lunedì 5 giugno 2017

Rassegna stampa 04/05 Giugno

Unione Sarda 04 giugno 2017

Zedda: Regione? Penso alla città

«Faccio il sindaco, sono concentrato solo su Cagliari». Massimo Zedda schiva voci e sussurri che quotidianamente lo indicano candidato a un ministero o alla presidenza della Regione: «Amo la città e mi impegno per migliorarla». Quarantun anni, sindaco da sei, è la scialuppa di salvataggio su cui una fetta del centrosinistra vorrebbe imbarcarsi alle prossime – e forse vicine - elezioni regionali: «Leggo che sarei in corsa per tutto. Non patisco l'ansia da prestazione, affronto le cose come vengono senza fretta di traslocare in altri uffici».
A quale partito è iscritto?
«A quello che nascerà. Spero che gli diano vita i giovani perché il futuro è loro».
Nel frattempo prenderà la tessera del Pd.
«Ogni settimana danno per imminente il mio ingresso nel Partito democratico. Evidentemente ci sono persone che hanno la capacità di leggere nitidamente i miei pensieri, anche quelli che non ho».
Nessuna possibilità?
«Il Pd è un alleato solido, assieme lavoriamo benissimo, gli elettori hanno premiato la nostra coalizione».
Il presidente della Fondazione Sardegna, Antonello Cabras, ha detto che lei ha vinto le elezioni anche con i voti della destra.
«A livello locale il voto è molto più pratico, meno ideologico, spesso non collegato ai partiti. Si sceglie un candidato con l'obiettivo di migliorare i servizi, è agevolato chi propone idee e progetti condivisi».
Errori nella gestione dei migranti?
«Si è sempre parlato di accoglienza diffusa e invece è sotto gli occhi di tutti che le cose sono andate diversamente, lo sbilanciamento tra Cagliari e tante altre zone della Sardegna è evidente. La disparità di trattamento tra Comuni qualche problema l'ha creato».
Quali?
«La città è sicura, ma la sottovalutazione dell'insicurezza percepita dai cittadini è stato un errore che potrebbe sfociare in atteggiamenti sbagliati».
Città razzista?
«No, nella maniera più assoluta. In questi anni ha dimostrato con i fatti cos'è la solidarietà».
La sostituzione della prefetta Perrotta?
«I cambiamenti fanno bene. La nuova prefetta Costantino mi ha dato l'impressione di essere una persona capace, concreta».
L'Asl unica arranca.
«Purtroppo il tema della sanità è stato declassato a trasferimento di un ufficio amministrativo dal capoluogo al nord dell'Isola, mentre i cittadini sono interessati alla qualità e all'accessibilità dei servizi. È un principio che vale a Cagliari come a Sassari».
Rischia il declassamento anche la sanità cagliaritana?
«Di sicuro sono indispensabili interventi urgenti su Brotzu, Microcitemico e Oncologico. All'ospedale civile terrei i presidi di assistenza diurna».
L'ospedale Marino chiuderà?
«Prima che la Regione prenda una decisione del genere vorrei capire perché cancellare un presidio medico in una spiaggia frequentata da decine di migliaia di persone. Le migliori riforme sono quelle che danno la percezione dei vantaggi ai cittadini, che a quel punto assecondano le novità. Non mi sembra questo il caso».
Gli ascensori di Castello?
«Si bloccano ogni settimana, non è più tollerabile. Abbiamo assegnato l'appalto per sostituirli con impianti nuovi, protetti dal vetro, che è quanto di meno impattante riesca a immaginare».
Il Sovrintendente ai Beni culturali non è d'accordo.
«Siamo qui per ascoltare i suggerimenti, ma c'è l'esigenza di rendere accessibile Castello in tempi rapidi: non si può rinviare in eterno. L'importante è non fare scelte irreversibili, così si potrà sempre migliorare. È esattamente ciò che abbiamo in mente col nostro progetto».
L'ex rettore Mistretta sostiene che invece di costruire il campus universitario si potrebbero utilizzare i tanti immobili vuoti.
«I posti letto nel campus non sazieranno la fame di alloggi degli studenti, quindi alcuni spazi oggi inutilizzati saranno utilissimi. Prima però bisogna capire quali e quanti immobili pubblici ci sono sul territorio della città metropolitana: bisogna creare una banca dati».
L'anfiteatro?
«Ospiterà spettacoli e attrezzature rispettosi della storia e della delicatezza del sito. Il monumento non potrà più essere offuscato da
alcunché».
Non si occupa più dell'Ente lirico?
«Mi sembra corretto che, una volta delegato il compito a persone che stimo, siano loro a fare le scelte».
Il sovrintendente Orazi ha detto che da tempo vorrebbe incontrarla per illustrarle i piani per il futuro.
«Sono rispettoso dei ruoli, mi rapporto con la presidenza del Teatro, che immagino mi illustrerà anche i progetti. Sarà il presidente Scano a decidere con chi presentarsi alla riunione».
L'Autorità portuale?
«La buona notizia è che avremo un presidente dopo due anni di commissariamento. Finalmente si potranno portare avanti piani a lunga scadenza».
Olbia chiede di ospitare la sede.
«Ai cittadini interessa l'efficienza dei porti, migliori collegamenti, minori costi di trasporto. A una parte della politica invece preme solo la sede».
Scandalo Fluorsid: cosa si aspetta?
«Non entro nel merito delle indagini. Come sindaci abbiamo chiesto analisi ulteriori sull'acqua e nei territori, poi la messa in sicurezza».
Il Comune di Assemini si costituirà parte civile. E Cagliari?
«Ci si costituisce parte civile quando c'è un processo. Per ora pensiamo a garantire la sicurezza delle nostre comunità».
Le bonifiche?
«Nel caso fossero accertate le responsabilità dei privati, dovranno essere loro a sostenerne i costi».
Il futuro dell'aeroporto?
«Il turismo, in un'isola, si fa con aerei e navi, che non sono di competenza comunale. Anzi, tutti i grandi nodi irrisolti prescindono dal Comune: porto e aeroporto, servitù militari, ospedali, Buoncammino. Lo sviluppo futuro della città passa attraverso altre istituzioni, alle quali chiediamo uno slancio e un aiuto maggiore per Cagliari e i Comuni in generale. In quest'ottica l'aeroporto ha un valore strategico. Adesso è vivo, ci sono tante imprese sarde che lavorano all'interno del settore commerciale».
Nuovi alberghi?
«Ce n'è un gran bisogno. Potrebbero nascere con la riqualificazione delle grandi volumetrie non più utilizzate».
Dove?
«A Calamosca e nella zona del porto».
La città è nelle mani dei militari?
«Dello Stato, direi. Calamosca si può e si deve acquisire al patrimonio comunale».
Perché premier e ministri vanno dal sindaco trascurando la Regione?
«Sono arrivati a Cagliari per progetti legati alla città, a prescindere da me».
Il destino del Poetto?
«È un grande albergo diffuso che deve essere messo in comunicazione con Sant'Elia, Su Siccu, fino a via Roma».
Centro blindato per il G7 nell'ex Manifattura: si poteva fare da qualche altra parte?
«È la scelta più appropriata per questioni di sicurezza. È vicina agli alberghi dove alloggeranno le delegazioni ed è a due passi dal molo Ichnusa, che ospiterà un'altra parte del meeting».

Unione Sarda 05 giugno 2017

Stop ai capilista bloccati Sarà parlamentare chi vince le sfide locali

In commissione Affari costituzionali fino alle 22 di ieri e oggi si
riprende, poi domani in aula a Montecitorio: la legge elettorale ha
iniziato a correre, e sta ormai prendendo una forma che potrebbe
assomigliare a quella che sarà la versione finale. La maratona di ieri
nel parlamentino è servita ad approvare importanti correzioni al
meccanismo di attribuzione dei seggi: in particolare, è passato
l'emendamento che rende molto meno sicura l'elezione per chi guida le
liste proporzionali.

IL MECCANISMO Il nodo è legato al sistema complessivo, che - copiando,
ma solo in parte, quello tedesco - prevede di base una suddivisione
proporzionale dei seggi, ma anche alcuni collegi uninominali in cui
ogni partito schiera un solo candidato. In seguito all'emendamento del
relatore Emanuele Fiano (Pd), i collegi saranno alla Camera 225 e non
più 303. Accanto ai candidati nelle competizioni uninominali, ogni
partito presenterà anche una lista “bloccata” per la parte
proporzionale.

A decidere quanti seggi spettano a ciascun partito sarà la percentuale
nel voto proporzionale. Ma come si fa a stabilire chi sono i
parlamentari? Fino a ieri sera si ipotizzava che il primo eletto in
ogni circoscrizione fosse il capolista del listino bloccato; in caso
di più seggi per lo stesso partito, si faceva poi ricorso ai vincitori
dei collegi uninominali; infine si ritornava ai candidati del listino.
LA NOVITÀ Invece l'emendamento approvato attorno alle 21 di ieri
stravolge quell'ordine di preferenza. Non si parte più dal capolista
ma dai vincitori nei collegi.

Si passa a prelevare eletti dal listino
proporzionale solo se un partito ha più seggi di quanti sono i suoi
candidati che hanno vinto nei collegi uninominali. Non solo: se non
bastano neppure i candidati nel listino, si pesca dai migliori
perdenti dei collegi. Quindi, per ridurre ulteriormente il numero dei
parlamentari “nominati” e favorire invece quelli che si confrontano
direttamente col voto degli elettori, alcuni partiti avrebbero
l'intenzione di presentare liste proporzionali molto corte.

«Insomma, con questa regola il capolista del proporzionale non ha più
la certezza dell'elezione», fa notare Francesco Sanna, deputato sardo
Dem nella commissione Affari costituzionali. «Inoltre il Pd sostiene
un ulteriore emendamento: se un partito ottiene dei seggi senza aver
vinto in nessun collegio uninominale, pescherà comunque dai migliori
perdenti in quei collegi anziché dal listino».

C'è però chi non esulta per questo stop ai capilista bloccati: secondo
Federico Fornaro, vicecapogruppo di Articolo 1-Mdp al Senato, «si
diminuisce da 303 a 225 il numero di deputati scelti dagli elettori
nei collegi e conseguentemente si aumentano a 381 (78 in più) gli
eletti nelle liste bloccate circoscrizionali: altro che superamento
dei capilista bloccati». Questo, va però precisato, è reso necessario
dal fatto che non si può modificare il numero dei parlamentari,
cristallizzato dalla Costituzione, a differenza di quel che accade nel
sistema tedesco, che prevede un numero variabile.

ALTRE MODIFICHE Tra gli emendamenti approvati ieri, anche quelli che
prevedono l'equilibrio di genere nei capilista delle circoscrizioni,
insieme al rapporto 60-40% nei collegi uninominali (per cui nessuno
dei due generi può superare il 60%) e all'alternanza nelle liste. È
passato anche l'emendamento di Forza Italia sulla correttezza dello
spoglio, con particolare riferimento all'uso improprio di penne e
matite, e ai casi di riconoscibilità del voto e nullità.
Salvo grosse sorprese, la legge arriverà domani all'aula di
Montecitorio: secondo il capogruppo Pd Ettore Rosato sarà approvata
entro la settimana. Poi passerà al Senato: «Spero che gli altri
partiti tengano anche lì», ha auspicato ieri il vicepresidente della
Camera Luigi Di Maio (M5S), «Palazzo Madama è un po' il posto dove si
arenano tutte le leggi».

Sardegna, spunta il super collegio

Per candidarsi alle prossime Politiche, in Sardegna, servirà anzitutto
un'auto in perfette condizioni. Specie per chi correrà (in tutti i
sensi) nel collegio del Senato che unirà le province di Nuoro e
Oristano, spingendosi anche più a sud, fin quasi all'angolo in basso a
destra della cartina dell'Isola. Sfortunato l'aspirante parlamentare
che dovrà battere a tappeto tutti i 217 Comuni (sui 377 sardi) riuniti
nella maxi circoscrizione elettorale, una delle più vaste di tutta
Italia. Da Bosa a Castiadas, da Arbus a Dorgali.
LE DIMENSIONI Il supercollegio su cui non tramonta mai il sole è una
delle curiosità che derivano dalla proposta di legge elettorale
parlamentare, in discussione alla commissione Affari costituzionali
della Camera. Dopo la riduzione da 303 a 225 dei collegi uninominali
nazionali, ovviamente cresce la dimensione delle circoscrizioni. E per
mettere insieme quel mezzo milione di abitanti che rappresenta la
media dei collegi senatoriali, nella fascia centrale dell'Isola
bisogna disegnare confini sterminati.

Sono suddivisioni provvisorie, va detto: la legge concluderà oggi il
suo passaggio in commissione per approdare domani in aula, poi
toccherà al Senato. Potranno esserci modifiche. Ma, al di là di
qualche confine spostato qua e là in questo buffo risiko elettorale,
se non sarà stravolto il meccanismo di attribuzione dei seggi,
nell'Isola ci saranno comunque collegi mediamente molto vasti.
I CONFINI Lo schema attuale ne prevede sei per la Camera e tre per il
Senato. Parlando dei primi, quello di Cagliari sarà il più piccolo,
dato che comprende il capoluogo e la terza città più popolosa
dell'Isola (Quartu): in tutto appena 8 Comuni, gli altri sono Burcei,
Maracalagonis, Monserrato, Quartucciu, Sinnai e Villasimius. Il Sulcis
ne mette insieme 46 e in realtà arriva fino alle porte di Cagliari,
visto che annovera Assemini, Sestu, Elmas, Selargius. Il nord è diviso
tra il collegio di Sassari (26 Comuni) e quello di Olbia (80, compresa
la Baronia e poi giù fino a Orosei, mentre sul litorale settentrionale
arriva fino a includere Castelsardo).

Restano i 101 Comuni del collegio nuorese (che da un lato giunge al
mare di Bosa, e a sud contiene l'Ogliastra), e i 116 di quello che
solo per comodità possiamo definire oristanese: perché in realtà mette
insieme territori davvero distanti tra loro, e mai accomunati
istituzionalmente.

Le circoscrizioni del Senato sono ricavate abbinando a due a due
quelle della Camera. Quindi Cagliari col Sulcis, in tutto 54 Comuni;
Sassari con Olbia, e sono altri 106; e appunto i 217 frutto
dell'unione Nuoro-Oristano.

I COMMENTI «Per valutare le questioni di confine aspetterei di vedere
come uscirà la legge dalla Camera e poi dal Senato», avverte però
Luciano Uras , senatore di Campo progressista: «Più che altro mi
preoccupa il meccanismo complessivo, che renderà la Sardegna ancora
più marginale. Perché una legge proporzionale valorizza le
appartenenze ai partiti, non certo l'unità delle comunità
territoriali». Un altro motivo di perplessità, per Uras, nei confronti
di una legge che «non garantirà certo di sapere chi governa
all'indomani del voto».

«Ma il tema della rappresentanza della realtà sarda può essere ripreso
nell'ambito di una revisione dello Statuto speciale, non deve essere
attribuito a questa legge elettorale», fa notare Francesco Sanna ,
deputato del Pd che oggi, insieme a tutta la commissione Affari
costituzionali, riprenderà la maratona sul testo interrotta alle 22 di
ieri. «Del resto, nel momento in cui si decide come eleggere il
Parlamento bisogna porsi anche il problema di come si forma un
governo. Soluzioni che favoriscono le formazioni locali rischierebbero
di alimentare l'iperframmentazione, e magari la corsa a travestirsi da
minoranza linguistica».

Un altro Dem, Siro Marrocu , ritiene la legge che si sta profilando
«una buona sintesi: soprattutto perché, favorendo chi vince nei
collegi, limita il fenomeno dei parlamentari nominati dalle
segreterie. Con meno collegi sarà più difficile essere candidati, ma
più facile essere eletti: starà ai partiti trovare personalità
autorevoli da schierare nelle competizioni uninominali». «Noi faremo
le parlamentarie», conferma a tale proposito Andrea Vallascas ,
deputato M5S, «per cui saranno i cittadini iscritti al nostro blog a
decidere le candidature. La correzione che premia chi prevale nei
collegi va nella direzione delle modifiche chieste da noi: a dire il
vero la nostra proposta iniziale era un proporzionale puro, ma è
positivo che si arrivi a un accordo tra le forze politiche
principali».
Giuseppe Meloni

La Nuova

Blindati i collegi, via i capolista bloccatiMdp attacca: «Siete ladroni»
È bagarre in commissione

«Ladroni di democrazia»: con questa accusa Arcangelo Sannicandro di
Mdp ha attaccato i quattro partiti che hanno sottoscritto l'accordo
sulla legge elettorale suscitando una vivacissima reazione del
relatore Emanuele Fiano e di Roberto Giachetti, entrambi del Pd.
Sannicandro ha protestato per il «no» a un emendamento, proprio di
Mdp, che avrebbe introdotto le preferenze nelle liste del
proporzionale. No anche a un'altra richiesta di modifica per dare agli
elettori la possibilità di esprimere un voto disgiunto tra collegio e
lista proporzionale.A quel punto, Fiano ha alzato la voce
interrompendo il deputato di Mdp, invano richiamato dal presidente
Andrea Mazziotti che alla fine ha riportato la calma invitando ad
evitare offese. Sannicandro però ha voluto l'ultima parola con una
sferzata ironica: «Allora li chiamerò dispensatori di democrazia».di
Giovanni Innamorati

Capolista bloccati scompaiono dalla legge
elettorale: è questo l'ulteriore accordo tra Pd, M5s, Fi e Lega che
vedono ancora rafforzata la loro intesa. La nuova decisione risponde
ad una delle richieste della minoranza del Pd, degli orlandiani, dai
quali a questo punto non c'è da temere alcun dissenso quando il testo
approderà in Aula domani. E l'eliminazione dei capolista bloccati era
anche un emendamento del M5s. Tra i 5Stelle quindi l'ala governista si
vede rafforzata rispetto a quella movimentista, contraria all'accordo
con Pd, Fi e Lega. Un patto che copre l'80% dei consensi sia in
Parlamento che fuori, stando ai sondaggi.

Il che - secondo più di un
osservatore - avvicinerebbe le elezioni anticipate, sulle quali però
il presidente del Senato Pietro Grasso sembra avere qualche dubbio
chiedendo un patto di legislatura per varare alcuni dei provvedimenti
aperti. Di buon mattino Pd, M5s, Fi e Lega si sono riuniti per
stringere i bulloni dell'intesa sul testo del relatore Emanuele Fiano,
accordandosi sui punti non ancora definiti, dopo l'ok di sabato
all'emendamento del Pd Alan Ferrari che diminuisce il numero dei
collegi da 303 a 225. Una proposta di modifica che è stata finalmente
votata dalla commissione Affari Costituzionali, dove i piccoli partiti
hanno fatto ostruzionismo a tutto campo. L'emendamento definisce i
collegi, utilizzando quelli del Senato usati con il Mattarellum tra il
1994 e il 2001. Il fatto che i collegi siano già definiti, se il
governo non li ridisegnerà prima (è prevista una delega di ben 12
mesi), rende possibili elezioni in autunno. La diminuzione dei collegi
risolve il problema dei cosiddetti collegi soprannumerari, cioè quelle
situazioni per cui i candidati dei partiti più grandi (Pd e M5s)
potrebbero non essere eletti in certe Regioni pur risultando i più
votati. Ma i partiti, nella riunione mattutina, si sono accordati su
altri punti rilevanti, oltre a quello relativo all'eliminazione dei
capolista bloccati nei listini proporzionali. In ogni circoscrizione
il capolista non sarà più il primo ad essere proclamato eletto, ma
scatteranno prima i vincitori dei collegi uninominali e poi i
candidati delle liste proporzionali.

Ciò soddisfa gli orlandiani del
Pd che infatti con Gianni Cuperlo, Andrea Giorgis e Barbara
Pollastrini hanno espresso apprezzamento. A questo punto, anche il
passaggio in Aula, con alcuni voti a scrutinio segreto, appare in
discesa. Gli altri punti dell'accordo, annunciati dal capogruppo Dem
Ettore Rosato, riguardano la quota di genere sia tra i candidati nei
collegi che nelle liste proporzionali; una diminuzione delle firme a
sostegno delle liste, come chiedono i partiti piccoli; il meccanismo
per il quale se un partito supera il 5% ma non vince nessun collegio
in una circoscrizione, nella lista viene eletto il suo miglior
perdente e poi i candidati. Infine, via le pluricandidature: ci si
potrà candidare solo in un collegio e in un listino, e non più in tre
listini.

Che i 4 partiti procedano senza indugi lo dimostra la
richiesta di Danilo Toninelli del M5s che, vista la lentezza delle
votazioni, ha proposto una non-stop notturna per rispettare l'approdo
in Aula domani. Una maratona di cui non ci sarà bisogno, ma che
sottolinea l'aspetto politico più rilevante: per la prima volta dal
1994 le regole si scrivono insieme, come sottolinea Rosato.

ROMALa virata verso il modello tedesco e l'intesa con Forza Italia,
che a molti appare la premessa alle larghe intese dopo il voto, sono
per Giuliano Pisapia i due campanelli d'allarme per considerare
archiviata l'ipotesi di un'alleanza con il Partito Democratico che
ridia vita a quel progetto di centrosinistra a cui mira l'ex sindaco
di Milano. Ospite della trasmissione «L'Intervista» di Skytg24 il
leader di Campo Progressista considera «molto complicato» un patto di
governo con i Dem: «Gli accordi su un progetto - osserva - si fanno
prima delle elezioni e non dopo».

Le strade con Matteo Renzi sembrano
destinate a non incontrarsi, ma Pisapia fa capire di essere già al
lavoro per costruire un nuovo soggetto politico che il primo luglio
sarà battezzato con una kermesse a Roma in cui verrà ufficializzato
anche il nuovo nome. Le fondamenta del progetto sono state poste a
marzo nell'appuntamento al teatro Brancaccio in cui, ricorda Pisapia,
erano presenti non solo i tanti «disillusi» dall'attuale offerta
politica ma anche realtà del civismo locale. L'approdo a cui guarda
l'ex sindaco di Milano è una sorta di «rivoluzione gentile che è
presente a in tante realtà del Paese. E da quelle realtà - spiega - si
deve ripartire con un nuovo centrosinistra che dia un segnale di
dignità e sobrietà nel fare politica». L'invito è rivolto a tutti i
soggetti presenti nel vasto campo della sinistra ma anche ai
cosiddetti «padri nobili» come Romano Prodi, spesso citato da Pisapia
come un esempio.

 L'ex sindaco fa sapere di aver invitato anche il
Professore e ricorda come proprio Prodi abbia «mandato un segnale di
apprezzamento al progetto». A dividere Campo Progressista dal Pd è la
scelta di quest'ultimo di privilegiare un'alleanza con Forza Italia
rispetto alle forze di sinistra, secondo Pisapia: «Un patto tra Pd e
Fi sarebbe incompatibile con l'elettorato dei due schieramenti: come
può il Pd che si è opposto alla cancellazione del falso in bilancio
fare un'alleanza con chi lo ha cancellato?».

La chiusura di Campo
Progressista al dialogo con i Dem lascia disorientato il
vicesegretario del Pd Maurizio Martina: «Non riesco a capire che
chiuda le porte a un dialogo con il Partito Democratico, quando da
parte nostra invece c'è disponibilità al confronto. A noi è chiaro che
gli avversari stanno da un'altra parte». Più duri Bonaccini e Marcucci
che invece ricordano a Pisapia che non si può costruire un
centrosinistra di governo senza il Pd.In attesa di conoscere i
dettagli della proposta di Pisapia anche altri esponenti della
sinistra, come Pippo Civati, mettono alcuni paletti: «Si parta da un
Manifesto condiviso, non imposto».

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Federico Marini

skype: federico1970ca

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