Questa foto per la Associated Press è stata tra le "top
news" del giorno e nella selezione settimanale delle foto dal mondo. Tantissimi giornali statunitensi, inglesi, spagnoli e australiani l'hanno
pubblicata per accompagnare la notizia del recupero o spesso per fare il punto
sulle politiche migratorie europee.
In Italia niente. I photo editor, come spesso avviene, non ti rispondono
nemmeno se non li conosci di persona. Chi mi conosce sa che non mi lamento mai
in generale ed in particolare di questo sistema, vado avanti con altre risorse
e con il metodo che credo sia giusto.
Si è parlato poco di Open Arms perché quest'ultima non considera l'Italia un porto sicuro per i migranti e per lei stessa. Al momento la Open Arms è ancora in porto a Algeciras, bloccata da cavilli burocratici da parte delle autorità spagnole.
L'Acquarius invece è in attesa di un porto e tutti i Paesi europei stanno scaricando la responsabilità. È una guerra palese alle organizzazioni umanitarie: i governi vogliono occuparsi direttamente dei migranti e non vogliono avere vicino organizzazioni che denunciano chi non tutela i diritti fondamentali.
Con il nostro lavoro a volte possiamo fare qualcosa perché oggi la comunicazione è fondamentale, in tutti i settori. Possiamo raccontare la realtà senza compromessi e dire con ogni mezzo a disposizione quello che vediamo in prima persona. Io ho visto una persona che lottava per la vita con ogni mezzo.
Poco prima si era buttata in acqua perché pensava fossimo
libici e aveva scelto di morire nel buio del mare aperto. Quando i suoi
compagni di viaggio gli hanno spiegato chi eravamo ha iniziato a combattere per
prendere il giacchetto di salvataggio e poi mettersi in salvo sul gommone.
Aveva scelto di morire a poco più di 20 anni perché non voleva tornare in Libia
ed essere torturato ancora in attesa che la famiglia pagasse un nuovo riscatto.
Questo è quello che ho visto.
Di crociere e "pacchie" nemmeno l'ombra.
Recupero e soccorso in mare da parte della Open Arms in acque internazionali
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