lunedì 11 dicembre 2017

Rassegna stampa 11 Dicembre 2017

Unione Sarda

All'Isola due miliardi Ue Il rischio di restituirli è un incubo del passato

Sospesi in un punto imprecisato tra verità e leggenda, come nelle sere al bar del porto, alcuni vecchi lupi di mare del sindacalismo sardo raccontano di quando, sbarcati a Bruxelles per reclamare soldi per l'Isola, furono condotti da un funzionario Ue davanti a una parete dominata dalla grande foto di un ponte. «È in Portogallo», disse l'eurocrate: «Lo hanno realizzato con i fondi restituiti da Sardegna e Sicilia, perché non erano stati spesi in tempo».

Ammesso che sia andata davvero così, sono comunque storie del passato: la proverbiale lentezza della spesa dei fondi europei sembra superata. I report della Commissione europea spiegano che, nel Sud Italia, due regioni svettano sulle altre per la velocità raggiunta nell'utilizzo degli aiuti comunitari: la Sardegna e la Calabria.

PERFORMANCE Addirittura nel ciclo di programmazione 2007-2013 la spesa finale del Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) è stata del 104 per cento, rispetto alla dotazione finanziaria iniziale: da 1 miliardo e 361 milioni teorici si è passati a 1 miliardo e 415 milioni concreti. Un piccolo surplus dovuto alla decisione della Regione di aggiungere risorse proprie, sul finire del ciclo, per rimediare a eventuali definanziamenti, che poi non si sono verificati. E il ciclo 2014-2020 sta seguendo le stesse tracce: stavolta i soldi a disposizione sono un po' meno, quasi 931 milioni, ma la somma che un mese fa doveva ancora essere programmata è inferiore al 10 per cento del totale, appena 89,29 milioni. Le procedure già avviate riguardano oltre 591,6 milioni, e ce ne sono altre di imminente avvio per 250 milioni.

Considerando anche i 444,8 milioni del Fondo sociale europeo (Fse), gli oltre 628 del Feasr (sviluppo rurale) e i 18 del Feamp (pesca), in sette anni la dote dei cosiddetti aiuti strutturali concessi alla Sardegna dall'Ue supererà di poco i due miliardi. In passato giravano cifre più cospicue, quando l'Isola figurava tra le regioni italiane più in ritardo di sviluppo (ora è tra quelle “in transizione”, perché il Pil pro capite ha superato il 75 per cento della media europea).

GLI EFFETTI Ma viene da chiedersi: tutti questi soldi, a maggior ragione se spesi davvero, quali effetti hanno prodotto? Perché non sembra che abbiano aiutato granché la Sardegna a superare il divario con le regioni europee economicamente più avanzate. «Beh, però starei attento a dire che non sono serviti a niente», mette le mani avanti Raffaele Paci, assessore regionale alla Programmazione: «Nelle nostre città e nei nostri paesi siamo circondati da interventi realizzati con le risorse europee, basta citare a Cagliari la Mem, o il Lazzaretto, giusto per dire alcuni dei più vistosi».

Soprattutto, ragiona il vicepresidente della Giunta, bisogna chiedersi «che cosa sarebbe successo, negli anni della crisi più grave della storia recente, senza quelle risorse. È stato speso molto, per esempio, del Fondo sociale, che ha dato una mano a combattere le nuove povertà e gli effetti della disoccupazione. Anche i recenti dati positivi sul mercato del lavoro beneficiano di quegli interventi».

MONITORAGGIO Resta però da tenere alta l'attenzione sulla qualità e rapidità della spesa: «Siamo riusciti a recuperare molto del tempo perduto», sottolinea Paci, «e ora le nuove regole della programmazione 2014-2020 ci impongono giustamente dei monitoraggi continui e più stringenti sull'andamento della spesa». Già a fine 2018, non più solo alla fine dell'intero periodo, si devono raggiungere dei target prefissati: «E se non li centrassimo saremmo penalizzati. Ma siamo ottimisti», confida l'assessore. «La scorsa settimana abbiamo riunito le autorità di gestione dei fondi e i dirigenti degli assessorati per fare il punto: ci sono poche linee di intervento un po' in ritardo, se non riusciremo a sbloccarle sposteremo subito le risorse là dove la spesa è più efficace». (g. m.)


La Nuova

Verso il patto di ferro tra Pd, Pds e Psd'Az
Insieme alle Politiche si preparano anche per le Regionali

SASSARI
La strada a sinistra somiglia sempre più a un vicolo cieco. Ma il Pd
continua le grandi manovre per la corsa con un doppio traguardo. Prima
le Politiche in primavera, poi le Regionali nel 2019. Una strategia di
lungo respiro in cui le basi dell'alleanza per guidare la Regione si
gettano prima delle politiche. Le frizioni a livello nazionale tra il
Pd, Mdp e Pisapia inquinano anche il dialogo nell'isola. La variabile.
Ma in Sardegna c'è un'altra variabile, quella della galassia
indipendentista. Per arrivare in Parlamento i piccoli partiti
regionali hanno bisogno di un sostegno di uno nazionale. E il Pd
lavora proprio su questo.

L'alleanza con il Psd'Az e il Partito dei
Sardi per le Politiche è a un passo. Psd'Az e Pds provano a dialogare
per chiudere un accordo tra loro che nello stesso tempo apra le porte
anche a un intesa con il Pd. Il congresso del Partito dei Sardi di
Alghero è stato un segnale forte del fermento nel mondo
indipendentista e di possibili convergenze. Le due segreterie sarde
vogliono stringere un patto con quella nazionale del Pd. Questo da una
parte consentirebbe ai Dem di incamerare nella coalizione il voto di
una parte del mondo sardista. E ai partiti indipendentisti di mettere
qualche rappresentante in parlamento. Un po' quello che da sempre fa
il Südtiroler Volkspartei.La trattativa.

Si è andati avanti a lungo a
fari spenti. Ora l'accordo sembra vicino. Si discuterebbe anche su
alcuni aspetti, come la possibilità di candidare alcuni rappresentanti
dei partiti indipendentisti in collegi sicuri, magari a Roma o a
Milano, in cui la grande concentrazione di immigrati sardi sarebbe il
carburante naturale capace di spingere il partito anche fuori
dall'isola. Il resto della rosa. Il resto della coalizione è ancora in
fase di costruzione. Un aiuto solido arriverà dal gruppo guidato dal
sindaco di Cagliari Massimo Zedda, che di questo gruppo degli
Arancioni sarà uno dei testimonial nazionali, con lui anche il
senatore Luciano Uras.

Gli altri alleati sono ancora da scoprire. Ap
nell'isola è quasi inesistente, poi ci sono i Centristi di Casini, i
Radicali e i Socialisti. Ma i tavoli di confronto sono ancora aperti.I
nomi. Difficile entrare nei dettagli del totonomi in casa Pd. Quasi
scontato che sui 13 deputati uscenti si ricandideranno in 12. Pare che
solo Siro Marrocu abbia deciso di non ricandidarsi. Anche le
dichiarazioni di Renato Soru, che ha negato qualsiasi interesse per un
posto alla Camera, sembrano avere spianato la strada alla conferma di
Francesco Sanna. Anche i senatori uscenti del Pd, Silvio Lai, Giuseppe
Luigi Cucca, Luigi Manconi e Ignazio Angioni hanno un posto
assicurato. Tra i possibili consiglieri regionali candidati si fanno i
nomi sicuri di Gavino Manca e Salvatore Demontis. (l.roj)

Il centrodestra a caccia di alleati Primarie nel M5s

SASSARI. Anche a destra si lavora per mettere su una coalizione la più
ampia possibile. Una squadra che nell'isola ha il suo perno in Forza
Italia. E che guarda a destra verso Fratelli d'Italia e gli sparuti
gruppi salviniani sardi, e al centro verso i Riformatori, l'Udc e le
Energie per l'Italia di Stefano Parisi. Un nuovo centrodestra che
vuole piazzare più parlamentari della volta scorsa. Missione non così
impossibile, visto che oggi Forza Italia conta solo il senatore Emilio
Floris e il deputato Paolo Vella. Gli altri due, Mauro Pili e Bruno
Murgia, si sono accasati rispettivamente nel gruppo misto e in
Fratelli d'Italia. In queste settimane circolano diversi nomi sui
possibili candidati del centrodestra. Nomi che dovranno passare al
vaglio di Silvio Berlusconi, che chiede una alleanza il più larga
possibile per tentare di conquistare più collegi uninominali ai danni
del Pd e dei 5stelle.

Tra i nomi dati per sicuri alla Camera ci sono
l'ex governatore Ugo Cappellacci a Cagliari, il capogruppo Pietro
Pittalis a Nuoro, i consiglieri regionali Marco Tedde a Sassari e
Giuseppe Fasolino a Olbia. Ovviamente però i forzisti devono fare i
conti con gli alleati. L'unica certezza sembra essere che il collegio
del Sulcis dovrebbe andare all'Udc, e quasi sicuramente al suo leader
storico Giorgio Oppi. I Riformatori puntano al collegio di Oristano,
mentre Fratelli d'Italia, che punta a riconfermare l'uscente Bruno
Murgia vorrebbe Nuoro. Alcuni nomi già presenti all'uninominale
potrebbero essere presenti anche nel proporzionale, in modo da
garantirsi, o quasi, l'elezione.

Il listino del sud dovrebbe essere
guidato da Cappellacci, o in alternativa dalla ex assessore Alessandra
Zedda, quello del centronord da Pittalis. In casa grillina si lavora
alle Parlamentarie, ovvero le primarie sul web per scegliere i
candidati alle politiche. Un referendum a cui si dovranno sottoporre
anche gli uscenti, tutti in corsa per un secondo mandato a Roma, anche
se è a rischio la riconferma di Nicola Bianchi, perché il regolamento
del Movimento vieta due mandati elettivi di fila. E lui, deputato dal
2013, due anni prima era stato eletto al consiglio comunale di
Sennori. Sarà comunque Mario Puddu, sindaco di Assemini, a gestire
tutta la questione parlamentarie, su mandato del candidato premier
Luigi Di Maio. (al.pi.)

Unione Sarda

Renzi esclude intese con FI
Grasso da Fazio:  ecco il simbolo di Liberi e uguali

ROMA Pietro Grasso ha presentato il simbolo “Liberi e uguali per
Grasso” e chiarito: «Comanderà D'Alema? È una vita che ho posizioni di
guida: credo di poter guidare una formazione politica». Il presidente
del Senato ha ribadito la sua leadership ieri, ospite a “Che tempo che
fa”, su Rai 1.

«Penso a una ricostruzione della sinistra e quindi del Paese», ha
detto inoltre Grasso. «Nessuna preclusione verso il Pd». Poi la
presentazione del simbolo: «Non volevo il nome nel simbolo, ma mi
hanno detto che è come il braccialetto che si mette al polso dei
neonati». Nelle sue parole un riferimento a Renzi: «Gli faccio i
migliori auguri. Io non ho passato politico, guardo al futuro. Lui ha
finito la fase zen, ma forse ha un domani poco roseo».

Parole in replica a quanto detto da Matteo Renzi, intervistato ieri da
La Repubblica. «È sorprendente», ha detto Renzi, «la discesa in campo
dei presidenti delle Camere. I loro predecessori non hanno brillato
nelle urne». Il leader dem ha anche ribadito che il Pd non farà un
governo con Forza Italia, aggiungendo: «La contesa per il primo
partito è tra noi e M5S, non faremo accordi con mister Spread
Berlusconi».

La sfida di Di Maio
«Governo M5S o si tornerà subito alle urne»

ROMA «Il Movimento 5 Stelle è l'unica forza politica che da sola
raggiunge adesso la soglia del 30%. Il nostro obiettivo alla fine del
#Rally è di superare questa percentuale, ma già dai numeri odierni si
capisce che l'unico governo possibile è quello del MoVimento 5
Stelle».

Così Luigi Di Maio in un post rilanciato dal blog di Grillo. «Gli
ultimi sondaggi pubblicati ieri - prosegue il candidato premier dei
grillini - riportano una situazione molto chiara. Il centrosinistra è
fuori dai giochi con il Pd in caduta libera, sprofondato sotto la
“soglia Bersani” e con poche possibilità di risalita. Oggi dicono che
non faranno di nuovo l'alleanza con FI. E certo: insieme arriveranno
forse al 40% quindi non potranno fare alcun governo. Il centrodestra
unito non ha i numeri per governare».

Dalle difficoltà vere o presunte
degli altri due poli, Di Maio fa discendere la necessità di votare per
i pentastellati per evitare un ritorno alle urne subito dopo il voto
di marzo. «Tutte le forze politiche, dopo le elezioni dovranno
decidere se far partire il nostro governo o se preferiscono tornare
subito al voto. Queste sono le due uniche opzioni possibili. Fatevi i
calcoli».


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Federico Marini
skype: federico1970ca


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