venerdì 7 aprile 2017

Rassegna stampa 07 Aprile 2017

L’unione Sarda.

SULCIS-Impietosi i dati Istat. L'imprenditore Deriu: dobbiamo puntare sul turismo. Disoccupazione da record. Il 60 per cento dei giovani non riesce a trovare lavoro

Quando si parla di disoccupazione nel Sulcis il peggio sembra non finire mai. I dati pubblicati dalla Regione nel rapporto sulla “Congiuntura economica, Mercato del Lavoro 2016”, elaborati in base ai dati rilevati dall'Istat, restituiscono una fotografia ancora più drammatica dello scorso anno, per quanto riguarda la provincia di Carbonia- Iglesias.

LA DISOCCUPAZIONE Il tasso di disoccupazione ufficiale è passato dal 17,2 del 2015 al 20,6 del 2016. Cresciuto di tre punti percentuali in appena un anno, a dimostrazione che la crisi purtroppo è ancora molto acuta. I dati più preoccupanti, soprattutto per le conseguenze demografiche che potrebbero avere, riguardano la disoccupazione giovanile: tra i 15 e i 29 anni ben il 60 per cento dei residenti nel Sulcis Iglesiente non lavora. L'ha rilevato l'Istat e lo certifica la Regione ma è un dato che si intuisce già osservando le città e i paesi che si svuotano, una generazione intera che emigra o è sempre più tentata di cercare lavoro altrove.

I FIGLI DELLA CRISI «Questi numeri non ci stupiscono, ma ci rattristano ancora di più - dice Ivano Sais , portavoce dei Figli della Crisi - ormai è da anni che proviamo ad attirare l'attenzione delle istituzioni sul vuoto che inghiotte noi giovani. Le possibilità di lavoro sono sempre di meno e sinceramente è difficile sperare in una ripresa. In passato, come Figli della Crisi, siamo stati anche ricevuti dal Prefetto, ma purtroppo non è seguito nulla di concreto. Per chi è in serie difficoltà economiche diventa un rebus anche pagarsi l'abbonamento del pullman per raggiungere la scuola».

I DATI Numeri impietosi, ancora una volta e ancora di più. Ma secondo qualcuno le cifre reali potrebbero anche essere peggiori. «Riteniamo che la disoccupazione giovanile sia prossima al 70 per cento - commenta Fabio Enne , segretario della Cisl - perché ai dati ufficiali dobbiamo aggiungere chi è talmente scoraggiato che neanche si iscrive all'ufficio di collocamento. La disoccupazione è in continuo aumento e, lo dico a malincuore, non potrebbe essere diversamente: la crisi delle fabbriche, la crisi dell'edilizia, nessuno degli investimenti promessi in infrastrutture, servizi, turismo si è ancora concretizzato. Con un simile scenario la situazione resta immobile, o addirittura peggiora».

L'IMPRENDITORE «Voglio rimanere fiducioso - dice Ninetto Deriu, imprenditore di Iglesias - se si sceglie di sbloccare il turismo e incoraggiare l'edilizia, l'economia può di sicuro migliorare mettendo in moto un indotto notevole». I numeri sulla congiuntura economica non stupiscono la Cgil . «Probabilmente il tasso di disoccupazione è anche più alto - osserva il segretario Roberto Puddu - ma nei prossimi mesi dovremmo raccogliere i frutti di diversi investimenti che si concretizzeranno e questi potrebbero dare nuova linfa al territorio, provato da anni di crisi continua».

Antonella Pani


La Nuova

Renzi ha convinto gli elettori ma nel PD c'è il nodo elezioni
La sinistra del partito ha il timore che seguendo la linea dell’ex
premier si corra il rischio di arrivare per inerzia alle larghe intese
con Silvio Berlusconi

di Luciano Marrocu

Dunque è certificato, il Pd può ora dirsi il partito di Renzi. Lo
dimostrano le cifre con cui l'attuale segretario ha vinto il primo
atto delle primarie: il 68 per cento contrapposto al 25 del suo
principale rivale. Un esito così netto conduce a due constatazioni.
Che una consistente maggioranza degli iscritti si è dimostrata
convinta della sua attuale linea politica (quanto agli insuccessi del
recente passato o non li considera tali, o glieli ha perdonati). Che
soprattutto lo riconosce come un leader tutt'altro che provvisorio,
vedendo in lui l'unico capace di affrontare i problemi del paese, di
trarlo fuori dalla palude in cui si dibatte da decenni, di fargli
insomma "cambiare verso". Solo analisi sociologiche quali quelle che
conduce l'Istituto Cattaneo di Bologna, ci consentiranno di capire le
radici profonde di questa vittoria.

Di capire cioè quanto di essa è
dovuta al personale carisma di Renzi, alla sua capacità di mantenere
un rapporto diretto con gli iscritti a un partito che per quanto si
stia progressivamente svuotando li conta ancora a centinaia di
migliaia (infinitamente di più, comunque, dei clic elettronici che
Grillo e Casaleggio possono mettere in campo). E quanto, invece,
questi voti siano passati attraverso il filtro dei capicorrente
nazionali e dei loro emissari locali. In che misura, in altre parole,
il Pd si stia muovendo verso il modello del partito personale stile
Movimento 5 Stelle o Forza Italia. I sondaggisti, ai quali per altro
da un po' di tempo a questa parte non ne va bene una, sono concordi
nel ritenere che il secondo atto del rito delle primarie - quando cioè
verrano chiamati a votare anche i votanti e simpatizzanti non iscritti
- non potrà rovesciare i risultato.

Prevedono, i nostri sondaggisti,
che andranno a votare tra 1,5 e 2 milioni di persone e che le
percentuali registrate in questa prima fase verranno grosso modo
confermate: salvo nel caso di Emiliano che, grazie al voto
meridionale, potrebbe andare oltre il 10 per cento. C'è quindi, almeno
in questa prima fase, un vincitore: Matteo Renzi. E c'è uno sconfitto:
Andrea Orlando. Bene ha fatto quest'ultimo a non insistere più di
tanto sulle opacità e su alcune irregolarità delle votazioni, sapendo
bene come sia fisiologico che in una battaglia politica che è anche
una battaglia delle tessere ci siano state ruvidezze da una parte e
dall'altra. Orlando ha puntato sulle debolezze della linea di Renzi,
sul fatto che a suo giudizio ne consegua l'isolamento a sinistra,
rischiando di arrivare per inerzia alle larghe intese con Berlusconi.
In quel poco di discussione che si è svolta nei circoli, i sostenitori
di Orlando hanno detto come Renzi, uomo del maggioritario, stia
isolando il partito rendendolo inadeguato ad affrontare le uniche
elezioni che contano, le politiche del prossimo anno.

Queste ultime
infatti, senza all'orizzonte una nuova legge elettorale, si
svolgeranno probabilmente con l'attuale legge proporzionale.
Ragionamenti non privi di fondamento, ignari però del fatto che il
tipo di leadership che Renzi sembra in grado di esercitare sul Pd gli
consentirà di muoversi con grande libertà nel panorama del dopo
elezioni. E se un Pd primo partito è ovviamente l'opzione preferita, è
pronto anche un piano B in grado di lasciare Renzi al comando del Pd,
nel caso che giunga alle spalle dei 5 Stelle. Insomma, la nuova fase
di cui qualcuno ha parlato consisterebbe in questo che Renzi,
presentatosi alla platea nazionale con il sonoro 40 per cento delle
elezioni europee del 2014, sarebbe ora un Renzi per tutte le stagioni.
Non esclusa una nella quale si dovesse trovare a ragionare in un
quadro politico confusamente tripolare.

All'uomo non manca la
disinvoltura per reinventare la forma della sua leadership e
trasformarsi in un perfetto proporzionalista. Non gli mancano le
frequentazioni adatte. Per quanto momentaneamente appassita,
l'amicizia con Verdini può sempre rifiorire. Andare a trovare
Berlusconi ad Arcore, non dimentichiamolo, fu la prima mossa di Renzi
sul piano nazionale. Sull'altro versante, ammesso che di un altro
versante si tratti, è di pochi giorni fa l'apertura verso i 5 Stelle
nella persona di Davide Casaleggio. Quanto a "cambiare verso al paese"
se ne parlerà in futuro. Rimane viva per ora l'antica promessa "di non
mettere le mani in tasca degli italiani".

La Nuova

D’Alema, avance a Pisapia: «Lavoriamo a un’alleanza»
a sassari il leader mdp, di Vincenzo Garofalo

SASSARI Mdp strizza l’occhio al Campo progressista di Pisapia e alla
Sinistra italiana di Fratoianni. Il Movimento nato dalla diaspora del
Pd lancia le sue avances da Sassari e lo fa con le parole dell’ex
presidente del Consiglio Massimo D’Alema, sbarcato in Sardegna proprio
per presentare il nuovo politico formato dall'unione tra gli ex Pd di
Bersani e Speranza e gli ex Sel di Scotto: «Secondo i dati degli
ultimi sondaggi, fra le tre liste Mdp, Sinistra italiana e Campo
progressista, solo una supera lo sbarramento elettorale.
Complessivamente invece le tre forze valgono più della metà del
Partito democratico», sostiene D’Alema parlando davanti a una platea
di duecento persone, radunate nella sala convegni della Camera di
commercio di Sassari per assistere alla prima uscita ufficiale del
nuovo partito Articolo Uno Movimento democratico progressista.

«Guardiamo con molto interesse al lavoro programmatico che sta facendo
Pisapia e crediamo che a sinistra del Pd ci sia uno spazio importante.
Se sarà occupato da forze litigiose, quello spazio non avrà alcun
peso; se invece ci mettiamo insieme potremmo avere un impatto
importante sulla vita politica del Paese», spiega l’ex leader maximo
della sinistra italiana. «Abbiamo sempre la speranza di ricreare un
grande partito del centrosinistra italiano, e questo è un appello
rivolto anche al Pd, affinché non si rassegni a essere il partito
personale di Matteo Renzi», continua D’Alema.

«In questi anni Renzi ha
dimostrato di non saper lavorare con chi non la pensa come lui. Nel
partito è mancato solo l’inno “Meno male che Mateo c’è”. Per il resto
abbiamo assistito all’affermazione di un modello già visto nella
politica italiana; non pensavamo che potesse accadere in casa nostra,
ma è successo, e ora dobbiamo avere la forza di ricominciare».
Ricominciare partendo da una parola: coinvolgimento. «Noi vogliamo
coinvolgere le persone nel creare una nuova forza, non un partitino,
ma un movimento aperto, non autoreferenziale».

L’incontro di Sassari,
preceduto in mattinata da una tappa a Selargius con il candidato
sindaco del centrosinistra Francesco Lilliu, ha dato spazio alle
figure di spicco del nuovo partito in Sardegna, come il deputato
Michele Piras: Mdp deve essere un luogo aperto che offra uno spazio di
confronto a chi ha perso la casa del centrosinistra. Il Paese non ha
bisogno di altri partiti, ma di luoghi pubblici dove costruire una
proposta di governo». O come consigliere regionale, ex Sel, Daniele
Cocco: «I mille giorni del governo Renzi non ci sono piaciuti e non ci
piace questo finto centrosinistra, che guida l'Italia comportandosi
come il centrodestra. Il gruppo regionale aderisce ad Articolo Uno
perché è convinto che si possano dare risposte ai tanti problemi
dell’Isola e del Paese».

La federazione provinciale ha designato i suoi 7 rappresentanti. Il 30
aprile la scelta del segretario Congressi Pd, eletti i delegati nazionali
SASSARI

Prosegue la marcia di avvicinamento del Pd all’elezione del prossimo
segretario nazionale e regionale. Mercoledì nella sala convegni
dell’hotel Grazia Deledda di Sassari, si è svolta infatti la
convenzione provinciale del Partito Democratico. La convenzione alla
quale hanno partecipato i 200 delegati eletti dai circoli del Pd della
provincia di Sassari rappresenta una tappa intermedia del percorso
congressuale, che culminerà con le primarie del 30 aprile, in cui
verranno eletti i segretari regionali e il segretario nazionale nonché
i massimi organismi dirigenti del Pd.

La convenzione si è aperta con
l’elezione della presidenza di cui facevano parte oltre al garante
nazionale Massimo Pintus e al segretario provinciale Giampiero
Cordedda, il presidente della commissione per il congresso Franco
Borghetto, il sindaco di Sassari Nicola Sanna e i rappresentanti delle
mozioni congressuali. Il presidente della commissione congressuale ha
illustrato i dati dei congressi di circolo alla quale hanno
partecipato alcune migliaia di iscritti che hanno votato per i
candidati alla segreteria nazionale: il dato finale ha visto la
prevalenza della mozione di Matteo Renzi con una percentuale dell’
82,43 % al secondo posto la mozione di Andrea Orlando con il 16,1 % e
infine Michele Emiliano che è stato votato dal 1,47 %.

Dopo la
relazione introduttiva del segretario provinciale e i saluti del
sindaco di Sassari si è aperto il dibattito alla quale hanno preso
parte molti dei delegati presenti; l’intervento conclusivo è stato
affidato al segretario cittadino Fabio Pinna. Alla fine del dibattito
si è proceduto alla votazione dei 7 rappresentati del partito
democratico provinciale di Sassari nell’assise nazionale; sono
risultati eletti: Nicola Sanna, Massimo Pintus, Claudia Anedda,
Massimo Piras, Sergio Donati, Lisa Benvenuto, Timoteo Baralla. Il
prossimo appuntamento del Pd è fissato per il 30 aprile, giorno in cui
dalle ore 8 alle 20 non solo gli iscritti ma anche simpatizzanti ed
elettorisaranno chiamati a votare per il prossimo segretario nazionale
e regionale.

Per la segreteria regionale si confronteranno i due
candidati Giuseppe Luigi Cucca e Francesco Sanna. Nell’occasione
saranno eletti anche i 160 componenti dell’assemblea regionale. Per
Francesco Sanna a Sassari il gruppo di candidati è guidato da Giovanna
Sanna, deputata e sindaca di Florinas, seguita dal consigliere
regionale Salvatore Demontis. Nella lista 1 di Giuseppe Luigi Cucca,
quella riferita all’ex minoranza congressuale a Sassari guida il
gruppo il vicesindaco dimissionario, Gianni Carbini. Nella seconda
lista di Cucca, quella dei popolari-riformisti, il presidente del
Consiglio regionale Gianfranco Ganau è il capolista a Sassari.

Unione Sarda

Sardaleasing sceglie Spissu
Ieri l'assemblea elettiva: «Ringrazio la Bper per aver indicato un
sardo ai vertici» L'esponente del Pd sarà il nuovo presidente della società

È Giacomo Spissu è il nuovo presidente di Sardaleasing. L'ex sindaco
di Sassari ed ex presidente del Consiglio regionale (nell'era Soru) è
stato eletto ieri dall'assemblea dei soci, che ha approvato il
bilancio 2016 e rinnovato i vertici. Da un anno nel consiglio di
amministrazione, Spissu (oggi portavoce dell'area Fadda-Cabras
all'interno del Pd sardo) prende il posto di Franco Rabitti, eletto
nel 2014. Il nuovo vicepresidente è invece Eugenio Garavini, che
subentra a Gabriele Satta.

IN SARDEGNA «Sono grato della fiducia che mi è stata accordata da
Bper, azionista di maggioranza, insieme al Banco di Sardegna e alla
Sfirs», dice il neo presidente: «In questa elezione c'è un valore per
me importante, ovvero che a guidare Sardaleasing sia un rappresentante
della Sardegna. Non era né dovuto, né scontato». Nel nuovo consiglio
di amministrazione trovano spazio due donne: si tratta di Patrizia
Giranu, già membro del cda uscente, e di Francesca Argiolas, che
invece entra per la prima volta. L'altra new entry è Pasquale Carboni.
Riconfermati, invece, Stefano Esposito (consigliere delegato),
Giuseppe Sibilla, Paolo Porcu e Francesco Loi.

Giacomo Spissu, 67 anni, sassarese, arriva così alla guida della
società che offre soluzioni finanziarie per gli investimenti
produttivi delle piccole e medie imprese, forte di un bilancio
robusto: nel 2016, infatti, Sardaleasing ha registrato 490 milioni di
euro di stipulato, che per la società rappresentano il miglior
risultato dall'inizio della crisi economica. La crescita dei volumi è
stata pari all'11,2%, mentre i contratti sono aumentati del 7,8%».

L'utile di esercizio pari a 636.000 euro e un margine di
intermediazione di 45 milioni di euro (+13% rispetto al 2015) sono
ulteriori elementi che testimoniano la forza della società di leasing.
LEGAME COL TERRITORIO Con riferimento alla clientela, Sardaleasing
mantiene nell'Isola una quota pari al 35% del mercato, «che conferma
il forte legame identitario con il territorio», si legge ancora in una
nota della società. «Sardaleasing è in crescita», sottolinea Spissu:
«La società ottiene performance buone, registra persino utili, e
questo indica buona salute. C'è uno spazio crescente nel mercato
nazionale del leasing, ritengo che ci siano margini di crescita anche
in Sardegna»

Tra le linee di credito domina il leasing immobiliare, con il 52,7%.
«Confermando una predisposizione all'innovazione», conclude la nota
della società, «nel corso del 2016 Sardaleasing è stata tra le prime
ad avviare la commercializzazione del leasing abitativo per i
privati».
Mauro Madeddu

SELARGIUS. L'ex premier appoggia il candidato sindaco
D'Alema lancia Lilliu: «Vincerà»

La parata dei big a sostegno dei candidati sindaci parte da Massimo
D'Alema. «Mi pare che abbiamo davanti una destra divisa. Non è un bene
per loro, ma per noi sì. Francesco Lilliu ha ottime probabilità di
vincere», osserva l'ex presidente del Consiglio in Sardegna per un
doppio impegno: il battesimo del nuovo partito (Articolo Uno-Movimento
democratico e progressista) e l'appoggio a Lilliu.
Il tour isolano dell'ex premier è a tappe forzate (con sosta a
Ghilarza e Sassari), e inizia da Selargius.

Da via Primo Maggio
D'Alema invoca i valori «autentici» del centrosinistra, non risparmia
stoccate a Renzi e Gentiloni («non sono riusciti a far decollare il
Paese»), poi passa a Selargius, «un centro fondamentale dell'area
metropolitana di Cagliari dove si gioca una sfida da cui dipendono
anche equilibri complessivi», commenta. «Il motivo principale della
mia visita è sostenere Lilliu: una candidatura di grande rilievo
politico, non parliamo di un candidato qualsiasi ma del segretario
provinciale del Pd. È un investimento molto forte. Il centrosinistra
quando ritrova se stesso può vincere. Cagliari lo dimostra». Presenti
anche Eugenio Lai, vicepresidente del Consiglio regionale, Yuri
Marcialis, assessore comunale a Cagliari, e Andrea Melis, consigliere
di minoranza a Selargius. Tutti in rappresentanza del nuovo partito.
Sara Marci

QUARTU-CONSIGLIO COMUNALE. Rischio elezioni anticipate o l'arrivo del
Commissario Bilancio, la giunta Delunas è appesa a un filo

«Senza bilancio, sono a rischio i sostegni per i bisognosi e il
pagamento delle fatture: ogni giorno di ritardo è un giorno perso».
Mentre la Giunta e gli uffici sono alle prese con i conti del Comune,
arrivano attacchi dall'opposizione per il ritardo nell'approvazione.
«Il nuovo assessore Fadda di Martino aveva detto che il bilancio
sarebbe arrivato in tempo, ma la scadenza del 31 marzo è passata e,
come sempre in questa consiliatura, non è stata rispettata», attacca
Barbara Cadoni, consigliera Pd, «ancora una volta il Comune è bloccato
perché senza il bilancio approvato si mette in crisi tutta la macchina
amministrativa». Nessuna notizia del bilancio partecipato: «Avevamo
approvato una mozione, ma non se n'è più saputo niente: ancora una
volta i cittadini non potranno contribuire a decidere come spendere i
loro soldi».

Ieri in commissione Bilancio sono arrivati i primi atti, ma la strada
è ancora lunga. «Deve lavorarci la commissione Bilancio ma i vari
settori devono intervenire anche nelle commissioni di competenza, lo
schema dovrà passare in Giunta e ci saranno i dieci giorni di deposito
- spiega la più giovane esponente Dem - poi non sarà comunque facile
portarlo in Aula tra Pasqua e festività: la città non può più
aspettare».

L'assessore al Bilancio è impegnato a far quadrare i conti ma sindaco
e Giunta devono anche tenere conto delle esigenze della maggioranza:
tutti chiedono qualcosa in più e siccome gli equilibri sono delicati,
ogni mal di pancia può essere letale. I numeri sono risicati e se
qualcuno della maggioranza dovesse bocciare il bilancio, anche senza
votare contro ma disertando i lavori in Aula, per Stefano Delunas
potrebbe essere il colpo di grazia. Per l'ennesima volta il futuro del
suo mandato è appeso a un filo: se il bilancio arriva in Aula ad
aprile e viene bocciato si va al voto subito, se invece la Giunta
dovesse cadere in seguito, la finestra per le elezioni sarebbe chiusa
e le redini passerebbero in mano al commissario.

In attesa delle tensioni martedì riprendono i lavori normali del
Consiglio con all'ordine del giorno una mozione del capogruppo M5S
Guido Sbandi sullo Sprar, le tre interrogazioni su questione morale e
Is Arenas che Lucio Torru vuole trasformare in mozioni e
un'interpellanza della Dem Tecla Brai su Monumenti aperti e i
regolamenti sull'uso degli auditorium delle scuole e sulle sanzioni
per chi non demolisce gli abusi edilizi.
Marcello Zasso



PD. Il caos franchi tiratoriRenzi: «Adesso basta giochetti» Alfano: via Torrisi
ROMA «Tanti giornali e tanti professori ce l'hanno con me? Contano
zero, sono i voti che contano». Lo ha detto Matteo Renzi nelle
anticipazioni di un'intervista a Panorama. «Il governo Gentiloni? Mi fido di lui: l'importante è che alla fine il gatto prenda il topo».

Quindi l'ex premier ha parlato anche del caso dei franchi tiratori
all'interno della maggioranza che hanno impedito a Pagliari (Pd) di
essere eletto alla presidenza della Commissione Affari costituzionali
a favore di Torrisi (Ap): «Basta con i giochetti da prima repubblica».
Tutto questo mentre il ministro Angelino Alfano (Ap) chiedeva
inutilmente a Torrisi di dimettersi. «Non rappresenta il nostro
partito in commissione», ha sottolineato Alfano prendendo così le
distanze da Torrisi.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Da Fabrizio Cicchitto (Ap)
(«A parte il fatto che la prima repubblica era una cosa seria,
Alternativa Popolare non ha fatto nessun giochino, come dice Renzi:
cifre alla mano essi sono avvenuti all'interno del Pd») a Gian Marco
Centinaio (Lega Nord) («Anche oggi dobbiamo stendere un velo pietoso
sulla figura che ha fatto la politica. Immagino i disoccupati, i
pensionati con la minima, gli imprenditori strozzati dallo stato,
assistere al teatrino Alfano-Renzi-Torrisi») sino a Raffaele Fitto
(Direzione Italia) («Elezione Torrisi, dov'è la tragedia? Il
presidente della Commissione del Senato ha funzione di garanzia non è
il passacarte come vorrebbe Renzi»).

La Nuova

Alfano garantisce lealtà e scarica Torrisi. La replica: «Neanche nel Pcus»
L’ex premier: chi ha voluto il blitz in Commissione ora faccia una proposta
Renzi rassicura Gentiloni «Niente giochi sulla crisi»
di Cristina Ferrulli

ROMA Tra la lealtà ad Alfano e la poltrona di presidente della Prima
commissione al Senato, Salvatore Torrisi sceglie la carica. Si chiude
con l'espulsione del senatore da Ap il caso dell'elezione del
sostituto di Anna Finocchiaro, lasciando però, l'immagine di una
maggioranza sfilacciata e di un gioco del cerino tra il Pd e Ap. Il
ministro degli Esteri nega di voler tradire il patto di legislatura e
rinvia ai dem l'accusa di «cercare pretesti» per far cadere
l'esecutivo. «Non facciamo giochini da prima Repubblica, la parola
crisi di governo la lasciamo ad Ap e a Mdp», rinvia al mittente Matteo
Renzi, che rivendica come suoi i risultati del governo che «va difeso
e incoraggiato». Non ce la fa il ministro degli Esteri a convincere il
suo senatore a lasciare l'incarico per il quale con un blitz, ancora
non chiaro, è stato eletto ieri alla guida della commissione Affari
Costituzionali. In mattinata Torrisi chiede ad Alfano 24 ore per
rifletterci poi, poche ore dopo, trae il dado.

«Una richiesta
inconcepibile, neanche il partito comunista sovietico faceva queste
cose», sono le parole del senatore dopo che Alfano aveva definito
«inconcepibile» la sua permanenza alla presidenza. È dunque
inevitabile che il leader di Ap lo espella dal vertice del partito.
D'altra parte il caso era già stato considerato irrimediabile dal Pd.
«Sarà difficile rifare l'elezione in Prima commissione», dice ai suoi
Renzi, che non è comunque disposto a relegare l'episodio alle
ambizioni di un senatore. «La vicenda della prima Commissione è grave
e avrà conseguenze», sostiene l'ex premier, per il quale ieri è stato
servito al Pd un trabocchetto «da prima Repubblica» non solo
dall'opposizione.

E la «vendetta» è che da ora il primo partito di
maggioranza si metterà a braccia conserte nella ricerca di un'intesa
sulla legge elettorale. «Il fronte del no al referendum, al
Mattarellum, all'Italicum, quello che ha votato Torrisi e ora è
maggioranza, adesso ci faccia qualche proposta», rilancia la palla
l'ex leader del Partito democratico. Uno scarico di responsabilità che
rende ancora più complicata la possibilità di una riforma della legge
elettorale, ma che per ora mette al riparo il governo. Renzi assicura
con i suoi di non avere alcuna fretta di andare a votare: «dai decreti
sulla scuola ai dati Istat abbiamo la conferma che avevamo ragione»
Per questo motivo invece di creare problemi il Pd deve puntare ad
«incassare» i risultati del lavoro di Gentiloni.

Il premier, dal canto
suo, dopo aver condiviso le ansie della maggioranza, oggi ha preferito
lasciar raffreddare gli animi, rinviando ai prossimi giorni l'incontro
con l'ala sinistra, i fuoriusciti di Mdp. Gruppo che, proprio come Ap,
nega ruoli nel mini-ribaltone avvenuto ieri: «Chi cerca il capro
espiatorio conti fino a 16. Il problema è un altro: io consiglierei a
chi ha più responsabilità di non dare ancora segni di arroganza perché
non funziona più», è l'avviso a Renzi da parte dell’ex segretario Pier
Luigi Bersani.

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Federico Marini
skype: federico1970ca

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