sabato 29 aprile 2017

Rassegna stampa 29 Aprile 2017

Unione Sarda.

Pd, la parola agli elettori In Sardegna 500 candidati. Domani si vota anche per l'assemblea regionale e quella nazionale.

Il popolo del Partito democratico si prepara alle primarie di domani. Ancora ventiquattro ore per mettere a punto la macchina organizzativa che coinvolgerà circa 1.500 volontari nei 270 seggi dislocati in tutta la Sardegna. Urne aperte dalle 8 alle 20: si vota per eleggere il segretario regionale e nazionale e le rispettive assemblee.

GLI ASPIRANTI Nell'Isola la sfida è tra il senatore Giuseppe Luigi Cucca e il deputato Francesco Sanna. Per la carica di segretario nazionale, invece, gli sfidanti sono tre: l'ex premier Matteo Renzi (sostenuto sia da Cucca che da Sanna), il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano.

I NUMERI I candidati in Sardegna sono complessivamente 511 di cui 116 per l'assemblea nazionale e 395 per quella regionale. I posti disponibili in ciascun organismo del partito sono 26 per il primo e 160 per il secondo. Il numero dei collegi cambia a seconda della competizione, infatti per l'assemblea nazionale la Sardegna è suddivisa in cinque e per la regionale in otto. In ognuno di questi le liste per sostenere i candidati nazionali sono quattro, due per Renzi e una rispettivamente per Emiliano e Orlando. A sostegno di Sanna e Cucca, sono tre: “Comunità democratica in movimento” per il primo e “Insieme per Cucca” e “Popolari Riformisti sardi” per il secondo.

CHI VOTA Potranno votare tutti gli iscritti nelle liste elettorali, muniti di documento di riconoscimento e tessera elettorale. Tutti dovranno versare un contributo di almeno due euro e chi ha fatto la registrazione online dovrà portare la ricevuta. Questo ha permesso di concedere la possibilità di votare anche ai giovani tra i 16 e 18 anni, cittadini dell'Ue residenti in Italia e altri residenti in paesi extracomunitari con regolare permesso di soggiorno.

LE INCOGNITE Il numero degli elettori sarà probabilmente il vero responso del congresso. Una scarsa affluenza sarebbe la prova che il partito ha perso il contatto con la base. L'ultima elezione per il popolo dem, chiamato a scegliere il segretario regionale, risale al 2014; a votare andarono in 38mila, meno dei 59mila che l'anno prima scelsero la guida nazionale. Ad Alghero il sindaco Mario Bruno e gli assessori e consiglieri comunali non parteciperanno alle primarie, per protesta contro il Pd che «tace sulla situazione del nostro aeroporto e lo smantellamento del sistema sanitario del nostro territorio».

Cucca e Sanna accusano il colpo ed entrambi puntano a una riconciliazione con gli amministratori algheresi fuoriusciti dal partito.

Matteo Sau


La Nuova Sardegna

L’economista sprona la Regione: «Basta con le politiche assistenzialistiche
Non riesco a vedere un progetto coerente. Ora si deve andare controcorrente»
«Si deve avere più coraggio per cambiare la Sardegna»
di Luca Rojch

SASSARI Nessuna paura di andare controcorrente. Lo sguardo di Paolo
Savona sullo stato di salute dell’economia della Sardegna somiglia a
una mannaia nascosta dentro un mazzo di fiori. L’ex ministro ha le
idee chiarissime. Le scelte economiche della Regione sono legate
troppo a politiche assistenziali. Investire soldi pubblici su aziende
che non hanno la forza di stare sul mercato è del tutto inutile. La
zona franca così come è concepita non serve a nulla. Brexit e
protezionismo Usa emargineranno sempre più la Sardegna. Queste in
pillole alcune posizioni del Savona-pensiero. Una scossa e un richiamo
a una politica un po’ sonnacchiosa. Con le difficoltà delle grandi
industrie nell'isola quale è secondo lei la strada che la Sardegna
deve portare avanti per il suo sviluppo economico? «Quello che sta
facendo sua sponte, ma non bene: agroindustria (incluso allevamento) e
turismo (inclusi scuola-formazione e servizi per la vecchiaia).

Tuttavia, occorre che queste attività vengano "messe in rete", ossia
fare parte di un disegno coerente della Regione che crei
infrastrutture adeguate, smettendo con lo "svenarsi" per l'assistenza
nelle varie forme. Va messa a frutto l'enorme disponibilità di terreni
incolti, con una nuova riforma agraria che accetti e invogli
l'iniziativa privata. Affinché avvenga, occorre una rivoluzione
culturale che non vedo alle porte: meno assistenza e più opportunità».
Molti indicano il turismo come via maestra dello sviluppo, ma le
presenze di turisti stranieri in Sardegna nel 2015 hanno sfiorato i 6
milioni. In Veneto sono state 42 milioni. «Manca appunto "la rete", il
disegno di che cosa si deve fare e il rafforzamento della cultura
dell'accoglienza rispetto a quello del semplice sfruttamento che tanto
irrita il turista. L’ampliamento dei servizi alla vecchiaia è una
nuova parte rilevante di questo settore».

La Sardegna non è mai
riuscita a cancellare il gap dell’insularità. Quanto pesa
sull’economia? «L’insularità pesa in assenza di un disegno. Tra le
infrastrutture necessarie ci sono quelle telematiche, uno strumento
non adeguatamente sfruttato. Tempo fa ho scritto che, a causa degli
sviluppi dell'informatica, la Sardegna non è più un’isola. Il gap più
grave dal punto di vista fisico è nelle infrastrutture di trasporto,
per la mancata apertura all'offerta internazionale di questi servizi.
Bisogna smetterla di privilegiare l'offerta tradizionale e locale». Si
parla di un tentativo di rilancio dell'economia del Sulcis, da Alcoa a
Eurallumina, ma senza il sostegno della Regione e del governo sembra
impossibile. Secondo lei ha ancora senso che si investano soldi
pubblici su imprese che garantiscono posti di lavoro, ma fanno fatica
a stare sul mercato? «Non ha nessunissimo senso! Da Presidente del
Credito Industriale Sardo mi opposi alla nascita di questa industria
in Sardegna. Non poteva sopravvivere.

Pretesi da Reviglio, allora
presidente dell'Eni, cessionaria dell'alluminio dopo il fallimento
dell'Efim, una lettera (simile a una manleva) in cui dichiarava
d'essere cosciente che il conto industriale non quadrava e occorreva
l'assistenza pubblica. Egli la inviò. Dove è finita? Questi interventi
sono improduttivi, vestiti di una falsa socialità, e sono parte di ciò
che non va fatto se veramente si vuole muovere verso un'alternativa
occupazionale nella direzione da me auspicata». Cosa pensa delle
scelte della Regione sulla politica economica? «Penso che indulgano
troppo alle istanze assistenziali che provengono dall'elettorato.
Capisco che è rischioso andare controcorrente, ma almeno ci devono
provare. Per serietà e capacità, l'attuale vertice potrebbe farlo, ma
manca la volontà di mettersi in gioco per un obiettivo corretto». La
Regione ha fatto un affare ad accollarsi il costo della sanità? 3.2
miliardi all'anno, oltre la metà della sua finanziaria. «Non è la
Regione ad averlo voluto, ma la politica nazionale ad averlo chiesto e
l'elettorato sardo ad averlo accettato.

La sanità è un'infrastruttura
sociale importante, ma deve avere lo scopo di assistere innanzitutto i
più bisognosi, mentre oggi rifluisce dovunque e per tutti. Ciò ha
impedito la nascita di una seria organizzazione assicurativa di tipo
sanitario». Il centro della Sardegna sembra essere la zona più in
difficoltà. Un mix di spopolamento, debolezza ed eccessivo
frazionamento delle imprese. Costi molto alti di trasporto e materie
prime. Si può uscire da quello che sembra un vicolo cieco? «Considero
questo uno dei problemi più importanti da affrontare con urgenza, non
solo a chiacchiere, come si va facendo. Occorre operare finalizzando
le iniziative nel quadro di una strategia sanitaria e
scolastico-formativa ampia. Sono fortemente contrario
all'accentramento dei servizi sanitari e scolastici-formativi nelle
grandi città o nei grandi complessi, già intasati e perciò fonti di
inefficienze invece che di risparmi. Accentrerei decentrando questi
servizi nelle aree in via di spopolamento.

L'iniziativa di offrire
gratis o a basso prezzo abitazioni in queste aree mi sembra un’idea
che ha già avuto successo all'estero, a condizione che i beneficiari
ci vivano per la maggior parte dell'anno (sei mesi almeno) e paghino
le tasse locali». La cultura può essere la nuova "industria" su cui
potrebbe puntare il Nuorese e più in generale l'isola? «Se piace il
termine industria, per me va bene, ma l'idea è avere una "nuova
economia". Ho sempre pensato a Nuoro quando ho avanzato le idee di
questa nuova economia. Considero il Nuorese l'area più dotata per un
esperimento di rilancio della produzione e dell'occupazione. Ha una
dotazione di capitale naturale di enorme importanza, che non ha
neanche iniziato a utilizzare. La popolazione del nuorese deve capire
i contenuti di questa proposta e organizzarsi per chiedere e attuare
"la rete" di infrastrutture adeguate».

Il Qatar ha deciso di puntare
sull'isola, secondo lei come si possono attirare altri grossi
investitori internazionali? «È noto che non mancano le risorse, ma le
structure d'accueil culturali e amministrative che le accolgano». Cosa
ne pensa dell'idea sulla flat tax di 100mila euro all'anno per i super
ricchi? Potrebbe convincere nuovi paperoni a trasferire la residenza
fiscale in Sardegna, e in particolare in Costa Smeralda? «La ritengo
non facilmente gestibile e socialmente ingiusta. Sono contrario.
Meglio offrire la casa da restaurare alle condizioni indicate». Si
parla sempre più spesso di zona franca per la Sardegna? È un'utopia o
ci sono radici concrete per una sua realizzazione? «È un concetto
ormai logoro sul quale i sardi per primi non sono stati capaci di
mettersi d'accordo e di organizzare la realizzazione. Non sono le
tasse a impedire attualmente lo sviluppo della Sardegna. La mia idea
non è cambiata: farei la zona franca riconoscendo l'esonero fiscale
solo per l'occupazione creata (ma la nuova legislazione ci va già
vicino senza ricorrere alla zona franca)»

Brexit e protezionismo Usa
che conseguenze avranno per l'economia della Sardegna? «Non solo
questi due importanti eventi. Gli andamenti internazionali operano in
direzione dell'emarginalizzazione della Sardegna. Perciò i settori che
indico come trainanti, essendo legati al territorio e, quindi, in
buona parte indipendenti dalla dinamica mondiale, vanno curati in modo
particolare. Occorre progettare questo sviluppo partendo dai posti di
lavoro da creare nei settori indicati: la domanda che nascerà va
seguita nelle sue destinazioni per evitare che essa defluisca
all'esterno. Non mi risulta che esista un documento pubblico e/o
privato che parta da questi obiettivi e giunga a conclusioni
concrete».

Domani scelgono il nuovo segretario regionale. Nella notte il
risultato del voto. Nelle liste Ganau, Erriu e Caria
Cucca o Sanna, i Dem sardi alla conta

SASSARI Nell’isola la sfida tra Renzi, Orlando ed Emiliano resta sulla
sfondo. Domani il Pd sardo sarà chiamato a eleggere anche il
segretario regionale, il quinto dalla nascita dei dem. La corsa, con
l’incognita affluenza ai gazebo, è tra il deputato Francesco Sanna,
appoggiato dai soriani, e il senatore Giuseppe Luigi Cucca, sostenuto
da tutto il resto del partito.

Una riproposizione della prima conta in
casa Pd del 2007, quando a sfidarsi furono Renato Soru, allora
presidente della Regione sostenuto dai suoi fedelissimi, e Antonello
Cabras, che, appoggiato dai big degli appena archiviati Ds e
Margherita, la spuntò di misura. Il primo di una lunga serie di
scontri duri, che hanno caratterizzato i primi 10 anni di vita del Pd
sardo, la cui guida è vacante dal 5 maggio 2016, quando Renato Soru,
condannato per evasione fiscale, ha deciso di dimettersi. Ora, a un
anno esatto, il Pd sceglierà il suo nuovo timoniere con le primarie.
Il giorno stesso in cui il Pd nazionale eleggerà il nuovo segretario
nazionale. Sia Sanna che Cucca sono schierati con l’ex premier Matteo
Renzi, ma tra i loro sostenitori ci sono anche supporter del ministro
Andrea Orlando. Sanna. Il deputato iglesiente è appoggiato dall’area
che fa capo a Soru. A Sassari la capolista è la deputata Giovanna
Sanna, a Olbia Ninni Chessa, a Nuoro Nino Cogoni, in Ogliastra
Antonello Nieddu, a Oristano Rosanna Franzinu, a Cagliari Giuseppe
Frau, a Sanluri Giuseppe De Fanti, nel Sulcis il capogruppo in Regione
Pietro Cocco.

Cucca. Il senatore nuorese ha dalla sua il resto del
partito. Da una parte, i renziani e gli ex Ds, dall’altra i popolari
riformisti dell’area Fadda Cabras e di Sardegna più meglio. La lista
“Insieme per Cucca” ha per capilista a Sassari l’ex assessore Gianni
Carbini, in Gallura l’assessore regionale Pier Luigi Caria, a Nuoro
Priamo Siotto, a Oristano Lino Zedda, a Cagliari il consigliere
regionale Piero Comandini, nel Medio Campidano Stefano Mais. I
popolari riformisti schierano il presidente del Consiglio regionale
Gianfranco Ganau a Sassari, il senatore Silvio Lai in Gallura, l’ex
sindaco Alessandro Bianchi a Nuoro, Battistino Ghisu a Oristano,
l’assessore Cristiano Erriu a Cagliari, Gianluigi Piano nel Medio
Campidano. Sfida nazionale. Gli avversari in Regione diventano alleati
nella corsa alla segreteria nazionale. E viceversa.

I renziani supporter di Cucca sostengono l’ex premier in lista con i soriani che
appoggiano Sanna, mentre gli ex Ds che appoggiano il senatore Pd a
Cagliari si schierano con Orlando nella sfida nazionale. Tutti per
Cucca nell’isola e per Renzi a Roma i popolari riformisti, che
presentano le loro liste in tutte e due le competizioni. Liste anche
per Emiliano in 4 collegi su 5. Seggi aperti dalle 8 alle 20. (al.pi.)

Lo strappo di Bruno «Alghero dimenticata non andrò a votare»

ALGHERO «Non andremo a votare per le primarie di quel Pd che ci ha
espulso senza alcun contraddittorio e ora tace su aeroporto, sanità e
altri problemi che affliggono la città e il territorio». Proprio come
tre anni fa, Mario Bruno, già capogruppo in Regione e soriano della
prima ora, sbatte la porta in faccia al Pd. Stavolta il rumore è
ancora più eclatante. Perché se fino a ieri sembrava che la
scaramuccia in area dem riguardasse solo il sindaco e i suoi seguaci
da una parte e la dirigenza cittadina del partito dall’altra, ora
Bruno spara al bersaglio grosso.

In un documento al vetriolo firmato
insieme a al presidente del consiglio comunale, Matteo Tedde, a tre
assessori, a numerosi consiglieri, l’addio a lettere cubitali è
chiaramente spiegato con la delusione nei confronti del partito a
tutti i livelli, da Alghero a Sassari, da Cagliari a Roma. «Quel Pd
che nel nostro piccolo abbiamo contribuito a fondare, far nascere,
sostenere e servire – scrivono – senza contraddittorio alcuno non ha
esitato, nel disinteresse del suo gruppo dirigente a vari livelli, a
espellere gran parte dei suoi dirigenti locali, che hanno fatto la
scelta obbligata di una lista civica per amministrare Alghero, solo
dopo aver visto negate le primarie indette nel 2014, in vista delle
amministrative».

E ora il Pd «a livello regionale tace sulla
situazione del nostro scalo aeroportuale, incurante delle proposte dei
sindaci, del sistema delle imprese e delle organizzazioni dei
lavoratori, che hanno puntato al rilancio e alla ripresa del traffico
aereo con proposte concrete, nel dialogo, nel confronto con la
Regione, sorretta dal Pd». Non solo, perché «il Pd assiste inerte e
complice allo smantellamento del sistema sanitario del nostro
territorio – denunciano Bruno e gli altri – dalla Terapia intensiva
cardiologica al Serd, dal Centro di salute mentale all’abbandono
dell’ospedale marino e la progressiva marginalizzazione di discipline
fondamentali come Chirurgia e Ortopedia». Ecco, tutto questo,
protestano gli ex Pd «non lo possiamo più tollerare». Sindaco,
assessori e consiglieri annunciano che «continueremo con forza la
nostra azione politica, coinvolgendo il sistema delle autonomie locali
e favorendo il dialogo costruttivo, ma non possiamo contribuire, in
alcun modo, alle dinamiche interne a un partito che ha abbandonato il
territorio». Di fronte all’annuncio di Bruno Cucca auspica «la ripresa
del dialogo per favorire la riconciliazione tra il Pd e gli
amministratori algheresi». Sanna va oltre e propone a Cucca di fare un
appello congiunto a Bruno per votare alle primarie. «Garantiamo che
con i nuovi organi regionali chi vorrà potrà aderire al Pd algherese».
(g.m.s.)


Unione Sarda

Il Campo progressista si fa in otto
Nascono le Officine

Otto officine delle idee per riempire di contenuti il Campo
progressista, soggetto politico nato dopo lo scioglimento di Sel e che
raccoglie al suo interno anche esponenti del Centro democratico. Il
movimento continua nel suo percorso che troverà alle prossime
amministrative il primo banco di prova. Tanti i temi che le Officine
analizzeranno, come l'ambiente la cultura, la donna, i diritti la
scuola e i migranti. Su questi argomenti si fonderà il progetto e
l'esito verrà proposto come patrimonio comune di discussione con il
popolo del centrosinistra.

Ed è proprio questo terreno a rappresentare un tassello fondamentale
dell'azione politica di Campo progressista. Così come è riportato nel
documento approvato dall'assemblea: «Il Partito democratico
rappresenta un interlocutore decisivo verso la ricostruzione di
un'area politica avanzata». A livello nazionale Giuliano Pisapia, uno
dei leader del movimento, tratta con Renzi sulle alleanze future. In
Sardegna il dialogo è aperto con le «tante realtà politiche di
ispirazione sardista, identitaria e di sinistra». (m. s.)


SELARGIUS. Il vice sindaco rassicura tutti: il centrodestra mai stato così unito
Gigi Concu punta sul sicuro: squadra collaudata e vincente

«Voglio rassicurare chi sostiene il contrario: la coalizione è
unitissima». Prima uscita pubblica di Gigi Concu, candidato sindaco
del centrodestra: cinquant'anni, ingegnere e una permanenza decennale
nel Municipio. È uno dei quattro potenziali successori di Gian Franco
Cappai, l'attuale pronto a chiudere il suo secondo mandato e a uscire
di scena dalla politica selargina.
A un mese e mezzo dall'appuntamento alle urne, gli scenari sono
chiari: in campo, oltre Concu, ci sono Francesco Lilliu, segretario
provinciale del Pd e scommessa del centrosinistra, Valeria Puddu donna
di punta dei grillini (al loro esordio nelle amministrative di
Selargius), e Nanni Pulli con la lista civica “Insieme per Selargius”.

USCITA PUBBLICA Appuntamento nella sede elettorale di via Roma, con la
coalizione al completo: Forza Italia, Udc, Riformatori, Sardegna 2020,
Fratelli d'Italia e una lista civica a carattere identitario-sardista.
«Una squadra collaudata, con le carte giuste per vincere», sostiene
Concu. «Esperienza, impegno e concretezza»: è questo lo slogan della
sua campagna elettorale. «Tre requisiti fondamentali per poter
governare Selargius», spiega. «Sono assolutamente convinto che non ci
si possa improvvisare amministratori».

PRESENTE E FUTURO È forse uno dei pochi che ancora crede nella
meritocrazia («sono la conferma che esiste: non sono un prescelto,
ogni mio risultato è frutto del consenso elettorale»), e si tiene a
distanza dai teoremi filosofici: «Amo la concretezza e sono contrario
ai paroloni, non voglio basare la mia campagna elettorale su promesse
e progetti fantasiosi come piscine e discoteche, incompatibili con la
nostra zona industriale». Punta su cinque grandi temi, pilastri
fondanti del suo programma: ambiente, viabilità, lavoro, sviluppo,
giovani. Con un occhio di riguardo all'identità e alla cultura, basi
fondamentali per rilanciare Selargius. Anzi, «per riuscire a
realizzare una Selargius da vivere».

PASSAGGIO DI TESTIMONE In prima fila il sindaco Cappai: «Quella che si
sta preparando alle elezioni è una grande squadra», commenta quasi
commosso. «Sono certo che saprà essere all'altezza delle aspettative
dei cittadini, stando tra la gente e cogliendone le esigenza». Un
passaggio di testimone forse annunciato. «Posso dire con orgoglio che
è merito del mio partito è soprattutto di Gian Franco se oggi sono
qui», replica Concu. «Dieci anni fa mi ha permesso di entrare in
Giunta, insegnandomi a gestire la cosa pubblica con dedizione e
serietà. Mi ha arricchito tanto. Da questo momento la responsabilità è
mia». Sara Marci

Comunali
Il Pd detta le sue regole agli alleati

Vanno avanti le grandi manovre nel centrosinistra per individuare il
candidato sindaco. Ieri il tavolo politico ha iniziato il confronto
sui criteri da seguire nella scelta per restringere la rosa dei
possibili candidati, al momento sono in corsa sette nomi. Il Pd ha
deciso di continuare a puntare su Efisio Sanna e Maria Obinu e uno dei
paletti fondamentali sarà l'esperienza amministrativa dell'aspirante
sindaco.
Al tavolo continua a essere assente il Partito dei sardi che aveva
proposto la candidatura di Anna Maria Uras, dirigente regionale del Pd
che nelle ultime ore ha deciso di abbandonare i Democratici. E questo
addio potrebbe essere il preludio alla prosecuzione del progetto
politico che il Pds nei mesi scorsi aveva cercato di mettere su,
lasciando da parte simboli di partito (magari anche con i consiglieri
di opposizione Giuliano Uras e Salvatore Ledda). ( v. p. )

La Nuova Sardegna

Pigliaru chiama l’Europa: stop al gap dell’insularità
Il governatore chiede l’abbattimento dei vincoli sugli aiuti di Stato

di Umberto Aime
CAGLIARI È una festa, ma c’è poco da festeggiare. Basta guardarsi
attorno per farsi un’idea di quanto la Sardegna abbia ancora il fiato
corto e sia affamata. Ci vorrebbe un altro 28 aprile, come nel 1794,
quando i sardi cacciarono i piemontesi e ottennero un ministero che si
occupasse solo dei problemi, erano tanti come lo sono ora, de sa
Sardigna. Non sarà poi servito a molto quel dicastero dedicato, ora
non abbiamo neppure quello, ma almeno la rivolta fece un bel po’ di
rumore. Così come, nell’edizione numero ventiquattro de Sa Die, a far
rumore (si spera anche altro ma Italia ed Europa devono ascoltare di
più la Sardegna) sono state le parole del governatore Francesco
Pigliaru e del presidente Gianfranco Ganau.

In Consiglio regionale i
loro discorsi ufficiali sono sembrati forti, decisi e forse motivati
da quell’aria che oggi molti chiamano «autonomia moderna», altri
sovranismo o voglia d’indipendentismo. Pigliaru ha detto. «Sa die de
sa Sardigna celebra un evento di responsabilità e coraggio. C’insegna
quanto serve avere obiettivi ambiziosi e quanto è importante lavorare
assieme per ottenerli. C'è un legame tra passato e presente: quella di
oggi è l'occasione per un rendiconto delle nostre azioni a sostegno
dei diritti essenziali che rivendichiamo da sempre. A cominciare dalle
pari opportunità necessarie, indispensabili, per puntare alla ripresa
e allo sviluppo. Oggi abbiamo sempre più bisogno di avere regole
certe, giuste e risorse adeguate.

Oggi però non abbiamo né le une e
neanche le altre». Vanno pretese – aggiungerà – da Roma ma soprattutto
da Bruxelles, perché l’insularità non è più un peso sostenibile e non
può continuare a essere un cappio al collo sempre più insaponato e
micidiale. Pigliaru ha annunciato che al prossimo G7 dei trasporti –
il 21 giugno, a Cagliari – chiederà ad esempio all’Europa di
«riscrivere le regole sugli aiuti di Stato, ora troppo rigide, nei
casi in cui sia proprio l’insularità a provocare diseguaglianze e
squilibri anche nel nostro diritto essenziale alla continuità
territoriale con la terra ferma». È una battaglia che la Sardegna farà
insieme alla Corsica e alle Baleari. Ganau ha detto. «Oggi celebriamo
l’orgoglio del popolo sardo e la nostra decisione di proseguire in un
percorso non ancora compiuto. Percorso che trova le sue ragioni,
radicate fra noi, nella ricerca di autonomia, nella sua difesa e nella
sua crescita. Fino al riconoscimento completo della nostra sovranità e
della piena autodeterminazione del popolo sardo».

Poi aggiungerà:
«Abbiamo sempre più l'esigenza di politiche dedicate su
infrastrutture, collegamenti, trasporti, energia, ambiente, identità
culturale e linguistica, per colmare la distanza economica e non solo
dal resto del Paese». Con il Patto per la Sardegna un passo importante
è stato fatto, ma serve molto altro ancora. Basterebbe questo a
ribadire che il governo centrale e l’Europa non possono più girare la
faccia da un’altra parte quando a bussare alla loro porta è la
Sardegna. Certo, anche la Sardegna ha una colpa: deve smetterla di
fuggire dai suoi doveri. Dovrebbe flagellarsi meno e fare di più, ma
questa è tutta un’altra storia.

Voce contro. È stata quella di
Gianfranco Congiu, capogruppo del Partito dei sardi e unico
consigliere regionale a intervenire. «Quasi un secolo di autonomia –
sono state le sue parole – ha prodotto la deresponsabilizzazione della
classe dirigente regionale, che ha quasi sempre interpretato la nostra
specialità come rivendicazione insensibile invece della conquista di
nuovi spazi nella mediazione politica e legislativa con lo Stato
italiano». Fino alla sciabolata decisiva: «Abbiamo la prova quotidiana
che a essere fallito è il modello di Stato che conosciamo. Continua ad
arretrare dai suoi compiti però s’impone, nega i finanziamenti e
schiaccia le Regioni. Perché lo fa? Perché oggi, a Roma e Bruxelles,
purtroppo contano più la moneta e un pareggio bilancio che lo Stato
sociale».



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Federico Marini
skype: federico1970ca

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