giovedì 12 dicembre 2019

La strage di Piazza Fontana. Di Vincenzo Maria D'Ascanio.



Milano, ore 16.37, 12 Dicembre del 1969. Una bomba esplode all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura, nei pressi di Piazza Fontana. La deflagrazione uccide 17 persone e ne ferisce altre 88. Lo stesso giorno viene scoperta una bomba anche nella sede della Banca Commerciale Italiana, fortunatamente inesplosa. Altri tre ordigni esplodono a Roma facendo complessivamente 17 feriti. La bomba inesplosa di Milano viene fatta successivamente brillare; in questo modo vengono distrutti elementi probatori fondamentali per risalire ai responsabili degli attentati.

Tutti i processi hanno circoscritto, senza il minimo dubbio, un gruppo di neofascisti come ideatori ed esecutori della strage: ma nessuno di loro è stato condannato. Di certo, a rileggere le carte giudiziarie con il senno di poi, restano inspiegabili ed irragionevoli le accuse all’anarchico Pietro Valpreda, individuato immediatamente da una certa stampa e dalle prime indagini come il responsabile dell’orrendo crimine. Allo stesso modo è drammatica la morte di un altro anarchico: Giuseppe Pinelli, durante un interrogatorio per altro illegale, viene scaraventato da una finestra della questura di Milano per altro dalle finestre dell'ufficio politico diretto dal commissario Luigi Calabresi. Lo stesso Calabresi ucciso sotto casa, sempre a Milano, in via Cherubini il 17 maggio del '72.

Da Milano il prefetto Libero Mazza, su segnalazione dall'Ufficio affari riservati del Viminale, avvisò il Presidente del Consiglio Mariano Rumor: «L'ipotesi attendibile che deve formularsi indirizza le indagini verso gruppi anarcoidi». La sera stessa della strage, intervistato da Tv7, Indro Montanelli espresse dei dubbi sul coinvolgimento degli anarchici, e vent'anni dopo ribadì la sua tesi: «Io ho escluso immediatamente la responsabilità degli anarchici per varie ragioni: prima di tutto, forse, per una specie di istinto, di intuizione, ma poi perché conosco gli anarchici. Gli anarchici non sono alieni dalla violenza, ma la usano in un altro modo: non sparano mai nel mucchio, non sparano mai nascondendo la mano. L'anarchico spara al bersaglio, in genere al bersaglio simbolico del potere, e di fronte. Assume sempre la responsabilità del suo gesto. Quindi, quell'infame attentato, evidentemente, non era di marca anarchica o anche se era di marca anarchica veniva da qualcuno che usurpava la qualifica di anarchico, ma non apparteneva certamente alla vera categoria, che io ho conosciuto ben diversa e che credo sia ancora ben diversa...»

Nel 2009 il presidente Giorgio Napolitano invitò al Quirinale le vedove Pinelli e Calabresi: "Un passettino avanti verso la verità", disse Licia Pinelli. Purtroppo per lei, e per tutti noi, e per la storia, non ha ancora avuto ragione. Sono innegabili alcuni "depistaggi", eseguiti da uomini di Stato (i soliti servizi segreti “deviati”) durante le indagini sulle stragi, e le responsabilità neo-fasciste, ma lo stesso Valpreda, rimasto in carcere innocente per più di tre anni, diceva: "Un tassista ha riconosciuto me, stanco e spettinato, tra alcuni agenti ben rasati e puliti, avvalorando le balle della polizia. Quasi subito è emersa la verità, e cioè che quella a Milano era una bomba dei gruppi fascisti d'accordo con i servizi segreti, nel quadro di un disegno europeo, ma bisognava trovare un colpevole di sinistra, e chi c'era di meglio di noi?"

Per la sua gravità e la sua rilevanza politica, la strage di Piazza Fontana divenne il momento più alto di un progetto eversivo preparato attraverso gli altri attentati di quello stesso anno e diretto - come emerge dalle sentenze - a utilizzare il disordine e la paura per sbocchi di tipo autoritario, in ciò sostenuti - come è scritto nella Relazione della Commissione Stragi - da «accordi collusivi con apparati istituzionali».

Sono gli anni in cui cominciò ad essere più pressante la “strategia della tensione”, ovvero creare panico tra i cittadini, affinché questi domandassero una svolta autoritaria, che avrebbe avuto come sbocco un governo di destra. Altri attentati terroristici furono compiuti in nome della strategia della tensione: attentato a Piazza della Loggia (Brescia); attentato al treno Italicus; vari attentati ai treni. Infine la strage col maggior numero di morti, quella nella stazione di Bologna, dove ci furono 82 morti e centinaia di feriti, anche in questo eseguita da mano fascista.

Per quanto riguarda i processi, abbiamo avuto una vera e propria girandola di accuse, contraccuse, assoluzioni, condanne, ripensamenti. Alla fine, secondo la Cassazione, gli unici condannati definitivi furono l’organizzazione neofascista di “Ordine Nuovo”, i cui principali esecutori furono Franco Freda e Giovanni Ventura. Tuttavia entrambi non erano più imputabili, poiché erano stati considerati non colpevoli da una sentenza precedente dello stesso grado.

Vincenzo Maria D’Ascanio




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