venerdì 16 giugno 2017

Rassegna stampa 16 Giugno 2017

La Nuova

L'isola dei disoccupati prova a ripartire. Debole ripresa economica nel 2016 con il Pil che cresce dello 0,4%. L'unico settore vivace è il turismo ma più di un terzo dei giovani non ha lavoro

CAGLIARISe tutti i sardi sapessero che cos'è il Pil e poi a ciascuno fosse annunciato che dal 2015 al 2016 è cresciuto dello 0,4 per cento, forse tutt'insieme organizzerebbero chissà quale pirotecnica festa di ringraziamento. Ma quelle tre lettere che stanno per Prodotto interno lordo, banalizzando è il fatturato di un territorio, sono importanti e sacrosante solo per gli economisti, la gente comune è molto più spiccia.

Così per accontentare subito i primi: l'anno scorso la Sardegna ha cominciato a uscire dalle secche della grande crisi e a vedere uno spiraglio di luce. Lentamente, ma l'economia almeno ha ripreso a risalire dopo aver perso dal 2007 in poi, uno dopo l'altro, 11 punti in percentuale di Pil e ancora un altro 0,4 nel 2015. Per fortuna - com'è scritto nel rapporto annuale della sede regionale della Banca d'Italia - l'anno scorso c'è stato lo scatto in avanti e qualcosa la Sardegna ha recuperato. Lo 0,4 per cento non sarà molto, ma se si seguono le parole del direttore della banca delle banche, Luigi Bettoni, «c'è stata una crescita seppure a tassi modesti».

Scritto del sussulto, forse i comuni mortali potrebbero essere più interessati ad altri numeri del report numero 20. Purtroppo non sono buoni, perché riguardano il lavoro. Il contenuto di una delle tabelle, sono cinquanta in tutto, fa male quanto cadere dalle scale a peso morto e pestare la schiena su tutti i gradini: oltre la metà dei giovani nella fascia 15-24 anni è disoccupato e solo il 10 per cento ha un posto di lavoro non sempre fisso, spesso precario o autonomo, ma qualcosa riesce a portarla a casa.

La disoccupazione giovanile è il problema dei problemi, in Sardegna, anche per la Banca d'Italia. Se serve un'altra prova schiacciante, eccola: dai 25 ai 34 anni, gli occupati salgono è vero fino al 47,6 per cento, ma resiste uno zoccolo duro di disoccupazione che sfiora i 30 punti, mentre nel periodo pre-crisi, fino al 2006, era del 15,8. «Nel 2016 - ha detto Bettoni - il mercato del lavoro s'è fermato dopo l'aumento registrato nel biennio precedente, con una diminuzione sia del numero degli occupati sia delle ore lavorate».

Per poi entrare nel dettaglio: «C'è stato un calo dei lavoratori autonomi e anche tra i dipendenti a tempo indeterminato per via della riduzione degli sgravi nei contributi alle aziende rispetto al 2015. Però nel complesso il tasso assoluto di disoccupazione è rimasto stabile, intorno al 17 per cento, ma è aumentata la quota dei disoccupati di lunga durata, cioè chi cerca un impiego da più di 12 mesi».

La debolezza del mercato del lavoro – è scritto in un altro passaggio della relazione - «ha influito sui giudizi delle famiglie sarde sulla percezione della loro condizione economica: resta buona, ma in calo, anche se dimostrano fiducia e i consumi sono di nuovo in crescita». Se, a questo punto, fosse possibile un salto triplo dal sentire comune a quello più specialistico degli economisti, potrebbero starci bene le cifre sullo stato dell'economia in Sardegna. Le tabelle della Banca d'Italia, come quelle recenti pubblicate dal centro di ricerche universitario Crenos, confermano che in Sardegna a prendere quota nel fatturato è stato solo il turismo.

Nella classifica regionale del Prodotto interno lordo, l'agricoltura è scesa del 2 per cento, il commercio del 4, l'industria è crollata dell'11 e le costruzioni sono andate a picco: meno 14,7. Nella successiva, quella sul numero delle imprese attive per ogni settore, è invece proprio il commercio a prendersi la rivincita: sale al primo posto con 39mila aziende, davanti all'agricoltura, 34mila, alle costruzioni, quasi 20mila, e alle 12mila dei «servizi alloggio e ristorazione». Nel report manca un capitolo dedicato alle zone interne, ma il direttore Bettoni ha confermato «che a difendersi meglio - come si sapeva - sono i Comuni costieri, mentre quelli centrali continuano a essere stritolati dalla crisi sociale ed economica, dallo spopolamento e dall'emigrazione dei giovani».

Però c'è sempre il Pil con cui consolarsi: è comunque aumentato e per gli appassionati dei numeri assoluti quello della Sardegna, nel 2015, è stato di 32 miliardi e 61 milioni. Vuol che da un anno all'altro i sardi hanno prodotto 128 milioni in più. Non è molto, ma può valere una festicciola in casa.

di Umberto Aime

 Ius soli, rissa al Senato La Fedeli in infermeria

La polemica
di Anna Laura Bussa

ROMAL'Aula del Senato avvia l'esame del disegno di legge sullo ius
soli mentre fuori impazza la protesta di Casa Pound e dentro i
parlamentari della Lega si avventano sui banchi del governo lanciando
insulti al presidente Grasso. Una seduta di fuoco che finisce con
alcuni contusi: la ministra della Scuola Valeria Fedeli viene portata
in infermeria, mentre il capogruppo del Carroccio, Gianmarco
Centinaio, conclude la «resistenza da Fort Alamo» con dita steccate e
mano gonfia. La strategia di Lega e M5s contro il ddl che riconosce la
cittadinanza anche allo straniero che nasce in Italia era già pronta
dal giorno prima.

I 5 Stelle avevano ottenuto in Conferenza dei
capigruppo che, subito dopo la fiducia sulla manovra e prima che si
cominciasse l'esame sullo ius soli, l'Assemblea si pronunciasse sul
parere riguardante i presupposti di costituzionalità del decreto
vaccini: escamotage che avrebbe consentito di far mancare il numero
legale con conseguente slittamento dell'esame del disegno di legge
sullo ius soli. Sul parere di costituzionalità infatti «si sarebbe
potuto parlare a lungo».

Grasso aveva accolto la richiesta perché
obbligato dal regolamento e così è toccato alla presidente del gruppo
Misto Loredana De Petris (Sinistra Italiana ) sparigliare le carte e
chiedere l'inversione dell'ordine del giorno per parlare prima di ius
soli e poi di vaccini. Richiesta condivisa dal capogruppo del Pd Luigi
Zanda e poi votata. È a questo punto che nell'emiciclo scoppia
l'inferno. La Lega, guidata da Roberto Calderoli, alza il livello
dello scontro per costringere Grasso a sospendere la seduta. Raffaele
Volpi rivolge un plateale «vaffa» al presidente del Senato che prima
lo espelle irato poi, con abile mossa tattica e creando «il primo
precedente nella storia repubblicana», gli revoca nel giro di pochi
minuti il provvedimento per evitare lo stop dei lavori. Il regolamento
prevede infatti che sia nel caso in cui l'espulso resti in Aula (Volpi
rimane «coperto» dai colleghi) sia se viene trascinato fuori, la
seduta si sospenda.

Così a Grasso non resta che fare buon viso a
cattivo gioco e deferire disciplinarmente Volpi senza cacciarlo. La
decisione innervosisce Calderoli che paragona Grasso «all'arbitro
Moreno». «Quando i giocatori si arrivano a nascondere l'arbitro deve
comportarsi come può» è la risposta. Ma i leghisti non si fermano e
corrono verso i banchi del governo con cartelli con la scritta «No Ius
soli», «Stop all'invasione». Centinaio si abbarbica alla ministra
Fedeli mentre 7 commessi cercano di farlo alzare. Nel parapiglia la
responsabile dell'Istruzione viene colpita. Il voto sul ddl slitta a
dopo i ballottaggi. Magari con la fiducia come chiedono i Dem .

Unione Sarda

BANKITALIA. Aumentano i consumi, bene il turismo: ma ancora non basta
Una ripresa al rallentatore - Dopo la crisi l'Isola cresce meno delle
altre regioni

L'economia isolana ha deluso le attese: crescita del Pil modesta,
esportazioni in calo e disoccupazione stabile hanno aumentato il
divario col resto d'Italia, nonostante il boom del turismo e l'aumento
dei consumi. Quella arrivata dal rapporto regionale 2016 della Banca
d'Italia non è una vera bocciatura, ma dai dati dell'istituto,
presentati ieri a Cagliari, è emerso come la Sardegna lo scorso anno
non abbia reagito alla recessione con una ripresa consistente.
«Nel 2016 l'attività economica in Sardegna è cresciuta a tassi
modesti», ha confermato il direttore dalla filiale sarda della Banca
d'Italia, Luigi Bettoni: «Il contributo principale è provenuto dal
lieve consolidamento dei consumi delle famiglie, mentre si è ridotto
l'impulso proveniente dalla domanda estera, indebolita nel corso
dell'anno».

I NUMERI Il +0,4% con cui il prodotto interno lordo regionale ha
chiuso il 2016 non può far sorridere più di tanto, soprattutto perché
il resto del Paese ha viaggiato più veloce fuori dalla crisi (+1%).
Tra le note più dolenti le esportazioni in calo (-10,9%), trainate
dalla minore richiesta dei prodotti petroliferi (-12,5%) a cui però ha
fatto parzialmente da contraltare il successo oltre confine dei
prodotti agricoli isolani (+12,2%).

Ma la fiducia dei sardi, stando almeno ai numeri su consumi (+6,7%) e
richieste di credito (+1,2%), non è mancata. «Il reddito disponibile
delle famiglie è cresciuto leggermente, per via della dinamica
favorevole delle retribuzioni orarie - ha spiegato Bettoni - facendo
aumentare, pur a tassi moderati, la spesa per consumi». Tra le buone
notizie c'è anche il segno positivo, dopo quattro anni di contrazione,
registrato dal credito erogato alle famiglie, sotto forma di mutui e
prestiti.

L'OCCUPAZIONE Maggiore ottimismo quindi, a dispetto dei tassi di
disoccupazione ben oltre la doppia cifra. «Nel 2016 si è interrotta
l'espansione occupazionale che ha caratterizzato il biennio 2014-15,
con una diminuzione sia del numero degli occupati sia delle ore
lavorate», ha concluso il direttore: «Nel complesso, il tasso di
disoccupazione è rimasto stabile a poco più del 17% nella media
dell'anno, ma è aumentata la quota dei disoccupati di lunga durata,
ossia coloro che hanno cercato un impiego per più di 12 mesi».
Le speranze per un futuro migliore sono state affidate soprattutto al
turismo, cresciuto nel 2016 del 9%. Alle istituzioni (Stato, Regione e
Comuni), invece, il compito di gestire meglio le risorse del Paese «e
puntare sui settori più promettenti e ad alto tasso di tecnologia».
Luca Mascia

Quartu
MUNICIPIO. Alla base della mossa di Delunas c'è una questione burocratica
Il sindaco revoca l'ordinanza Poetto, movida fino all'alba

Dopo appena sei giorni, il Comune fa dietrofront. Nei chioschi del
Poetto non si dovrà più spegnere la musica all'una di notte, almeno
per ora. Il sindaco Stefano Delunas ha revocato l'ordinanza del 9
giugno che regolamentava gli orari per le emissioni sonore nei
localini del lungomare. In attesa di un nuovo provvedimento saranno
valide le leggi nazionali, che prevedono musica senza restrizioni fino
alle sei del mattino. I gestori dei chioschi gongolano, mentre i
residenti nelle zone di Quartello e Pitz'e Serra si dicono
preoccupati. La decisione di annullare l'ordinanza è arrivata dopo il
parere negativo della segretaria generale Paola Lai.
LA REVOCA «L'ordinanza deve prima avere il via libera di due
dirigenti», spiegano in una nota dal Municipio, «nel caso specifico
serve la relazione di chi coordina le Attività produttive e del
comandante della Polizia locale. Solo dopo la formalizzazione di
questi atti il sindaco potrà firmare un nuovo provvedimento». Per
questo Delunas «in autotutela ha annullato» la decisione precedente:
«Il problema evidenziato dal segretario generale riguarda principi di
non conformità al piano anticorruzione». Sottolineato questo aspetto,
dal Comune precisano che «l'amministrazione resta comunque contraria
al non rispetto della pubblica sicurezza e della quiete pubblica ed è
disponibile ad avviare forme di collaborazione con chi agisce nel
rispetto della legge».

I RESIDENTI La novità ha suscitato reazioni contrastanti. Mario
Sotgiu, presidente del comitato di residenti di Pitz'e Serra,
Quartello, Sa Forada e Sant'Anastasia, che già lo scorso anno si era
rivolto al prefetto per la musica diffusa dalle casse fino a tarda
ora, commenta: «Vigileremo sugli sviluppi futuri. Di certo non si può
tollerare la musica fino alle sei del mattino. Ci sono persone malate
e anziane e tanti cittadini che si devono alzare presto per andare al
lavoro. Hanno il diritto di riposare. Non esiteremo a rivolgerci di
nuovo al prefetto».

LA MUSICA In base alla direzione del vento, sono i proprietari delle
abitazioni di Quartello a sentire maggiormente la musica proveniente
dai chioschi sul mare. «Attendiamo di capire bene le motivazioni che
hanno portato all'annullamento dell'ordinanza» dice Lesya Pavlova,
vice presidente del comitato, «la revoca fa quasi pensare che o il
provvedimento non è stato preparato per bene oppure il Comune,
pressato, ha cambiato idea».
Giorgia Daga

SELARGIUS. Poche poltrone sicure, molte dipendono dal candidato a
sindaco che vincerà. Consiglieri appesi a un voto
I diversi assetti dell'Aula a seconda dell'esito del ballottaggio

L'appuntamento col ballottaggio si avvicina, intanto si delineano i
possibili scenari in Aula. Tra consiglieri già confermati e altri
attualmente in bilico, sarà l'esito delle urne a stabilire la nuova
squadra del Municipio selargino: gli scenari, in caso di vittoria di
Francesco Lilliu, candidato sindaco del centrosinistra, o di quello
del centrodestra, Gigi Concu, sono profondamente diversi fra loro.
LILLIU SINDACO In caso di vittoria di Francesco Lilliu, la maggioranza
di centrosinistra porterebbe in Aula 15 consiglieri.

Sette sarebbero del Partito democratico: Omar Zaher (volto noto e il
secondo più votato in assoluto con 423 preferenze), la new entry
Francesca Olla (che detiene la medaglia d'oro per maggior numero di
preferenze tra le donne candidate), l'ex assessore Salvatore Pintus,
il segretario cittadino Nicola Onano, Giorgia Porcu (già consigliera
di opposizione). Chiuderebbero la lista Sergio Garau e Gabriela
Pistis, entrambi novità tra i banchi del Consiglio.

Tre consiglieri per la lista civica “Per Selargius Lilliu sindaco”:
Mario Tuveri, Valentina Muscas e Anna Rita Dentoni, tutti avvocati. Il
Partito dei Sardi vedrebbe confermato Paolo Nicola Schirru e Claudia
Angelo al suo esordio. “Selargius futura” metterebbe in campo l'ex
bomber Gigi Piras e l'ex consigliere di opposizione Dino Deiana. Un
solo posto per il Psd'Az: se lo aggiudicherebbe Annachiara Mura.
Tra i banchi della minoranza troverebbero spazio quattro candidati di
Forza Italia: Gigi Gessa (record assoluto di voti) e le due assessore
della Giunta Cappai: Fulvia Perra e Cristina Contu. Oltre a Concu. Due
posti per i Riformatori che vedrebbero riconfermata la presidente di
Consiglio Gabriella Mameli e il collega Alessandro Aghedu. Due
consiglieri anche per il Movimento 5 Stelle, che al suo esordio nelle
amministrative locali entra con l'ex candidata sindaca Valeria Puddu e
col calciatore Pierluigi Porcu. E infine Sardegna 20Venti: un solo
posto, che occuperebbe Giuliano Palmieri.

CONCU SINDACO Se le urne dovessero premiare Gigi Concu, in Consiglio
si presenterebbe una squadra quasi al completo per Forza Italia.
Troverebbero posto in Municipio: Gigi Gessa, Fulvia Perra, Cristina
Contu, Christian Noli e Riccardo Paschina, tutti reduci della Giunta
Cappai. Accompagnati dalla novità, che risponde al nome di Marianna
Mameli.

Stesso scenario in casa Riformatori: pronti a entrare in Aula
Gabriella Mameli, Alessandro Aghedu, Riccardo Cioni e Mariano
Argiolas. Segue Sardegna 20Venti, che vedrebbe riconfermato Giuliano
Palmieri e al suo fianco Pierpaolo Ambu. Un solo consigliere per l'Udc
(Sandro Porqueddu), uno per Anno Zero (Giulio Melis) e uno per
Fratelli d'Italia, che spetterebbe di diritto a Maria Chiara Contu.
Sul versante opposto la minoranza sarebbe composta da quattro
esponenti del Pd: Omar Zaher, Francesca Olla e Salvatore Pintus.
Insieme a Lilliu. Valeria Puddu e Pierluigi Porcu (Movimento 5
Stelle), sono ormai certi, a prescindere dall'esito del ballottaggio.
Mario Tuveri occuperebbe l'unico posto destinato alla civica “Per
Selargius Lilliu sindaco”, il Partito dei Sardi porterebbe in Aula
Paolo Nicola Schirru, e per “Selargius Futura” entrerebbe Gigi Piras.
L'ultima parola la diranno gli elettori, domenica 25.
Sara Marci

Il parere del leader di Sardigna Natzione Cumpostu sull'addio di Maninchedda
«Indipendentismo di governo? Solo un fallimento umiliante»
Pubblichiamo la lettera di Bustianu Cumpostu, leader di Sardigna
Natzione, nell'ambito del dibattito sul futuro del sovranismo e
dell'indipendentismo sardo.

Che l'indipendentismo di governo, nickname di collaborazionismo, non
possa essere una soluzione per la questione nazionale sarda era già
evidente dal tentativo autonomistico di Mario Melis e dalle operazioni
reggi-bordone del sardismo coi centrodestra o centrosinistra
tricolori. Con la sua lettera di dimissioni Maninchedda prova che il
collaborazionismo non solo non porta a niente ma non è neanche
possibile con un partito-stato che dello stato cura unicamente gli
interessi.

L'azione del sistema occupante è stata sistematica con l'obiettivo di
colpirne uno, Maninchedda, e metterne in avviso cento sulle condizioni
per sedersi al tavolo de Su Mere. Il logoramento della persona è stato
continuo ed efficace, ha logorato la macchina politica Maninchedda. Il
linciaggio calunnioso, mirato non solo alla persona ma principalmente
alla diversità politica. Cito da lettera di Maninchedda: «Si è
sostenuto che ero pronto ad accettare più o meno tutto da parte dei
partiti e dello Stato italiano pur di mantenere il mio ruolo. Questa
campagna per me calunniosa è stata insopportabile».

Il fallimento come obiettivo lo si è perseguito con costanza e
impegno. «È vero che io ho tirato fuori Abbanoa dal tribunale
fallimentare, ma Abbanoa non riguarda solo me come Assessore. Invece è
iniziato una sorta di tiro al piccione personalizzante, mistificazioni
che celano un desiderio di ritorno al passato» e così per la strada
Sassari-Olbia, per la salvaguardia idrogeologica di Olbia e per l'Anas
«tutto prosegue come se niente fosse, con una forte cortina di
protezione governativa sull'Anas e nessuno schieramento collettivo
sulle posizioni da me rappresentate».

La conservazione e protezione delle Agenzie della Dipendenza: «È vero
che ho lavorato tanto a mettere ordine in Area, ma è anche vero che,
non essendo stupido, so perfettamente di non godere del consenso
politico per smontare l'antica e mai sopita articolazione dell'azienda
abitativa della Sardegna in sultanati indipendenti coincidenti con i
vecchi Iacp».

La tutela dello stato e dei suoi interessi è stata severa al punto che
Maninchedda a sostegno delle sue dimissioni aggiunge «ragioni
psicologiche e culturali. Mi sento particolarmente isolato,
all'interno della Giunta, nel percepire come straordinariamente
dannosa per la Sardegna la crisi dello Stato italiano, lasciandomi una
sensazione di solitudine nel percepire l'urgenza di cambiamenti
epocali per noi Sardi», rendendo evidente che mai il partito-stato e i
suoi alleati hanno avuto dubbi su da che parte stare.

L'ostacolare gli obiettivi simbolo dell'Indipendentismo di Governo.
Per giustificare il collaborazionismo Maninchedda aveva bisogno di
conseguire obiettivi simbolo: «Abbiamo bisogno che il nostro desiderio
di libertà e di autogoverno siano simbolicamente rappresentati».
Nessun obiettivo simbolo è stato conseguito, tanto meno quello
dell'Agenzia Sarda delle Entrate che dallo stato occupante è stata
ridotta a un carrozzone molto costoso e senza alcuna funzione.
Il bilancio dell'Indipendentismo di Governo è dunque totalmente
negativo, non ha spostato di una virgola il rapporto di dipendenza, la
situazione economica, l'occupazione militare, la disoccupazione
cronica, la sudditanza culturale e psicologica. Non è una mia
constatazione, è ciò che evidenzia Maninchedda nelle sue dimissioni.

L'indipendentismo di Governo, leggi collaborazionismo, ha fallito e
umilia chi lo pratica. Ma se ha fallito perché il Partito dei Sardi e
lo stesso Maninchedda continuano a riproporlo? Perché si vuole
rimanere sotto il “Cielo di Vetro” di cui parla Franciscu Sedda
segretario del PdS, con la stessa atmosfera narcotica di cui si sono
lamentati? S'andala, la si può anche sbagliare e rompervisi una gamba
ma ritornarci per rompersi anche l'altra significa che
quell'indipendentismo non si regge ed è altro.

L'indipendentismo sta fuori da quel Cielo di Vetro narcotico, è da
esso disgiunto, non collaborativo, non complementare, non oppositivo
ma nettamente alternativo e si propone di togliere il governo della
Sardegna al sistema politico che l'ha portata al disastro e lo sta
cronicizzando. La cultura politica sarda, le espressioni politiche e
civiche nate in Sardegna hanno preso atto della responsabilità che
incombe su di esse, sono consapevoli dell'urgenza, della necessità di
andare oltre le giuste differenze, di dotarsi di anticorpi contro il
cancro del collaborazionismo, di alloggiare insieme in una Casa Comune
e accogliervi anche chi rientra dall'aver prima sbagliato andala, per
chiedere ai sardi, tutti insieme, di togliere agli attuali Savoia il
governo della Sardegna.

Per fare ciò non si ha bisogno di essere tutti indipendentisti, veri o
ammantati, ma solo di gente di Sardegna che abbia capito che siamo al
giro di boa del disastro irreversibile e che mai come oggi la nostra
stateless natzion ne ha avuto consapevolezza. A grande consapevolezza
deve corrispondere grande responsabilità, che non si può esaurire nel
concordare la resa chiedendo al sistema occupante di bere i tre
bicchieri di acqua fresca che il PdS ha timidamente poggiato sul
tavolo delle trattative con il partito-stato. Ma quale insularità
pietistica, solo se avremo il governo della nostra natzione potremo
aspirare a una, ormai indispensabile, soggettività politica, senza i
Savoia.

Bustianu Cumpostu
Coordinadore Natzionale
de Sardigna Natzione
Indipendentzia


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Federico Marini

skype: federico1970ca

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