domenica 10 marzo 2019

Il tempo del coraggio. Lista unitaria progressista, progetto nuovo. Di Simone Oggioni.



La piazza dei sindacati, la grande manifestazione anti-razzista di Milano, la partecipazione sopra le aspettative alle primarie del Pd e la netta vittoria di Zingaretti possono aprire una fase nuova. Sono segnali importanti. C’è vita su Marte, possiamo finalmente dire. In quel pianeta desertificato, frammentato, sfibrato che negli ultimi anni è stata la sinistra italiana si vede la traccia di una controtendenza. Ma attenzione ai fuochi fatui. Ora inizia il difficile.

Sarebbe un errore – lo dico con il massimo del rispetto – dedurre dalle primarie di domenica scorsa l’idea che il Pd sia la risposta al bisogno di sinistra che ha il nostro popolo e, ancora prima, il Paese.
Il Pd in questi anni è stato parte rilevante del problema, non della soluzione. Lo pensano i 300 mila elettori non Pd che sono andati alle primarie proprio per segnalare un’apertura di credito e un interesse verso una discontinuità. E gli stessi elettori di quel partito che hanno votato Zingaretti proprio in nome del cambiamento.

Sarebbe sbagliato scambiare la partecipazione dei primi e quella dei secondi per una delega in bianco. In cosa consiste, allora, questo cambiamento possibile? In tre cose, fondamentalmente. Lo hanno detto bene Roberto Speranza prima e Giuliano Pisapia poi, intervistati da Repubblica.

Innanzitutto nei programmi: quel che dici, quel che sei, quel che rappresenti. Tra le file ai gazebo delle primarie e le file alle Poste per il reddito di cittadinanza c’è ancora, sul piano sociale, una discrepanza importante. O la sinistra torna a essere tra gli operai e i disoccupati, tra i precari e i pensionati oppure non c’è partita. Con il ceto medio riflessivo non vai al governo. E se ci vai fai al più qualche correttivo sul terreno dei diritti civili, non cambi la struttura del mondo del lavoro e i rapporti di forza nella società. Prendiamo per le corna il toro del lavoro: investimenti, piano per l’occupazione, salario minimo orario, diminuzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Cose toste: Corbyn e non Blair. Sanders e non Clinton.

Poi i simboli: Zingaretti ha una grande responsabilità. Dare il via libera a una lista unitaria progressista nuova, che sia il primo passo di un percorso costituente di un nuovo soggetto democratico e progressista, che faccia argine contro le destre e costruisca su basi diverse. Se sulla scheda per le elezioni europee ci sarà il simbolo del Pd penso che non ci saranno i voti di tanti delusi, di un pezzo importante del popolo del centrosinistra (si guardino bene i risultati di Abruzzo e Sardegna, con la coalizione sopra il 30% e il Pd tra l’11 e il 13).

Infine le facce, che sono anch’essi simboli. Non capire che esiste un problema di credibilità e di rinnovamento è miopia pura. Chi lo sta facendo notare anche in questi giorni ha ragione. Per questo il tema non può essere il rapporto tra il Pd e Mdp, tra il Pd e quelli che vengono chiamati ancora oggi gli scissionisti. Se la impostiamo su questo terreno abbiamo già perso. Noi vogliamo e dobbiamo costruire la sinistra dei prossimi trent’anni, non ricostruire quella degli ultimi venti.

Per me, per noi, lo si deve fare ascoltando l’intelligenza delle figure autorevoli che hanno guidato in questi anni e la loro – più volte ribadita – disponibilità nel facilitare un ricambio. Occorre passare il testimone: questa è stata una delle ultime indicazioni di Alfredo Reichlin. Non farlo, non dare il la a una operazione nuova, radicale e credibile, sarebbe davvero un errore mortale, un errore che non ci possiamo permettere.

Di Simone Oggioni

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