Pur mettendo mani alle norme sul lavoro con il decreto
dignità, il governo non ha reintrodotto l’art.18. Era stato vergognosamente
cancellato pochi anni fa, da Renzi con un provvedimento imperdonabile che ha
decisamente spostato il PD da un’area politica di sinistra ad un centro
moderato e liberista orientato ad interessi molto diversi rispetto a quelli dei
lavoratori.
L’art. 18 era un elemento di civiltà, era quello che in
Italia proteggeva da licenziamenti illegittimi inflitti senza alcuna giusta
causa e senza alcuna giustificazione. Ecco, siccome credo nessuno abbia dimenticato
con quale insistenza, in campagna elettorale, i 5 stelle affermavano che lo
avrebbero reintrodotto, ciò che io vorrei capire, senza polemiche, è il perché
con il decreto dignità, si siano limitati ad un aumento degli indennizzi
previsti per il lavoratore ingiustamente licenziato.
Chiaro che questo è un passo avanti, è meglio di niente, ma
è altrettanto chiaro che è tutta un’altra cosa. Si lascia infatti aperta la
possibilità che i lavoratori italiani siano ingiustamente licenziati: perché
pretendono diritti per esempio, perché non accettano nero per ipotesi, magari
perché chiedono il rispetto dell’orario di lavoro, oppure, sempre in teoria,
perché non abbassano il capo davanti ad ogni sopruso.
Ecco, mi piacerebbe, per esempio, capire se è la Lega che ha
impedito la reintroduzione dell’art. 18, cosa della quale non sarei
scandalizzata perché quando si governa dentro un’alleanza, anche se la si
chiama contratto, le mediazioni sono necessarie o se è stata una scelta del
ministro del lavoro Di Maio. E se così fosse, vorrei comprendere quali nuove
valutazioni e nuovo dati hanno determinato la scelta. Io preferivo i tempi
dello streaming
Di
Lucia Chessa.
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