venerdì 21 febbraio 2020

Il cuore della vita non è vincere, perché il fallimento è umano. Di Elisabetta Piccolotti.



E' un po' di tempo che leggo e ascolto la musica di molti giovani artisti italiani, figli di migranti, con vite difficili e la giusta inquietudine nel cuore. Li trovo davvero preziosi. Un segno di vita in un mondo di plastica.

Al cuore del trionfo dell'ego individualista, mentre tutti si raccontano vincenti, si fingono forti e belli e sono ossessionati dalla cura del continuo flusso comunicativo organizzato intorno alla costruzione della propria immagine, questi artisti hanno il coraggio di rompere l'ipocrisia e rovesciare la narrazione.

Nell'epoca in cui persino l'emancipazione femminile è raccontata come l'epopea individuale delle donne che ce l'hanno fatta e di quelle che ce la faranno, nell'epoca in cui le scuole di politica offrono le competenze per arrivare in alto e non quelle per sviluppare un pensiero critico sul mondo,

nell'epoca iper-competitiva in cui ogni giorno ti insegnano che per avere successo devi essere disposto a calpestare non solo la tua gente ma anche le persone più care,

Ghali, padre in carcere e come casa una sola stanza da condividere con la madre, stamattina regala un'intervista ad HuffigtonPost, in cui ricorda che il fallimento è umano, l'imperfezione è umana, i 'giorni no' sono umani, la tristezza, la sconfitta, l'errore sono umani.

Dice 'capita a tutti, e nessuno ne parla mai. Perché è come se fosse una cosa di cui vergognarsi, ma il fallimento è umano'. Grazie Ghali. Il cuore della vita non è vincere, è condividere.

Elisabetta Piccolotti.


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