venerdì 28 aprile 2017

Il sepolcro di Paschedda Zau è nei nostri cuori. Agli affamatori del popolo, resta una fredda lapide di marmo. Riflessioni sulla rivolta “De su Connottu”, di Pier Franco Devias.



Paschedda Zau, la popolana che scatenò la rivolta de Su Connotu a Nùgoro il 26 aprile 1869, era una donna poverissima. Suo marito era stato ucciso dai carabinieri e lei da sola doveva cercare di sfamare i suoi numerosi figli. A quel tempo lo Stato pretendeva che fossero i Comuni a pagare la costruzione della ferrovia, per cui il consiglio comunale decise di recuperare i soldi necessari vendendo ai privati le terre comunitarie.

Questo gettò nella disperazione le classi popolari, e quindi la stessa Paschedda Zau, che riuscivano a sopravvivere solo grazie a quelle terre, da cui traevano sostentamento per il pascolo, l’agricoltura, il legnatico e il ghiandatico per i maiali. All’avvicinarsi della scadenza del provvedimento il sindaco vigliaccamente si dimise e colui che lo sostituì fece altrettanto, per evitare di assumersi personalmente la responsabilità di misure tanto ingiuste, pur essendone gli artefici.

La rivolta che prese le mosse al grido de “A su connotu!”, nella quale si diede l’assalto al Comune e si bruciarono tutte le carte delle lottizzazioni, era una lotta per la sopravvivenza, dettata dalla disperazione. Era la lotta del popolo contro la tirannia. La lotta del bene comune contro l’avidità e il sopruso del privato.


In vista delle celebrazioni del 26 aprile qualcuno ha cercato in cimitero la tomba di Paschedda Zau.

In cimitero, a Nùgoro, ci sono ancora le sontuose tombe dei sindaci che hanno affamato il popolo, che hanno tolto il pane di bocca ai bambini e alle loro povere madri. Ci sono le tombe dei gran signori che hanno comprato per due soldi le terre rubate alla povera gente, le terre comunitarie che per migliaia di anni i nostri antenati lasciarono in eredità al popolo.

Nessuna tomba ospita i resti di Paschedda Zau. Nessuna lapide su cui poggiare un fiore. Nessuna pietra su cui versare una lacrima per ricordare un’eroina del popolo. Eppure oggi, contro la prepotenza, contro l’ingiustizia, contro i soprusi dello Stato e dei ricchi, è suo - e solo suo - il nome che si ricorda. Il suo sepolcro, ricolmo di fiori, si trova nella nostra memoria, una memoria collettiva come collettive erano le terre che difese a rischio della vita. E dei ladri, degli approfittatori, degli affamatori del popolo, non rimane che una fredda lastra con un nome che nessuno onora e di cui si ricorda solo l’infamia.

Siamo orgogliosi di aver dedicato a questa piccola grande donna del popolo la sezione nuorese di Libe.r.u.

Di Pier Franco Devias


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