martedì 27 settembre 2016

Procreare. Vivere non è immaginare. Di Anna Borghi.



Decisi da tempo, per mantenere alto il livello della mia consapevolezza, tutelare la capacità di vivere il presente con attenzione, utilizzare una cultura storica esperienziale e non ideologica, di non scrivere di quei fatti che divengono quasi un mantra del “Io ci sono e cosa ne penso”.  Evitare insomma oltre alle bufale del mezzo tecnologico del social network, anche l’omologato pensiero per cui alla fine tutto ci riguarda e su tutto dobbiamo commentare.

Ma si sa come alle regole siano consentiti strappi, così anche io mi lancerò in questa discussione dicendo il mio pensiero. In realtà, no. Parlerò della mia esperienza. Perché è proprio per questa che mi sono sentita tirata per i capelli a scriverne. Trovo di una devastante violenza la campagna promossa dal Ministero della Salute denominata “Fertility day “. A partire dalla scelta del nome, alle squallide dozzinali immagini utilizzate. La fertilità, la sterilità non sono argomenti da social network, da spot televisivo.

Quando si entra così nel privato lo Stato deve sparire.  Non ci si può permettere di sventolare di fronte a tutti (bambini ed adolescenti compresi) una tematica così profonda, visceralmente esistenziale , come se fosse una partita di calcio. Penso e sono vicina alle coppie che non riescono ad avere figli, molte le cause legate anche alla qualità della vita di cui dovrebbe rispondere proprio il ministero e non i soggetti al Ministero.

Sono solidale con quelle giovani che non hanno posto di lavoro garantito e che non saprebbero come mantenerlo un figlio, e se lo negano questo diritto. Sono vicina a quelli le cui patologie acquisite da stress e ambiente ha negato questo desiderio. Sono anche con coloro i quali hanno scelto di non avere figli nel rispetto della propria identità, in modo consapevole e che da sempre devono giustificare questa scelta.

Sono vicina a loro con la mia esperienza di primipara attempata che è riuscita miracolosamente ad avere un figlio a 43 anni senza alcuna cura, ma dopo averlo atteso per più di vent’anni. Dopo aver tergiversato di fronte alle domande invadenti dei parenti di turno, dei conoscenti. Dopo aver digerito le battute inopportune, le sdolcinate retoriche delle amiche in attesa che come lame andavano a scalfire nell’anima il desiderio profondo di stringere una piccola mano dentro la mia.

Ecco.

Credo anche che il polemizzare sulle immagini razziste o meno, sia solo un modo di distrarsi dal tema centrale: lo Stato DEVE fare in modo che chi desideri procreare lo possa fare. Come succede in molti Stati dell’Unione Europea. Con i servizi.  Oltre non vado.

Parliamo di quello nelle nostre bacheche. Anche noi abbiamo armi dialettiche usiamole in modo personale, unico. Ribadiamo la nostra unicità… “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.  Mi compravo gli abiti premaman: questa nelle foto sono io a 19 anni , mentre osservo sorridente il gioco del vento a sostegno dei miei sogni.

Anna Borghi. 

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