venerdì 27 aprile 2018

Rassegna stampa 27 Aprile 2018



Aprire o no il confronto con i Cinquestelle e non una scelta governo sì o no. Sull'ordine del giorno della Direzione del Pd Maurizio Martina e Matteo Renzi trovano il primo punto di intesa, dopo giorni assai burrascosi. L'ex segretario resta convinto che non ci siano margini per un governo con Luigi Di Maio e i Dem a lui più vicini esprimono la sua irritazione per aver sentito Roberto Fico dire al Quirinale che un dialogo è aperto.

Ma i governisti Dem sperano di convincerlo alla fine a sedersi al tavolo. E l'ex premier per ora prende tempo, spostando la data della direzione più in là di quanto avrebbe voluto Martina, al 3 maggio. Non solo il sospetto del Pd - smentito ufficialmente dal M5s ma non da alcuni deputati pentastellati - è che il forno con la Lega si riaccenda. Ma lo scorrere dei giorni serve anche a chiudere la finestra del 9 maggio, l'ultima utile per il voto a giugno, uno spauracchio che può pesare sulle scelte dei Dem, peones e non.

Martina incontra Andrea Marcucci, Graziano Delrio e Matteo Orfini negli uffici di Delrio a Montecitorio, prima di andare a colloquio con Fico. Ed è lì che si arriva alla mediazione, condivisa al telefono da Renzi, che svelenisce il clima: si riconosce tutti il risultato di aver indotto Di Maio, almeno ufficialmente, a chiudere alla Lega, e ci si accorda sulla data della direzione.

Nessuna pressione, assicurano i Dem, da parte del Colle: ci si prende una settimana per il dibattito interno e poi il 3 si deciderà se andare a vedere le carte di Di Maio. L'ottimismo dichiarato da Fico al Colle, concordano anche i più moderati, è eccessivo. «Abbiamo dialogato tramite esploratore, come da correttezza istituzionale, ma decide la direzione se faremo il confronto», commenta Graziano Delrio. E i «pasdaran» del «no» tengono alta la guardia: i renziani sono pronti alla conta in direzione e si riservano, se servirà, di far emergere quel «niet» anche nella discussione dei senatori, convocati il 2 maggio in assemblea con altro ordine del giorno.

In extremis, si sbilancia un dirigente renziano, l'ex premier potrebbe anche dare l'ok al tavolo con il M5s. A patto però che il confronto parta dai 100 punti elettorali del Pd «e non dai tre indicati da Martina al Quirinale». Se il tavolo portasse a un accordo, poi - dicono fonti martiniane - si potrebbe decidere di ratificarlo in assemblea nazionale o con un referendum tra gli iscritti. Ma per ora è «fantascienza», secondo i renziani.

«Lo avete sentito Di Maio dopo l'incontro con Fico? Ci chiede discontinuità su quanto fatto dai nostri governi. E loda Martina - nota un dirigente - mentre critica le parole dei renziani: vuole dividerci». Di Maio pensa in realtà, rilanciando temi cari al Movimento, innanzitutto a tranquillizzare i parlamentari M5s e la base in subbuglio sul dialogo col Pd. Mette perciò sullo sfondo anche il tema della sua premiership.

E intanto lascia i pontieri al lavoro. Si segnalano in effetti contatti con renziani moderati come Ettore Rosato e Lorenzo Guerini. Ma non con Renzi: Di Maio parla con Martina. Se il reggente (che si gioca anche il suo ruolo nel partito) fallirà l'impresa di convincere l'ex leader, per il M5s resterebbe la possibilità di rispolverare, ma non prima del 3 maggio, il dialogo con Matteo Salvini.


La Nuova

Intervista a Soru
L'europarlamentare: ora una scossa. Approviamo subito la legge urbanistica
«Nel Pd stop alle correnti e a Roma dialogo con M5s»

di Luca Rojch
SASSARI
Troppe correnti. Più che la scossa il Pd rischia il corto circuito. La
rivoluzione tra i Dem sardi non c'è stata. Il burrone elettorale del 4
marzo ha inghiottito il partito, ma la reazione ancora non c'è stata.
Non ha dubbi Renato Soru. Il leader democratico invoca il cambio di
passo. Ma parla anche del rapporto con i 5 Stelle, e della
responsabilità del bene della nazione che deve portare a un dialogo
con i grillini a livello nazionale.

Ribadisce la volontà di approvare
subito una Legge urbanistica regionale, ma senza gli articoli
contestati. E spiega quale deve essere la strada del Pd per
riconquistare i suoi elettori. Soru, che succede nel Pd sardo?«È
successo che non c'è stata discussione quando ci si doveva preparare
alle elezioni. Non siamo stati capaci di comprendere il progressivo
allontanamento dei nostri tradizionali elettori. Abbiamo assistito a
un 4 marzo drammatico in Italia e in Sardegna. Sono passati quasi due
mesi, e finalmente il 4 maggio si riunirà l'assemblea del partito per
discuterne e analizzare il percorso che ci ha portato fin qui. Per
parlare del distacco degli elettori, e per decidere come
reagire».

Pensa che basti il cambio alla guida del partito? «No. Non
basta. È auspicabile, e Cucca lo aveva già annunciato. E dico questo
al di là del giudizio dei singoli. È evidente che è in corso un
cambiamento del rapporto tra noi e i sardi che in passato hanno
riposto in noi speranze e aspettative per il futuro. Si deve
riannodare questo filo e la segreteria si deve fare da parte per
facilitare il dialogo».Il presidente dell'Anci Emiliano Deiana dice
che il Pd è fermo al 2007 alla rottura tra lei e Cabras. «Io non sono
fermo al 2007, a 11 anni di distanza ho maturato un pensiero politico
diverso, e anche una comprensione della Sardegna e del mondo
differenti. Penso che neanche Cabras sia fermo al 2007, oggi ha una
responsabilità diversa. Mi preoccupa di più chi ha bisogno di continui
riferimenti a spaccature senza sentire la necessità di navigare in
mare aperto e in acque profonde, al di fuori degli spazi angusti degli
schieramenti».

Ma il Pd è ancora diviso in correnti. È arrivato il
momento di superarle?«Non solo penso che sia possibile, ma è
necessario. La mia segreteria venne criticata proprio perché cercavo
di far discutere negli organismi l'intera comunità Pd senza
precostituire opinioni di maggioranza e minoranza. Al di là delle
nostre difficoltà interne che spero siano superate presto, la
candidatura di Dolores Lai è un tentativo di voler far superare le
divisioni nel partito. Andare oltre. Mi preoccupa anche la difficoltà
della politica in Italia. Forse negli anni del terrorismo si viveva un
periodo di simile incertezza».

E in Sardegna? «Anche la nostra regione
è in difficoltà. Tutto sembra andare in frantumi. Il centrodestra è
diviso, il centrosinistra anche, il Pd è frammentato. E anche i
partiti indipendentisti hanno una divisione quasi atomica. La nostra
società reagisce alle difficoltà con la divisione. Va in frantumi,
prevalgono l'individualismo e gli egoismi».Il Pd sassarese sembra
rappresentare plasticamente la balcanizzazione del partito. «Una
consiliatura nata bene e vissuta male. Sanna ha vinto di poco le
primarie, ma c'erano i presupposti per un buon governo di 5 anni. I
personalismi, le conflittualità ataviche e il confronto tra gruppi di
potere hanno preso il sopravvento sulla possibilità di fare del bene
per la città».

Lei ha definito folk le idee di Maninchedda. Ne è
sempre convinto?«È folk perché è un identità di facciata e poco
approfondita e sedimentata. È un rifugiarsi nel passato senza
affrontare il tempo di oggi».Insomma lei non vuole fare alleanze con
loro?«Credo che prima che delle alleanze il Pd debba dare una sua
lettura della Sardegna di oggi e del mondo contemporaneo. Non abbiamo
fatto uno sforzo per capire la società, ma ci siamo concentrati solo
su chi fa cosa. Dobbiamo invece chiederci come vediamo il futuro della
nostra regione in un mondo aperto e in un'economia globalizzata
caratterizzata da un eccesso di liberismo non governato. Dobbiamo
chiederci se vogliamo vivere solo di turismo, rifugiandoci
sull'assunto che viviamo nel posto più bello del mondo. Ma questa è
una falsa certezza, non esiste un posto più bello del mondo. Possiamo
davvero pensare di vivere senza attività produttive di piccola e media
industria? Possiamo fare a meno della ricerca scientifica? In un mondo
che ha fame di cibo e terra possiamo vivere senza riuscire a
riconvertire la nostra agricoltura e l'allevamento? Lavoriamo più
sull'assistenza al reddito in agricoltura o su una sua radicale
trasformazione? Se parliamo di ambiente non esiste una buona ragione
per assecondare una cementificazione selvaggia delle coste. La chiave
è l'uscita dalla povertà educativa. Si deve superare il ritardo di
conoscenza. La povertà di oggi non si sconfigge senza una crescita del
livello di istruzione. E ancora chiediamoci quale è la posizione sulle
servitù militari in Sardegna. Se portano benessere come dice il
centrodestra o se sono fonte di miseria e arretratezza dei territori.
Teulada è uno dei luoghi più belli della Sardegna, ma non ha lo stesso
livello di sviluppo di altri territori. In ogni caso oggi nessuno può
pensare di decidere di essere sovrano a casa sua. Isolato dal mondo.
Viviamo in una realtà interconnessa. Destra e sinistra esistono da
quando in Egitto c'erano gli schiavi e i faraoni. Non è finito il
desiderio di uguaglianza e pari opportunità per tutti. Sono due
visioni del mondo diverse. E non si può dire che si può stare da una
parte o dall'altra, tanto non è importante. Difficile fare il pendolo
poi porsi come uomo nuovo».

Ma secondo lei il Pd dovrebbe fare il
governo con il M5s?«Anche a livello nazionale il Pd è diviso, come lo
sono la Lega e Forza Italia. L'intera società italiana è divisa e
frantumata. In questo contesto trovo sbagliata l'affermazione di
quanto fra noi affermano che non si debba parlare con i 5 Stelle.

Trovo sbagliata l'idea che i cittadini ci abbiano votato per fare
opposizione. Chi ci ha dato la preferenza lo ha fatto perché potessimo
governare. Siamo in un sistema parlamentare proporzionale in cui
nessuno ha da solo la maggioranza per poter formare un governo. Chi
sta in Parlamento ha il dovere di discutere e confrontarsi. E se è
possibile trovare le basi comuni per far fare dei passi avanti al
Paese. Non dobbiamo fare scelte pensando all'utilità del Pd, ma a
quella del Paese. Nel momento in cui parliamo con i 5 Stelle sappiamo
dei loro problemi di democrazia interna, del pericolo insito nell'
idea di democrazia diretta senza il valore del l'approfondimento e
della sintesi propria della democrazia rappresentativa. Sappiamo dei
loro errori riguardo la nostra vocazione europeista.

Sappiamo del
linguaggio aggressivo, del bullismo politico che abbiamo visto anche
in questi ultimi giorni con il presidente Napolitano. Non siamo
d'accordo con loro sui vaccini, su una sorta di pauperismo che nega
merito e differenze, sull'idea di reddito di cittadinanza che
allontana dal lavoro invece che accompagnare le persone nella ricerca.
Ma hanno ragione quando parlano di sobrietà della politica, di tutela
dell'ambiente e della riduzione delle spese militari. Hanno ragione
quando ci ricordano delle lotta agli sprechi, delle periferie, della
sofferenza dovuta alla mancanza di lavoro, della necessità di
includere tutti e non lasciare indietro a nessuno. Certo sono pieni di
incongruenze. Leggevo che Fico ha provato ad andare a piedi per Roma,
con 50 uomini di scorta.

Alla fine ha accettato di utilizzare l'auto
blu, ma ha chiesto che venisse chiamata auto di servizio. In ogni caso
sono convinto che sia necessario discutere con loro. Un altro giro di
roulette elettorale, con questa stessa legge, non mi pare urina
soluzione utile al Paese». Oggi inizia la discussione sulla legge
Urbanistica. Come la valuta ora?«Pigliaru ha detto che l'allegato 4
che rischiava di aumentare le volumetrie sul mare del 25 per cento e
l'articolo 43 che era una specie di deroga al Ppr, non sono più sul
tavolo. Credo che ci sia buona volontà di modificare le parti
controverse della legge. Ora è importante che venga facilitata
l'approvazione dei Puc. Se in 18 mesi si è riusciti ad approvare il
Ppr, 12 bastano per un Puc. Credo che anche l'articolo 31 possa essere
migliorato nella scrittura. Ma c'è anche un eccesso di regole nella
legge che la rende difficilmente maneggiabile. Deve essere sfoltita
per essere resa più comprensibile e utilizzabile. Ma ribadisco la
necessità che una ottima legge urbanistica venga approvata. E vedo la
buona volontà di Pigliaru».

Unione Sarda

M5S e Pd ora trattano
Spiraglio per il governo a 53 giorni dal voto. Intanto Gentiloni licenzia il Def
Fico chiude il mandato, Martina convoca la Direzione

ROMA Mentre il governo uscente dà via libera a un Def all'insegna
dell'ottimismo, con una previsione di crescita per l'Italia fissata a
un insperato 1,5%, per il governo prossimo venturo il presidente della
Camera annuncia soddisfatto un “missione quasi compiuta”.
Roberto Fico era stato incaricato da Mattarella di esplorare la
possibilità di un'intesa di governo fra M5S e Pd, e ieri ha rimesso
l'incarico, parlando di «esito positivo» e spiegando che «il dialogo
fra M5S e Pd è avviato. Aspettiamo anche la direzione del Pd ma il
concetto fondamentale è che il dialogo è stato avviato. Io penso sia
importante ragionevole e responsabile restare sui temi e sui programmi
che è quello che chiedono i cittadini».

DI MAIO DETTA LA ROTTA Non è un abbraccio all'avversario storico,
giusto una difficile prospettiva per evitare il ritornio alle urne:
Luigi Di Maio riunisce i gruppi parlamentari e, dopo aver lodato Fico
(«con lui in questi giorni ho recuperato l'amicizia ancora più bella
di prima, si è dimostrato la scelta giusta»), avvisa: «Non rinneghiamo
le nostre battaglie storiche». E tanto per ribadire il concetto,
rilancia la campagna contro il conflitto di interessi: «Fa specie
vedere che Berlusconi utilizzi tv e giornali per mandare velate
minacce a Salvini, qualora decidesse di sganciarsi. È arrivato il
momento di metter mano a questo conflitto d'interessi e di dire che un
politico non può essere proprietario di mezzi di informazione».

LA SFIDA Poi una battuta per esorcizzare il rischio che si parli di
compromesso al ribasso: «Vogliamo un contratto di governo al rialzo».
E soprattutto: «Ai cittadini interessa avere un reddito di
cittadinanza che li porti sopra alla soglia di povertà o che due forze
politiche litighino per l'eternità? Capisco chi dice “mai con il Pd o
mai con il M5S”. Non si sta parlando di negare le differenze, a volte
profonde. Stiamo cercando di ragionare in una logica non di
schieramento ma di risposta alle attese dei cittadini».

CAUTELA AL NAZARENO Delle differenze è molto consapevole anche il
leader reggente del Pd, Maurizio Martina, che ricorda: «Difficoltà e
differenze animano il confronto, ed è giusto dirlo per serietà e
responsabilità. Siamo forze diverse con punti di vista a volte molto
diversi».

Per questo convoca (dopo aver concordato la data con Matteo Renzi) la
Direzione del 3 maggio. Ma gli oltre 200 membri - sottolineano i
renziani - non si esprimeranno sull'appoggio a un governo con i
Cinquestelle, ma decideranno se sedersi o meno a un tavolo per
iniziare un confronto. E anche qui i numeri contano, visto che i
renziani dovrebbero avere la maggioranza. Si tratta quindi soltanto di
un primo giro di boa, come precisano tanto il presidente del partito
Matteo Orfini quanto il capogruppo al Senato Andrea Marcucci.

IGLESIAS. Il presidente del Consiglio comunale (pare) il candidato prescelto
Il nome di Mauro Usai in testa per la guida del centrosinistra

C'è una rosa di nomi, ma il più accreditato a correre per la carica di
sindaco sarebbe quello di Mauro Usai. L'attuale presidente del
Consiglio comunale, nonché segretario regionale dei Giovani
democratici, potrebbe ricevere nei prossimi giorni l'investitura
ufficiale dal centrosinistra. Le indiscrezioni su Mauro Usai, 29 anni
e da 5 alla guida dell'assemblea civica cittadina, circolano con
insistenza da tempo a Iglesias.

LA COALIZIONE Da parte della coalizione, tuttavia, non arrivano
conferme né smentite ufficiali. Il momento è particolarmente delicato
giacché sono ancora in corso le interlocuzioni con il gruppo Piazza
Sella-Udc nel tentativo di dare vita a un'alleanza più ampia. Progetto
di cui si vociferava già da tempo (e per il quale lo stesso Giorgio
Oppi, leader regionale dell'Udc, si era espresso pubblicamente a
favore pur affermando di aver lasciato autonomia al gruppo di
Iglesias) ma che ha preso corpo dopo lo strappo nel centrodestra, con
la fuoriuscita di Forza Italia che ha deciso di sostenere Valentina
Pistis.

I TEMI «L'allargamento della coalizione di centrosinistra non può
essere finalizzata a una sommatoria di voti per vincere le elezioni -
argomenta Ubaldo Scanu, segretario cittadino del Partito democratico -
l'obiettivo è quello della condivisione di un programma volto a dare
risposte alla città. Ci sono questioni che, in questi cinque anni di
governo, abbiamo già affrontato - aggiunge il segretario Pd - ma che
potranno essere implementate con l'apporto anche del gruppo Piazza
Sella-Udc, composto da persone che hanno sicuramente maturato
esperienza da mettere a disposizione della città». Scanu elenca alcuni
aspetti del programma sui quali si sta trovando una convergenza: «Dal
settore culturale e turistico nel quale è stata tracciata una strada,
sicuramente da implementare; per arrivare a questioni più delicate
come quella degli immobili ex casermette.

Un'alleanza allargata -
prosegue Ubaldo Scanu - ha senso nel momento in cui si riesce a
portare avanti un progetto condiviso da realizzare con l'apporto di
tutte le forze in campo: a questo stiamo lavorando».
GLI AVVERSARI Intanto gli altri candidati sindaci (Valentina Pistis
per Cas@Iglesias, Riformatori iglesienti, Iglesias in Comune e Forza
Italia; Carlo Murru per Progetto per Iglesias e Iglesias Risorge;
Federico Garau per il Movimento 5 stelle) sono già a lavoro per far
conoscere i loro programmi agli elettori iglesienti. Il 10 maggio (a
un mese esatto dalle elezioni) ci sarà un appuntamento importante: è
il giorno della presentazione delle liste.
Cinzia Simbula

MONSERRATO. In Consiglio
La fedelissima di Locci revoca l'autosospensione

Ritorno in Aula tra le polemiche dopo un mese di crisi politica e le
dimissioni, poi ritirate, del sindaco Tomaso Locci. Tutti presenti in
Consiglio, tranne il consigliere Davide Argiolas e l'assessora
Emanuela Stara, assenti per impegni personali.

Prima la comunicazione, letta dal presidente del Consiglio Piergiorgio
Massidda, sulle dimissioni di Valentina Picciau da vice presidente e
da capogruppo dei Riformatori, e sul suo passaggio insieme al collega
Tore Zuddas al gruppo misto. Poi le tensioni nel gruppo “Monserrato la
tua città”, la lista del sindaco, dopo l'annuncio della consigliera
Bernardette Ibba, che nei giorni scorsi aveva annunciato
l'autosospensione. «Non mi sono dimessa ma autosospesa - ha precisato
in Aula - perché auspico che anche all'interno del gruppo si ritrovi
quell'armonia e quell'entusiasmo di inizio legislatura per proseguire
tutti insieme il percorso di rinnovamento che abbiamo iniziato. Per
cui al momento mi sento sempre consigliere comunale del gruppo
“Monserrato la tua città”».

Il suo capogruppo, Mario Argiolas, ha storto il naso: «Il termine
autosospensione non esiste nel regolamento. La collega decida se
rientrare nel movimento oppure trovare collocazione nel gruppo misto,
o come ospite di un altro gruppo già formato. Regolamento e statuto
vanno rispettati».

Concetto ribadito anche da altri consiglieri dell'opposizione, da
Rosalina Locci del Pd all'ex sindaco Gianni Argiolas. Dopo una
sospensione flash richiesta dalla maggioranza il dietrofront della
consigliera Ibba: «Ritiro l'autosospensione». (f. l.)

La Nuova

Fico chiude la sua esplorazione: «Passi avanti, esito positivo»
Martina convoca la Direzione per il 3 maggio. Renziani freddi
«Dialogo M5s-Pd» Mattarella aspetta

di Yasmin Inangirayw
ROMA
Una settimana di tempo, tanto è disposto a concedere Sergio Mattarella
al MoVimento Cinquestelle e al Pd, che dovranno dimostrare al
Quirinale se «l'esito positivo» di cui ha parlato il presidente della
Camera Roberto Fico concludendo il suo mandato esplorativo possa
trasformarsi in un sodalizio per dar vita a un nuovo governo. I
riflettori sono puntati sul 3 maggio, il giorno in cui i Dem
riuniranno la Direzione per decidere se aprire o meno il dialogo con i
pentastellati. Un appuntamento che, a meno di sorprese, sembrerebbe
tuttavia avere un esito scontato con i renziani (che sulla carta hanno
la maggioranza del vertice Dem) pronti a chiudere il «forno» con i
5Stelle.

Nessuna intesa, è il tam tam che ripetono i parlamentari
vicino all'ex segretario del Pd che, conti alla mano, evidenziano come
un eventuale governo tra i due partiti al Senato avrebbe a
disposizione appena 161 voti, la maggioranza assoluta sul filo.Chi
resta alla finestra è Matteo Salvini. Il segretario della Lega è
convinto che la «telenovela tra Renzi e Di Maio» non avrà esito e si
dice pronto a tornare in pista: «Gli italiani non possono essere
ostaggio delle liti del Pd e delle ambizioni di potere del M5s».
Salvini non si sente fuori dai giochi e aspetta il voto in Friuli
Venezia Giulia per riprendersi la scena.

Domenica infatti si vota
nella regione del Nord-Est dove la vittoria del candidato del
centrodestra è scontata così come quella della Lega. Stando ai
sondaggi, infatti, il Carroccio toccherebbe percentuali importanti
rispetto al resto della coalizione, Forza Italia in primis. Un dato
che rafforzerebbe la golden share di Salvini nel centrodestra e lo
riporterebbe di nuovo in una posizione di forza, pronto - se la
situazione lo consentirà - a riaprire la trattativa con i
pentastellati. E sono proprio i continui segnali di fumo che il leader
della Lega invia a Di Maio a non convincere i Dem sulle reali
intenzioni del MoVimento.

Il reggente del Pd Maurizio Martina ha
riconosciuto, dopo il colloquio con Fico, «il passo in avanti» del M5s
che, come chiesto dai Dem, ha stoppato ufficialmente ogni contatto con
i leghisti, ma ha rimarcato come «le differenze» esistano tra le due
forze politiche. Una distanza che Di Maio non disconosce, anche se
allo stesso tempo invita i democratici a parlare di contenuti e
programmi con l'obiettivo di arrivare a firmare «un contratto di
governo al rialzo per i cittadini». Ovviamente, la disponibilità al
confronto da parte del MoVimento non prevede la rinuncia a «battaglie
storiche», una su tutte la legge sul conflitto d'interesse da sempre
cavallo di battaglia dei pentastellati.

E proprio l'annuncio di voler
regolamentare il servizio televisivo con un chiaro riferimento a
Mediaset («È arrivato il momento di metter mano a questo conflitto
d'interessi e di dire che un politico non può essere proprietario di
mezzi di informazione») manda su tutte le furie Silvio Berlusconi. Il
leader di Forza Italia, che prosegue il suo tour elettorale in Friuli
e che ieri era in compagnia del presidente del Parlamento europeo
Antonio Tajani, accusa Di Maio di aver usato «un linguaggio
preoccupante. Si vuole toccare l'avversario sulla libertà privata e
sul patrimonio. È una cosa da anni Settanta, da esproprio proletario».
Come Salvini, anche il Cavaliere si dice convinto che la trattativa
tra Cinquestelle e Pd non poterà a nessun risultato.


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Federico Marini
skype: federico1970ca