giovedì 1 giugno 2017

Rassegna stampa 01 Giugno 2017

La Nuova Sardegna

Ridisegnati i confini elettorali: Alghero con Nuoro e Oristano, Ozieri con Olbia La Sardegna secondo l'Italianellum

La Sardegna secondo l'Italianellum. La nuova legge elettorale firmata Pd-M5s-Forza Italia prevede una rivoluzione dei collegi, che dovranno essere adeguati al nuovo sistema elettorale che si rifà a quello in vigore in Germania. Ma con correttivi all'italiana. Una rivoluzione che abbatte confini geografici e ne crea di nuovi. Con Alghero che al Senato abbandona Sassari e si ritrova con Nuoro e Oristano. O Thiesi e Ozieri che alla Camera corrono con Olbia e non con Sassari. O ancora Macomer che si ritrova capoluogo di una provincia a metà tra Nuoro, Oristano e la Provincia del Sud.Emendamento.

Ieri il relatore Emanuele Fiano ha depositato nella commissione Affari costituzionali il maxi emendamento che riscrive la legge elettorale. Insieme ad esso un secondo che ridisegna i collegi, modifica indispensabile per approvare la nuova legge. L'Italia, escluso il Trentino Alto Adige che andrà avanti con il Mattarellum, viene divisa in 303 collegi e in 27 circoscrizioni che coincidono con le Regioni, tranne le più popolose divise in più circoscrizioni. I partiti presentano dei listini bloccati di 2-4 nomi in ciascuna circoscrizione e un candidato in ciascuno dei 303 collegi uninominali.

Camera. Per Montecitorio la circoscrizione Sardegna sarà suddivisa in 8 collegi uninominali. Il collegio numero 1 fa riferimento a Sassari e comprende Alghero, Porto Torres e una parte della provincia: Cargeghe, Codrongianos, Florinas, Ittiri, Monteleone Rocca Doria, Muros, Olmedo, Ossi, Putifigari, Romana, Sorso, Stintino, Tissi, Uri, Usini, Villanova Monteleone. Nel collegio 2 la città riferimento è Olbia, ma al suo interno non c'è solo la Gallura, ma anche il Monte Acuto, il Meilogu, il Goceano e l'Anglona. Il collegio 3, con città capofila Macomer, raccoglie comuni del Nuorese (Aritzo, Fonni, Mamoiada, Ottana, Sorgono), dell'Oristanese (Abbasanta, Bosa, Cabras, Cuglieri, Tramatza) e della Provincia del Sud (Isili, Nurallao, Sadali).

Nuoro è la città principale del collegio 4, che mette insieme Baronia, Barbagia e Ogliastra. Il 5 è il collegio di Oristano e del suo hinterland, mentre il 6 mette insieme il Sulcis Iglesiente con una parte del Campidano. Nel numero 7 c'è l'hinterland di Cagliari con Quartu città capofila, mentre il collegio 8 è quello di Cagliari, più Elmas, Monserrato e Selargius.

Senato. Più ampi i collegi per Palazzo Madama. E anche più fantasiosi. Con territori lontani anche dal punto di vista dei chilometri appaiati sotto lo stesso collegio. Per il Senato l'isola si divide in quattro. Il collegio numero 1 è quello di Cagliari, che comprende anche Assemini e Quartu. Nel 2 ci sono il Sulcis Iglesiente, il Medio Campidano e la più lontana Ogliastra. Il numero 3 mette insieme Oristano, Macomer e Nuoro con - a sorpresa - Alghero. Nel 4 infine Sassari e Olbia si ritrovano sotto lo stesso tetto. (al.pi.)

La Nuova

Il Partito dei sardi resta: «Ma ora l'indipendentismo»
Nessun diktat però serve più sovranismo. L'assessorato vacante: Paci a interim
di Umberto Aime

CAGLIARIPrima di tutto e su tutto per loro c'è la Nazione autonoma di
Sardegna: invocata, pretesa e forse persino dovuta. Per non sganciarsi
dal centrosinistra, i patrioti del Partito dei sardi hanno deciso e
detto: «Se non ci saranno fatti concreti a sostegno della nostra
richiesta, l'indipendentismo di governo, arrivederci e grazie». Non è
un ultimatum, ma molto li somiglia. «Oggi noi alla maggioranza diciamo
che è arrivato il momento di sfondare un soffitto di vetro soffocante.
Questo soffitto è lo Stato italiano, una cappa burocratica che va
spazzata via. Basta, con questo effetto serra insopportabile, non ci
permette di respirare a pieni polmoni». Poi, una volta lanciati i
sassi, in senso metaforico, dopo forse potrebbe o ci sarà il resto, a
cominciare dal nome di chi - sempre per i sovranisti - dovrà
sostituire, a giorni o chissà fra quante settimane, il dimissionario
Paolo Maninchedda.

Mentre nel frattempo l'assessorato rimasto vacante,
i lavori pubblici, è passato ad interim sotto il controllo del
vicepresidente della Regione Raffaele Paci, come voluto dal
governatore Francesco Pigliaru. Il che vuol dire: la crisi non sarà
breve, rischia invece di essere complessa e lunga, perché la richiesta
dei cinque consiglieri regionali del Pds, più il segretario Franciscu
Sedda, non è certo roba da poco. Non lo è soprattutto per quanti sanno
che l'indipendentismo mai potrebbe essere un grido di battaglia, non
gli appartiene, del presidente della Regione.

Anche se in serata il
vice Raffaele Paci dirà: «Il Pds non ci chiede di essere
indipendentisti, né noi impediamo loro di esserlo. A me pare che ci
sollecitino di difendere soprattutto il diritto dei sardi. Noi abbiamo
sempre agito con la schiena dritta e questa missione rimane comunque
la nostra priorità». Ma è proprio al governatore che s'è rivolto il
capogruppo del Pds Gianfranco Congiu, nella prima uscita pubblica del
partito dal giorno, era lunedì, delle dimissioni di Maninchedda. «Oggi
a Pigliaru chiediamo di allungare il passo e dare forza alla
rivendicazione. I rapporti con lo Stato italiano e il governo devono
cambiare. Non è più pensabile che la Sardegna continui a subire.
Palazzo Chigi è arrivato a impugnare la legge regionale sull'Agenzia
sarda delle entrate. Perché?

È un'offesa: era uno dei punti condivisi
della coalizione che ha vinto le elezioni regionali, e il governo
vuole invece che sia cassata dalla Consulta. Non è possibile», sono
state le parole forti di Congiu. Sostenute in un attimo da quelle
ancora più politiche di Sedda: «Non pretendiamo che Pigliaru si metta
a gridare o vesta all'improvviso i panni dell'indipendentista, ma i
segnali di un cambiamento devono esserci ed essere percettibili». Ad
esempio il 24 ottobre, giorno in cui la Corte discuterà il caso
dell'Agenzia delle entrate. «Sarebbe bello - ha aggiunto - che quella
mattina la Sardegna sbarcasse a Roma e, con forza, si facesse sentire.
Vorremmo, in testa al corteo, il governatore, i parlamentari sardi e
gli europarlamentari: ecco un segnale che ci aspettiamo». In questa
maratona di avvicinamento, in sintesi, il Pds non vuole sentirsi più
solo: «Di solitudine - secondo Congiu - Maninchedda ha sofferto
soprattutto in giunta e s' è dimesso. Noi ora chiediamo che questa
vertenza sovranista, non nostra ma di tutti i sardi, diventi bene
comune».

E Sedda ha rilanciato: «Dobbiamo prendere il toro per le
corna, non possiamo continuare a essere relegati ad amministratori di
uno sgabuzzino malandato dell'Italia. Il confronto con Roma su
entrate, sanità, agricoltura, Province e il resto non può essere
ancora lo stesso. Non possiamo sopravvivere sotto una cappa
maledetta». A dar manforte al capogruppo e al segretario c'erano - è
ovvio - gli altri consiglieri regionali sovranisti Augusto Cherchi,
Roberto Desini, Piermario Manca e Alessandro Unali.

Nessuno di loro ha
parlato, ma ognuno sa che se domani dovessero votare in blocco contro
Pigliaru, la legislatura finirebbe un minuto dopo. «Però noi - ha
detto Sedda - abbiamo voglia di restare nel centrosinistra. Non siamo
sciacalli, altri purtroppo lo sono stati nei confronti di Maninchedda,
neanche abbiamo intenzione di tirare su la posta o tirare la corda
fino a spezzarla. Ma un nuovo patto col presidente Pigliaru e a
cascata con gli alleati, dobbiamo siglarlo al più presto». Qualche
incontro riservato c'è già stato in questi giorni, quello ufficiale
non ancora.

la sfida dialettica a distanza
Maninchedda risponde a Fois: «Io coerente, non trasformista»

CAGLIARILo scrittore contro il professore-assessore. Penne come
sciabole in un duello dialettico a distanza. Marcello Fois è a suo
modo rimasto colpito dalla lettera con cui Paolo Maninchedda ha
rimesso il suo mandato nella giunta. Ma sull'intellettuale nuorese la
missiva ha avuto un effetto caustico. Nessun gesto nobile dietro
l'addio di Maninchedda. La lettura e l'analisi hanno dato vita a un
intervento corrosivo pubblicato sulla Nuova Sardegna. Fois ha usato
più il guantone del guanto.

Fois non gradisce le dimissioni di
Maninchedda. E condivide ancora meno le motivazioni del gesto. L'ex
assessore aveva parlato di stanchezza e senso di solitudine nella sua
battaglia per portare avanti i valori dei sardi. Per Fois il gesto
sembra più dettato da un gesto di opportunismo politico, anche se Fois
non usa mai questo termine. Parla delle dimissioni come di un problema
«etico e politico». E dà alle dimissioni 20 mesi prima della fine
della legislatura una lettura tutta politica. «Servono per rimettersi
in pista riverginato e anche liftato se occorresse. Dopo questo tempo
agli elettori sardi sembrerà un novellino della politica». Poi un
altro affondo mentre lo definisce: «il nostro Mastella locale». Il
resto è una randellata all'epica, all'etica e al pathos dell'addio di
Maninchedda. L'ex assessore non la prende benissimo e dal suo scranno
virtuale, il blog Sardegna e libertà, risponde senza astio al j'accuse
di Fois. «E adesso dietrologia e fango, secondo la migliore tradizione
italiana - scrive Maninchedda -.

Fois scrive un pezzo disarmante nella
sua inutile violenza lui non tollera che io abbia dissentito da Soru,
né che il Psd'Az, che mi accolse, si sia schierato nella scorsa
legislatura con Cappellacci. Quindi, poiché le mie posizioni,
minoritarie e sempre dialettiche, hanno attraversato questo arco
temporale e queste esperienze istituzionali, Fois argomenta di me come
di un trasformista. Liberissimo di farlo, ma i fatti sono tutti lì: io
non ho cambiato le mie posizioni, la bandiera è sempre quella ed è
quella che sto tenendo in campo oggi, senza bisogno di alcuna
verginità, che non rivendico perché per me non è un valore».Sempre in
risposta allo scrittore nuorese: «Credo sia sempre più chiaro che il
mio partito vive di linfa propria e ottiene consensi oltre me. Si teme
la nascita di un partito o di una federazione della nazione sarda, ma
l'aria è proprio questa».

Maninchedda mette tutta la sua attenzione
anche su un altro passaggio dell'intervento dello scrittore. «Fois
candida Soru alla Presidenza. Avrebbe potuto farlo senza per questo
perdere tempo a diminuire ogni mio gesto passato, presente e futuro.
Io continuo a restare in campo col mio progetto e con la mia faccia,
senza fare ombra a nessuno e senza odiare nessuno».Ma nel suo
intervento l'ex assessore non risparmia una stoccata anche contro
l'altro intervento pubblicato sulla Nuova a firma di Luciano Marrocu.
«lui ha capito cosa c'è, non dietro, ma dentro le mie dimissioni, e
cioè la conclamata lotta allo Stato italiano che io considero il vero
ostacolo alla felicità e allo sviluppo dei sardi - scrive Maninchedda
-. Dopo la butta in strade, dice che non è detto che un'Anas sarda
divenga efficiente solo perché sarda. In realtà proprio questa è la
logica che mi ha schiacciato. Io so che in giunta ciò che io
percepisco come il più grande dei problemi, l'Italia col suo disordine
e le sue contraddizioni, è considerato invece la più grande delle
opportunità». (l.roj)

Unione Sarda

Lavori pubblici, interim a Paci Dal Pds un avviso per Pigliaru
Il partito di Maninchedda: «Difenda l'Agenzia sarda entrate o ce ne andiamo»

Si può conciliare l'indipendentismo con il governo della Regione in
una coalizione di centrosinistra? Dopo tre anni e mezzo di legislatura
la certezza della tesi all'interno del Partito dei sardi non è più
così granitica. Dopo 48 ore di silenzio dall'addio di Maninchedda alla
Giunta, i sovranisti sciolgono le riserve e chiamano in causa il
presidente Pigliaru. Sarà lui a dover rinsaldare l'alleanza con «gesti
concreti» che dimostrino una nuova propensione verso la causa
indipendentista.

Diversamente «faremo le nostre valutazioni e prenderemo altre strade»,
dice il segretario del Partito dei sardi, Franciscu Sedda. Intanto, in
attesa di ritrovare o meno l'affinità, oggi sarà firmato il decreto
che affida al vicepresidente della Giunta, Raffaele Paci, l'interim
dei Lavori pubblici. Il compito di Paci si «prolungherà il tempo
necessario a dare seguito al confronto con il Partito dei sardi e la
coalizione per confermare il buon lavoro fatto finora e proseguire
l'esperienza di governo intrapresa insieme».
IL CLIMA Maninchedda lascia; il suo partito per ora rimane, senza
sbilanciarsi su quanto resisterà l'ipoteca sull'alleanza. Un'altra
grana per il presidente Pigliaru che da una parte incassa il sostegno
del Pd (firmato dal segretario Cucca) ma a breve dovrà gestire la
guerra per la sostituzione di Massimo Deiana ai Trasporti e per il via
libera alla riorganizzazione della rete ospedaliera. Dall'altra si
muovono altre forze come il Campo progressista, pronto alle spallate,
anche se mai definitive, in attesa di riorganizzarsi per le prossime
elezioni regionali.

LA CLESSIDRA Il primo test “indipendentista” ha già una data fissata,
il 24 ottobre, giorno del pronunciamento della Corte costituzionale
sulla legge per l'Agenzia sarda delle entrate, impugnato dal governo.
«Chiediamo al presidente di farsi promotore di una grande
mobilitazione popolare», dice Sedda, che si aspetta una mossa da
Pigliaru per «spingere il governo a rinunciare all'impugnazione». Un
impegno non semplice per Pigliaru, che con il governo ha sempre
preferito portare avanti un rapporto, come lui stesso lo definisce, di
leale e proficua collaborazione.

Eppure questo gesto serve anche per aiutare il compimento della
missione del Partito dei sardi, ossia «dimostrare che
l'indipendentismo sa governare», dice il segretario. Una delle azioni
per cercare di infrangere «il cielo di vetro, rappresentato dallo
Stato, che impedisce di volare in alto», continua Sedda. Non si vuole
arrivare a convincere Pigliaru a diventare indipendentista, ma a
«interpretare da sardo, da presidente dei sardi, il conflitto con lo
Stato italiano».

«IL CASO SARDEGNA» Il capogruppo in Consiglio regionale, Gianfranco
Congiu, riassume tutte le battaglie in un “caso Sardegna” di cui si
deve riprendere a parlare. «Poniamo questioni politiche - sottolinea -
che saranno oggetto di un confronto per fare il bilancio complessivo
dell'azione di governo».

Senza un assessore in Giunta è possibile che il partito sia più libero
di agire, anche se «l'abbiamo sempre fatto», spiega il consigliere
regionale, Augusto Cherchi. Che si prepara a dare battaglia già da
questa mattina sulle linee guida per gli atti aziendali dell'Ats,
esprimendo il parere contrario. È successo anche nelle frizioni sulla
nascita dell'Asl unica e sulla nomina del non sardo Fulvio Moirano.
Posizioni contrarie rispetto a quelle del presidente che non hanno mai
provocato strappi definitivi, ma hanno avuto l'effetto di tracciare il
campo d'azione del partito. Oggi, prima in commissione e poi nel
vertice di maggioranza sulla sanità, ci saranno i primi segnali dei
nuovi rapporti nel centrosinistra.

IL FUTURO La mossa di Maninchedda apre una fase di riflessione
all'interno di tutta la coalizione. Certo un confronto complessivo ci
sarà, anche perché non a tutti è gradito il rapporto bilaterale
chiesto dal Partito dei sardi a Pigliaru. Davanti alle motivazioni che
«con il presidente è stato firmato il patto della legislatura», in
tanti storcono il naso. Specie quei partiti che in passato speravano
di affrontare il rimpasto di marzo con un passaggio in maggioranza che
non c'è stato.

Ma i dubbi si annidano soprattutto in chi vuole capire quanto ci sia,
dietro questa svolta, la volontà di slegarsi dall'esecutivo in vista
del rush finale verso le prossime regionali. Gli altri partiti
aspettano di capire cosa succederà nel caso in cui la seconda forza
della coalizione decida di abbandonare la maggioranza. Perché, sebbene
tutti parlino di elezioni, sono veramente pochi i partiti attrezzati
per un terremoto di questo tipo.
Matteo Sau

Intanto il presidente pensa al dopo-Deiana
Dal confronto col leader Pd Cucca spunterà il nome per i Trasporti

Quando verrà formalizzata la nomina di Massimo Deiana all'Autorità
portuale, ci sarà un altro assessorato senza il titolare. Se per i
Lavori pubblici è stato un passaggio veloce affidare l'interim a Paci,
così non sarà per sostituire il titolare dei Trasporti. Una partita
tutta in casa del Pd dove il clima, quando si tocca l'argomento,
diventa rovente: perché non è solo sul nome del sostituto che ci si
arena, ma anche sull'area di provenienza.

Un fenomeno che paradossalmente mette in contrapposizione le due
correnti che al congresso hanno dato vita alla maggioranza:
popolari-riformisti e l'area del segretario Luigi Cucca. Le trattative
sono arenate e nessuno sembra voler essere intenzionato a fare passi
indietro. In questi giorni ci sono stati dei tentativi di mediazione
per capire in che modo si possa risolvere la questione evitando di
creare una rottura interna a poche settimane dal congresso regionale.
Il portavoce designato per la trattativa con il presidente è
ovviamente il neo segretario, che dovrà parlare con Pigliaru. Bisogna
capire se e in quale “pacchetto” rientra la nomina di Deiana e la sua
sostituzione, perché da questo dipende lo sblocco degli ingranaggi. Ci
sono ancora alcuni ruoli di vertice da assegnare, dall'Ersu al Parco
geominerario e quello dell'Asinara, così come potrebbe essere rimesso
in discussione anche il posto di Franco Marras alla presidenza
dell'Arst.

Se queste nomine verranno computate in questo nuovo giro è probabile
che l'effetto bilanciamento possa essere trovato, altrimenti
difficilmente l'area di Cucca accetterà di perdere sia l'Autorità
portuale che l'assessorato.

IL VERTICE Un altro tasto dolente per la maggioranza riguarda la
sanità, più precisamente le linee guida aziendali dell'Ats e la
riorganizzazione della rete ospedaliera. Il presidente Pigliaru ha
convocato per questa mattina alle 10.30 un incontro con la coalizione
per cercare di allentare le tensioni e fare una tabella di marcia per
l'approvazione in Consiglio.
I malumori sono soprattutto all'interno del Partito dei sardi, che da
tempo contesta lo schema di una sola Asl ritenuta insufficiente per
gestire un territorio vasto come la Sardegna. Ma il peccato originale
sta anche nell'aver scelto il ligure-piemontese Fulvio Moirano per la
carica di direttore generale.

All'interno del Partito democratico,
soprattutto nell'area popolare-riformista, i segnali di tensione sono
evidenti. Perché è proprio dagli esponenti di questa corrente che
arrivano le continue interrogazioni nei confronti dell'assessore Luigi
Arru. Il primo banco di prova sarà la riunione della commissione
Sanità che stamattina dovrà esprimere il parere (non vincolante) sulle
linee guida per l'atto aziendale dell'Ats. Infatti non è certo che la
maggioranza voti compatta a favore del documento varato dalla Giunta.
M. S.

Mater Olbia, cambio in corsa Ma tra un anno potrà aprire
Sopralluogo della commissione Sanità: non ci sarà Cardiochirurgia

Qualche decina di posti letto in meno, dovuti all'annullamento
dell'attivazione del reparto di Cardiochirurgia, e l'apertura
definitiva della struttura entro l'estate del 2018: sono queste le
principali novità emerse durante il sopralluogo di ieri mattina della
commissione Sanità del Consiglio regionale, all'interno di quello che
sarà l'ospedale Mater Olbia.

I componenti dell'organismo presieduto da Raimondo Perra, accompagnati
dal rappresentante della Qatar Foundation Lucio Rispo, dal sindaco di
Olbia Settimo Nizzi e dai consiglieri regionali della Gallura, hanno
passato un paio d'ore a verificare lo stato di avanzamento dei lavori
nell'edificio che sorge sulla collina del Monte Tabor. Un sopralluogo
«utile ed essenziale, alla luce dei lavori che la commissione si
appresta a fare per la discussione generale sulla rete ospedaliera
regionale», ha commentato Perra che si è detto, al termine della
visita, molto entusiasta.

I TEMPI «Si può ipotizzare un completamento dei lavori da qui
all'autunno prossimo, quando inizieranno già le prime attività
relative alla riabilitazione, almeno stando a quanto ci ha comunicato
il dottor Rispo», ha affermato il presidente Perra, che ha poi
concluso riferendosi all'assegnazione dei posti letto: «C'è stata una
piccola rimodulazione degli iniziali posti di degenza. Non ci sarà più
la Cardiochirurgia, ma quei posti letto verranno trasformati e
attribuiti alla Radioterapia, per cui ci sarà solo qualche posto in
meno rispetto alla dotazione iniziale che prevedeva 242 letti.
Attendiamo che il dottor Rispo ci fornisca adesso tutta la
documentazione che a breve valuteremo in Commissione».
ACCELERAZIONE Nelle prossime settimane, infatti, verranno definiti i
servizi dell'ospedale che dovranno essere resi nell'ambito della rete
sanitaria sarda, dopo che lo scorso gennaio si è conclusa
positivamente la procedura per l'autorizzazione. «Nessuna reticenza o
titubanza dunque da parte della Regione», sottolinea Perra. «Anzi
sembra voler accelerare le procedure di apertura della struttura
sanitaria destinata a diventare un'eccellenza per la Sardegna intera».

Alla mancata attivazione del servizio di Cardiochirurgia verrà
contrapposta l'apertura di un reparto di Radioterapia, per il quale la
Qatar Foundation ha annunciato l'investimento di ulteriori 40 milioni
di euro. «È stata fatta una valutazione improntando il regolamento
sulla base di quelle che sono le dotazioni organiche e strutturali
degli ospedali sardi e si è optato per l'apertura di un reparto di cui
poteva esserci più esigenza», ha dichiarato Perra. «L'impegno della
Qatar Foundation - ha concluso Rispo - è quello di portare subito a
conclusione i lavori e definire il miglior accordo con la Regione
Sardegna, per rispondere alle esigenze sanitarie dell'Isola».
Antonella Brianda

La Nuova

Proporzionale e soglia al 5% LE RIFORME
di Cristina Ferrulli

ROMASul sistema tedesco finisce l'alleanza tra Matteo Renzi e Angelino
Alfano. Il leader dem e, a suo dire, anche Silvio Berlusconi sono
inamovibili sulla soglia al 5 per cento. «Ha fatto il ministro di
tutto, se non arriva al 5 non si blocca il paese», lo scarica il
leader dem al termine di una giornata dove il ministro degli Esteri
aveva respinto al mittente l'accusa del veto dei piccoli partiti,
accusando l'ex premier di essere lui finora «ad aver fatto cadere i
governi». La riforma elettorale sembra correre veloce verso la meta:
alla Camera sarà approvata in tempi lampo, dal 5 al 9 giugno, e
l'intesa tra Pd, Fi e M5S prevede il via libera del Senato entro il 7
luglio. Un'accelerazione che i «piccoli», soprattutto Ap e Scelta
Civica (ma non SI e Mdp non contrari al tedesco), vorrebbero impedire
ma nei fatti hanno le mani legate. «Se salta il tedesco resta il
Consultellum dove la soglia è all'8 per cento», avverte Matteo Renzi,
ribadendo che il modello su cui si è trovata una larga intesa «non è
la prima scelta del Pd ma è di buon senso». Più soddisfatto si dice
l'altro protagonista dell'accordo, Silvio Berlusconi: «Si potrà
finalmente restituire la parola agli italiani, consentendo agli
elettori, dopo quattro governi non scelti dai cittadini, di decidere
da chi vogliono essere governati».

Perchè, nonostante nessun leader
voglia suonare il gong, l'impressione è che, come sempre,
l'approvazione della legge elettorali porti ad elezioni anticipate.
Un'ipotesi che non trova d'accordo nel Pd Andrea Orlando che avrebbe
preferito anche una riforma elettorale che favorisse l'unione del
centrosinistra. Il Guardasigilli sente puzza di larghe intese dopo le
elezioni e, guardando a Giuliano Pisapia e agli ex compagni di Mdp,
chiede a Renzi un referendum sul nodo delle coalizioni.D'altra parte
lo stesso segretario dem ammette che «è evidente» che il sistema
tedesco non produca maggioranze certe» e in quel caso bisognerà
«vedere i numeri in Parlamento». Ma il Pd, aggiunge, punta ad avere
maggioranze certe. Obiettivo che, da sinistra, Giuliano Pisapia vede a
rischio: «Il tedesco non serve per garantire quella governabilità che
è necessaria per il rilancio del Paese», dice l'ex sindaco di
Milano.Sui tempi del voto, secondo il leader dem, «votare sei mesi
prima o dopo non cambia molto». Ma l'(ex) alleato Alfano lo incalza:
«Renzi non risponde alla domanda cruciale se fa cadere o no
Gentiloni».

Per Luigi Di Maio, invece, il Pd «ora vuole andare al voto
perchè ha paura delle elezioni regionali in Sicilia». Il segretario Pd
ostenta indifferenza tra le urne ad autunno o a scadenza naturale
della legislatura. Ma definisce «una barzelletta il terrorismo
psicologico» sul rischio di un esercizio provvisorio per incapacità di
fare entro dicembre la legge di stabilità. Le opzioni, nel caso si
votasse in autunno, sono due, chiarisce Renzi: «Se voti ad ottobre la
legge di bilancio la fa il nuovo governo, se ci sono problemi, invece,
un governo è in carica finchè non ne subentra uno nuovo. Gentiloni
quindi predisporrà la manovra o lascerà il testimone agli altri». Dal
canto suo, il Pd è pronto anche ora ad anticipare la manovra e fare
«accordi con chiunque se inspirata alla flessibilità e alla riduzione
delle tasse». Neanche M5S, che freme per votare a settembre, sembra
preoccupato della coincidenza tra urne e legge di stabilità. «Ora
vedremo quale sarà l'iter della legge elettorale - sostiene Di Maio -
per capire se i partiti stanno davvero facendo sul serio: io auspico
comunque che si voti a settembre affinché il governo, che auspico sarà
dell'M5S possa fare una legge di bilancio che non sia lacrime e
sangue».

Alghero
il segretario mario salis

«Il Pd riparta dal territorio»
ALGHEROGrande festa in casa Pd per l'elezione nel direttivo regionale
di due dirigenti algheresi del partito. Il circolo cittadino di via
Mazzini sarà rappresentato a Cagliari da Alma Cardi e Giuseppe
Tiniriello. L'ha deciso qualche giorno fa l'assemblea regionale di
Arborea, e il segretario del Pd di Alghero, Mario Salis, ha subito
reso pubblica la soddisfazione del gruppo dirigente locale. «Il
circolo di Alghero, grazie all'impegno profuso in questi anni,
registra un importante riconoscimento, segno della riconosciuta
capacità di essere utile alla comunità democratica», spiega Salis a
proposito della partecipazione della Riviera del corallo alla
direzione regionale grazie ai due iscritti.

«Sono due validi dirigenti
di partito - aggiunge - con il sostegno di iscritti e simpatizzanti
sapranno dare un significativo apporto alla costruzione delle
politiche del futuro». D'altronde, è la convinzione del segretario
cittadino, «il Pd deve ripartire proprio dal territorio e dal suo
radicamento nelle comunità locali, dai circoli territoriali e dalla
loro costante attività di ascolto e confronto con i cittadini». Salis
trae spunto da questa sua convinzione per criticare aspramente la
coalizione che governa la città.

«La maggioranza non ha una rotta
amministrativa chiara e determinata - afferma - e neanche uno dei
grandi temi politici verrà portato a soluzione in questa legislatura».
E giù l'elenco delle doglianze, «dall'approvazione del Puc alle
infrastrutture, dalla precarietà del consiglio comunale, che viene
convocato solo in concomitanza delle ferie lavorative di alcuni
consiglieri, al valzer degli assessori, dal pasticcio dei barracelli
al mancato rilancio della bonifica». Per Mario Salis «sono solo alcuni
esempi del caos amministrativo in cui vive Alghero». (g.m.s.)

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Federico Marini

skype: federico1970ca

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