giovedì 8 giugno 2017

Rassegna stampa 08 Giugno 2017

Unione Sarda

Il dibattito sul futuro dell'Isola: «Difendiamo lavoro, ambiente, lingua, cultura, sanità» «È l'ora dell'indipendentismo» Devias: no ai partiti romani e alle forze locali collegate a loro.

Pubblichiamo la lettera di Pier Franco Devias, segretario nazionale di Liberu, nell'ambito di un dibattito sul futuro del sovranismo e dell'indipendentismo nella politica sarda, anche alla luce delle recenti dimissioni del leader dei Partito dei Sardi Paolo Maninchedda dalla Giunta Pigliaru.

«Nel mondo indipendentista da alcuni giorni l'argomento clou è rappresentato dalla lettera di dimissioni di Maninchedda a Pigliaru e dalla conferenza stampa del Partito di Sardi, su cui ci siamo espressi in tanti. Alla luce di tutto ciò come si vuole ricomporre l'indipendentismo? Io penso che debba proseguire la sua evoluzione nella direzione che ha sempre avuto, cioè continuare ad essere elemento di rottura rispetto alla politica unionista, rappresentare l'unica alternativa per il superamento di un autonomismo sottoposto ad accanimento terapeutico.

Il PdS, invece, nonostante slogan e parole altisonanti, va in tutt'altra direzione. Per anni si è atteggiato da oppositore fino alle dimissioni dell'assessore, minacciando fuoco e fiamme, ma restando lì dove è sempre stato: a sostegno di una delle giunte più italo-dipendenti della storia autonomistica».

«Il PdS è nato come emblema della continuità e della collaborazione con le forze italiane e ne ha sostenuto i progetti più obbrobriosi e colonialisti, dall'ampliamento degli inceneritori all'anacronistico ritorno al carbone, passando per una disarmante assenza su lingua, legge elettorale democratica sarda, servitù militari… Il PdS ha rappresentato il fidato pilastro su cui reggere il governo del disastro in Sardegna».

«Si può scorgere uno spiraglio di collaborazione con chi fa queste scelte? Può il movimento di liberazione nazionale accordare fiducia a chi, come il PdS, nello scenario tragico in cui versa la Sardegna, ha deciso di stare dalla parte del problema e non della soluzione? Difficile. Un dialogo potrebbe avvenire solo su tematiche ideali, a cui però da parte loro non corrisponde un comportamento conseguente».

«Vogliamo parlare di alti ideali o di come risolvere i problemi dei Sardi? Gli alti ideali hanno senso solo se sono finalizzati a risolvere i problemi reali, altrimenti restano solo passatempo per gente con la pancia piena. Peggio che mai, poi, se servono come copertura per tenere la pancia vuota agli altri e riempire la propria. Non credo che il PdS sia un interlocutore valido del movimento di liberazione nazionale (né fa niente per cercare di esserlo), perlomeno fino a quando è rappresentato e diretto da persone storicamente molto abili a cavalcare il potere italiano anziché contrastarlo, da chi ha diviso l'indipendentismo fino a sostenere l'esistenza di una “vera” bandiera sarda e una “falsa”, da persone che pubblicamente cantano l'inno italiano con la mano sul cuore, da alcuni che forse pensano che soddisfare i propri interessi personali si possa chiamare indipendentismo».

«L'indipendentismo non è questo. L'indipendentismo ha bisogno di dimostrare di essere profondamente diverso dalla politica italiana, rigettando concezioni di partito ormai in tutto simili a comitati d'affari, rilanciando un modello organizzativo popolare di lotta e di progetto. Deve difendere con forza il lavoro, l'ambiente, la lingua e la cultura, l'istruzione, una sanità pubblica ed efficiente, il diritto dei Sardi di vivere liberi e felici nella loro terra».

«In che cosa il PdS si è differenziato dai partiti italiani? In che cosa si è avvicinato al patrimonio del mondo indipendentista? L'indipendentismo è rivoluzionario e, come tutte le rivoluzioni, si propone di sostituire lo status quo precedente con qualcosa di nuovo e migliore. Il peggiore nemico di ogni rivoluzione è invece chi fa credere che la rivoluzione coincida con il consolidamento dello status quo. E così il famoso «cambiare tutto per non cambiare niente» di gattopardesca memoria ai tempi del PdS può ben diventare «a innantis, pro lassare totu comente est!». Non ci interessa, grazie, lottiamo per un'altra Sardegna. Molto migliore di questa.

Pier Franco Devias


 Unione Sarda

Centrosinistra, il Partito dei sardi detta le condizioni
Il segretario Sedda a Pigliaru: serve un atteggiamento competitivo con
governo e Stato

Il Partito dei sardi cala il poker sul tavolo della maggioranza, per
continuare il percorso assieme e riportare la spinta indipendentista
nella coalizione. Una partita da giocare contro il governo suddivisa
in quattro punti chiave che entro l'estate sanciranno la rottura o
meno del Pds con il centrosinistra. Questioni che il presidente
Pigliaru dovrà affrontare prima di scegliere il sostituto del
dimissionario Paolo Maninchedda ai Lavori pubblici, adesso affidato ad
interim a Raffaele Paci. E se da un lato il segretario Franciscu
Sedda, pensa un passaggio tecnico per un periodo limitato con
l'attuale direttore generale dell'assessorato, Edoardo Balzarini,
dalla Regione frenano. Non piace a Villa devoto la formula di un
assessore a tempo, in attesa di un'indicazione definitiva, e per il
presidente Pigliaru non è una strada in alcun modo percorribile.

RIVENDICAZIONI Serve un «atteggiamento competitivo nei confronti del
governo e dello Stato italiano», spiega il segretario Franciscu Sedda.
La prima mossa è chiedere al governo di «ritirare il ricorso contro
l'articolo 3 della legge per l'Agenzia sarda delle entrate». Sulla
legge elettorale nazionale il Partito dei sardi chiede una mediazione
per il calcolo del quorum su base sarda. Gli accantonamenti sono
un'altra questione delicata perché al presidente Pigliaru viene
affidata la missione per intercedere a Palazzo Chigi affinché il
governo «ci riconosca e renda subito disponibili le somme dovute alla
Sardegna». Infine, sempre l'esecutivo dovrà notificare alle
istituzioni europee la condizione giuridica di insularità. Queste le
missioni affidate al presidente per rinsaldare l'alleanza. Un
passaggio fondamentale, però, saranno le amministrative di domenica
prossima. Un test fondamentale per il Partito dei sardi che a Oristano
ha deciso di staccarsi dal centrosinistra e candidare un proprio
esponente in un polo civico indipendentista. Il Pds si riunirà il 24
giugno ad Arborea per coinvolgere gli iscritti nella scelga finale.

IL VERTICE Dopo l'incontro con Pigliaru e il vice presidente Raffaele
Paci, la riunione è stata allargata a tutta la coalizione. È stato
fatto il punto sul percorso di fine legislatura che si «concluderà
sicuramente nel 2019», sottolinea il governatore. Se Pigliaru è pronto
ad affrontare le questioni sollevate dal Pds, resta da verificare
quanto lo vorrà fare la coalizione. Il primo scoglio potrebbe essere
la legge elettorale che difficilmente il Partito democratico vorrebbe
cambiare. (m. s.)

La nuova Sardegna

Pigliaru non ha dubbi: «Resteremo fino alla fine»

CAGLIARII gufi volino lontano: il centrosinistra resisterà fino al
2019, poi si vedrà. Dal doppio vertice, prima con i ribelli del
Partito dei sardi e un'ora dopo con tutti i partiti della maggioranza,
il governatore Francesco Pigliaru è riapparso sicuro come non mai:
«Arriveremo fino all'ultimo giorno della legislatura. Su questo non ci
sono dubbi. Perché il clima dentro lo spogliatoio è buono», ha
aggiunto con tanto di sorriso e sta per arrivare anche il possibile
accordo sulla tattica con cui la squadra scenderà in campo. Il
governatore questo non se lo è lasciato sfuggire, troppo presto?, ma è
convinto che presto sarà così. La crisi non è ancora passata, le
dimissioni dell'assessore Paolo Maninchedda del Partito dei sardi
devono essere metabolizzate, però a parte qualche incomprensione sul
successore non sembra esserci più aria di tempesta.

Per la verità è
sempre così o tutti si affrettano a raccontarla così dopo ogni
vertice, ma stavolta la maggioranza avrebbe preso l'impegno degli
impegni: non esploderà e neanche ha intenzione di sgonfiarsi. Prima di
ferragosto la giunta ritornerà al completo, al massimo dopo un
rimpasto veloce, e poi - è il giuramento condiviso - «riprenderemo a
marciare verso la meta».L'assessore che sarà. Nei due incontri mai s'è
accennato al nome di chi prenderà il posto di Maninchedda. Che i
lavori pubblici rimangano un'esclusiva del Partito dei sardi, è una
certezza, mentre sull'identità dell'assessore ci sono pareri
contrastanti. Per ora la delega è stata congelata e affidata al
vicepresidente Raffaele Paci, ma l'interim non può durare a lungo:
sarebbe un errore clamoroso. Il Pds non ha fretta, Pigliaru sì: ci
sono un bel po' di cantieri da aprire.

Capito il senso dell'invito, i
sovranisti avrebbero proposto come soluzione a tempo l'attuale
direttore generale dell'assessorato - è Edoardo Balzarini - ma al
presidente le scelte provvisorie non piacciono e neanche sembra
disponibile ad accettare altre staffette incorsa. Quindi se il Pds
dovesse indicare Balzarini, sarà lui l'assessore fino al 2019. Oppure
proponga un altro nome purché sia quello definitivo e che potrebbe
uscire il 24 giugno dall'assemblea dei sovranisti ad Arborea.Doppio
vertice. È stata una maratona, dalle 10 alle 14. All'inizio della
mattinata Pigliaru ha incontrato la delegazione del Pds, guidata dal
segretario Franciscu Sedda e dal capogruppo Gianfranco Congiu. «È
stato un confronto schietto e con anche momenti di tensione, però
costruttivo», è la sintesi poi arrivata quasi in contemporanea da una
parte e dall'altra del tavolo.

I sovranisti si sono presentati con
quattro punti da realizzare nell'immediato: contrastare il governo nel
ricorso contro l'Agenzia sarda delle entrate, puntare a una legge
elettorale nazionale che permetta anche alle liste «tutte e solo
sarde» di eleggere uno o più parlamentari, ottenere indietro i milioni
finora negati dallo Stato con la scusa che c'è da risanare il debito
pubblico tricolore e infine non essere più prigionieri delle regole
europee sugli aiuti di Stato e reclamare il diritto all'insularità.
Sedda dirà: «Dal governatore ci aspettiamo una chiara presa di
posizione su ciascun punto» Il minimo sindacale potrebbe essere una
lettera d'impegni, o meglio un'affollata conferenza stampa, oppure
chiedere al governo (ci sarà il tempo, le elezioni sono alle porte) di
«confrontarsi in Sardegna sulla Sardegna». Pigliaru, a sua volta,
dirà: «Sono più i punti di contatto che quelli in cui siamo lontani».
Bisogna essere ottimisti e le parti in causa lo sono. A metà mattinata
poi è andato in scena il vertice allargato ai sette partiti di
maggioranza. In cui ciascuno ha messo del suo, perché «dobbiamo
riempire l'agenda di cose da fare e molto subito».

Così Mdp ha chiesto
che in testa ci sia la vertenza delle zone interne e l'agricoltura,
l'Upc-Psi s'è concentrato sul caso La Maddalena, leggi mancato G8, e i
trasporti, il Campo progressista ha parlato molto di sanità e oggi è
in programma un vertice tecnico sulla riorganizzazione della rete
ospedaliera. Le varie anime del Pd si sono confrontate sui trasporti e
l'urbanistica. Poi c'è chi ha messo sul tavolo le servitù militari, il
metano, la partita con l'Eni, i rapporti con lo Stato, il welfare e le
«azioni indispensabili per rilanciare l'occupazione», scritta com'è
stato detto da Sinistra sarda e dalla Base. Ogni partito è uscito dal
vertice con un bel po' di compiti da svolgere a casa. Il nuovo
appuntamento è fra una settimana, con Pigliaru che è stato perentorio
nel dire: «Dal prossimo conclave, dobbiamo uscire con un patto di
governo in cui ognuno, dalla giunta ai consiglieri di maggioranza,
saprà cosa fare, quando e come lo dovrà fare». Fino al 2019. (ua)

La società promuove il Cagliari-Bastia, ma sul web e tra i politici
regna lo scetticismo sulla fattibilità
L'ad di Hyperloop: ottimo il progetto sardo

SASSARINon solo fantascienza. Il progetto Hyperloop è molto più di
un'idea. La sua presentazione ufficiale ad Amsterdam l'ha trasformato
in un piano di sviluppo della rete di trasporto europea. La Regione ne
è convinta e passa la giornata a spiegare che il progetto Hyperloop è
portato avanti in collaborazione con la Regione Corsa. Spiega i
dettagli dell'idea. Costo 11 milioni di euro al chilometro. Nel 2021
ci saranno le prime tratte a uso pubblico, ma non nell'isola. Con
molta probabilità si dovrà attendere qualche anno in più.Il progetto è
di una società corsa, la FemuQui, la Regione lo ha presentato ad
Amsterdam. E insieme ad altri nove viene considerato tra quelli che
meritano di essere portati avanti. Nel sito della Hyperloop c'è anche
una sorta di gioco popolare. Si può votare il progetto preferito per
farlo realizzare per primo.

E l'amministratore della società Hyperloop
One, Rob Lloyd, si è detto molto interessato dal progetto di
collegamento Bastia-Cagliari «perché portatore di un enorme potenziale
di trasformazione» e ha apprezzato il lavoro preparatorio effettuato
con il supporto delle amministrazioni delle due regioni. Sul web. Ma
l'accoglienza nel tribunale popolare del web è tra l'incredulo e il
glaciale. I sardi abituati dalla nascita a un sistema di trasporti
degno di una scalcinata repubblica africana vedono l'ipotesi del super
treno che collegherà Cagliari e Sassari con un tubo. E in molti
mostrano assoluta sfiducia verso l'assessore ai Trasporti. Se Massimo
Deiana inventasse l'elisir che rende immortali verrebbe con molta
probabilità accusato di voler sovrappopolare il pianeta.I commenti.
Non solo la gente comune. I più critici sono gli avversari politici.
Ugo Cappellacci, Fi: «Hanno cancellato la continuità territoriale.
Hanno fatto scappare Ryanair. Hanno ridato forza al sistema Tirrenia,
ma promettono un condotto che ti "spara" a 1000 chilometri all'ora
verso la Corsica.

Nessuno le spara come loro». Mauro Pili si cimenta
in un ardito fotomontaggio che trasforma Deiana in un uomo-cannone.
«Ho letto che il peggior assessore dei trasporti, dall'era nuragica ai
giorni nostri sta promuovendo un tubo subacqueo per collegare la
Sardegna con la Corsica». Dubbi anche per il deputato Michele Piras:
«Prima di sognare hyperloop e hyperuranium mi sarei accontentato di
arrivare da Cagliari a Sassari in un tempo ragionevole o di avere una
linea ferroviaria dignitosa per Nuoro o di avere una continuità
territoriale aerea dignitosa. Questa storia dei 40 minuti per Bastia
mi ricorda il ponte sullo stretto di Messina e la Tav. Solo un po' più
ridicola». (l.roj)

Il leader pentastellato insiste: «Vogliamo la legge e vogliamo le
elezioni». Ri-voto degli iscritti Grillo acrobata in pressing sugli ortodossi

Nessuna giravolta. Anzi. La decisione di far
tornare gli iscritti a votare, on-line, sul testo finale della legge
elettorale è il nuovo affondo che Beppe Grillo intende imprimere
all'approvazione di quella legge elettorale che salva i 5 Stelle dal
Rosatellum e l'unica che gli consente di aspirare ad un voto
anticipato. Ed è soprattutto l'unico modo per mettere a tacere i mal
di pancia di quanti, nella base e tra gli eletti, sentono di aver
«tradito» il mandato elettorale per aver accettato di convergere con
il Pd e Fi su un sistema elettorale senza preferenze, il totem
intoccabile dei pentastellati. Nasce così la decisione di presentare
gli emendamenti a firma M5s sulle preferenze, sul voto disgiunto e sui
correttivi di governabilità.

E di "sfidare" il Pd nonostante un
accordo raggiunto su un testo base che non li prevedeva. «L'abbiamo
sempre detto. Non c'è nessuno strappo in avanti» affermano i deputati
M5s dopo una riunione del gruppo convocata per chiarire la strategia
che sarebbe seguita di lì a poco, quando sarebbero iniziate le
votazioni. E che si è conclusa con il contemporaneo annuncio dal blog
di indire la nuova consultazione degli iscritti sul testo che uscirà
dalle votazioni in Aula. «Cercheremo in tutti i modi di ottenere nuovi
miglioramenti. Non sappiamo se ce la faremo perché non dipende solo da
noi. Ma abbiamo già ottenuto importanti risultati» mette le mani
avanti il M5s nel post con cui chiama gli iscritti a «ratificare» il
testo prima che si passi al voto finale, grazie ad uno slittamento
concesso dallo stesso Pd.

Presumibilmente gli iscritti saranno
chiamati a votare un testo senza le preferenze. Ma Grillo vuole
chiudere la partita senza strascichi divisivi nel Movimento,
soprattutto ora che si avvicinano le urne. Ma non intende rompere il
patto sulla riforma. «Il M5s vuole la legge e vuole il voto»
chiarisce. E i 5 Stelle in Aula si astengono sull'emendamento sul
disgiunto di Mdp perché, dice Toninelli, scritto «per affossare
tutto». L'accordo è raggiunto anche con gli ortodossi M5s. «Se gli
iscritti votano sì, voteremo la legge» assicura Roberto Fico, tra i
primi, giorni fa, a protestare per l'assenza delle preferenze ed
avvertire che nulla era ancora deciso.

Fico ondivide un tweet di
Grillo e spiega che non è in corso alcuna «giravolta». E, insieme a
Toninelli, rilancia la palla in tribuna: «che farà Renzi? Terrà i suoi
nel voto segreto o torneranno i franchi tiratori?».di Cristina
FerrulliwROMAC'è uno spettro che si aggira tra i Dem un secondo dopo
il voto sulle pregiudiziali: i franchi tiratori che, ad inizio
legislatura, affossarono Romano Prodi al Colle e che ora, al termine
della legislatura, rischiano di far fallire la madre di tutte le
riforme della politica: la legge elettorale. Il capogruppo Ettore
Rosato ne conta 100 nell'assemblea convocata in fretta e furia anche
per mettere in riga i deputati dem perchè il sospetto è che, al di là
degli sbandamenti M5S, il 'partito del non votò, di chi teme di non
essere candidato, affossi la legge elettorale al di là del merito.
Matteo Renzi si tiene plasticamente lontano dalle tensioni tra i
partiti. Così come il premier Paolo Gentiloni dà mandato al ministro
Anna Finocchiaro di lasciare tutto alla dinamica parlamentare,
lasciando il governo come spettatore. Nel filo diretto con i vertici
dem, però, il leader Pd mette subito in chiaro la linea: o il patto a
4 tiene o non se ne fa nulla.

Perchè l'accusa dell'inciucio con Silvio
Berlusconi peserebbe come un macigno sia sulla riforma sia sulla
campagna elettorale. «Se Grillo non tiene i suoi, salta tutto e si
andrà a votare con il Consultellum», è la linea dei renziani,
consapevoli però che il treno delle elezioni anticipate passa solo se
entro il 7 luglio il Fianum sarà legge. Per diminuire il rischio dei
franchi tiratori sui voti segreti, i vertici dem chiedono alla
minoranza di ritirare i propri emendamenti ma gli orlandiani
rispondono picche e puntano a correggere la legge e qualcuno anche a
frenare la corsa alle urne. Renzi ha già fatto sapere, infatti, non
solo alla minoranza, che in Parlamento porterà facce nuove e non sarà
una semplice riconferma degli uscenti. E tra collegi e listini corti
in tanti temono di non avere il seggio sicuro al prossimo giro.
L'avvertimento interno al termine della prima giornata sembra però
avere effetto.

Così come il patto tra i partiti anche se al termine
del primo giorno è ancora presto per tirare un sospiro di sollievo.
D'altra parte la tensione sulla legge elettorale non è l'unico motivo
di rabbia per il leader dem. L'ex premier considera una cosa enorme il
fatto che il vicecomandante del Noe Alessandro Sessa sia stato
indagato per il reato di depistaggio nell'ambito di uno dei filoni
dell'inchiesta sugli appalti Consip. «Bisognerebbe dar sfogo alla
rabbia», ammette postando una foto di Firenze e facendo esercizio zen.
Il non detto è che i renziani vanno sempre più convincendosi che
settori deviati dello Stato avessero messo in moto un disegno eversivo
quando ancora Renzi era a Palazzo Chigi.



Unione Sarda

Selargius, finisce l'era Cappai
L'esponente dell'Udc dopo dieci anni lascia una città in cerca di un
ruolo nell'area vasta
Sfida tra la grillina Puddu, Lilliu (Pd) e il vice sindaco Concu

SELARGIUS Dipende dai punti di vista. Selargius può essere considerata
oggi, alla vigilia delle elezioni comunali, «un dormitorio», una
«città addormentata» o una «bella cittadina». A seconda che a
guardarla siano gli occhi della candidata sindaca grillina, Valeria
Puddu («occorre un nuovo modo nuovo di fare politica, le scelte devono
essere condivise con la gente»), del capolista del centrosinistra,
Francesco Lilliu («bisogna cambiare marcia, non limitarsi
all'ordinaria amministrazione») o del leader del centrodestra Gigi
Concu, vice sindaco e delfino dell'attuale primo cittadino Gian Franco
Cappai («inutile promettere rivoluzioni, bisogna proseguire sulla
strada già tracciata che ha migliorato Selargius»).

AL VOTO Primavera 2017, finisce l'era Cappai, Selargius deve scegliere
il nuovo inquilino del Municipio. Un sindaco che sarà chiamato
soprattutto a dare un ruolo alla municipalità nel contesto più
allargato della città metropolitana. Oggi Selargius è tagliata fuori
dalla rete del gas del Cagliaritano, attende con ansia l'arrivo della
metropolitana leggera, promessa mantenuta dal Governo Renzi, non può
contare su servizi importanti come il Policlinico piazzato a
Monserrato, deve il suo prestigio di essere una delle città più grandi
della Sardegna soprattutto perché un quartiere di fatto cagliaritano,
Su Planu, 4.500 abitanti, ricade nel suo territorio malgrado si trovi
a sette chilometri dal Municipio.

URBANISTICA I dieci anni di Cappai si sono chiusi con il botto: il via
libera al nuovo piano urbanistico comunale. Un successo condiviso con
l'opposizione, che dopo gli inevitabili scontri (il centrosinistra
dieci anni fa prevedeva una crescita di 4 mila abitanti, il
centrodestra puntava a 10 mila, la Regione ha chiuso la vertenza a 5
mila), è arrivato a una sintesi finale chiusa con un voto unanime. Ma
adesso il Puc potrebbe essere arrivato quando ormai è troppo tardi: il
piano regolatore vigente risale ai tempi di Celestino Badas, sindaco
socialista alla fine anni Sessanta, e la crescita demografica
“monstre” (il borgo agricolo di 7 mila abitanti è arrivato alle soglie
dei 30 mila) è avvenuta dal 1980 in poi attraverso piani di
risanamento, concessioni in deroga e condoni. Con il risultato di
riempire quasi tutti gli spazi e di lasciare aree edificabili che
nessun privato oggi si azzarda a costruire visto che il mercato non
richiede nuova cubatura.

I PROBLEMI Più urgente è affrontare il problema della viabilità, che
però riguarda l'intera area vasta: oggi chi arriva nel Cagliaritano da
Sinnai, Settimo, Maracalagonis e dal Sarrabus utilizza Selargius come
enorme svincolo verso la città, con tutti i problemi che ne conseguono
e senza il minimo vantaggio per i residenti.

Nei programmi, i candidati sindaci puntano sul nuovo piano del
traffico (i grillini), su un'economia che riscopra la vocazione
agricola e possa creare lavoro (Lilliu), sul mantenimento dei servizi
e sul rilancio dell'area industriale, del polo universitario di
Astrofisica e del muovo museo (Concu).

LAVORO È una campagna elettorale difficile perché il momento per il
sistema Italia non è dei migliori e questo si ripercuote
inevitabilmente dappertutto, Sardegna e Selargius compresi. Settemila
disoccupati su 29 mila residenti scarsi è il mantra che ripetono sia i
clienti del venerdì al mercatino dei prodotti agricoli a chilometri
zero, sia i senza lavoro ai candidati consiglieri in questi giorni
attivissimi tra bar e parchi. Così come sentita è la questione della
microcriminalità, percepita in aumento, stando alle cronache di furti
e rapine spesso da quattro soldi ma che sono la riprova della
disperazione serpeggiante.

Restano poi le incompiute storiche del Centro Servizi della zona
industriale e del teatro comunale. Gli inguaribili sognatori
vorrebbero il centro abitato ricco di turisti per il Matrimonio
selargino. Per adesso si devono accontentare dei nuovi parchi
inaugurati in questi dieci anni dalla giunta Cappai, sopravvissuta
nell'ultimo lustro a diverse crisi politiche e oggi quasi compatta di
nuovo candidata.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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