mercoledì 28 novembre 2018

IL VOTO. «Un clic per la Nazione sarda». Il quesito non parla di indipendenza ma reclama più poteri per l'Isola. Consensi inattesi ma anche dubbi sul referendum voluto dal Pds


L’Unione Sarda.


Non è un referendum sull'indipendenza. Non si tratta di decidere la secessione. La consultazione sulla Nazione sarda, abbinata alle Primarias per il candidato governatore del Pds, ha un obiettivo diverso. Chi vorrà partecipare si troverà davanti a una scheda (virtuale, si vota solo online) che chiede di sottoscrivere o negare la seguente affermazione: «La Sardegna è una nazione, cioè una comunità portatrice di interessi propri, che in quanto tale necessita di maggiori poteri per interpretarli, difenderli, affermarli». Si può cliccare sul sì o sul no.

L'obiettivo politico Il risultato, quale che sia, non avrà effetti giuridici. È una libera iniziativa di una forza politica, un'associazione privata. Ma l'aspirazione del Partito dei sardi è lanciare un forte segnale politico. Tanto più forte, ovviamente, quanto più sarà alta la partecipazione al voto, che si aprirà il 6 dicembre e si chiuderà il 16. «Se molti sardi si pronunceranno per la Nazione», ha scritto ieri il segretario Paolo Maninchedda sul suo blog, «le elezioni sarde non saranno più sotto il segno della banale alternanza tra una proposta di centrodestra e di centrosinistra (il Pd, unico sopravvissuto), ma sotto il segno del cambio del potere, della struttura del potere, non di chi lo esercita».

L'intento di Maninchedda e del presidente del partito, Franciscu Sedda, è misurare, facendo appello al suffragio popolare, il sentimento favorevole al concetto di nazione sarda, evidenziato in passato da alcuni studi universitari con gli strumenti della statistica. Al referendum si può partecipare anche senza esprimersi sulla contesa tra gli aspiranti candidati alla presidenza: un modo per aprire il campo anche agli elettori di altri partiti.

Come detto, sarà molto significativo il numero dei votanti: lo certificherà - come tutti gli altri esiti delle Primarias – la piattaforma online Eligo, approvata dal garante della privacy e dal tribunale di Roma perché assicura la segretezza del voto e impedisce che la stessa persona possa votare più volte.

Gli scenari. La collocazione indipendentista del Pds è nota, ma va detto che affermare l'esistenza della nazione sarda, così come definita dal quesito referendario, non comporta necessariamente un'adesione a quell'orizzonte. Del resto l'esistenza di Stati plurinazionali è un dato di fatto. Sul piano politico potrebbe tradursi, per esempio, in un'aspirazione federalista. È chiaro però che i promotori pensano a questo passo come il primo di un percorso. Probabilmente sperano che l'occasione rappresenti, nell'Isola, una svolta politica come quella che altrove è iniziata con i gazebo o le consultazioni semiclandestine.

Gli altri partiti. Nei giorni scorsi si è vista un'inattesa apertura bipartisan al referendum da Luciano Uras , di Campo progressista, e dal deputato di Forza Italia Pietro Pittalis . C'è dell'interesse nel Pd, che però finora non si è pronunciato. Anche perché la questione si intreccia con la trattativa per un'eventuale alleanza con il Partito dei sardi alle Regionali. Il senatore dem (ed ex segretario) Giuseppe Luigi Cucca ammette però di avere «qualche perplessità a parlare di nazione sarda. Sono invece d'accordo che tutte le forze politiche dell'Isola debbano reclamare unitariamente una vera autonomia. Anzitutto quella che ci spetta secondo lo Statuto speciale, e che non abbiamo sfruttato fino in fondo».

Secondo il coordinatore di Forza Italia Ugo Cappellacci «l'idea di un referendum sulla nazione sarda sarebbe anche suggestiva, perché è un tema serissimo. Ma non sono questi i tempi e i modi: chi lo promuove è improponibile».

Il Pds, dice l'ex governatore, «in questi anni ha sostenuto la Giunta di centrosinistra che ha rinunciato ai presupposti dell'autonomia, firmando col governo accordi svantaggiosi». Anche Cappellacci concorda comunque sull'esigenza di maggiore autonomia, «da far valere nel quadro italiano: siamo prima sardi, ma anche italiani».

Non approva l'iniziativa neppure Andrea Murgia, candidato presidente per Autodeterminatzione: «Un referendum lo promuovono gli organi istituzionali. Questa è una consultazione legata alla scelta del candidato di un partito, è la loro campagna elettorale. Legittimo, ma non ci interessa». E in ogni caso «che i sardi abbiano una coscienza nazionale è ormai evidente, sappiamo di essere un popolo, ce lo riconoscono anche gli italiani. Non c'è bisogno di un referendum per certificarlo».

Giuseppe Meloni


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Federico Marini
skype: federico1970ca




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