L’Unione Sarda.
Non è un referendum
sull'indipendenza. Non si tratta di decidere la secessione. La consultazione
sulla Nazione sarda, abbinata alle Primarias per il candidato governatore del
Pds, ha un obiettivo diverso. Chi vorrà partecipare si troverà davanti a una
scheda (virtuale, si vota solo online) che chiede di sottoscrivere o negare la
seguente affermazione: «La Sardegna è una nazione, cioè una comunità portatrice
di interessi propri, che in quanto tale necessita di maggiori poteri per
interpretarli, difenderli, affermarli». Si può cliccare sul sì o sul no.
L'obiettivo politico Il risultato, quale
che sia, non avrà effetti giuridici. È
una libera iniziativa di una forza politica, un'associazione privata. Ma l'aspirazione
del Partito dei sardi è lanciare un forte segnale politico. Tanto più forte,
ovviamente, quanto più sarà alta la partecipazione al voto, che si aprirà il 6
dicembre e si chiuderà il 16. «Se molti sardi si pronunceranno per la Nazione»,
ha scritto ieri il segretario Paolo Maninchedda sul suo blog, «le elezioni
sarde non saranno più sotto il segno della banale alternanza tra una proposta di
centrodestra e di centrosinistra (il Pd, unico sopravvissuto), ma sotto il
segno del cambio del potere, della struttura del potere, non di chi lo
esercita».
L'intento di Maninchedda e del presidente
del partito, Franciscu Sedda, è misurare, facendo appello al suffragio
popolare, il sentimento favorevole al concetto di nazione sarda, evidenziato in
passato da alcuni studi universitari con gli strumenti della statistica. Al referendum
si può partecipare anche senza esprimersi sulla contesa tra gli aspiranti
candidati alla presidenza: un modo per aprire il campo anche agli elettori di
altri partiti.
Come detto, sarà molto significativo
il numero dei votanti: lo certificherà - come tutti gli altri esiti delle
Primarias – la piattaforma online Eligo, approvata dal garante della privacy e
dal tribunale di Roma perché assicura la segretezza del voto e impedisce che la
stessa persona possa votare più volte.
Gli scenari. La collocazione
indipendentista del Pds è nota, ma va detto che affermare l'esistenza della
nazione sarda, così come definita dal quesito referendario, non comporta
necessariamente un'adesione a quell'orizzonte. Del resto l'esistenza di Stati
plurinazionali è un dato di fatto. Sul piano politico potrebbe tradursi, per
esempio, in un'aspirazione federalista. È chiaro però che i promotori pensano a
questo passo come il primo di un percorso. Probabilmente sperano che l'occasione
rappresenti, nell'Isola, una svolta politica come quella che altrove è iniziata
con i gazebo o le consultazioni semiclandestine.
Gli altri partiti. Nei giorni scorsi
si è vista un'inattesa apertura bipartisan al referendum da Luciano Uras , di
Campo progressista, e dal deputato di Forza Italia Pietro Pittalis . C'è
dell'interesse nel Pd, che però finora non si è pronunciato. Anche perché la
questione si intreccia con la trattativa per un'eventuale alleanza con il
Partito dei sardi alle Regionali. Il senatore dem (ed ex segretario) Giuseppe
Luigi Cucca ammette però di avere «qualche perplessità a parlare di nazione sarda.
Sono invece d'accordo che tutte le forze politiche dell'Isola debbano reclamare
unitariamente una vera autonomia. Anzitutto quella che ci spetta secondo lo
Statuto speciale, e che non abbiamo sfruttato fino in fondo».
Secondo il coordinatore di Forza
Italia Ugo Cappellacci «l'idea di un referendum sulla nazione sarda sarebbe
anche suggestiva, perché è un tema serissimo. Ma non sono questi i tempi e i
modi: chi lo promuove è improponibile».
Il Pds, dice l'ex governatore, «in
questi anni ha sostenuto la Giunta di centrosinistra che ha rinunciato ai
presupposti dell'autonomia, firmando col governo accordi svantaggiosi». Anche Cappellacci
concorda comunque sull'esigenza di maggiore autonomia, «da far valere nel
quadro italiano: siamo prima sardi, ma anche italiani».
Non approva l'iniziativa neppure
Andrea Murgia, candidato presidente per Autodeterminatzione: «Un referendum lo
promuovono gli organi istituzionali. Questa è una consultazione legata alla
scelta del candidato di un partito, è la loro campagna elettorale. Legittimo,
ma non ci interessa». E in ogni caso «che i sardi abbiano una coscienza nazionale
è ormai evidente, sappiamo di essere un popolo, ce lo riconoscono anche gli
italiani. Non c'è bisogno di un referendum per certificarlo».
Giuseppe Meloni
Federico Marini
skype: federico1970ca
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