lunedì 19 giugno 2017

Lo sciopero trasformato in una pistola scarica. Pietro Ichino, l'altra faccia della scimmia. di Luca Pusceddu



Il Senatore “democratico” Ichino Pietro, giuslavorista d’assalto, la cui carriera politica iniziò come indipendente sotto gli auspici del vecchio PCI, lamenta che “nei trasporti una minoranza può bloccare l’intera azienda o l’intera categoria”.

A parte il fatto gli si potrebbe facilmente obiettare, per esempio, che sempre una minoranza - nei trasporti come in qualunque altro settore - può benissimo mandare sul lastrico lavoratori e relative famiglie. D’altro canto quella dello sciopero non è una decisione che i lavoratori prendono a cuor leggero (salvo le gite del sabato con fischietto e sacchetto dei panini, s’intende). 

Si tratterebbe, per Ichino Pietro, di lavorare ad un “sistema a maglie più strette, per evitare di finire in balia di scioperi indetti da sigle sindacali minori” (dove per “sigle sindacali minori” s’intendono quelle sigle ancora capaci di organizzare e dirigere scioperi degni di essere definiti tali). Insomma, il nostro Senatore vorrebbe uno sciopero che piace a tutti o per lo meno che non scontenti la maggioranza, non dei lavoratori bensì della generalità dei cittadini (nella Repubblica fondata sul lavoro funziona cosi: prima i cittadini poi, forse, i lavoratori).

Lo strumento – stando alla proposta (un disegno di legge) Ichino Pietro - è il referendum tra i lavoratori. Referendum preventivo attivabile “solo quando a proclamare lo sciopero sia una coalizione sindacale minoritaria nell’azienda, o nel settore” e prevede, inoltre, “anche una disciplina dell’assemblea sindacale per tutto il settore dei servizi pubblici. Il principio deve essere lo stesso che si applica per le ferie: quello cioè del contemperamento dell’interesse dei lavoratori o del sindacato con quello della regolarità del servizio, che di norma non deve essere interrotto dall’assemblea.

Un’ulteriore misura è, per esempio, quella del disegno di legge Sacconi che, nei servizi pubblici, obbliga il lavoratore a dichiarare la propria adesione allo sciopero con almeno cinque giorni di anticipo”. Per farla breve: sciopero sì, ma solo se inutile. Come piace a loro.

Di Luca Pusceddu

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