martedì 3 aprile 2018

Rassegna stampa 03 Aprile 2018


Scritte contro il sindacato «Cisl complice della Rwm»

l'intimidazione
di Antonello Palmas
CAGLIARI

Sulle bombe in Yemen scoppia la polemica: a far da detonatore alcune scritte ingiuriose contro la Cisl di Cagliari, accusata di essere «complice della Rwm»: sono comparse due notti fa di fronte alla sede principale a Cagliari, all'angolo tra via Ancona e via Brescia. E la targa con il simbolo del sindacato sul palazzo di via Ancona è stata imbrattata con alcuni spruzzi di vernice nera. La fabbrica di ordigni Rwm di Domusnovas, di proprietà del gruppo tedesco Rheinmetall, è da diverso tempo al centro di polemiche per l'esportazione di bombe che, secondo le denunce pubbliche fatte da movimenti pacifisti e partiti indipendentisti, verrebbero utilizzate nella guerra in Yemen.

Su questa ipotesi era stato pubblicato anche un servizio sul New York Times che dimostrava come le armi vendute ai sauditi erano le stesse utilizzate nel terribile conflitto yemenita. Che il clima si stia scaldando lo conferma il fatto che qualche giorno prima erano già apparse altre scritte con la vernice spray rossa, sui vetri esterni dell'aula magna di Ingegneria, in quel caso contro Giacomo Cao, docente della facoltà e presidente del Distretto aerospaziale della Sardegna: «Dass ricerca per la guerra» e «Cao schiavo dei militari».

La reazione è stata immediata: la Fit Cisl Sardegna sulla pagina Facebook della federazione trasporti del sindacato sardo ha affermato di condannare il «grave atto intimidatorio cui è stata oggetto, ancora una volta, la sede della Ust Cisl di Cagliari». E ancora: «Respingiamo con forza tutti i tentativi di chi vuole fermare con le intimidazioni e la violenza quanto tutti i giorni viene svolto dalla Cisl dai suoi dirigenti e dagli operatori a favore dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati e delle famiglie di tutto il territorio».

Il segretario territoriale della Cisl di Cagliari Mimmo Contu entra maggiormente nel merito del significato politico dell'atto: «Penso che sia molto inappropriato dare responsabilità ai lavoratori e ai sindacati: è un metodo che riteniamo scorretto e quanto di meno democratico possa essere fatto. Il sindacato e i lavoratori difendono il lavoro, lo hanno sempre fatto e sempre lo faranno.

Abbiamo già segnalato il fatto alle autorità competenti e siamo preoccupati, perché un analogo gesto era stato fatto il 21 dicembre 2015 nel momento in cui era in piedi la vertenza sui posti di lavoro nella base aerea di Decimomannu». Sullo stesso tono il segretario regionale Cisl, Gavino Carta: «La Cisl difende il lavoro, non l'attività, e credo sia ingeneroso scaricare le responsabilità sul sindacato.

Piuttosto, il vero tema sul tappeto e che deve essere affrontato è quello della riconversione, ma gli ultimi esempi non sono incoraggianti - sottolinea -, abbiamo avuto l'esempio della base statunitense a Santo Stefano (La Maddalena) e, in ultimo, quello della base aerea di Decimomannu (Cagliari), dove una parte di lavoratori è stata spostata verso la Regione, ma altri sono rimasti senza occupazione. Quindi - aggiunge Carta - il tema è anche nazionale: trasformare la nostra industria e renderla eticamente responsabile. Ecco allora che ci sembra sbagliato l'obiettivo.

Speriamo che la Pasqua possa illuminare i pensieri e i cuori di chi ha fatto questo gesto, per offrirgli una visione più chiara della situazione». Condanna del gesto anche da parte di Arnaldo Scarpa, presidente del Comitato riconversione Rwm per la pace e il lavoro sostenibile, che su facebook afferma: «Nel condannare ogni atto vandalico e ogni mancanza di rispetto verso lavoratori e sindacati, non posso non ribadire che prestare il fianco ad attività deleterie come la produzione di bombe destinate ad alimentare un sanguinoso ed impari conflitto come quello in Yemen, è contro ogni principio di solidarietà umana e cristiana.

Proprio contro quei valori sui quali è nata e dovrebbe proseguire l'azione sindacale. Si vuole difendere il lavoro? Ci si batta allora per la riconversione della produzione a fini pacifici. Mantenere lo status quo significa pagare col sangue del popolo yemenita gli stipendi della Rwm»


CAGLIARI. Bombe, minacce alla Cisl: «Siete complici della Rwm»
Scritte davanti alla sede di via Ancona, indaga la Digos

Hanno agito di notte, tra Pasquetta e ieri, in via Brescia a Cagliari. Con la vernice rossa hanno imbrattato un muro con la scritta “Cisl complici Rwm” proprio davanti alla sede del sindacato. Un messaggio intimidatorio preceduto, qualche giorno fa, dal lancio di vernice nera contro l'insegna della stessa Cisl. L'accusa di essere vicini, addirittura complici della fabbrica di armi con sede anche in Sardegna a Domusnovas, arriva a pochi giorni da un altro inquietante episodio: il blitz nella facoltà cagliaritana di Ingegneria con le scritte ai danni di Giacomo Cao, presidente del Distretto aerospaziale della Sardegna, “Dass ricerca per la guerra” e “Cao schiavo dei militari”.

LE INDAGINI I vertici del sindacato hanno subito richiesto l'intervento delle forze dell'ordine. Sono intervenuti gli agenti della squadra volante e gli esperti della Scientifica. Le indagini sono state affidate alla Digos. Chiara la matrice antimilitarista, così come nell'intimidazione di una settimana fa contro Cao. È probabile che i due episodi siano collegati. La tensione dunque cresce e l'11 aprile, alle 10, il movimento “A Foras - Contra a s'ocupatzione militare de sa Sardigna” ha organizzato un presidio davanti al rettorato di Cagliari per dire “fuori i militari dall'Università”.

LA CONDANNA La Cisl ha subito condannato con forza il gesto. «Il sindacato - spiega il segretario regionale, Gavino Carta - difende il lavoro, non l'attività. Stiamo parlando di duecento dipendenti. Cercare eventuali nostre responsabilità è una forzatura. Siamo molto sereni». Poi aggiunge: «Sarebbe necessario lavorare sulla riconversione, nonostante in passato ci siano stati dei precedenti non proprio incoraggianti. Il problema deve essere posto allo Stato, non al sindacato».  Sulla stessa linea Marco Nappi, segretario generale della Femca-Cisl: «Noi siamo con i lavoratori. Se si vuole fermare un'attività produttiva bisognerebbe sapere come sostituirla. In Sardegna le incompiute e le scelte sbagliate sono state troppe».

Ferma condanna del «grave atto intimidatorio» anche da parte della Fit Sardegna: «Come sindacato dei Trasporti respingiamo con forza tutti i tentativi di chi vuole fermare con le intimidazioni e la violenza quanto tutti i giorni viene svolto dalla Cisl».

LA SOLIDARIETÀ Un messaggio di vicinanza è arrivato dal sindacato di Polizia del Siulp: «Esprimiamo la solidarietà per le minacce ricevute dalla Cisl accusata di favorire la ditta Rwm di Domusnovas», commenta il segretario regionale Salvatore Deidda. «Solo chi ha una visione distorta non capisce la differenza tra difesa dei lavoratori e difesa dell'attività d'impresa. Siamo convinti che gli autori delle scritte saranno identificati e perseguiti. Il dialogo tra sindacato e lavoratori è condizione imprescindibile per garantire la libertà di associazione della nostra Costituzione».

Matteo Vercelli

Gli antimilitaristi: contrari alla violenza
L'indignazione del Sulcis «Un atto da codardi e una gogna non meritata»

Rabbia e indignazione. E c'è chi esprime giudizi ancora più forti:
«Atto da veri codardi, da perfetti vigliacchi». I sindacati hanno una
reazione furente dinanzi alle minacce nei confronti della Rwm di
Domusnovas e della Cisl. Una rabbia aumentata dal fatto che nella
annosa polemica, che si trascina da anni, sono in ballo molti posti di
lavoro.

Non nasconde la vergogna per quanto accaduto la stessa Cisl
provinciale. «Gesto indegno in una società civile ma doppiamente
preoccupante», afferma il segretario confederale Roberto Fallo.
«Intanto perché è l'ennesimo segnale di qualcosa che in verità si
trascina da mesi. Ce lo aspettavamo e bisogna aspettarsi altri
comportamenti simili», ammonisce il dirigente sindacale. «Ma
soprattutto chi agisce in questo modo dimentica che a subirne le
conseguenze possono essere onesti lavoratori, i quali non meritano la
gogna cui vengono sottoposti».

In perfetta sintonia anche la Filctem Cgil, con il segretario
Francesco Garau che, nel condannare quanto avvenuto, esprime giudizi
anche più severi: «Siamo davanti a gesti di codardia soprattutto
perché rivolti verso chi difende tutti i giorni i diritti dei
lavoratori e in sostanza il lavoro in un Sulcis Iglesiente martoriato
dalla crisi». Garau incalza: «Occorre ricordare che tutto ciò avviene
in un clima che, ciclicamente, ritorna avvilente e preoccupante».

Una condanna senza repliche arriva dagli amministratori comunali di
Domusnovas: «Fesserie che meritano solo profonda riprovazione», sbotta
il vice sindaco Angelo Deidda. La stessa manifestata dal segretario
provinciale Uil della Funzione pubblica Efisio Aresti: «Siamo dalla
parte dei colleghi, sono atti che non portano a nulla ma si
squalificano da soli». Parole che dimostrano una volta di più come il
mondo sindacale sia compatto.

Severo anche il giudizio dei dirigenti del Comitato della
riconversione dello stabilimento, i quali però non rinunciano a
sottolineare la differenza di vedute che, su questo argomento, li
distanzia dal sindacato: «È naturale, condanniamo qualsiasi gesto di
violenza. Compreso questo, che colpisce chi di professione cerca di
aiutare il mondo del lavoro», sottolinea Arnaldo Scarpa.

«Ma ribadiamo
che difendere una fabbrica che genera bombe e morte non rientra fra i
compiti del sindacato, soprattutto per chi si affida nel proprio
mandato sindacale ai principi cristiani di solidarietà e di pace:
capiamo la tutela del lavoro, ma non a tutti i costi, e non abbiamo
mai nascosto le nostre idee di riconversione». Le stesse su cui
insiste l'ambientalista Angelo Cremone: «Quanto avvenuto danneggia una
battaglia civile che occorre continuare a portare avanti: la
riconversione può avvenire in altri mille modi, ripensando ad esempio
ai settori ambientali e sanitari e abbiamo cercato di dimostrarlo con
una iniziativa pacifica che ci ha visto sfilare, su questo argomento,
anche con i sacerdoti». Cremone ricorda una manifestazione contro la
Regione «che continua a tacere».
Andrea Scano

Primi atti della legislatura
Vitalizi e Def, Camera e Senato da oggi al lavoro

ROMA Passate Pasqua e Pasquetta, Camera e Senato riaprono i battenti e
si preparano a muovere i primi passi della 18esima legislatura, con un
occhio alle consultazioni del Quirinale

SI RIUNISCE LA CAMERA La Camera è convocata per oggi alle 14 per
eleggere un segretario di presidenza. In settimana, poi, dovrebbe
riunirsi lo stesso Ufficio di presidenza di Montecitorio. Com'è noto,
il Movimento 5Stelle vuole portare avanti una serie di misure sui
vitalizi dei parlamentari. L'Ufficio, composto dal presidente Roberto
Fico e i suoi 4 vice, da 3 questori e da almeno 8 segretari, ha tra le
sue competenza proprio la condizione dei deputati (indennità,
competenze e altro), la ripartizione dei rimborsi ai partiti per le
spese elettorali, l'organizzazione dell'amministrazione della Camera,
compreso lo stato giuridico ed economico dei funzionari.

DOMANI OPERATIVO IL SENATO Palazzo Madama ha già provveduto
all'istituzione di un'apposita commissione che si occuperà in primis
del Documento di economia e finanza (Def), ma anche di altri
provvedimenti, come quello sulle carceri. Lo scorso mercoledì la
conferenza dei Capigruppo del Senato ha stabilito la nomina di una
“Commissione speciale per l'esame degli atti urgenti presentati dal
Governo”. La Commissione sarà composta da 27 membri, in rappresentanza
proporzionale dei gruppi parlamentari. La prima convocazione è per
domani alle 15, per l'elezione dell'Ufficio di presidenza della
Commissione stessa.

L'annuncio
Salvini: toglierò le sanzioni alla Russia

«Spero di potere presto, dal governo, raccogliere l'appello del
presidente di Confindustria Russia: via queste assurde sanzioni che
stanno causando un danno incalcolabile all'economia italiana!».
Matteo Salvini twitta la sua posizione sulla fine delle sanzioni
internazionali a Putin riprendendo un report di Coldiretti che ha
rilevato come il blocco dell'export in Russia di frutta, verdura,
formaggi, carne, salumi e pesce ha causato una perdita di tre miliardi
di euro rispetto al 2013, l'anno precedente all'introduzione delle
sanzioni.

Al divieto di accesso a questi prodotti - ha chiarito Coldiretti - si
sono aggiunte le tensioni commerciali che hanno ostacolato di fatto le
esportazioni anche per i prodotti non colpiti direttamente, dalla moda
alle automobili fino all`arredamento. Alle perdite dirette - continua
la Coldiretti - si sommano poi quelle indirette dovute al danno di
immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di
prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in
Italy. Con Salvini anche l'europarlamentare di Forza Italia Stefano
Maullu.

Domani le consultazioni al Quirinale, ma resta il nodo-Berlusconi
Governo, trattative al via Prove d'intesa Lega-M5S

ROMA Pausa per la festività di Pasqua, ma da domani si riparte con
l'inizio delle consultazioni del capo dello Stato, Sergio Mattarella.
Tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio prosegue lo scambio di idee e il
confronto, anche se in realtà i nodi difficili da sciogliere sono
quelli legato alla figura di Silvio Berlusconi e alla premiership.
M5S: NO A BERLUSCONI L'elettorato pentastellato giudica negativamente
l'eventuale apertura di un dialogo diretto con il Cavaliere, con il
quale non vuole avere nulla a che fare. La replica degli azzurri è
secca e non lascia via di fuga: «Il centrodestra ha l'onere della
proposta di un governo e affronterà questo passaggio con
responsabilità», ribadisce Anna Maria Bernini, capogruppo in Senato.

E anche sul fronte palazzo Chigi, il Movimento non intende arretrare: il
governo «non può prescindere dalla presenza di Luigi Di Maio come
candidato premier» ripete come un disco rotto Alfonso Bonafede «noi
riteniamo che debba essere lui il candidato premier». E anche Di Maio
non sembra pensare a mollare la presa: «Insieme siamo arrivati fino a
qui e ora non si fanno passi indietro, neppure per prendere la
rincorsa. Continuiamo ad andare avanti insieme e niente ci potrà
fermare».

OGGI INCONTRO SALVINI-DI MAIO Il leader della Lega, dal canto suo, non
demorde crede che si possa trovare un punto di incontro. E non ha
abbandonato completamente l'idea di entrare a palazzo Chigi. In ogni
caso, da premier o da ministro, Salvini conta di essere nel prossimo
esecutivo e di far valere le idee che l'elettorato ha premiato. I due
leader dovrebbero incontrarsi oggi di ritorno dalla breve vacanza di
Pasqua o al massimo mercoledì mattina, in una sede istituzionale come
annunciato nei giorni scorsi, quindi in Parlamento. Oggi invece
dovrebbe rientrare a Roma Silvio Berlusconi, che vedrà prima i
neocapigruppo, Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, per poi
ospitare a pranzo a palazzo Grazioli gli alleati Salvini e Giorgia
Meloni.

La presidente di Fratelli d'Italia è infatti la prima del
centrodestra che salirà al Colle, domani alle 18.30. Per Berlusconi e
Salvini si dovrà attendere il giorno dopo, il 5 aprile. Forza Italia
incontrerà il capo dello Stato alle 11, mentre la Lega alle 12. Il
Partito democratico aprirà invece la seconda giornata di consultazioni
alle 10, mentre i 5Stelle la chiuderanno alle 16.30.

MONSERRATO. Locci si dà 20 giorni di tempo per tentare di ricompattare
la maggioranza Il sindaco si dimette e accusa
Scontro aperto con i due consiglieri “ribelli” dei Riformatori

Dimissioni “provvisorie” in attesa di trovare un equilibrio in
maggioranza e tornare a governare Monserrato. Altrimenti tutti a casa
e si torna al voto, con la possibilità del commissariamento di un
anno. Tomaso Locci lascia improvvisamente la poltrona da sindaco e
punta il dito contro due consiglieri dei Riformatori sardi, Valentina
Picciau e Salvatore Zuddas, che nei giorni scorsi lo hanno attaccato
con un duro comunicato. «Senza di loro - accusa Locci - non ci sono
più le condizioni per poter proseguire, se non creando inciuci contro
i quali ho promesso di schierarmi».

CRISI VERA Ma la crisi politica in Comune era nell'aria da tempo. A
scatenare i malumori, alcune settimane fa, è stato il cambio di
capogruppo degli stessi Riformatori, deciso dai consiglieri Zuddas e
Picciau che avevano sfiduciato il collega di partito Ignazio Tidu.
Immediata la reazione del sindaco che li aveva accusati di “giochi di
palazzo”. Poi la rivendicazione dell'assessorato alla Cultura da parte
del gruppo di maggioranza, Monserrato la tua città, dopo la
sottrazione della delega all'assessore Franco Ghiani nei mesi scorsi.
Fino al duro comunicato dei due consiglieri dei Riformatori che, dopo
l'approvazione del bilancio in Giunta senza nessun passaggio in
commissione, accusano il sindaco di «gestione padronale
dell'amministrazione nella totale mancanza di coinvolgimento e
confronto all'interno della maggioranza».

LE DIMISSIONI L'ultimo atto è la lettera di dimissioni del sindaco,
presentata alla vigilia di Pasqua. «Una scelta obbligata – spiega
Locci - causata dall'uscita dalla maggioranza dei due consiglieri
Picciau e Zuddas: senza di loro non ci sono più le condizioni per
poter proseguire». Ora l'obiettivo è ricompattare la maggioranza e
continuare a fare il sindaco.

«Ho venti giorni di tempo per un
eventuale ritiro delle dimissioni – continua Locci -. Inizia quindi un
percorso nel quale aprirò un confronto con i tre gruppi consiliari,
Monserrato libera, Monserrato la tua città e i Riformatori, che dovrà
svilupparsi su eventuali priorità da dare agli obiettivi contenuti nel
nostro programma, attraverso proposte, iniziative e azioni positive da
condividere. Tutto questo per evitare nuove elezioni. In tale caso i
due consiglieri dei Riformatori dovranno prendersi la responsabilità
per aver interrotto il percorso di rinnovamento della città».
LA REPLICA DEI RIFORMATORI Dura la replica del capogruppo dei
Riformatori, Valentina Picciau.

«Mi chiedo dove il sindaco abbia letto
che io e Salvatore Zuddas siamo usciti dall'attuale maggioranza – dice
-. Questa è una pura mistificazione della realtà. Gli ricordo che la
maggioranza non esiste più da quando i socialisti un anno fa sono
stati messi nelle condizioni di passare all'opposizione e che il
bilancio del 2017 è stato approvato grazie alla minoranza. Quindi non
scarichi su di noi il suo fallimento».
Federica Lai

La Nuova

monserrato
Rottura con i Riformatori il sindaco Locci si dimette
CAGLIARI

Pasqua di dimissioni per il sindaco di Monserrato Tomaso Locci: il
primo cittadino ha lasciato il suo incarico spiegando in una lettera
le motivazioni, squisitamente politiche, del suo addio. Ora ci sono
tre settimane per l'eventuale revoca delle dimissioni: il tempo
potrebbe essere utile per ritrovare gli equilibri evidentemente
saltati nella sua maggioranza. Altrimenti sarà commissariamento e
ritorno al voto. Locci è stato eletto nella primavera del 2016 alla
guida di una coalizione di civiche vicine al centrodestra battendo
l'ex sindaco Antonio Vacca, che invece era sostenuto da una coalizione
di centrosinistra. «La sofferta decisione prettamente di natura
politica, è maturata dopo un'attenta riflessione che ha trovato il suo
compimento a seguito della nota stampa del gruppo consiliare dei
Riformatori. Indirizzerò tutte le mie capacità ed energie,
nell'interesse dei cittadini e della città, per evitare che Monserrato
torni a nuove elezioni».


Nel Pd cresce la fronda pro-M5s
Pronti alla battaglia se non decollerà il governo Lega-Cinquestelle

di Serenella Mattera
ROMA
Vota «scheda bianca», al primo giro di consultazioni, il Pd: spetta a
chi ha vinto le elezioni «l'onore e l'onere» di esprimere il governo,
i gruppi Dem da «minoranza parlamentare» sono pronti a «impegnarsi
all'opposizione». È questo il messaggio, definito tre settimane fa in
direzione, che la delegazione composta da Maurizio Martina, Graziano
Delrio, Andrea Marcucci e Matteo Orfini giovedì mattina ribadirà al
Colle. E fin qui, nessun problema. È su quel che accadrà dopo che già
si agitano gli animi. Perché se il dialogo in corso per un governo di
M5s e centrodestra dovesse mostrare delle crepe, una «fronda» Dem
sempre più numerosa premerebbe per entrare in partita. E chiedere
l'apertura di un dialogo coi Cinque stelle.

Ma è l'intreccio con
un'altra partita, tutta interna, a tenere banco in queste ore nel Pd.
Perché ad aprile dovrebbe essere convocata l'assemblea per eleggere il
nuovo segretario. E le grandi manovre sono già iniziate. In casa
renziana c'è chi accarezza l'idea di far slittare l'assise a giugno,
dopo le amministrative, per avere il tempo di consolidare un candidato
alternativo al reggente Maurizio Martina. Ma i "martiniani" si dicono
convinti che la transizione non possa protrarsi oltre. E dunque la
proposta potrebbe essere quella di convocare l'assemblea, a
prescindere dai tempi per la formazione del governo, entro la fine di
aprile (forse il 22). E lavorare a una scelta condivisa, magari
fissando la data del congresso tra un anno, nel 2019.

Il nome di
Martina è il più accreditato per prendere le redini del partito: su di
lui, con un accordo per il congresso tra un anno, potrebbe convergere
anche la minoranza. Ma dopo il braccio di ferro sulla scelta dei
capigruppo, Renzi potrebbe puntare su un altro nome: se Graziano
Delrio tenesse fermo il suo «no», potrebbero essere lanciati Lorenzo
Guerini o Matteo Richetti. Tra i «dialoganti» del Pd - un'area vasta
che va da Dario Franceschini alla minoranza di Andrea Orlando - c'è
chi è convinto che si debba dare subito un segnale, a prescindere dal
grado di avanzamento del dialogo M5s-Lega. Ma per evitare di farsi
strumentalizzare o di dividersi inutilmente, i più sono persuasi che
il Pd debba fare una mossa se quel dialogo mostrerà crepe. Ma i
renziani tengono il punto: con Di Maio, il governo è impossibile. Più
facile, sostiene qualcuno, sarebbe un sostegno esterno a un governo di
centrodestra.


Il leader leghista raccoglie l'invito degli industriali russi. Più
prudente il M5s Va avanti il confronto sul programma, ma slitta il faccia a faccia con Di Maio La promessa di Salvini: via le sanzioni a Putin
di Michele Esposito
ROMA

Su binari vicini ma paralleli, in direzione Colle. Le feste di Pasqua
non avvicinano né allontanano Lega e M5s, i due grandi protagonisti di
un accordo di governo che appare ancora difficile, ma non impossibile.
Matteo Salvini da Ischia e Luigi Di Maio da Pomigliano d'Arco non
recedono dalle loro posizioni sebbene, nelle ultime ore, i due leader
sembrano esser tornati a porre l'accento innanzitutto sui programmi,
unico terreno di un potenziale incontro.

L'incontro tra i due leader,
invece, non sembra si possa concretizzare a stretto giro. Quasi
impossibile - anche per questioni logistiche - che il vertice Di
Maio-Salvini si tenga oggi o domani. Giovedì i due saranno a Roma, ma
organizzare un colloquio dal sapore dell'intesa nel giorno in cui
saliranno al Quirinale significherebbe certificare un'accelerazione
nel dialogo che al momento non appare all'orizzonte. Possibile, a
questo punto, che il vertice slitti a dopo il primo giro di
consultazioni, magari anche alla settimana prossima. Sui programmi,
invece, qualcosa sembra muoversi.

Nel giorno di Pasquetta Salvini
raccoglie l'invito della Confindustria russa e promette che, una volta
al governo, eliminerà «le assurde sanzioni» contro Mosca, che «stanno
causando un danno incalcolabile all'economia italiana». Punto che vede
il M5s sostanzialmente d'accordo sebbene su posizioni di maggior
equilibrio tra Ue e Russia. Un equilibrio che, negli incontri con le
ambasciate dei Paesi europei in Italia avvenuti nei giorni scorsi, i
«delegati» per gli Esteri Manlio Di Stefano e Emanuela Del Re hanno
tenuto a sottolineare, marcando così una certa - e più rassicurante,
per Bruxelles - distanza dalle più radicali posizioni leghiste. Sempre
ieri il blog del M5s ha lanciato, con un post della candidata ministro
dell'Interno Paola Giannetakis, la proposta di rivedere le misure
anti-terrorismo in Italia.

«Il terrorismo home-grown è un fenomeno
ancora sommerso, quindi è ragionevole prevedere una sua crescita e non
una scomparsa», spiega Giannetakis soffermandosi sulla necessità di
mettere in campo procedure di identificazione veloci per i migranti.
«I dispositivi adottati fin qui a breve non riusciranno a rispondere
con la stessa efficienza», è la tesi con cui il M5s si allontana dalla
linea Minniti facendo un passo verso la Lega proprio nel giorno in cui
tutto il centrodestra si ribella alla decisione di Israele di
trasferire oltre 16mila migranti in Paesi occidentali, tra cui
l'Italia. Eppure i veti incrociati tra Salvini e Di Maio restano, con
il Pd che, almeno per il primo giro di consultazioni, non smetterà la
sua veste di opposizione.

Salvini salirà al Colle nella come leader
della coalizione vincente il 4 marzo. Una coalizione alla quale non
vuole assolutamente rinunciare per un accordo con il M5s, fermo,
invece, sulla volontà di non trattare con Silvio Berlusconi. Di Maio,
pur avendo negli ultimi giorni smussato la forma del suo ragionamento,
non si allontana da un principio ribadito anche nel saluto di Pasqua
ai suoi elettori: «La sfida più importante è formare un governo
rispettando la volontà popolare.

Non si fanno passi indietro». Parole
che ripeterà anche all'assemblea dei gruppi che si riunirà nel
pomeriggio. Ieri il capo del M5s si è limitato a rilanciare il
discorso di insediamento alla presidenza della Camera di Sandro
Pertini, e in particolare il passaggio sull'onestà. Era il 1968 ma per
Di Maio è anche uno degli strumenti chiave per evitare che i suoi
elettori si sentano traditi.


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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