati. È
finita! Abbiamo trovato il metodo
per costringere le regioni a
tagliarselo, visto che per legge
questo compito spetta a loro e non al
governo centrale. Nella legge di
bilancio, che ha avuto l'ok della
Presidenza della Repubblica, abbiamo
scritto che se non eliminano
questo privilegio non gli diamo più
soldi. Semplice».
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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