La Sardegna, come tutte le terre antiche ha forti legami con
il mistico, con il selvaggio, l'etno-mitologia e l'oscuro. Tali legami sono
tuttora presenti nella nostra cultura; il più particolare di tutti è la
stregoneria o come si suole chiamarla in alcuni paesi del medio-campidano “Is
Bruxerias”.
Partiamo dal dare una definizione alla materia. Il
dizionario spiega il vocabolo come la
facoltà di operare tramite poteri extra-naturali, poteri che secondo la
tradizione cristiana sono dovuti a patti demoniaci o a pratiche legate ai
demoni il cui praticante o la cui praticante è detta strega. In lingua sarda esistono differenti
parole per appellare questo praticante, tali espressioni differenti solo in
apparenza identificano la medesima cosa: Coga, Bruxia, Stria, Janas, Surbile e
che in tanti casi presenta delle connessioni con la trasmissione del male
tramite l'occhio e una sete di sangue inestinguibile.
Vediamo nei dettagli il
significato di ogni singolo termine sopra citato; partiamo dal termine coga. Si tratta di un vocabolo
maggiormente documentato nel campidano, indica un personaggio che mischiava le
erbe per i filtri d'amore e si nutriva di sangue; il secondo lemma che vedremo
è stria; tale nome richiama l'uccello notturno il quale secondo molti autori classici
avrebbe dei particolari poteri legati all'oscurità. Riguardo quest'animale
abbiamo una particolare testimonianza legata sempre alla nostra isola, di un
autore settecentesco, Cetti, che esattamente nel 1776 diceva:”questi uccelli
sono nemici dei neonati, dei quali succhia il sangue durante le ore
notturne...”
L'aspetto
dell'ematofagia, comune a tutte quelle già analizzate accomuna anche un altra
parola che viene in alcuni casi indicata il vampiro sardo, la surbile. Si tratta di donne morte di parto
che si nutrono di sangue di neonato e possono essere combattute ponendo ai
piedi della culla un pettine a nove punte che il vampiro è condannato a contare
a tempo indeterminato.
Passiamo ora al vocabolo
Janas, il termine è più noto
in riferimento alle grotticelle scavate nella roccia presenti in tutta l'isola,
dove si crede che esse dimorino e spesso si nutrissero di sangue.
Come si è visto uno degli
elementi comuni di queste creature è il nutrirsi di sangue. Perché sangue e non
altro? Secondo la tradizione pagana, nel quale il liquido ematico veniva
offerto in grandi quantità si tratta di un elemento vivificatore, a
dimostrazione di ciò si può citare Omero che nell'undicesimo canto dell'Odissea
ci dice:”lascia che io beva e ti
dica...”, liquido trasmettitore
di vita che porta con sé forza, quella forza necessaria alla sopravvivenza.
Un'altra cosa che tutte le figure appena citate hanno in comune è la
particolare abilità di trasmettere il male alle altre persone, in maniera
intenzionale attraverso lo sguardo.
Di
Gian Marco Farci
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