lunedì 31 luglio 2017

Rassegna stampa 31 Luglio 2017

Unione Sarda

Scanu in trincea. «Poligoni, basta»

Servitù militari che sottraggono coste, altopiani e specchi di mare alla Sardegna e al suo sviluppo; soldati mandati allo sbaraglio senza protezioni nelle zone inquinate dalle polveri della guerra; morti sospette attorno ai poligoni sardi: Gian Piero Scanu, deputato del Pd e presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, dichiara guerra: «È ora di cambiare». E schiera un armamento imperniato su nuove leggi e regole. Finalmente a tutela della salute di quei lavoratori speciali con le stellette, oggi usati come carne da macello e destinati a non ricevere neppure i risarcimenti per le malattie prese durante il servizio. E affinché le guerre simulate non violentino più la Sardegna.

Onorevole, la Sardegna paga un peso eccessivo per le servitù militari?
«Eccessivo è un eufemismo. È arrivato il tempo di agire. Lo ha già stabilito definitivamente una commissione parlamentare d'inchiesta: occorre bonificare prima e dismettere poi Capo Teulada e Capo Frasca e concentrare le attività a Quirra nel rispetto della salute dei militari e delle popolazioni e dell'ambiente, con una adeguata riconversione delle attività. Ed è soprattutto ora che alle decisioni del Parlamento seguano i fatti. Governo e partiti stanno bloccando la riforma da noi pensata e proposta».

Viene sventolato il vessillo dei posti di lavoro che si perderebbero.
«Tutto falso. Nel nostro modello i posti di lavoro resterebbero tutti. Chi agita questo fantasma non ha rispetto per le persone. L'Italia è fondata sul lavoro, ma anche sulla tutela della salute e dell'ambiente e sul rispetto delle leggi che deve valere per tutti, militari compresi: i poligoni e le caserme non devono essere zone franche in cui tutto è ammesso».

La situazione per la commissione parlamentare d'inchiesta è allarmante.
«Per garantire la sicurezza sul lavoro sono necessari la valutazione del rischio, l'adozione di misure adeguate, controlli seri. Nelle Forze Armate abbiamo verificato che tutto questo è in gran parte inadeguato. L'attività ispettiva è insufficiente e il controllore troppo spesso dipende gerarchicamente dal controllato. In un mondo dove i rischi sono più alti, paradossalmente la sicurezza è meno garantita».

Le criticità nei poligoni sardi?
«Nessuno ha le carte in regola. E parliamo non di impressioni, ma di dati documentati attraverso interrogatori su persone informate sui fatti condotti da una commissione che ha il potere della magistratura».

A Quirra?
«Napalm sotterrato, anni e anni di esercitazioni senza alcuna bonifica, brillamenti di armi obsolete che provocavano colonne di fumo alte 50 metri. Fatti di gravità provata dopo anni di cinico “negazionismo” contrario alla civiltà giuridica e alla Costituzione. Chissà cosa è stato sparato in 60 anni, chissà cosa c'è sotto il mare. Occorre che la politica nazionale e regionale dia risposte concrete:
basta parole al vento».

A Teulada?
«La penisola Delta è stata ribattezzata “interdetta” perché secondo i militari per ripulirla dagli ordigni esplosi e inesplosi occorrerebbero secoli. Ora è cominciata una bonifica che procede alla velocità di dieci centimetri al giorno. Ci vorranno centinaia di anni, appunto. Intanto si continua a sparare su quel pezzo di terra diventato un bersaglio. Un accanimento contro uno degli angoli più belli della Sardegna».

A Capo Frasca?
«Addirittura mai nessun controllo ambientale e sanitario».

Come si è arrivati a tutto questo?
«Le Forze Armate sono l'unico soggetto nel panorama nazionale autorizzato a essere il controllore di se stesso. La sicurezza sul lavoro è affidata a una giurisdizione domestica. La responsabilità di tutto questo è innanzitutto della politica che ha legiferato in questo modo e ora fa finta di non accorgersene».

Soldati malati, non esistono dati attendibili presso l'Osservatorio epidemiologico militare della Difesa.
«L'Osservatorio segue la vita lavorativa e quella sanitaria dei militari finché sono in servizio, poi li perde di vista. Una presa in giro. Senza alcuna validità scientifica. Abbiamo cercato di porre rimedio affidando all'Istituto superiore di sanità il compito di seguire l'intera vita sanitaria di tutti i militari che da quest'anno andranno in missione. Ci si doveva pensare molto prima».

I tribunali civili e amministrativi hanno condannato lo Stato a risarcimenti milionari perché i soldati che si sono ammalati e poi sono morti non avevano le adeguate protezioni suggerite dalla Nato.
Come mai?
«È già inaccettabile che si debba finire davanti a un tribunale per essere indennizzati per una malattia riconducibile al servizio svolto. Ancor più inaccettabile che dopo due sentenze sfavorevoli la Difesa ricorra in Cassazione: sto parlando di casi concreti. Trasferendo la materia all'Inail come propone la commissione si passerebbe dal contenzioso giudiziario a un contenzioso assicurativo: tempi rapidi, competenza, indipendenza e autonomia di giudizio. Tutto questo l'Inail lo assicura a milioni di lavoratori, può farlo benissimo anche per 200 mila militari».

In Sardegna è stato in passato sparato uranio impoverito? «Non abbiamo trovato prove certe di che cosa sia stato sparato e quando. E forse è ancora peggio. Ma l'uranio impoverito è una questione superata: qualunque esplosione genera nano particelle tossiche e cancerogene. Anche i brillamenti di materiali inesplosi che restano sul terreno. L'esplosivo è il mandante, le nano particelle sono il killer».

In Sardegna sparati migliaia di missili Milan messi al bando dai paese produttore, la Francia, all'inizio degli anni 2000.
«Il Milan è stato usato in molti poligoni e ha lasciato sul terreno residui di torio, una sostanza radioattiva che soltanto recentemente si sta cercando di rimuovere. Quando la nostra commissione preannuncia la visita a un poligono quasi contemporaneamente si cominciano a prendere prime misure. Anche qui sto parlando di casi concreti».

Le bonifiche come procedono?
«Al momento siamo ancora alla fase dei carotaggi o ai primi passi di bonifiche condotte lentamente e parzialmente. Ma le previsioni di spesa sono inezie, i danni sono molto maggiori. Lo Stato ha danneggiato e adesso deve porre rimedio restituendo ai sardi le zone così come erano 60 anni fa. La bonifica dei poligoni deve essere un modello per il rispetto del territorio devastato altrove anche da industria e turismo. Mai più un centimetro della Sardegna deve essere ridotto a uno scempio».

Perché la Difesa resiste?
«Ci troviamo di fronte a una legislazione inadeguata che consente tempi lunghi e parametri poco stringenti. La nostra Commissione sta presentando una proposta di legge che ponga fine all'attuale situazione. C'è bisogno di una normativa che affermi in modo netto che i poligoni non sono terra di nessuno dove tutto è concesso in disprezzo di salute, ambiente, Costituzione; dopo ogni esercitazione debbono essere effettuate le operazioni di bonifica; tutte le attività a fuoco debbono essere documentate e deve essere garantito il libero accesso a questi dati agli organi regionali di tutela dell'ambiente. In poche parole, trasparenza e rispetto per beni pubblici che anche quando sono affidati alle Forze armate restano un bene comune».

I poligoni uccidono il turismo e creano danno per l'economia?
«I poligoni sono necessari per garantire l'addestramento alle Forze Armate e quindi la sicurezza di tutti. Non possiamo, però, rimanere fermi alle logiche della guerra fredda. Vanno riconsiderati innanzitutto ridistribuendone il peso sul territorio nazionale e alleggerendo la Sardegna. Il problema addestrativo va inoltre visto in chiave europea e allora gli spazi si moltiplicano anche con vantaggi per tutti. In Sardegna neppure un'altra zolla o un ulteriore centimetro di specchio di mare devono essere sacrificati alla sicurezza nazionale».


La Nuova Sardegna

Alghero - Giunta in bilico l'Udc lascia Bruno e va all'opposizione
Il gruppo consiliare: non sono arrivate adeguate garanzie
E ora il sindaco non ha più la maggioranza per governare

di Gianni Olandi
ALGHERO Altro che Caronte: per la politica algherese l'estate in corso
si fa sempre più calda. Il direttivo dell'Udc e il gruppo consiliare
hanno infatti deciso di non garantire più l'appoggio esterno in
consiglio comunale alla maggioranza guidata da Mario Bruno.La
decisione è stata presa nel corso di una riunione che si è tenuta
nella tarda serata di venerdì, presenti i dirigenti del partito Lelle
Salvatore e Nina Ansini e i consiglieri comunali Alessandro Loi e
Donatella Marino. Sul piano pratico può significare che il sindaco non
ha più la maggioranza per governare la città. Oggi, con il passaggio
dell'Udc all'opposizione, sul piano numerico, sono prevalenti le
minoranze, 13 a 12.Ma come mai lo scudocrociato ha deciso questo nuovo
colpo di coda a così breve distanza dall'altro, l'uscita dalla
maggioranza e appoggio esterno? Dall'Udc giunge una sola voce, quella
del gruppo dirigente e gruppo consiliare: «Non abbiamo ricevuto
adeguate garanzie e atti concreti da parte del sindaco Mario Bruno e
dai partiti della coalizione in ordine alla realizzazione dei punti
programmatici che avevamo posto come condizione primaria». La novità
dell'Udc avviene, tra l'altro, alla vigilia del voto del consiglio
comunale sul bilancio consuntivo.

Il sindaco non avrebbe più i numeri
per approvare l'importante strumento della programmazione comunale. Ma
su questo specifico argomento arriva un provvedimento dell'assessorato
regionale agli Enti locali che concede una deroga all'approvazione del
provvedimento in questione fino al 12 settembre. Provvedimento che
naturalmente non è stato assunto solo per Alghero visto che sono
numerosi i comuni che si trovano nelle stesse condizioni della Città
del Corallo. L'Unione di Centro precisa ancora, a supporto della sua
decisione di passare all'opposizione: «La nostra onestà intellettuale
ci impedisce di proseguire una esperienza politica che non sembra
offrire più margini di realizzazione secondo quanto più volte
richiesto e concordato. Lo facciamo nell'esclusivo interesse della
collettività e rinunciando, senza alcun rimpianto, a ricoprire
importanti ruoli istituzionali».

Ma a margine della decisione dell'Udc
va segnalato che il pentolone della politica algherese in questi
ultimi giorni e settimane non è mai stato staccato dal fuoco.
Ragionamenti infatti sono stati avviati a livello provinciale,
regionale e forse anche nazionale, da parte del sindaco Mario Bruno in
direzione del Partito Democratico. Componente politica della quale
l'attuale sindaco di Alghero è stato esponente regionale per ben due
legislature ricoprendo anche cariche di rilievo quali quella di
capogruppo e tesoriere. Una militanza interrotta alla vigilia delle
amministrative algheresi quando, appunto, Bruno decise di candidarsi a
sindaco con una lista civica e grazie alla alleanza con l'Udc vinse le
elezioni andando proprio il Pd all'opposizione. Una ferita ancora
aperta per essere dimenticata. Almeno da queste parti.

Unione Sarda 30 luglio 2017

Stanziato il 18% delle risorse totali. Su mobilità e strade gli
interventi più rapidi Patto Sardegna, un anno dopo Spesa ok ma troppa burocrazia

Un anno di Patto per la Sardegna e un listino della “spesa” che vale
538,9 milioni di euro. Un elenco di interventi che la Regione ha messo
in campo in questi mesi trascorsi dall'accordo siglato a Sassari con
l'allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Il Patto vale in
tutto 2,9 miliardi di euro: una parte (un miliardo e mezzo) dal Fondo
sviluppo e coesione 2014-2020, il resto rappresenta la quota per
colmare gli svantaggi dovuti all'insularità.

Sono fondi destinati soprattutto a ferrovie, strade, continuità
territoriale aerea, metanizzazione. I 538,9 milioni, pari a circa il
18% della somma totale, sono quelli impegnati con delibere della
Giunta: «In alcuni casi sono già disponibili», spiega il direttore
generale della presidenza della Regione, Alessandro De Martini.
«MENO BUROCRAZIA» Luci e ombre per il presidente della commissione
Bilancio, Franco Sabatini (Pd): «Si stanno facendo grossi passi avanti
- dice - ma il problema rimane la macchina amministrativa». A fronte
di «un impegno straordinario della Giunta, spesso i funzionari
rallentano le procedure. Serve un cambiamento». Primo anno di «spot
che non serve a nulla», invece, per il consigliere regionale di Forza
Italia Stefano Tunis: «Abbiamo sempre detto che erano risorse già
esistenti, ripresentate in chiave elettorale un anno fa per vincere il
referendum».

STRADE Per le strade sarde il 2017 vale 204,4 milioni per
manutenzione, miglioramento e messa in sicurezza. Vi rientrano i 30
milioni per la statale 554 (23,5 già programmati e 6,5 da programmare)
che riguardano interventi per svincoli e rotatorie. La realizzazione
del collegamento tra Burcei, Sinnai e Maracalagonis, si prende 29,4
milioni, mentre sull'altra dorsale - nella tra Cagliari, Pula e
l'aeroporto di Elmas - sono previsti 30 milioni per i collegamenti.
Per la sicurezza sulle statali 195 e 125 (gallerie, illuminazione,
prevenzione del rischio idrogeologico) la Giunta ha stanziato 65
milioni di euro. Altri 50 in tutto andranno a migliorare
complessivamente la rete stradale, con interventi utili a ripristinare
il manto e la segnaletica orizzontale.

DIGHE E PORTI In questo primo anno di Patto per la Sardegna, per gli
invasi sono stati stanziati 50 milioni e altrettanti per i porti. I
fondi per le dighe serviranno per finanziare complessivamente 46
progetti per renderle più sicure ed efficienti.
Altri 50 milioni sono destinati al completamento, ampliamento e alla
maggiore funzionalità dei principali porti sardi. Le opere sono
concentrate su scavi di fondali, realizzazione di nuovi attracchi per
traghetti e sul ripristino dei danni dopo le violente mareggiate a
causa dei venti, registrate soprattutto nel nord Sardegna.
ISCOLA Per l'edilizia scolastica nel 2017 sono stati impegnati oltre
10 milioni di euro dei complessivi 89 previsti per il progetto Iscola.
Un piano di interventi che prevede la riqualificazione dei locali
delle scuole di qualsiasi grado dell'Isola. L'obiettivo è restituire
ai ragazzi istituti adatti alla didattica moderna e maggiormente
accoglienti, in grado di contribuire al contrasto alla dispersione
scolastica che in Sardegna è un fenomeno preoccupante.

TRASPORTI E MOBILITÀ Fino a oggi dal Patto per la Sardegna sono stati
spesi 40 milioni di euro per il contratto di servizio con Trenitalia
che dovrebbe garantire il trasporto su ferro nell'Isola. Un
finanziamento di 15 milioni riguarda, invece, il progetto di mobilità
elettrica che prevede l'acquisto di veicoli e la realizzazione di
colonnine di ricarica e infrastrutture sulle strade statali 131, 131
dcn e 130. Sempre in materia di sostenibilità e reti intelligenti, per
la ricerca quest'anno il Patto finanzierà 30 milioni di euro
complessivi.

LAVORO E AMBIENTE La spesa più alta è per liberare gli edifici
pubblici dall'amianto, un intervento che potrà fare affidamento su 15
milioni di euro, ai quali si aggiungono altri 7,5 per bonificare le
discariche. Per quanto riguarda il lavoro sono stati coperti con 45
milioni destinati all'Inps i ritardi sugli ammortizzatori sociali per
i lavoratori. Infine, per la gestione dell'acqua in agricoltura con
l'obiettivo di evitare gli sprechi, i Consorzi di bonifica avranno 30
milioni di euro.

I TERRITORI La programmazione territoriale riguarda gli accordi di
programma finanziati con diverse fonti destinate allo sviluppo.
Strettamente legati al Patto sono già stati stanziati 42 milioni di
euro per i progetti Città di paesi della Gallura, Unione dei Comuni
Parte Montis, Marghine al Centro, e Ogliastra: percorsi di lunga vita.
Matteo Sau



capelli (centro democratico)
«Doppia preferenza di genere da sempre nostra priorità»

CAGLIARI«Non è più rinviabile un intervento da parte del consiglio
regionale sulla legge elettorale per introdurre la doppia preferenza
di genere». Dal Centro Democratico arriva un ultimatum su un tema
considerato di estrema importanza: «Il nostro partito - dice il
deputato Roberto Capelli - è proponente della legge sulla parità di
genere con la nostra consigliera regionale Anna Maria Busia. Anche nei
giorni scorsi abbiamo evidenziato come sia inutile aspettare oltre o
rimandare il tema a quando si deciderà di rimettere mano a tutto
l'impianto della legge elettorale regionale.

Introdurre la parità di
genere nella scelta dei rappresentanti del popolo è di fondamentale
importanza per realizzare un'effettiva democrazia compiuta: se una
democrazia non è compiuta non è una democrazia». Oltre all'ultimatum
del Centro Democratico sulla doppia preferenza di genere ha presentato
qualche giorno fa una proposta anche il Partito dei Sardi, a breve
distanza dagli appelli della rete Heminas e della Commissione
regionale pari opportunità.

29 luglio 2017

Il rischio è non riuscire a modificare il testo approvato prima di sei mesi
Resta la spaccatura. Peru difende la proposta. Forma: aboliamo il voto segreto
Scontro tra consiglieri sulla norma antiprofughi

CAGLIARI Dentro o fuori? Per ora è dentro. È l'emendamento, diventato
legge, legge sul turismo, che all'improvviso ha tracciato un solco fra
gli alberghi, solo loro potranno chiedere i contributi alla Regione, e
quelli trasformati in centri di accoglienza per profughi, invece
tagliati fuori da qualunque possibilità di finanziamento. È lo stesso
emendamento che ha scatenato un'infinità di polemiche morali, «è
razzista, è nazista», e politiche.

Presentato dall'opposizione di
centrodestra, ha trovato in 7-8 voti segreti del centrosinistra
un'inaspettata stampella nell'aula del Consiglio. La macchia nera però
dovrebbe essere cancellata presto. Chi governa, dunque la coalizione
guidata dal presidente Pigliaru, ha presentato una proposta di legge
che abroga l'articolo incriminato, anche se non è detto che il colpo
di spugna arrivi prima della pubblicazione sul Bollettino ufficiale
della Regione.

Attenzione però: neanche la cancellazione tempestiva è
sicura. Stando a un'interpretazione del regolamento dovranno passare
almeno sei mesi prima che una legge già approvata possa essere
corretta. Sono solo disquisizioni tecniche o di sostanza? Di sostanza
per chi si è schierato contro l'emendamento antiprofughi. Rossella
Pinna, consigliera regionale del Pd, ha scritto su Facebook: «I miei
colleghi del centrosinistra che in aula hanno votato a favore
dell'emendamento razzista, dovrebbero provare una profonda vergogna.
Io di sicuro mi vergogno per loro». Che «oltre a essere vigliacchi,
sono soprattutto dei deficienti», ha scritto il deputato Roberto
Capelli, Campo progressista.

Mentre il parlamentare Michele Piras,
Articolo 1-Mdp, è stato deciso: «È una norma anticostituzionale e sarà
impugnata dal governo». È lo stesso che hanno detto i consiglieri
regionali di Mdp, con in testa Luca Pizzuto: sono stati i primi a
contestare l'articolo. La maggioranza di centrosinistra avrebbe fatto
bene ad ascoltare, prima del voto, la consigliera regionale del Pd
Daniela Forma. In un vertice, aveva detto: «Quest'emendamento è
scivoloso. Non basta dire che siamo contrari, va approfondito». Non le
hanno dato retta e lo scivolone c'è stato. Rovinoso fino a tal punto
che la stessa Forma prima non ha sottoscritto la proposta di
legge-smacchiatore, «Era un'ipocrisia fra le 30 firme del
centrosinistra c'era di sicuro anche chi aveva votato a favore», e poi
in solitudine ha presentato la sua di proposta. Questa: l'abolizione
del voto segreto in qualunque caso, escluso quelli in cui «le
votazioni riguardino singole persone».

Fin qui chi ha contestato
l'emendamento, ecco invece i favorevoli. Oltre al primo firmatario
Antonello Peru, Fi, «chi parla di razzismo non ha capito nulla e non
conosce la realtà», anche la Confesercenti s'è detta favorevole. «Fra
gli albergatori e chi sceglie di ospitare i migranti - è scritto in un
comunicato - le differenze sono nette. Chi ha fatto la seconda scelta,
riceve i soldi dal ministero dell'Interno e non può chiedere i
contributi destinati invece solo ai professionisti del turismo». A far
da arbitro fra i due fronti è intervenuto il governatore Pigliaru: «I
finanziamenti per il turismo devono sostenere l'attività turistica e
quando le strutture fanno altro, che si tratti di migranti o attività
non strettamente turistiche, sorge un problema che va affrontato. Ma
non certo con poche righe concentrate in un emendamento, tra l'altro
legato a doppio filo solo alle persone nei confronti delle quali
invece abbiamo il dovere dell'accoglienza, e neanche con un
inaccettabile voto segreto».

Ex parlamentari ed ex consiglieri contro l'ok della Camera alla legge Richetti
«È incostituzionale: la retroattività apre la strada al ritocco delle
pensioni di tutti»Gli ex onorevoli in rivolta
«I vitalizi non si toccano»

di Alessandro Pirina
SASSARIL'ondata di antipolitica rischia di travolgerli, di dimezzare i
loro vitalizi maturati in tanti anni tra Camere romane e palazzi
cagliaritani. Una scure che ha avuto il via libera di Montecitorio, ma
deve ancora fare i conti col verdetto meno scontato di Palazzo Madama.
I big della politica che fu nel mirino della legge targata Pd-M5s.
Sono più o meno un'ottantina gli ex parlamentari sardi che dovranno
rivedere i loro conti in caso di ok definitivo alla legge Richetti. E
oltre 300 gli ex consiglieri regionali, o loro eredi, che potrebbero
vedere ridursi notevolmente il loro vitalizio. Sarà il Senato a dire
l'ultima parola, ma forse non basterà.

È facile immaginare che, in
caso di sì alla legge, sarà chiamata in causa la Corte costituzionale.
Da più parti infatti si grida alla illegittimità del provvedimento.
Alla sua unidirezionalità punitiva. «Ci sarà un giudice a Roma, e non
solo a Berlino», scherza Giorgio Carta, 79 anni, 13 in Consiglio
regionale, 11 da assessore, due mezze legislature in Parlamento,
sottosegretario con Amato e Ciampi e oggi presidente della
associazione degli ex parlamentari sardi. E 2.300 euro al mese di
vitalizio da ex deputato e 4.500 da ex consigliere. «La retroattività
è incostituzionale - afferma l'ex segretario nazionale del Psdi -, ma
quello che preoccupa è la grande confusione: il vitalizio è una
guarentigia posta dalla Carta.

Non è una pensione, ma un emolumento
per rendere possibile il lavoro del parlamentare, autonomo e
indipendente. Se lo si vuole trasformare in un lavoro dipendente lo
dicano, perché a quel punto il rischio è che l'irretroattività venga
estesa a tutti i trattamenti pensionistici». Rischio per le pensioni.
Per Carta dietro la legge Richetti si nasconde il pericolo che in un
futuro neanche troppo lontano vengano toccati i diritti acquisiti di
tutti i cittadini. «Nessuna delle leggi sulla previdenza ha avuto
carattere retroattivo.

Né la riforma Dini né la Fornero. E nessuno è
andato a toccare le baby pensioni di chi è potuto andare dopo 14 anni,
6 mesi e un giorno di contributi. La pericolosità di questa legge è
che si apre la stura e si rischia il ritocco e il ricalcolo delle
vecchie pensioni di tutti i cittadini».Antipolitica. Il numero uno
degli ex parlamentari sardi vede in questa norma tracce evidenti di
incostituzionalità. «Non può essere indirizzata verso una sola
categoria. Il problema è che oggi bisogna colpire i politici. Mi
meraviglia la stupidità politica di Renzi, che pretende di battere
l'albero e prendersi le mele, ma alla fine a prendersele sarà solo il
Movimento di 5 stelle.

Sia che la legge passi o non passi in Senato.
Bastava sentire Di Maio: "vi abbiamo costretti a votare una legge che
non vi piace". È stato un grave errore culturale definire una
guarentigia un privilegio. Io a 33 anni avevo una laurea in medicina,
tre specializzazioni e l'idoneità primario. Non sono affatto pentito,
ma se allora non avessi iniziato con la politica forse oggi avrei la
villa e il motoscafo, o comunque avrei molti più soldi». Legge spot.
Tre legislature alla Camera e due al Senato. Piergiorgio Massidda è
stato uno dei simboli isolani del ventennio berlusconiano prima della
rottura con l'allora Pdl. Ininterrottamente in Parlamento dal 1994 al
2011. Ogni mese riceve da Roma circa 5mila euro di vitalizio. «Se
avessi avuto una assicurazione privata avrei preso molto di più». Il
no di Massidda alla legge Richetti non è un no corporativo, assicura
lui. «Io sono l'unico che in 20 anni ha lasciato una delle due
poltrone anche se non obbligato (nel 2011 si dimise dal Senato per la
presidenza dell'Autorità portuale di Cagliari, ndr.).

E oggi sarei
pronto ad accettare qualsiasi soluzione se dovesse servire veramente,
ma a mio avviso si tratta solo di una legge spot - attacca Massidda -.
Avrei capito se fosse stata estesa a tutte le categorie. Anche perché
si crede che siano i parlamentari a prendere più soldi e nessuno si
ricorda dei magistrati, dei giornalisti, dei generali. La verità è che
bisogna parlare solo dei politici. Io mi rendo conto di essere un
privilegiato e non mi arrocco a difendere i vitalizi, ma la legge è
uno strumento per arrivare ad altro. Ha ragione Brunetta - conclude
l'ex parlamentare cagliaritano -: questo provvedimento ha anticipato
un qualcosa che la gente ancora non capisce. Prelude ad altri
interventi già anticipati dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, che
potrebbero andare a colpire la povera gente».Guerra giuridica.
Deputato per soli due anni ai tempi dell'Unione di Prodi, non ha
maturato i tempi per il vitalizio da parlamentare. Antonio Satta,
leader dell'Upc, ha solo quello da ex consigliere regionale. Circa
2.500 euro per la legislatura dal 1989 al 1994. «È in atto una gara
tra parte del Pd e il M5s.

Tra chi dà il segnale più forte nella
competizione per distruggere la classe politica - afferma Satta -. Non
è mai esistito che ci fosse una retroattività, neanche nel diritto
penale, ma mi inchino al Parlamento. È sovrano e può legiferare come
vuole. Ma sarà ci sarà una guerra giuridica da parte di tanti ex
parlamentari e consiglieri e sarà la Corte a dire l'ultima parola».
Misura giusta. Fuori dal coro l'ex 3 volte consigliere regionale ed ex
senatore (ma solo per un anno e mezzo e dunque niente vitalizio
parlamentare) Silvestro Ladu, condannato per peculato nel processo sui
fondi consiliari. «Se ritengono di rivedere i privilegi lo facciano
pure, forse è una misura giusta - dice -. Quel che è certo è che se
avessi fatto il medico a tempo pieno avrei guadagnato di più. Ma
ciononostante non mi pento. Anzi, sono felice di avere servito bene e
onestamente la comunità».©RIPRODUZIONE RISERVATA


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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