mercoledì 28 marzo 2018

In Catalogna si calpestano i diritti civili elementari! Di Lucia Chessa.



Il reato di cui sono accusati i leader indipendentisti catalani, e tra questi Puigdemont, è la ribellione. Stento a capire come possa esistere, dentro i codici della “civile” Europa, un reato di ribellione attraverso il voto, un reato di ribellione attraverso parole, atti amministrativi, decisioni politiche da parte di eletti e rieletti per la seconda volta dal popolo catalano.

Pensavo che la ribellione fosse un reato violento se usurpatrice, se non supportata dalla volontà popolare, ma qui finora l’unica violenza è quella degli arresti di politici e manifestanti, dei sequestri delle schede durante il voto, delle cariche per disperdere la folla in piazza e in strada, delle manganellate per impedire che la gente si recasse a votare.


Riflettevo sull’anacronismo di una storia come questa. Riflettevo sull'inadeguatezza dell’Europa e sulla sua arroccata distanza dal presente. In Catalogna 50 giuristi e docenti di diritto oggi hanno pubblicato un documento. Dicono che non può essere contestato il reato di ribellione a chi ha agito in modo pacifico e senza violenza.


Dicono che quegli arresti sono “eccessivi, sproporzionati e crudeli". La mia speranza è che a nessuno passi inosservata la gravità di ciò che sta accadendo. Che nessuno pensi che non ci riguarda. Qui si calpestano diritti politici elementari.

Di Lucia Chessa

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