Ho avuto l’onore di essere interpellata su quest’opera e
ritengo che il Pensiero di Francesco Casula, in modo palese rimette al centro
degli obiettivi di noi sardi, la nostra storia e l’esigenza di riappropriarci
del nostro ruolo di protagonisti.
E’ curioso che Francesco Casula apra questo grande lavoro
con una provocazione e cioè sul dilemma secondo cui i sardi abbiano avuto
oppure no una storia propria. Secondo alcuni, noi sardi non abbiamo
avuto una storia, secondo altri è la storia di un popolo vinto, per non parlare
di alcune interpretazioni snob di certi francesi, che forti di una visione
colonialistica delle relazioni tra i popoli, non esitano a sentenziare: “La
Sardegna è rimasta ribelle alla legge del progresso, terra di barbarie in seno
alla civiltà che non ha assimilato dai suoi dominatori altro che i loro vizi.”
Così scriveva nel 1861 in Ile de Sardaigne, Gustavo Jourdan,
un uomo d’affari francese, dopo il fallimento di un suo progetto che mirava a
coltivare nella nostra Isola gli asfodeli per la produzione di alcool. Se
il Popolo sardo ha una Preistoria straordinaria e unica: la civiltà nuragica,
come può non avere una sua Storia?
La nostra è semplicemente
una storia negata e sepolta dalle dominazioni coloniali. A noi sardi è stata
tagliata la lingua e imposta quella del dominatore. E’ stata occultata la nostra storia
per sradicare la nostra identità e farci dimenticare chi siamo, impoverirci e
indebolirci per renderci più dominabili.
Anche a Popoli africani, sotto pressione coloniale, hanno
fatto dimenticare chi fossero e da dove arrivassero, cancellando dalla loro
memoria persino la storia dei loro potenti Imperi Neri, che nulla avevano da
invidiare all’Impero romano e alla cultura del Rinascimento sia militarmente,
che come produttori d’arte e di culture raffinate.
Non esistono popoli senza
storia. Esistono popoli sotto un dominio coloniale, con una storia da
disseppellire e liberare. L’opera di Casula è
uno strumento di orientamento all’interno di un processo di liberazione della
storia e della identità sarda.
L’Autore inserisce i più illustri testimoni della nostra
storia: scrittori, storici, scienziati e poeti, come porte aperte a cui
accedere per riscoprire il valore e la bellezza della nostra identità. La
Costante Resistenziale a cui fa riferimento Lilliu, il senso di appartenenza e
di difesa delle nostre radici, ci ha reso forti e resistenti come alberi nati
su terreni difficili.
Penso ai ginepri del
Supramonte con le radici fossili che sprigionano dalla roccia. Questi siamo noi
sardi. La nostra resistenza ha fatto sì che si conservasse il nostro ricco
patrimonio identitario, dalla musica con i suoi strumenti, alla poesia,
all’arte e all’archeologia, alla gastronomia, alla biodiversità della nostra natura e al nostro bene
ambientale, alla cultura orale di inestimabile valore, riconosciuta spesso come
patrimonio materiale e immateriale dell’Umanità. Noi non abbiamo mai rinunciato
a tutto ciò nonostante i violenti attacchi dall’esterno.
Sull’ironia di Casula, nel raccontare che nel 2005 la Biblioteca
del quotidiano La Repubblica stampò un volume di 800 pagine sulla Preistoria
italiana escludendo la civiltà nuragica, ritengo che non sia una dimenticanza o
un’omissione. Gli autori italiani, che noi sardi ringraziamo per l’onestà
culturale, non possono aver dimenticato la preistoria sarda. Essi
hanno preso atto che quella cultura così diversa, non poteva appartenere
all’Italia, riconoscendo al di là di ogni artefatto politico che sa Sardigna no
est Italia.
E’ dalla cultura nuragica
che trae spunto la critica di Eliseo Spiga alla società della crescita che non
rispetta l’ambiente, che consuma le risorse della Terra, senza garantire il
benessere ai popoli, al concetto di “città che fagocita i territori”. Di questo Pensatore, Casula riporta
un concetto di grande attualità: “E’ la civiltà della sovranità comunitaria,
che non costruisce città ma villaggi, perché la città è ostile alla terra, agli
alberi, agli animali e inselvatichisce gli uomini, pretende tributi
insopportabili per accrescere le sue magnificenze... crea i funzionari del
tempio e del sovrano... i servi e gli schiavi.”
Quest’opera è una bussola
per i nostri giovani in un mondo globalizzato. E’ uno stimolo per
“disseppellire” la nostra storia e a riappropriarsi del patrimonio identitario, per giustizia, per missione e per
necessità. Questa è la forza che permette a noi sardi di camminare e di
confrontarci nel mondo, senza stampelle, senza la necessità di mediazione da
parte di Stati dominatori o di tutori.
Claudia
Zuncheddu
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