Unione
Sarda
La scelta
dell'M5S costringe i partiti ad accelerare i tempi sulla scelta
dei candidati Regionali, è già campagna A sinistra Zedda in pole. Lega:
alleanze, niente di scontato
Il passo in avanti del Movimento 5
stelle sulle candidature, costringe i partiti ad accelerare la corsa verso le
regionali. Nel centrosinistra si fa sempre più concreta l'idea di puntare sul
sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, mentre nel centrodestra tutto dipenderà dagli
equilibri tra Forza Italia e la Lega insieme al Psd'Az. Inoltre, dopo le
dimissioni di Andrea Mura, che verranno calendarizzate nella settimana dall'11
al 18 settembre dai capigruppo della Camera, in Sardegna ci saranno le elezioni
suppletive che potrebbero accavallarsi con la campagna elettorale per le
regionali, diventando così un banco di prova per i partiti.
L'IPOTESI Più passano i giorni e più
il nome di Zedda trova estimatori tra i partiti che dovrebbero comporre il
centrosinistra. Il problema è che dietro la scelta del sindaco di Cagliari c'è
un vuoto da riempire perché ancora il centrosinistra deve fissare i propri
confini, confermare le adesioni dei partiti e scrivere un programma. Infatti, Zedda
accetterà soltanto se ci saranno le garanzie di potersela giocare sia con il
Movimento 5 stelle che con il centrodestra. Rimane in piedi l'eventualità che
il centrosinistra ricorra alle primarie per scegliere il candidato.
LA LETTERA Di sicuro, nella
coalizione ci sarà Campo progressista Sardegna, partito di cui Zedda fa parte.
Non a caso il presidente di Cp, Luciano Uras, ha scritto una lettera al neo
segretario del Pd, Emanuele Cani, per fissare al più presto un incontro. Invito
accolto dal numero uno del Pd che organizzerà il faccia a faccia in tempi rapidi.
Per l'ex senatore Uras, in questa legislatura «sono state fatte cose di rilievo
ma, la percezione diffusa è che sia necessario fare di più, nonostante
l'impegno profuso». Campo progressista promuoverà incontri «anche con altre
realtà politiche democratiche, sarde autonomiste, di sinistra e
indipendentiste, perché riteniamo nostro dovere il confronto e la discussione».
IL CANTIERE Il centrodestra non ha
un candidato in pectore, girano diversi nomi, ma ancora nessuno ha ricevuto
l'investitura ufficiale. L'incognita è rappresentata dal rapporto tra
Lega-Psd'Az e Forza Italia che potrebbe innescare un braccio di ferro sulla
primogenitura del candidato. Inoltre, il commissario del Carroccio in Sardegna,
Eugenio Zoffili, sostiene che «nonostante non ci sia alcun pregiudizio personale,
l'alleanza non è scontata». Questo
perché «vogliamo anche guardare verso le forze che puntano a un'autonomia vera,
tradita dal centrosinistra».
Gli azzurri, nell'Isola, sono ancora
il primo partito della coalizione, ma a livello nazionale la Lega vola nei
sondaggi. Il coordinatore regionale di Forza Italia, Ugo Cappellacci, dice:
«Stiamo lavorando sul territorio e già questa settimana è previsto un incontro con
una cinquantina di amministratori». Un mondo al quale guarda anche il
consigliere regionale, Stefano Tunis, che, con l'associazione Sardegna 2020,
organizzerà un incontro con gli amministratori. Riguardo allo svantaggio sulla
scelta del candidato governatore, Tunis, attacca: «Il centrodestra ha il resto.
Una classe dirigente sul territorio e un programma di governo. Chi non ha
queste due cose, occupa il tempo indicando i candidati presidente».
SUPPLETIVE Per la sostituzione di
Andrea Mura si voterà di nuovo nel collegio di Cagliari. Un impegno che rischia
di affaticare i partiti isolani, impegnati nella campagna elettorale per le
regionali. Per i nomi è ancora tutto da decidere, anche se è circolata
l'ipotesi di una candidatura di Silvio Berlusconi. «Sarebbe una gioia e un
privilegio avere il presidente candidato nel
collegio di Cagliari», spiega Cappellacci, «ci auguriamo possa essere
un'ipotesi plausibile, anche se per il momento non se ne è parlato». Un
pensiero potrebbe farlo anche l'eurodeputato, Salvatore Cicu, in scadenza di
mandato a Bruxelles.
Matteo Sau
LA
NUOVA SARDEGNA
Pd,
Sabatini vice di Cani Uras: riuniamo la coalizione
Nella
squadra del nuovo segretario dem tutte le correnti eccetto i soriani
L'ex
senatore di Campo progressista: subito un confronto in vista delle elezioni
CAGLIARI
Se il rilancio si vede dal mattino,
quella intrapresa dal neo
segretario del Pd, Emanuele Cani,
sembra essere la strada giusta. Dopo
appena una settimana dall'elezione,
domani presenterà il gruppo che lo
affiancherà in uno dei mandati più
complicati nella storia recente dei
Dem isolani. Avrebbe voluto una
segreteria unitaria, con tutte le
correnti dentro a dargli un mano
nella risalita, ma i soriani non ci
saranno. L'eurodeputato gli ha
negato la disponibilità a entrare nel
nuovo vertice, anche se si è detto
pronto a dialogare per il «bene del
partito».
Così in quella che lo stesso Cani ha
definito un «direttivo
snello e modulabile secondo le
esigenze del momento», entreranno a far
parte solo le due correnti che, a
fine luglio a Su Baione, lo hanno
eletto: i popolari-riformisti
dell'area Cabras-Fadda e il gruppo
formato dai renziani e dagli ex
Diesse. I nomi più gettonati. Il
vicesegretario regionale sarà Franco
Sabatini, consigliere regionale,
presidente della commissione
bilancio e che si riconosce nell'area
allargata dei renziani sardi.
Considerato uomo di esperienza e
grande
conoscitore delle dinamiche del
partito, Sabatini dovrebbe occuparsi
dell'organizzazione. È uno dei temi
più delicati per il Pd, che ha
bisogno come l'aria di ritrovare il
rapporto con i territori e
rimettere in piedi la rete dei
circoli. Per gli altri quattro o cinque
componenti della segreteria i nomi
più accreditati sono Cesare
Moriconi, consigliere regionale che
ha come riferimento l'ex
sottosegretario Paolo Fadda, Laura
Pisano, ex civatiana che faceva
parte della segreteria guidata da
Silvio Lai, il tesoriere Franco
Pinna, lo era anche con Cucca, più
un rappresentante dei Giovani
Dem.
Ultimi contatti. Dopo quelli con il
governatore Francesco
Pigliaru, con Renato Soru e i leader
delle altre correnti, Cani ha
incontrato i presidenti
dell'Associazione dei Comuni e del Consiglio
delle autonomie. Con Emiliano Deiana
e Andrea Soddu, ha parlato
soprattutto della crisi finanziaria
che attraversano i Comuni, messi
in ginocchio dalla mannaia di Stato,
che ha dimezzato i trasferimenti.
Emanuele Cani lo ha detto sin
dall'inizio, «i sindaci dovranno essere
per il Pd punto di riferimento
essenziale».
Centrosinistra in
movimento. Non si sa ancora quali saranno
i confini della coalizione
che si presenterà alle prossime
regionali. Detto che il tentativo sarà
confermare l'alleanza sarda con il
gruppo di Mdp, alle Politiche era
un avversario, e allargarla verso le
forze indipendentiste, bisognerà
vedere ad esempio cosa farà il
Partito dei sardi, a settembre Cani
dovrà comunque convocare il tavolo
del centrosinistra. È proprio di
questo tenore l'appello lanciato dal
portavoce di Campo progressista,
l'ex senatore Luciano Uras, al Pd.
«È necessario e urgente un
confronto politico fra di noi»,
scrive Cp, per poi aggiungere: «In
questa legislatura sono state fatte
diverse cose importanti ma la
percezione diffusa è che sia
necessario fare di più, nonostante
l'impegno profuso».
Con anche uno sguardo al passato:
«Non possiamo
nascondere - scrive Uras - che il
rimpasto di medio termine (quello in
cui Cp è stato escluso dalla giunta
a favore di Mdp) invece di
rilanciare l'azione di maggioranza
ha determinato squilibri e
tensioni. A questo punto anche alla
luce della pesante sconfitta del
centro-sinistra alle Politiche,
abbiamo il dovere di riaffrontare
tutte le questioni in campo con una
rinnovata volontà unitaria e
soprattutto grande attenzione ai
bisogni e alle aspirazioni di
riscatto dei sardi». Comunque
bisogna fare in fretta, come ha postato
su Facebook Emiliano Deiana: «Il M5s
ha già scelto il
candidato-presidente.
A destra e a sinistra, invece, ci si
attarda in
conciliaboli. A sinistra, il mio
luogo di residenza, si chiacchiera,
si tergiversa, si fanno passare mesi
preziosi. Si faranno le primarie
o il prescelto sarà unto dall'alto?
Ma soprattutto - sono le ultime
domande di Deiana - ci si candida
per fare cosa e insieme a chi?».
Province,
Deriu: ritornino elettive
Il dem promuove
la proposta della Lega. Agus, Cp: prima le risorse
SASSARI
Travolte dalla furia
dell'antipolitica, rischiano di ritornare in auge
proprio col governo che ha fatto
dell'antipolitica la sua bandiera. I
ministri leghisti Salvini e
Centinaio, infatti, hanno presentato al
Senato un disegno di legge per
ritornare alla elezione diretta delle
Province. Una proposta targata Lega
che trova consensi anche sulla
sponda del centrosinistra.
È il caso di Roberto Deriu,
consigliere
regionale del Pd, uno dei pochi
paladini delle Province, anche nel
momento in cui gli enti intermedi
venivano additati da tutti come il
simbolo degli sprechi della
politica. «È cosa risaputa che io ho
criticato tutte le proposte sulla
abolizione delle province, da
Tremonti a Monti, fino ai governi
del Pd perché serviva una riforma
costituzionale - dice l'ex
presidente della Provincia di Nuoro -. È
stata fatta ma poi il referendum è
stato bocciato e ora le Province
sono a pieno titolo nella Carta
costituzionale. Di conseguenza, è
giusto che siano elettive.
Le Province sono enti che
rappresentano il
territorio, sono un pezzo della
Repubblica e se lo Stato non dà loro
risorse lascia scoperti i diritti
dei cittadini. Basta vedere qual è
oggi la situazione. I cittadini
hanno meno strade, meno scuole, meno
servizi decentrati rispetto a
prima». Deriu fa l'esempio del Nuorese.
«È un territorio che si basa su
politiche decentrate e infatti ha
pagato più di tutti questo
centralismo. Per non ridurre la spesa
centrale si è voluta diminuire quella
periferica, avvantaggiando i
grandi centri e penalizzando le aree
più disagiate. Rendere le
Province elettive significa ridare
rappresentanza alle istanze
periferiche».
Più tiepida la reazione di Francesco
Agus, consigliere di
Campo progressista. Da presidente
della commissione Autonomia è in
prima linea nel pressing sullo Stato
per fare sì che vengano
restituiti alle Province sarde i
milioni di euro tagliati negli anni.
«Qualora le province dovessero
ritornare a livelli finanziari
accettabili e avere un programma di
sviluppo per il territorio sarebbe
naturale che i loro rappresentanti
venissero eletti direttamente dalla
popolazione - dice l'esponente di
Campo progressista -.
Ma oggi sono
purtroppo enti che pagano a malapena
gli stipendi e portano avanti
solo parte delle competenze
obbligatorie. In una situazione del genere
se ci fossero rappresentanti eletti
ci sarebbero solo ulteriori
problemi. E comunque lo Stato prima
di ripristinare le elezioni
dovrebbe ripristinare le risorse
sottratte alla Sardegna a favore del
Nord Italia». Già ai tempi del
referendum Agus era a favore delle
province. «Del quesito sulle nuove
non presi nemmeno la scheda -
ricorda - perché trovavo assurdo che
si chiedesse a me di Cagliari di
pronunciarmi sulla autonomia di
Olbia o del Medio Campidano». (al.pi.)
L'estate
bollente di M5S e Lega
Ok al
Milleproroghe Dal Senato 148 sì Ora va alla Camera
Dai vaccini allo slittamento della
riforma del credito cooperativo e
di quella delle intercettazioni
telefoniche. Tanti i temi affrontati
dal primo decreto Milleproroghe 2018
- cui ne dovrebbe seguire
l'altro, classico, a fine anno - che
istituisce tra l'altro, il 31
ottobre, anche l'election day
provinciale. Il provvedimento dopo l'ok
del Senato con 148 sì passa alla
Camera che darà la seconda lettura a
partire dall'11 settembre.
Tra i principali punti del decreto,
i
vaccini ; il bonus cultura, che
resta per i diciottenni per tutto il
2018; il rinvio di un anno dello
stop al mercato tutelato gas e
energia, con il termine per la
cancellazione che slitta dal 1° luglio
2019 al 1° luglio 2020; il termine
di applicazione delle nuove norme
sulle intercettazioni che viene
prorogato al 31 marzo 2019; la proroga
dagli attuali 90 giorni a 180 giorni
del termine per l'adesione delle
banche di credito cooperativo (Bcc)
al contratto di coesione che dà
vita al gruppo bancario cooperativo.
Entro il 31 ottobre 2018 dovrà
inoltre essere approvato il decreto
che rende operativo il fondo salva
risparmiatori delle banche venete e
dei quattro istituti in
risoluzione.di Silvia
GasparettowROMALa riforma della legge Fornero
sarà nel menu della prossima
manovra. Se reddito di cittadinanza e
flat tax, per essere «compatibili»
con i conti, potranno muovere solo
i primi passi, governo e maggioranza
sono al lavoro per mettere a
punto i dettagli di un altro cavallo
di battaglia sia della Lega sia
del Movimento 5 Stelle.
E la misura, che dovrebbe costare
attorno ai 4
miliardi, sarà inserita nella
prossima legge di Bilancio che salirebbe
così a circa 26-27 miliardi, in
linea, si osserva nella maggioranza,
con il peso delle manovre degli
ultimi anni dei governi a guida Pd. A
spingere per un segnale «entro
l'anno» era stato nelle scorse
settimane il leader della Lega,
Matteo Salvini, cui aveva fatto eco,
assicurando che l'esecutivo stava
elaborando la misura, lo stesso
vicepremier Luigi Di Maio.
Il leader M5S ha confermato ora
anche
l'arrivo imminente della proposta
per tagliare le pensioni d'oro. Una
scelta «simbolica», un «atto di
giustizia e di equità», come ha
sottolineato il sottosegretario
Claudio Cominardi, che dovrebbe
portare, però, risparmi per meno di
200 milioni da indirizzare verso
«le pensioni minime». Il
provvedimento, che dovrebbe essere
calendarizzato a settembre, viaggerà
quindi in parallelo alla legge di
Bilancio che conterrà invece «quota
100». Ancora da stabilire, sempre
guardando ai vincoli dei conti, se
si farà anche «quota 41», cioè la
possibilità di lasciare il lavoro a
qualsiasi età avendo versato
contributi per 41 anni e mezzo.
L'asticella dell'età per quota 100
dovrebbe invece essere fissata a 64
anni e l'altro paletto per
limitare la platea sarà quello dei
contributi figurativi, che potranno
essere conteggiati con dei limiti
(si è ipotizzato per massimo 2
anni). Con la legge di Bilancio il
governo sta valutando anche di fare
un passo ulteriore per spingere gli
investimenti degli enti locali,
liberando circa un altro miliardo,
dopo lo sblocco di oltre 2 miliardi
di avanzi di amministrazione di
Comuni e Regioni in arrivo con il
decreto Milleproroghe.
«Si ritorna a sistemare scuole,
strade e
infrastrutture», ha spiegato il
viceministro all'Economia Massimo
Garavaglia. Il rilancio degli
investimenti, peraltro, è uno dei
«pallini» del ministro Giovanni
Tria, che a metà settimana dovrebbe
fare un altro punto con il premier
Giuseppe Conte e con gli altri
ministri economici prima della pausa
estiva. Sul tavolo anche il nodo
dell'Iva: per evitare gli aumenti
vanno trovati 12,4 miliardi e nei
giorni scorsi sono circolate ipotesi
di aumenti selettivi per
recuperare risorse ma i due
vicepremier hanno ribadito la chiara
volontà politica di evitare aumenti
di tasse.
Intanto oggi il governo
incasserà il via libera definitivo
al dl dignità, senza fiducia.di
Michele EspositowROMAL'estate della
Rai, delle Grandi Opere e della
sfida ai vincoli europei. Con, sullo
sfondo, il voto in 4 Regioni e
alle Europee. Nel mese di agosto
saranno questi i tre binari sui quali
si giocherà la partita, politica,
elettorale e finanziaria, tra Matteo
Salvini e Luigi Di Maio in un campo
che vede incrociarsi nomine
pesanti, bandiere elettorali e
necessità legate ai conti pubblici.
Mercoledì, nel nuovo vertice
convocato a Palazzo Chigi dal premier
Giuseppe Conte sulla manovra si
parlerà anche dei nodi delle
infrastrutture e di quello legato a
viale Mazzini. Con una
possibilità, seppur flebile,
all'orizzonte: che lo stallo sulla
presidenza della Rai si sblocchi
poco dopo Ferragosto.
L'impasse sul
nome di Marcello Foa genera una
situazione che, chi è a conoscenza del
dossier, definisce in «alto mare».
«Sulla Rai non stiamo pensando a
niente, le ipotesi di sostituire Foa
non sono attendibili», fanno
notare fonti della Lega. Ma su Foa,
allo stesso tempo, sembra
assottigliarsi il sostegno del M5S.
Con un doppio corollario, tutto a
carico di Salvini: individuare una
carica che possa in qualche modo
«compensare» il giornalista
italo-svizzero e trovare, per la
presidenza della Rai, un nome che
sia proposto della Lega ma che vada
bene anche a M5S e FI. L'intenzione
di Salvini è non perdere tempo
anche perché lo stallo sulla
presidenza si traduce in uno stallo sulle
direzioni di Rete e dei Tg.
E la Lega punta tutto su Tg1 e Tgr.
Per
ora a circolare sono nomi che hanno
poche speranze di avere l'ok della
Vigilanza, come quello di Giovanni
Minoli, sul quale c'è il veto di
FI. Mentre, in queste ore, nel M5S
fa da mediatore anche il presidente
della Camera Roberto Fico, che nel
pomeriggio incontra i capogruppo Pd
assieme alla presidente del Senato
Elisabetta Casellati. Al vertice di
mercoledì, «a latere» dei temi
economici si parlerà anche di Grandi
Opere. La polemica tra M5S e Lega
infuria ma, assicurano fonti
dell'esecutivo, la tensione per ora
resta in superficie. «Non c'è
alcun litigio», spiegano fonti del
Carroccio. Le visioni, tuttavia,
restano differenti.
La linea di Salvini resta quella di
andare avanti
sulle Grandi Opere e di non chiudere
Ilva. L'Italia ha bisogno di
infrastrutture moderne e di acciaio
per le nostre imprese, è il
ragionamento che si fa nel quartier
generale leghista. Il M5S, per
ora, basa qualsiasi giudizio sugli
esiti delle analisi costi-benefici.
Ma il rischio è che, già su queste
ricognizioni si alzi la tensione
con la Lega. Nel Movimento, ad
esempio, si sottolinea che un giudizio
sarà espresso solo sui dati «finali»
e non su quelli «parziali», come
ha fatto Salvini in questi giorni.
E, anche sul team che il Mit
metterà in campo per la valutazione
della Tav, nel Movimento si guarda
con qualche sospetto alla
«sorveglianza» della Lega.
La squadra sarà
completata per settembre e tra i
nomi circolati in queste ore gli
unici sui quali c'è la conferma del
governo sono quelli di Marco Ponti
e Franco Ramella, personalità che in
passato non hanno certo tifato
per la Tav. L'impressione è che nel
gioco di «do ut des» tra M5S e
Lega sia più il Tap che la Tav, al
momento, a vedere luce verde. Anche
perché le salate penali previste sul
gasdotto potrebbero avere effetto
su una manovra che si annuncia un
percorso a ostacoli tra le promesse
elettorali di M5S e Lega e i margini
strettissimi dei conti. Su un
punto Salvini e Di Maio non sembrano
dare margini al ministro Tria:
reddito di cittadinanza e flat tax
vanno almeno avviate. La seconda,
per la Lega, si applicherà
innanzitutto alle partite Iva.
Puddu,
petizione contro l'investitura
Una petizione per chiedere
l'annullamento della candidatura di Mario
Puddu, alla carica di governatore
per il Movimento 5 stelle. Finisce
in rete la prima polemica post
regionarie che hanno incoronato l'ex
sindaco di Assemini. La petizione è
stata pubblicata sul sito
change.org e denuncia una «evidente
infrazione del nostro codice
etico». Il riferimento è al rinvio a
giudizio di Puddu con l'accusa di
abuso d'ufficio per il quale lo
stesso ha chiesto il giudizio
abbreviato. Sino a ieri erano 104 le
firme di una petizione che può
essere sostenuta da chiunque voglia
registrarsi e sottoscriverla.
Dunque, risulta difficile capire
quanti attivisti hanno partecipato
alla votazione. La polemica è nata
in una pagina Facebook chiamata
Sardegna a cinque stelle in cui si
chiede a Luigi Di Maio, di «fermare
questa azione politica al fine di
tutelare lo statuto del Movimento
affinché nessuno si senta
autorizzato a infrangere le regole».
Il candidato governatore
pentastellato, Mario Puddu, ha chiuso le
regionarie con 981 preferenze su
1.804 votanti, pari al 54%. Sulla
polemica sollevata da alcuni
attivisti dice: «Il primo che si sveglia
si inventa una petizione, oltretutto
partita su presupposti fasulli e
quindi con un chiaro intento
diffamatorio». Sui contenuti della
petizione, Puddu sottolinea che «si
basa su un non ben precisato
codice etico, che non viene violato
in nessun modo dalla mia
posizione, vagliata e sostenuta da
tutto il Movimento 5 stelle».
M. S.
Conferenza
dei capigruppo
Mura, a
settembre il voto alla Camera sulle dimissioni
La Camera discuterà a fine
settembre, e forse più in là, le dimissioni
da deputato di Andrea Mura. Ieri la
conferenza dei capigruppo a
Montecitorio ha fissato il
calendario delle sedute che avranno luogo
nelle prime due settimane di
settembre, al termine della pausa estiva.
La Camera riprenderà i lavori l'11
settembre per discutere le mozioni
Gelmini sulle delocalizzazioni e
Carnevali sul reddito di inclusione e
la discussione generale sul decreto
milleproroghe, con voto previsto
nei giorni 12 e 13.
La conferenza dei capigruppo si
riunirà in una data compresa tra l'11
e il 18 settembre e deciderà la data
del voso sul caso Mura. Sino ad
allora Mura continuerà a incassare
la sua indennità di parlamentare
che, considerate le ulteriori
assenze che si sommeranno dalle
dimissioni in poi, dovrebbe essere
di circa 7mila euro mensili.
Il deputato del Movimento 5Stelle si
è dimesso sabato scorso dopo che
Ugo Cappellacci (FI) aveva reso
pubblici i dati sulle sue assenze alla
Camera. Qualche giorno dopo Mura
aveva rilasciato un'intervista nella
quale aveva detto, tra l'altro, che
la politica si può fare anche in
barca. Poco dopo il Movimento
l'aveva scaricato. «Sono stato oggetto
di un linciaggio mediatico senza
precedenti, di accuse ignominiose su
affermazioni da me mai pronunciate,
che nessuno ha mai verificato», ha
scritto Mura nella lettera al
presidente della Camera.
ROMA.
Fascicolo aperto
Attacco
sul web a Mattarella: in campo gli 007
ROMA La procura di Roma indaga sugli
attacchi web al presidente Sergio
Mattarella arrivati tra il 27 e il
28 maggio scorsi, subito dopo il no
del capo dello Stato all'ipotesi di
Paolo Savona come ministro
dell'Economia del governo Lega-M5S.
Attentato alla libertà del
presidente della Repubblica e offesa
all'onore e al prestigio del capo
dello Stato i reati ipotizzati nel
fascicolo, al momento a carico di
ignoti, nel quale si indaga su una
presunta regia dietro gli attacchi
giunti dalla Rete.
Coordinano le indagini il
procuratore aggiunto Francesco Caporale, del
pool antiterrorismo della procura, e
il pm Eugenio Albamonte. Il
giorno in cui il Quirinale bocciò il
ministro proposto per il
dicastero di Via XX Settembre,
migliaia di insulti e inviti alle
dimissioni si riversarono in poche
ore sul web diretti al capo dello
Stato. In particolare, su Twitter si
registrarono quel pomeriggio
centinaia di nuovi profili, che la
polizia postale ha dimostrato esser
tutti riconducibili a un'unica
origine. Da qui l'indagine volta a
verificare se ci sia stata una regia
dietro gli attacchi al Quirinale
proprio nel momento in cui si
decidevano le sorti del governo
gialloverde.
Gli inquirenti vogliono inoltre
chiarire se dietro questi attacchi
possano esserci operatori russi
specializzati in troll, gli account
anonimi che sui social lanciano
messaggi provocatori finiti al centro
del cosiddetto Russiagate, durante
l'ultima campagna elettorale
statunitense. Nel pomeriggio di ieri
sulla vicenda è stato audito dal
Copasir Alessandro Pansa, direttore
generale del Dipartimento
informazioni per la sicurezza.
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Federico
Marini
skype:
federico1970ca
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