mercoledì 28 febbraio 2018

04 Marzo Domenica 4 Marzo - Mercatino Popolare Autogestito di Castello



Organizzato da “Il Paguro occupazione popolare”, Laboratorio politico  “Sa Domu”, Mercatino popolare autogestito di Castello.
Domenica dalle ore 10:00 alle ore 18:00
Piazza Carlo Alberto, Sardegna no Italia

Dopo il grande successo dello scorso mercatino siamo felici di invitarvi a partecipare al puntuale appuntamento che ogni prima domenica del mese si tiene nella storica piazzetta!

Il mercatino è autogestito, non prende alcun tipo di finanziamento ed è interamente gratuito per gli espositori aderenti. Collaborazione e solidarietà saranno benvenute e chiaramente non ci sarà spazio per nessun tipo di atteggiamento razzista, fascista e omofobo!

Per chi volesse esporre la formula per partecipare è semplice: munitevi prima di tutto di buonumore, di un banchetto per i vostri prodotti e magari una sedia, svuotate le vostre cantine, portate prodotti tipici del vostro paese, date libero spazio alla vostra manualità e creatività, cucinate qualcosa per l'aperitivo o per il pranzo, invitate amici e parenti e consigliamo di scriverci per consigli e informazioni.

Cogliamo l'occasione per invitarvi a sostenere la serata di autofinanziamento a Il Paguro Occupazione Popolare che si terrà la sera di domenica dalle ore 19 presso il Paguro in Via Bainsizza, 51, Cagliari
Link evento 

Ringraziamo e sosteniamo 
Sa Domu studentato occupato,
il Paguro occupazione popolare,
i Mercatini del Borgo,
la Casa dei Semi della rete Genuino Clandestino Sardegna,
A Foras - contra a s'ocupatzione militare de sa Sardigna e chi resiste e crede nella lotta.

Riprendiamoci le strade e le piazze!

Mercatino Popolare Autogestito di Castello



02 Marzo Festa di AutodetermiNatzione, venerdì 2 marzo al T Hotel



Venerdì dalle 17:30 alle 21:00
T Hotel – Via dei Giudicati 66 Cagliari

Per Su Carrabusu questo mese corto è stato un mese denso di strette di mano, di abbracci, di incoraggiamenti ma anche di discussioni, di dibattiti. Sempre di tanto entusiasmo. Di tanti inviti.

Ora tocca a noi invitare tutti voi, nessuno escluso venerdì 2 marzo al T Hotel di Cagliari, dalle 17,30 alle 21, per la Festa di fine campagna elettorale de Su Carrabusu!

Come simbolo di questo evento abbiamo scelto su ballu tundu. Una danza presente in tutta la Sardegna. Anche se in forme e stili diversi è un ballo che ha una caratteristica: è coinvolgente. C’è sempre qualcuno che ti dà la mano e ti rende partecipe, ti dà fiducia, ti tiene quando sbagli, ti dà il ritmo. Ti ingloba. E tu balli.

Siamo andati dal Sulcis alla Gallura, dall’Ogliastra al Sinis, dal Logudoro al Campidano, dalla Barbagia al Sarrabus. Abbiamo “ballato”, sempre. Tutti assieme, con voi, che ci avete chiamato. Con voi che vi siete spesi, che avete organizzato tantissimi eventi, che ci avete ospitato, che ci avete invitato per un aperitivo, un caffè, per continuare a parlare di AutodetermiNatzione, per conoscere una nuova amica e un nuovo amico.

Assieme a voi siamo arrivati a una conclusione. Una, semplice ma molto concreta: è tempo per tutti noi di cantare questi versi.

Cantade e ballade bois,
ca sos balls sunt sos bostros
candu an’a benner sos nostros
amus a ballare nois!

È arrivato il nostro tempo. È arrivato il tempo di ballare i nostri di balli. Perché i loro li abbiamo ballati per tanto, troppo tempo. E non ci siamo divertiti.

Ora lasciamoci coinvolgere, apriamo le nostre mani e facciamo entrare un’altra amica, un altro amico, un familiare, un genitore, un fratello nel nostro ballo, nella nostra festa. Piano piano coinvolgeremo tutte le persone che tengono a quest’isola nella nostra rivoluzione tranquilla.
Il cammino de su carrabusu verso l’autodeterminatzione è iniziato!


martedì 27 febbraio 2018

08 Marzo. 8 marzo in piazza! Sciopero globale delle donne - NUDM Cagliari



Organizzato da Non Una di Meno Cagliari
Piazza G. Garibaldi, Cagliari
L’8 marzo anche quest’anno scendiamo in piazza!

L'assemblea femminista Non Una di Meno Cagliari ha organizzato un corteo con concentramento alle ore 9:00 in Piazza Garibaldi.
Faremo due brevi soste (piazza Repubblica e piazza Amendola) per poi fermarci in piazza del Carmine, dove ci saranno interventi e performance artistiche.

Non Una di Meno Cagliari aderisce allo sciopero femminista globale dell’8 marzo dal lavoro produttivo e riproduttivo, dai generi e dai ruoli imposti, contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere, per l'autodeterminazione sui nostri corpi e sulle nostre vite (proclamazione dello sciopero: https://nonunadimeno.wordpress.com/2018/02/12/l8-marzo-la-marea-femminista-torna-nelle-strade-noi-scioperiamo/).

Lo facciamo perché vogliamo che tanti #metoo diventino #wetoogether e perché si passi dalla forza della denuncia (iniziata il 25 novembre con il nostro Apu nau ca no!) alla potenza della lotta collettiva.

Vi chiediamo di scendere in piazza con noi, di camminare al nostro fianco, di urlare e cantare, ballare e partecipare attivamente con la vostra voce, il vostro corpo, i vostri vissuti, la vostra arte e tutta la voglia di cambiamento che vi pervade per unirci tutt* insieme al corteo. Invitiamo chiunque parteciperà a non portare simboli o bandiere partitiche e sindacali.

Lo sciopero è ancora in fase organizzativa: per seguire tutti gli sviluppi seguiteci sulla pagina Non Una di Meno Cagliari e in questo evento.

Le strade libere le fanno le donne che le attraversano!

Hanno già aderito alla manifestazione:

Tambura Battenti
Se non ora quando Cagliari
Circola del cinema Alice Guy
Pasionaria.it
Collettiva Ominas Sinnai
Unione Degli Studenti Cagliari
CUA ( Collettivo Universitario Autonomo Cagliari)
Laboratorio politico di Sa Domu
Rete Kurdistan Sardegna
Asce Sardegna


Rassegna stampa 27 Febbraio 2018


La Nuova

Matteo Renzi non arretra «Se il Pd perde non lascio» Il segretario del Partito Democratico non intende dimettersi in caso di sconfitta. E la Bonino smentisce: «Io premier per il centrodestra? È soltanto fantascienza» di Serenella Mattera

Questa volta Matteo Renzi non lega il suo destino politico a una percentuale. «Non ci sarà nessun passo indietro», risponde all'ennesima domanda sugli scenari che si apriranno il 5 marzo. Usa una forma impersonale, ma parla di se stesso: se lo spoglio certificherà una sconfitta per il Pd, con percentuali ben al di sotto di quelle del 2013 di Bersani, non farà come al referendum, non si dimetterà da segretario. «Ma il Pd è già primo in un ramo del Parlamento», assicura nel corso di un comizio a Brescia. Si riferisce al Senato e ai sondaggi che stimano i Dem più competitivi presso un elettorato più adulto. Ma invita a non dare per persa la partita. Anzi. «L'operazione primo posto è alla nostra portata», twitta.

Nel Pd e alla sua sinistra, sugli scenari del «dopo» già si disegnano posizionamenti e strategie. Tanto che Emma Bonino si affretta a smentire come «fantascienza» l'ipotesi che Berlusconi la strappi al centrosinistra indicandola come premier. Nella partita tutta interna al Pd, i renziani ricordano che il segretario è stato eletto lo scorso anno dalle primarie e dovrà eventualmente essere sfiduciato da un congresso. Ma aggiungono che molto dipenderà dalle percentuali e che Renzi non ha tutte le carte in mano. La minoranza per ora non rompe, nelle dichiarazioni, il fronte unitario della campagna elettorale. Ma Michele Emiliano, dopo avere a lungo auspicato l'indicazione di Paolo Gentiloni come candidato premier, invoca una «nuova fase» il 5 marzo.

E dall'area che fa capo ad Andrea Orlando, senza negare che una sconfitta potrebbe aprire anche il dossier della guida del partito, si punta l'attenzione sul tema del governo. Ci si fida poco, infatti, dell'impegno di Renzi a non fare larghe intese con Berlusconi e la richiesta è perciò quella di essere nella delegazione del Pd che andrà al Colle. Fin d'ora il segnale che la minoranza non intende lasciare il «dopo» a Renzi.

Il segretario però, a caccia dei tanti indecisi tra i moderati, sugli scenari del 5 marzo si limita a ripetere: «Sarà il presidente della Repubblica ad affrontare il problema» di un eventuale stallo «ma noi il governo con gli estremisti non lo facciamo, in Europa nessuno lo capirebbe». E Walter Veltroni lo aiuta, tornando a frenare sulle larghe intese: «No a governicchi», se nessuno ha la maggioranza serve «un accordo sulle regole» per poi tornare a votare. «Adesso pensiamo a vincere», afferma Dario Franceschini. E se Veltroni assicura che intende avere «un peso politico senza perciò avere un ruolo», il ministro della Cultura nega l'idea di uno sgambetto a Renzi: «Il segretario? L'ho già fatto».

Oggi, dopo un'iniziativa al Nazareno sulla sicurezza e contro i «rischi di una deriva pistolera», Renzi parteciperà a un evento a Roma con Gentiloni. Da lì partirà la volata finale: «La squadra è il nostro leader», elenca Renzi, «il segretario del Pd sono io, il premier è Gentiloni, il ministro dell'Economia è Pier Carlo Padoan. Questa è la serietà. I nostri ministri sono lì, non nella fantapolitica» dei nomi per il governo di Di Maio. «Se io fossi l'ad di un'azienda, porterei dei risultati economici positivi: forse mi licenziereste come direttore marketing per come ho comunicato...», scherza il leader Dem con gli imprenditori di Assolombarda. E scommette che nei collegi gli elettori voteranno Pd: «Posso stare antipatico ma chi fa vincere la destra come LeU non è di sinistra».

Cucca: no all'incompetenza Il Pd unica scelta possibile
Il segretario regionale dei Dem attacca Movimento 5 stelle e Centrodestra
«Per governare un Paese serve serietà. Lega-Psd'Az, un'alleanza che rattrista»

di Silvia Sanna
SASSARI
Avanti con una voce sola, perché in gioco c'è il futuro della Sardegna
e dell'Italia intera. «E non è pensabile metterlo nelle mani degli
incompetenti o dei parolai». Avanti uniti, dice il segretario
regionale del Pd Giuseppe Luigi Cucca, candidato nel collegio
plurinominale per il Senato, «con la forza dell'esperienza, la
concretezza delle idee e delle cose fatte: sono questi gli elementi
che ci contraddistinguono e ci rendono più credibili e affidabili».

Il segretario Pd ribadisce con convinzione quanto detto
dall'europarlamentare Dem Renato Soru la settimana scorsa a Iglesias:
in occasione di un incontro elettorale, l'ex governatore regionale ed
ex segretario del Pd si era espresso in maniera netta nei confronti
del Movimento 5 stelle e del centrodestra, contestando da una parte
soprattutto l'incompetenza e dall'altra la deriva xenofoba
rappresentata dalla Lega nord.

Segretario Cucca, Soru ha detto che
quello per il Pd è l'unico voto possibile per evitare il pericolo
rappresentato da 5 Stelle e centrodestra. Che ne pensa? «Impossibile
non essere d'accordo. L'incompetenza dei grillini è assodata, voglio
ricordare solo uno degli episodi più recenti, quando un candidato del
Movimento ha detto che nell'isola ci sono 1300 Comuni. È pensabile
affidare la Sardegna a gente così? E il problema non è solo la
geografia. C'è molto altro».Si spieghi meglio.«Quella non è stata una
semplice svista. È in realtà la conferma del fatto che non sanno
nulla, non hanno alcuna esperienza di tipo amministrativo: una lacuna
gravissima nel momento in cui ti candidi per governare un Paese. La
politica è una cosa seria perché riguarda il destino degli italiani. E
non si può improvvisare: penso alla Sardegna e ai tanti problemi da
affrontare».

La Lega di Salvini, alleata con il Psd'Az, dice "prima i
sardi".«Lasciamo stare, ricordo che gli slogan di Salvini prima erano
ben diversi, sulla Sardegna diceva ben altro. E l'alleanza con i
sardisti è qualcosa che mi rattrista profondamente e mi ha fatto
venire in mente un altro episodio, la consegna della bandiera dei
Quattro Mori. Ai sardi voglio dire che quella bandiera non è un pezzo
di stoffa ma un patrimonio di tutti. Rappresenta la sardità che non
può essere svenduta».C'è chi dice che i politici sono tutti uguali e
fanno promesse che non mantengono. Che cosa risponde?«Purtroppo
l'antipolitica è un fenomeno dilagante e preoccupante. Regna un
profondo clima di sfiducia, per combatterlo è necessario recuperare
umiltà e pacatezza e non illudere la gente con false promesse. Gli
altri fanno così, noi no».

Perché votare Pd?«Perché siamo diversi,
siamo seri. Abbiamo dimostrato di essere in grado di realizzare cose
importanti senza proclami mirabolanti. La nostra forza è la pacatezza,
il senso della misura. È questo che ci differenzia dal M5s e dal
centrodestra: il Partito Democratico non fa promesse che sa di non
poter mantenere. I risultati raggiunti sono sotto gli occhi di tutti.
Noi siamo pronti ad andare avanti nella certezza di poter rispettare
gli impegni presi, perché sappiamo che ci sono le condizioni e
soprattutto le giuste e indispensabili coperture finanziarie».Che cosa
c'è in ballo il 4 marzo?«C'è il futuro di un Paese. Una partita
cruciale in un momento storico nel quale mi preoccupa moltissimo la
deriva antidemocratica. Con il voto è possibile mettere un argine alle
insidie»

Mattarella promette: «Starò con l'isola»
Il Capo dello Stato si impegna: al vostro fianco nella battaglia con il Governo
L'emozione del doppio inno, quello di Mameli e Procurade 'e moderare

di Umberto Aime
CAGLIARI
Parole, musica ed emozioni: almeno qui la parità fra l'Italia e la
Sardegna c'è. Finalmente è stata ottenuta, riconosciuta e persino
celebrata. Sul resto invece, si sa, c'è e ci sarà ancora molto,
moltissimo, da fare e da lavorare. Però ascoltare insieme, quasi uno
dopo l'altro, l'Inno di Mameli, all'inizio, e «Procurade 'e moderare»
del poeta Francesco Ignazio Mannu alla fine della festa solenne per i
settant'anni dello Statuto, è stato un evento. Di quelli lieti,
consumato e applaudito, in Consiglio regionale, alla presenza del Capo
dello Stato. E da Sergio Mattarella l'inaspettata parità di note è
stata apprezzata con quel suo fare sobrio, spesso impercettibile nei
gesti, ma sempre significativo. Quel doppio Inno, uno ufficiale,
l'altro lo diventerà presto della Sardegna, è stato vissuto come un
piacere diffuso, non solo romantico, ma come qualcosa di più e in più
rispetto alle attese. Certo, non basta e ci mancherebbe bastasse che
solo su alcune strofe, seppure importanti, si tentasse di ricostruire
il nuovo, necessario, ponte ideale con Roma e Bruxelles. Sarebbero
delle fondamenta troppo leggere, ma può essere un buon secondo inizio,
dopo quello storico del 26 febbraio 1948, giorno, mese e anno del via
libera, in Parlamento, alla Costituzione della Sardegna, lo Statuto
speciale.

Poi intravvedere il presidente della Repubblica che, con un
inchino appena accennato ma percepito, rende omaggio al canto
rivoluzionario contro la tirannia dei baroni del Settecento, chissà se
molto diversa da quella di oggi, è stato un altro riconoscimento
ufficiale alla storia, alla lingua e alla specialità della Patria dei
Quattro Mori. Che non si distacca, non taglia il cordone con la
capitale d'Italia, almeno per ora. Anzi, per la seconda volta in pochi
mesi, la prima ad ottobre nell'aula magna dell'università
cagliaritana, ha richiesto al Capo dello Stato di «essere accompagnata
e sostenuta in Europa dal governo italiano nella pretesa d'avere pari
opportunità con le altre regioni», comprese quelle oltre il confine
nazionale delle Alpi.

«Siamo un territorio ultraperiferico e la nostra
insularità è pesante, va azzerata e risarcita», diranno i presidenti
del Consiglio, Gianfranco Ganau, e della Regione Francesco Pigliaru.
Mattarella ha ascoltato, memorizzato la rivendicazione, non le
lamentele, di una Terra che ha voglia di rialzarsi. Allora, era il
'48, dalle macerie della Seconda guerra mondiale, oggi dalla peggiore
crisi dal Dopoguerra. Con poi anche un'altra metafora consegnata agli
ospiti: a cantare Fratelli d'Italia, sono stati i bambini della scuola
elementare Puxeddu di Villasor, diretti dal maestro Valter Agus.
Proprio l'interpretazione soave di queste voci bianche da tutti stata
raccolta come un segno di speranza. Un voler credere, grandi e
piccoli, che il futuro sarà migliore e ci sono già i primi spiragli di
luce. Invece a intonare l'Inno sardo è stato il coro «Nugoro Amada»
del maestro Gianni Garau.

È composto da voci potenti, che hanno un
passato alle spalle e semmai vivono un presente complicato ma anche
loro convinti, sono padri di famiglia, escluso un ragazzo intorno ai
diciott'anni, nel credere e nell'essere pronti a lottare per qualcosa
di migliore. Anche questo passaggio generazionale fra i due inni, fra
i due cori è piaciuto al presidente della Repubblica, faranno
trapelare dal suo entourage. In Consiglio, come prevedeva il
cerimoniale, Mattarella non è intervenuto e neanche ha commentato
quanto aveva appena sentito dire e denunciare da Ganau e Pigliaru.
Anche se, in un o colloquio personale sui titoli di coda della
cerimonia, con curiosità s'è avvicinato al maestro del coro nuorese,
per avere la conferma di quanto aveva immaginato: «Procurare 'e
moderare» è un canto rivoluzionario.

Di una rivoluzione pacifica ma
forte nei toni che Mattarella, regionalista convinto, mai ha nascosto
di sostenere quando può servire soprattutto a mettere fine alle
diseguaglianze fra le regioni del Mezzogiorno e il resto d'Italia.
Forse neanche questa volta lo avrebbe fatto di ascoltare e basta se
non ci fosse in corso una delle campagne elettorali più delicate per
l'Italia. E infatti dovunque il Presidente s'è mosso con molta
attenzione, anche quando - è stato l'unico fuori programma - s'è
avvicinato alla gente abbastanza numerosa che lo aspettava al di là
delle transenne di via Roma, davanti al Consiglio, e poi all'ingresso
della mostra, molto suggestiva, in cui sono raccontati i settant'anni
dell'Autonomia.

Anche se poi, a Villa Devoto, dopo aver partecipato
alla cerimonia con cui la sala grande è stata intitolata ad Emilio
Lussu, dirà qualcos'altro d'importante. Al governatore questo: «La
vostra è una terra fantastica e merita di più», mentre ad altri
rivelerà un desiderio: «Vorrei visitare la Sardegna, tutta la
Sardegna». Finora c'è stato due volte, sempre a Cagliari, con una
tappa anche a Ghilarza, nella casa natale di Antonio Gramsci, ma fra
non molto potrebbe ritornare per una visita ufficiale forse a Nuoro, o
perché no a Sassari, la città di due suoi predecessori, Antonio Segni
e Francesco Cossiga. Non c'è per ora una data neanche immaginata per
un suo terzo viaggio, ma ha preso l'impegno e lo manterrà. Come con
Pigliaru s'è impegnato, rivelerà il presidente della Regione, ad
«essere al fianco della Sardegna nelle richieste che proporrete al
governo che ci sarà dopo il 4 marzo».

È quella una data spartiacque
per il Paese, lo sanno tutti, soprattutto Mattarella, che sul dopo
elezioni non ha detto una parola. Nemmeno nei brevi colloqui che, in
aula, ha avuto, con i parlamentari uscenti, molti sono candidati,
insieme a diversi consiglieri regionali, per cui ha scelto di tenere
tutto per sé, senza mai uscire dal ruolo di primo garante della
Repubblica. Particolare fondamentale e istituzionale però dimenticato
da deputati e senatori del Movimento 5 stelle, che hanno disertato in
massa la cerimonia senza poi far sapere neanche il perché del loro
gran rifiuto.

Unione Sarda

Renzi avverte il Pd: se perdiamo resto il leader
Salvini: «Ha capito anche lui che prenderà una batosta storica»

MILANO Un errore che non fa più è annunciare che se perde va via.
Matteo Renzi ha ancora nitido il ricordo di quando puntò tutto sul
referendum costituzionale e perse, e a Sky Tg24 consegna un pronostico
e un'assicurazione. Vale a dire: «Il Pd sarà primo partito e primo
gruppo parlamentare», ma se così non fosse, se il partito andasse male
«sono pronto a parlare di programmi ma non ci sarà alcun passo
indietro».

«STOP ESTREMISTI» È una battuta secca, ma molto del dibattito politico
di ieri ruotava intorno a quelle poche parole. È vero, Renzi ha
sparato a palle incatenate un po' su tutti i suoi avversari, da
Berlusconi («Di innovativo ha soltanto i capelli») a Di Maio («Noi,
centrosinistra di governo, ci troviamo di fronte a due destre
estremiste e complementari, guidate da irresponsabili che
strumentalizzano le paure delle persone con proposte economiche
irrealizzabili o dannose»), passando per l'abituale stoccata a D'Alema
(«Chi lo vota fa vincere la Lega nei collegi. Chi mette croce sul
partito di D'Alema sostiene Salvini e non l'Internazionale
socialista») e una al leader leghista («Salvini estremista? È il
Matteo con la barba vero? Beh in Europa sta con Le Pen»). Infine un
impegno per il futuro prossimo: «Il problema di un governo ampio è la
presenza di Salvini? Il 5 marzo i problemi della formazione saranno in
testa a Mattarella. Noi non faremo il governo con gli estremisti».

«VENITE DA NOI» Ma se a Berlusconi - a parte la battutaccia sulla
chioma - manda un garbato «in bocca al lupo» per le elezioni, tanto
fair-play non è ricambiato. Addirittura il leader di Forza Italia
prova a rubargli l'elettorato sotto il naso: «Il Pd è rimasto una
scatola vuota, senza ideali, senza valori, senza progetto politico. E
in più, si è anche diviso - scandiva ieri Berlusconi a “Studio aperto”
- Non ha alcuna possibilità di vincere e né di fare da argine ai
Cinque Stelle che sono davvero una setta pericolosa, per questo mi
rivolgo a chi in passato ha votato per il Pd: oggi l'unica possibilità
di una maggioranza in Parlamento è il centrodestra, è Forza Italia».

DOPPIO FRONTE D'ATTACCO E se Salvini lo sbeffeggia («Dice che se perde
non si ritira? Gli italiani sono abituati alle sue bugie, ma anche lui
ha capito che il Pd domenica prenderà una batosta storica»), l'ultimo
attacco gli arriva da sinistra: «Renzi - dice Nicola Fratoianni di
Liberi e Uguali - ha fatto di più e meglio di Berlusconi, giocando sul
suo stesso terreno. Berlusconi non è riuscito a togliere l'articolo
18, la sua riforma della scuola è arrivata fino a un certo punto. E
l'offensiva alla Costituzione non era mai stata portata così avanti».

Unione Sarda

Lite tra Puddu (M5S) e il segretario Dem Cucca Stadio, polemica sullo spot Pd

Ha creato polemiche e qualche imbarazzo la pubblicità elettorale del
Pd sul nuovo stadio di Cagliari. «Grazie alla nuova legge sugli stadi
approvata dal Pd la Sardegna avrà l'impianto che attende da molto
tempo», è scritto negli spot diffusi in tutti i mezzi di
comunicazione.

Si tratta di una coniugazione locale della strategia di comunicazione
nazionale del partito che punta tutto sulle cose fatte.
I social si sono scatenati. Ad inaugurare le critiche è Mario Puddu,
sindaco di Assemini coordinatore della campagna elettorale del
Movimento Cinquestelle in Sardegna: «Cosa penso del Pd (e del Pdl
pure) è risaputo», ha scritto sulla sua pagina Facebook. «Ma con
questo spot il Pd sta oltrepassando lo squallore. Vergognoso. Il
Cagliari è di tutti i suoi tifosi. Il Cagliari è dei sardi. Non
azzardatevi a sporcare il suo nome e la nostra bandiera rossoblù con
la politica», ha concluso Puddu.

Per il coordinatore regionale del Pd Giuseppe Luigi Cucca «non c'è
alcun tentativo di appropriarsi del Cagliari calcio. Il manifesto
elettorale del PD, sul tema dello sport, racconta semplicemente una
delle tante cose fatte nella scorsa legislatura. Nella querelle è
entrato anche il leader sardo di Forza Italia. «Per colpa del Partito
Democratico lo stadio nuovo non c'è ancora ed esistono solo le tribune
provvisorie come a Is Arenas», ha commentato Ugo Cappellacci, secondo
cui «la prima delibera che dava il via libera al nuovo impianto risale
alla mia Giunta regionale».

L'urlo della Sardegna, il silenzio di Mattarella
Ma la presenza del capo dello Stato stoppa gli attacchi allo Statuto

Meno male che i taciturni erano i sardi: Sergio Mattarella allora
meriterebbe la cittadinanza onoraria. Nella sua visita a Cagliari
osserva rigidamente la consegna del silenzio, assistendo senza
intervenire alla seduta del Consiglio regionale per i 70 anni dello
Statuto speciale. Ma la sua presenza, benché avara di parole
ufficiali, nel codice delle istituzioni assume un senso preciso.
Partecipare alle celebrazioni dell'autonomia sarda, dopo averlo fatto
(sempre in silenzio) per quella siciliana, serve a stoppare gli
attacchi alle regioni speciali, che oggi molti vorrebbero cancellare.

E poi, per l'Isola, c'è la rassicurazione che Mattarella spende nei
colloqui privati inseriti nella visita. Specie con Francesco Pigliaru.
A pochi giorni da un voto che potrebbe stravolgere gli assetti di
governo del Paese (e che è anche la ragione vera del silenzio
ufficiale), il Quirinale promette di garantire la continuità dei
ragionamenti avviati da tempo tra Stato e Regione: dal riconoscimento
dell'insularità alla battaglia sugli accantonamenti.

BLITZ Come durata, la visita di Mattarella è tra le più fulminee della
storia. Due ore scarse tra atterraggio a Elmas e ripartenza (entrambi
sotto gli occhi del prefetto di Cagliari Tiziana Giovanna Costantino,
il direttore Enac Marco Di Giugno e il presidente Sogaer Gabor Pinna),
con uno scarto di pochi minuti sulla tabella di marcia per via della
neve a Roma.

Arrivato in Consiglio, il presidente getta uno sguardo alla mostra
sullo Statuto e brinda con gli ex presidenti, accompagnato - oltre che
da Pigliaru - dal presidente del Consiglio Gianfranco Ganau e dal
sindaco di Cagliari Massimo Zedda. Poi subito in aula dove lo
attendono anche vari parlamentari (nessuno del M5S), gli eurodeputati
Salvatore Cicu e Renato Soru, l'arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio,
il rettore Maria Del Zompo e un bouquet assortito di notabili. Il
cerimoniale gli riserva uno scranno di fronte ai banchi della Giunta,
con vista privilegiata su un antico tappeto di Sarule (altri, di
Ulassai su disegni di Maria Lai e di Samugheo, vengono disposti nelle
sale interne). L'onore di sedergli accanto va alla deputata Caterina
Pes e al senatore Silvio Lai, entrambi Pd.

I DISCORSI La protesta indipendentista verso lo Stato si limita, in
aula, alla scelta di Augusto Cherchi e Gianfranco Congiu (consiglieri
del Partito dei sardi) di non alzarsi in piedi per l'inno di Mameli.
Per il resto, nessuno strappo al programma: il microfono pronto sul
podio lascia pensare che Mattarella possa alla fine decidere di
parlare, invece si limita ad ascoltare i discorsi di Ganau e Pigliaru.
«Dobbiamo essere orgogliosi di quanto fatto nei 70 anni di autonomia»,
dice il primo, «un periodo di straordinario progresso.

La storia
sarda, pur con le sue peculiarità, si intreccia inestricabilmente con
la storia d'Italia». Ma nel percorso di crescita comune «la differenza
nord e sud non si è attenuata», anzi. Nel ripercorrere i punti chiave
dello Statuto, Ganau ricorda le attuali carenze (dalla mobilità alla
scuola) che richiedono una revisione. Ma anche i contenuti tuttora
validi: come l'articolo 13 sul piano di Rinascita, che «non è un
residuato storico, ma è ancora attuale».

L'INSULARITÀ Pigliaru ricalca in parte i concetti già espressi a
Mattarella a ottobre a Ghilarza, nella precedente visita: la Sardegna
ha avviato le riforme, è il senso della riflessione, ma lo Stato deve
fare la sua parte per compiere l'ultimo tratto. Anzitutto
sull'insularità, che «è la ragione della nostra specialità», osserva
il governatore: «Un vero e proprio costo di cittadinanza che noi
abbiamo calcolato». Facendo riferimento al comitato Stato-Regione,
previsto da una norma inserita nell'ultima legge di stabilità, che
deve istruire con l'Ue la pratica per riconoscere l'insularità,
Pigliaru - ringraziando anche i promotori del referendum sullo stesso
tema - chiede che il governo non si rimangi la promessa di
accompagnare l'Isola in quel percorso.

Nodi di cui i due presidenti hanno parlato anche in privato, nei pochi
momenti concessi dal ritmo serrato del blitz in terra sarda. «Il capo
dello Stato - rivela Pigliaru dopo l'inaugurazione della sala Lussu a
Villa Devoto - ha assicurato il suo impegno per il futuro, comunque
vadano le cose per il governo. C'è l'impegno del presidente, e questa
per noi è una garanzia».
Giuseppe Meloni

Il presidente si emoziona per il coro in limba contro i baroni feudali

La manina destra è immobile, ferma sul cuore che batte all'impazzata.
L'altra, irrequieta, stropiccia il lembo della maglietta bianca scelta
come divisa dalla scuola per dare il benvenuto al presidente Sergio
Mattarella.

IN PIEDI PER L'INNO Un nonno un po' taciturno per Giorgia, 7 anni, la
più piccola del coro dell'istituto Puxeddu di Villasor che alle 11.04
di ieri mattina ha intonato l'inno di Mameli. «Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa» ha
attaccato Giorgia insieme a tutti i bambini che per giorni e giorni
hanno mandato a mente il testo, ripetendolo allo sfinimento insieme a
Floriana Atzori e Walter Agus i due insegnanti che hanno accompagnato
gli studenti in questo viaggio nella celebrazione dei 70 anni della
Carta dell'autonomia sarda.

«Ai ragazzi più grandi abbiamo spiegato e
insegnato anche lo Statuto» assicura la professoressa che è impegnata
nell'amministrazione del paese insieme al sindaco Massimo Pinna, ieri
in aula a mostrare tutto l'orgoglio per i bambini canterini. Durante
l'inno, Mattarella «non ha sorriso per niente e non ha messo neppure
la mano sul petto» assicurano Giorgia e la sua compagna di classe
Giada, un fiocchetto rosa a tenere fermo un ciuffo ribelle. È stata la
musica a dare ritmo alla cerimonia di ieri. Sessanta minuti scarsi
durante i quali il presidente Mattarella ha dischiuso le labbra solo
per salutare l'arcivescovo Arrigo Miglio e il direttore del coro
Nugoro Amada di Nuoro che con “Su patriotu sardu a sos feudatarios” ha
fatto calare il sipario sulla seduta nell'aula del Consiglio
regionale.

LA STRETTA DI MANO Dalla stretta di mano del Capo dello Stato sono
passati venti minuti buoni ma Gianni Garau ancora non ci crede. Il
presidente silenzioso voleva sapere di più di quel testo patriottico e
rivoluzionario e così, unico fuori programma di un protocollo
rigidissimo, è andato a chiedere informazioni al direttore venuto
dalla Barbagia e vestito con l'abito tradizionale. «È stata
un'emozione grandissima, proprio non me l'aspettavo. Quando ho visto
che si alzava per venirmi incontro, mi stavo sistemando al centro del
coro per salutare, per fare l'inchino tradizionale che si fa dopo il
concerto, lui si è alzato e non ci credevamo. Non sapevo cosa fare».
Una stretta di mano decisa e qualche parola bastano per la felicità.
Sorriso largo e occhi umidi dietro gli occhiali.

«Mi ha chiesto
dell'autore, del periodo storico e del significato del canto. Gli ho
risposto che è un canto rivoluzionario scritto durante i moti di
Sardegna del 1794-1796 su una poesia di Francesco Ignazio Mannu contro
i feudatari che arrivavano in epoca sabauda dal Piemonte. Comunque è
stata davvero troppo bella la stretta di mano, alla fine ha parlato
solo con noi».

GLI ASSENTI Eppure per la formazione nuorese gli appuntamenti
ufficiali non sono una novità. «Ci siamo esibiti davanti ad altri
presidenti all'estero ma mai in Italia di fronte a un Capo dello
Stato. È stato bellissimo e di un'emozione indescrivibile». Una prima
volta che difficilmente si ripeterà, un'occasione mancata per chi ha
dovuto rinunciare. «Oggi ci siamo esibiti solo in 27 perché è lunedì e
alcuni purtroppo erano impegnati con il lavoro. Un vero peccato».
Mariella Careddu

Ma l'inno nazionale divide: il Pds non si alza in piedi
La protesta indipendentista: «Sull'attenti da secoli, mentre l'Italia
rimane seduta»

«Lo Statuto è ancora un testo fondamentale. Sta a noi renderlo
concreto ogni giorno, esercitare i poteri dell'autonomia speciale con
intelligenza e far valere le nostre specificità nei rapporti con lo
Stato e con l'Europa». Per il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda,
serve una nuova fase, eppure la visita del presidente Mattarella
divide la politica sarda, in parte delusa per il silenzio del Capo
dello Stato.

LA POLEMICA Botta e risposta tra il Partito dei sardi e il capogruppo
del Pd in Consiglio regionale, Pietro Cocco, dopo che gli esponenti
del Pds sono rimasti seduti durante l'inno nazionale: «In genere ci si
alza anche quando vengono intonati gli inni stranieri». Il capogruppo
del Pds, Gianfranco Congiu, ribatte: «La Sardegna si alza da secoli,
mentre l'Italia rimane seduta». Il consigliere Paolo Zedda si è alzato
«solo per il rispetto del ruolo», ma per l'indipendentista il vero
inno è «Procurade 'e moderare».

L'OCCASIONE Per il segretario regionale del Pd, Giuseppe Luigi Cucca,
la Sardegna deve «applicare pienamente princìpi e norme dello Statuto
a partire da entrate e fiscalità». L'eurodeputato di Forza Italia,
Salvatore Cicu, è convinto che serva «uno Statuto più forte, capace di
esprimere concretamente la specialità della nostra Isola e la
necessità di svincolarsi dal centralismo». Franco Siddi, membro del
Cda Rai, sottolinea che «lo Stato conferma il valore dell'autonomia
speciale e i sardi devono viverla in maniera più profonda».

CRITICI Il capogruppo di Forza Italia, Pietro Pittalis, accusa
Pigliaru: «Il rispetto per il presidente della Repubblica non avrebbe
dovuto impedirgli di rappresentare la rabbia della gente sarda».
Critico anche il portavoce di Autodeterminatzione, Anthony Muroni: «Il
nostro Statuto è stato trascurato, ignorato, calpestato, sia dalle
istituzioni, sia da una classe politica scollegata dalla realtà
sarda». Paolo Truzzu ha disertato l'Aula perché «una seduta senza
diritto di parola è solo una passerella». (m. s.)

Paola Pinna ora sfida il M5S «Il Pd ha un volto più umano»
Alla Camera a Cagliari: la continuità dev'essere fatta valere a livello europeo

«Io grillina non lo sono mai stata, e nemmeno attivista: lì dentro ci
sono finita per caso, forse per questo non ho mai avuto alcun timore
reverenziale». Per Paola Pinna, 43 anni, scrollarsi di dosso il
passato nel movimento non è semplice. Eletta alla Camera nel 2013 con
il M5S, viene espulsa nel novembre 2014. Una breve parentesi di
assestamento in Scelta civica e poi l'approdo finale nel Pd, nel
febbraio 2016. Oggi è una dem a tutti gli effetti, candidata nel
listino del Sud Sardegna dietro Romina Mura e Francesco Sanna.
Una buona posizione, considerato che nomi eccellenti sono rimasti fuori.
«I posti erano pochi, e poi bisognava garantire l'alternanza di genere».
È passata dal M5S a un partito dove la battaglia per le candidature è
stata all'ultimo sangue.

«Il M5S è altrettanto litigioso, solo che non lo dà a vedere perché il
dissenso viene soffocato. Nel Pd invece la discussione si sviluppa con
una dialettica interna che alla fine porta a delle soluzioni, non si
espelle nessuno e tutto avviene alla luce del sole. La posizione di
leadership è sempre contendibile, non è mai per sempre».
Che cosa farà se non verrà rieletta?
«Continuerò a impegnarmi in politica, con il Pd».

E se verrà confermata?
«Tengo molto alla mia proposta sulla ratifica della Carta europea
delle lingue minoritarie. Era assegnata alla commissione competente ma
non calendarizzata. Ricomincerei da qui. Penserei alla Sardegna,
cercherei di stabilire un rapporto più forte con il territorio».

Quali sono i temi sardi di questa campagna elettorale?
«Il principio di insularità che va fatto valere a livello europeo,
specie quando andiamo a trattare sulle convenzioni con le compagnie
aeree per la continuità territoriale».

Vuole dire che sinora il livello europeo è stato sottovalutato?
«È da lì che partono le procedure di infrazione sugli aiuti di Stato.
In alcuni casi è rimasta danneggiata la nostra industria. Adesso, per
fortuna, le produzioni - penso ad Alcoa - stanno ripartendo e noi
dobbiamo agevolare questa nuova direzione».

Più consapevolezza e meno chiacchiere?
«Dobbiamo evitare di fare male cose che potrebbero essere contestate
dall'Europa, e nello stesso tempo liberarci di un certo atteggiamento
vittimistico che ho riscontrato anche a Roma tra i miei colleghi:
abbiamo sempre rivendicazioni da fare e stiamo sempre peggio degli
altri».

Quando è entrata nel Pd ha parlato di un «partito dal volto umano»,
due anni dopo la pensa ancora così ?
«Trovare umanità è molto facile soprattutto se faccio un paragone
rispetto al mondo da cui provenivo. In ogni caso a volte bisogna fare
scelte di campo e io sono convinta della mia».

Lei proveniva da un mondo con regole ben precise .
«Le regole, come ha detto qualcuno dei recenti epurati, per gli amici
si interpretano e per i nemici si applicano rigorosamente».

Nel suo caso come andò?
«Prima di me, nel giugno 2013, venne espulsa la senatrice Adele
Gambaro che aveva criticato Grillo, nel giugno 2013. Io la difesi ed
entrai nella lista nera, volevano mandarmi via fin da allora. Lo
fecero con un post diffamatorio nel novembre 2014 perché io non
pubblicavo la mia rendicontazione sul loro sito tirendiconto.it».

Perché non la pubblicava?
«La pubblicavo, ed ero anche puntualissima, ma sul mio blog. D'altra
parte quando fui eletta non esisteva alcuna regola che imponesse la
pubblicazione su un sito che allora neanche esisteva».

Se pubblicava i versamenti, cosa le contestavano?
«Versavo una parte al fondo delle piccole e medie imprese, un'altra
parte alla Caritas perché volevo che rimanessero in Sardegna. A loro
questa cosa della Caritas proprio non andava giù, ma non potevano
chiedermi di non versare alla Caritas perché si sarebbero messi contro
un mondo, così trovarono un pretesto per espellermi: scrissero che
impedivo ai giovani di avviare start up. Una cosa falsa, mi pento di
non aver fatto causa per diffamazione».

Cosa le costava usare tirendiconto.it?
«Lo facevo, ma un giorno loro modificarono i miei dati. Chiesi
delucidazioni, anche con altri colleghi, anche su chi gestiva il sito.
Non l'abbiamo mai saputo».

Ma loro chi sono?
«Il sistema M5S è ben studiato per esternalizzare le responsabilità:
tu non sai mai con chi parlare, se c'è un problema non sai con chi
risolverlo, non c'è mai un responsabile. Ti fermi sempre allo staff,
ma non sai chi sia lo staff, a Rousseau e non sai chi c'è dietro
Rousseau».

A cosa le fa pensare adesso l'affare “rimborsopoli”?
«Alla disonestà prima di tutto intellettuale di persone che non hanno
avuto il coraggio di dire a me questa cosa non va bene ».
Che consigli darebbe a chi volesse seguire il suo percorso?
«Di partire dalle amministrazioni comunali, a me è mancato».
Roberto Murgia



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Federico Marini
skype: federico1970ca