venerdì 9 marzo 2018

Rassegna stampa 09 Marzo 2018


Politiche, soluzioni dopo il tracollo Dem
«Il rapporto con i cittadini è andato ormai perduto, il sindaco deve riflettere»

Il centrosinistra esce con le ossa rotte dalle Politiche e per Massimo Zedda l'unica salvezza è quella di presentarsi compatti alle urne. Per il primo cittadino il risultato della sinistra cagliaritana, sommando i voti di Liberi e uguali e Potere al popolo, è stato migliore di quello nazionale e degli altri capoluoghi sardi, ma a Palazzo Bacaredda crescono i malumori tra gli alleati, col capogruppo dei Rossomori che non risparmia critiche.

ROSSOMORI «Non si vince con tattiche e accordi, ma rispondendo a esigenze dei cittadini: vada il sindaco a chiedere se i servizi sociali stanno operando bene, dagli operatori del mondo della scuola per capire se sono contenti, dai cittadini di Is Mirrionis che dopo più di 6 anni vedono la piscina di via Abruzzi ancora ridotta a un rudere - attacca Filippo Petrucci - sono temi che come Rossomori abbiamo posto più volte, senza avere risposta. Anche i settori che stanno operando bene, come l'urbanistica, sembrano lasciati soli. Sono almeno 6 mesi che non facciamo riunioni di maggioranza, invocare l'unità come un dogma assoluto non è una risposta».

Il malumore di Petrucci è condiviso dal segretario cittadino dei Rossomori Marco Murgia, ex consigliere comunale Pd che alle Politiche si è candidato con AutodetermiNatzione. «Dopo un anno e mezzo di amministrazione - conclude Petrucci - non registriamo quel cambio di passo politico che era a fondamento del nostro sostegno alla Giunta sempre più chiusa nel recinto della ordinaria amministrazione».

DEMOCRATICI La batosta del 4 marzo spinge all'autocritica anche il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Fabrizio Rodin. «Bisogna dare risposte concrete a bisogni concreti mentre troppo spesso ci avvitiamo su problemi che non sono quelli della gente - commenta Rodin -. La gente ti vota se pensa che tu vada a risolvere i suoi problemi, questa è la chiave di lettura di queste elezioni e questa è anche la soluzione». Nell'intervista al sindaco pubblicata sull'Unione Sarda di ieri anche Zedda ha detto che bisogna tornare tra la gente, un passaggio che non è sfuggito al capogruppo di Forza Italia.

FORZA ITALIA «Il sindaco dice che deve tornare in mezzo alla gente, sono d'accordo ma ci deve anche rimanere - ironizza l'azzurro Stefano Schirru - il risultato delle elezioni è una lezione per tutti i partiti, ma soprattutto per chi è al governo e ha una politica lontana dalle esigenze della città. Sono state compiute opere importanti, ma senza curare gli interessi dei cittadini e dei commercianti non c'è visione della città da qui ai prossimi vent'anni e i cittadini hanno protestato col loro voto» conclude il consigliere comunale.

Marcello Zasso


La Nuova

Pd, salta la segreteria: i soriani si sono già dimessi

il dopo voto»i dem
CAGLIARINiente passaggio in segreteria. Fra una settimana, sabato 17,
«ci confronteremo nella direzione regionale, convocata a Oristano», e
sarà lì che si consumerà la resa dei conti. Con la corrente di Renato
Soru che subito si è portata avanti col lavoro di ricostruzione dopo
la batosta elettorale. I tre rappresentati che ha nella segreteria,
Giuseppe Frau, Barbara Cadoni e Antonio Piu, si sono dimessi. Mentre
quelli del gruppo dei popolari-riformisti, fra i quali c'è anche il
vicesegretario Pietro Morittu, dovrebbero farlo alla vigilia della
direzione di Oristano.Velocità.

La segreteria del giovedì è stata
annullata non chissà per quale alchimia o strategia, ma per un
«impegno a Palazzo Madama, durato più del previsto, del senatore e
segretario Giuseppe Luigi Cucca», hanno fatto sapere dallo staff.
Qualunque sia il motivo del rinvio e quello comunicato dovrebbe essere
vero, Cucca doveva chiudere alcune pratiche negli uffici della
commissione giustizia del Senato, il Pd ha deciso comunque di andare
per le spicce. Ha saltato un passaggio, per puntare alla direzione e
poi all'assemblea regionale, l'unico organismo che può accettare le
dimissioni o sfiduciare il segretario.

Accerchiamento. A sollecitare
l'azzeramento della segreteria sono ormai due correnti su tre: il
gruppo di Soru e quello dei popolari-riformisti, capeggiati dagli ex
parlamentari Antonello Cabras e Paolo Fadda, che fino a domenica
facevano invece parte della maggioranza interna. L'unica che non l'ha
fatto è quella dei fedelissimi del senatore di Nuoro appena rieletto:
i renziani e gli ex Diesse. Però anche loro starebbero per abbandonare
la difesa ad oltranza del fortino, ma sono contrari a «qualunque
processo precostituito».

I soriani. Con un comunicato, i tre che fanno
parte della segreteria si sono dimessi. «Dopo il pesante risultato
elettorale - scrivono - è doveroso da parte nostra un atto di rispetto
verso gli elettori e i militanti. In attesa che il segretario offra le
proprie dimissioni agli organismi del partito, noi cominciamo a
farlo». Era scontato che lo facessero, sono la minoranza, nel farlo
hanno scelto lo stesso trattamento riservato anni fa a Soru. Allora
furono i popolari-riformisti, con le dimissioni di Romina Mura, ad
accelerare quelle del segretario Soru.

Su Facebook Giuseppe Frau ha
aggiunto: «Matteo Renzi si è dimesso, occorre che Cucca faccia lo
stesso e al più presto come atto di umiltà e rispetto per far
ripartire un'ampia discussione e rifondare il partito dopo l'ultimo
tracollo».I popolari-riformisti. Anche loro hanno rotto gli indugi. I
tre della segreteria - Morittu, Alberta Grudina e Aldo Pili - non si
sono ancora dimessi, ma ormai è solo questione di giorni. Comunque,
con una telefonata, l'attuale vicesegretario Morittu avrebbero chiesto
ufficialmente a Cucca di presentarsi dimissionario sabato prossimo ad
Oristano senza aspettare il dibattito e neanche un'eventuale sfiducia
votata a maggioranza.

Stando ad alcune indiscrezioni la risposta del
segretario sarebbe stata questa: «Presenterò la relazione sulle
elezioni, ascolterò gli interventi e poi decideremo insieme cosa
fare».I fedelissimi. Su Facebook i renziani e gli ex Diesse hanno
confermato che sono pronti a fare quadrato intorno al segretario. L'ex
deputato Siro Marrocu ha scritto: «Domenica abbiamo perso soprattutto
a causa delle troppe guerre intestine e, guarda caso, c'è chi come
rimedio ha scatenato l'ennesima guerra interna. Non abbiamo ancora
imparato la lezione?

È arrivato il momento di dire basta».
Contrattacco sostenuto dal renziano Franco Sabatini: «Abbiamo capito
da giorni che in molti vogliono trasformare la prossima direzione in
un'arena, nella solita resa dei conti, irresponsabile e disfattista
che già tanto male ha fatto al partito. Certo, sì deve avviare una
discussione ma facciamola in modo pacato. In questo momento delicato
non serve buttarla in rissa come invece finora alcuni hanno sempre
fatto». Ma oggi il Pd sardo sembra essere molto lontano dalle
soluzioni più ovvie: l'autocritica prima e la ricostruzione subito
dopo. (ua)

Si e Mdp: «Sinistra all'anno zero, ma il percorso anti-liberismo deve
proseguire» Gli ex Leu: «Risultato deludente»

CAGLIARIL'analisi elettorale di chi faceva parte della coalizione
Liberi e Uguali è secca: «Abbiamo ottenuto un risultato deludente». Di
fatto la Sinistra è ritornata all'anno zero, ma non per questo «il
percorso si deve interrompere e bisogna andare avanti per far
rinascere un Partito del e per il lavoro». A scriverlo sono la
segreteria regionale di Sinistra italiana, che si è riunita l'altro
giorno a Tramatza, e il gruppo di Mdp in Consiglio regionale.

A dirlo è anche Michele Piras, deputato uscente e non ricandidato nelle
Politiche di domenica. «Le liste di Liberi e Uguali - scrive la
segreteria di Sinistra italiana - non sono state percepite dagli
elettori in grado di intercettare il disagio e la protesta della parte
della società più debole e maggiormente colpita dalla crisi. Il
risultato negativo di domenica comunque - prosegue - non fa venire
meno l'esigenza di costruire un soggetto politico unitario per
proseguire la lotta contro il liberismo sfrenato». Al segretario
Antonello Licheri la direzione ha dato il mandato di promuovere al più
presto una conferenza programmatica per discutere degli obiettivi
soprattutto in Sardegna».

Anche per il gruppo di Mdp «nonostante siano
stati raccolti meno voti del previsto e in Sardegna LeU non abbia
eletto neanche un deputato, è indispensabile aprire una fase
congressuale per arrivare a quel partito del lavoro, dei territori e
delle periferie capace stavolta d'interpretare le esigenze della
società». Non c'è scoramento, aggiunge Mdp, ma «la consapevolezza che
avviamo il dovere di ridare vita anche in Sardegna a un vero partito
di sinistra, autonomista per i diritti e contro qualunque
discriminazione».

Per Michele Piras «le elezioni sono state una
catastrofe e chi l'ha provocata deve dimettersi». Secondo l'ex
deputato «la direzione nazionale ha commesso troppi errori e nessuno è
assolto». A cominciare da Pietro Grasso, «mi è parso inadeguato e poco
efficace sul piano comunicativo» fino a Massimo D'Alema, che «ha avuto
il coraggio di presentarsi all'uninominale, ma non si può proporre
sempre la stessa minestra riscaldata».

Il passo indietro di Renzi «Non corro alle primarie»
Ma i renziani non mollano e attaccano chi vuol dare tutte le colpe al segretario
Lunedì la resa dei conti in direzione. Si va verso una reggenza
affidata a Martina

di Serenella Mattera
ROMA
Non si può «fare finta che sia colpa di uno solo». Non può farlo,
soprattutto, chi fino al 4 marzo «era nella maggioranza del partito».
Il messaggio di Luca Lotti, braccio destro di Matteo Renzi, è rivolto
a Dario Franceschini e a chi in queste ore sta prendendo le distanze
dal segretario dimissionario, oltre che ai leader di minoranza Andrea
Orlando e Michele Emiliano. Arriva nel giorno in cui Ettore Rosato
assicura che Renzi è già un «ex» e non ha alcuna intenzione di
succedere a se stesso: «Non parteciperà alle prossime primarie». E
mette in chiaro che il «senatore di Firenze» non ha intenzione di
farsi mettere all'angolo, fare da capro espiatorio: non si farà
scavalcare nelle scelte in Parlamento e per il governo.

Nel giorno in
cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lancia il suo
primo appello alla responsabilità, è Lotti a indicare la linea
renziana: «Siamo pronti come sempre» ma «forse anziché parlare del Pd,
che ha perso e starà all'opposizione, è il momento di vedere cosa
vogliono fare i vincitori Salvini e Di Maio». Questa è la linea Pd,
affermano dal Nazareno, perché nonostante le dimissioni del segretario
i gruppi sono a maggioranza renziana: 38 su 56 al Senato, il 70-80%
alla Camera, dove i deputati sono 112. Dunque i renziani eleggeranno i
capigruppo che andranno alle consultazioni. Discorso chiuso? No,
perché alla lunga - ammettono tutti - gli equilibri possono cambiare.
E nell'ora dei veleni, si incrociano sospetti.

Rosato assicura che «il
99%» dei futuri deputati è contro una ipotesi di un sostegno a un
governo M5s (c'è il sì solo di Emiliano), circola l'ipotesi che parte
della maggioranza del partito sia tentata da un sostegno esterno a un
governo di centrodestra (non a guida Salvini, ma di un leghista
moderato). Suggestioni, per ora. Così come quella di un governo di
larghissime intese per evitare il ritorno alle urne. La direzione
lunedì, alla quale Renzi ancora non ha deciso se andare,
ufficializzerà la linea dell'opposizione e affiderà la reggenza a
Maurizio Martina, nell'attesa dell'assemblea che ad aprile sceglierà
se eleggere un segretario di transizione (magari lo stesso Martina,
per poi tenere il congresso nel 2019) o indire subito le primarie (ma
Calenda per statuto, ricorda Rosato, non potrebbe candidarsi). Il
vicesegretario, in queste ore starebbe lavorando all'ipotesi di un
organismo collegiale che lo affianchi in questa fase, come chiede
l'area Orlando, ma deve fare i conti con il no dei renziani.

Intanto Lotti attacca chi addossa tutte le colpe a Renzi: «Ha ragione il
ministro Orlando quando chiede un dibattito nel Pd, sul Pd. Perché
sentire pontificare persone che non hanno mai vinto un'elezione è
imbarazzante». Lotti, forte di aver «vinto il collegio senza
paracadute», invita a una riflessione «chi ha perso nel collegio di
residenza ma si è salvato col paracadute» (un'allusione a
Franceschini?), i governatori di Regioni dove il Pd è andato male
(Bonaccini e Serracchiani?) e «chi non ha proprio voluto correre»
(Orlando?). Orlando, che avrebbe sentito al telefono Lotti, con i suoi
osserva che il messaggio è rivolto «ai renziani in fuga» (anche perché
ricorda di aver chiesto a suo tempo di correre in un collegio).

E in effetti in queste ore i renziani puntano il dito soprattutto contro
Franceschini, sospettato - i parlamentari vicini al ministro negano -
di trattare con M5s e destra per la presidenza della Camera. Lunedì in
direzione il «redde rationem» in corso avrà una prima scena pubblica.
Ma i padri nobili stanno cercando di evitare che il partito salti.
Walter Veltroni avrebbe incontrato Martina in giornata, mentre Romano
Prodi, su Repubblica, si è detto convinto che «il Pd non è morto».
Molto più amara l'analisi dell'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano,
che invita a mostrare «senso di responsabilità» e descrive la disfatta
elettorale come «un evento annunciato», anzi «un destino quasi
compiuto: tutto lo faceva prevevedere»


Unione Sarda

Pd, pressing sul segretario Ma la resa dei conti slitta
I soriani si dimettono dall'esecutivo, Cucca convoca la direzione

Nove giorni per capire quali saranno le sorti del Partito democratico
sardo, con il segretario, Giuseppe Luigi Cucca, sempre più in bilico e
una segreteria che perde pezzi. La riunione di ieri è slittata per gli
impegni romani di Cucca e sarà quindi sabato prossimo il giorno della
verità con la riunione della direzione.

I dem si incontreranno a Oristano, alle 10, per quella che sarà una
resa dei conti in grande stile. In Sardegna, infatti, l'elettorato non
ha risposto “presente” alla chiamata al voto e nel Pd si comincia a
stilare la lista dei responsabili. Cucca dice: «Un'analisi del voto e
necessaria. La faremo tutti assieme».

IL PRESSING Inevitabile che sia il segretario regionale il primo
indiziato, ma la sensazione è che all'interno del partito sia in atto
una riflessione più ampia e che coinvolge molti “big”. Il pressing
attorno a Cucca si fa sempre più incisivo, soprattutto da parte
dell'ala soriana del partito. Resta da capire se il numero uno del
partito accetterà o meno di giocare il ruolo di capro espiatorio di un
risultato che ha visto il Pd ai minimi storici nell'Isola. Ieri,
saltata la riunione della segreteria, è stata comunque una giornata di
colloqui e telefonate. L'area Popolare-riformista ha chiesto a Cucca
di convocare la direzione e spostare quindi il confronto su una platea
più ampia.

L'ADDIO Il primo pezzo di segreteria che ha deciso di abbandonare è
quello della componente del partito che fa riferimento a Soru.
Giuseppe Frau, Barbara Cadoni e Antonio Piu hanno firmato le
dimissioni motivandole come «un doveroso atto di rispetto verso gli
elettori e i militanti». Nelle parole dei tre dimissionari c'è
l'invito a Cucca affinché faccia la stessa scelta: «In attesa che il
segretario offra agli organismi le proprie dimissioni, iniziamo noi a
farlo».

GLI SCENARI Il futuro del Partito democratico sardo è decisamente
nebuloso. Se Cucca rinunciasse alla segreteria, potrebbe essere
l'ennesima fase di transizione con un reggente. La scelta andrebbe o
su un componente della segreteria oppure sul presidente
dell'assemblea, Lalla Pulga, esponente dei soriani.

Il rischio di riaprire una guerra interna, alla ricerca di una nuova
stagione, potrebbe sfiancare il partito in vista delle prossime
elezioni regionali. Allo stesso tempo la necessità di un cambiamento
di rotta radicale è una richiesta che arriva soprattutto dalla base
sempre più delusa. Sarà importante anche capire quale sarà l'esito
della direzione nazionale, convocata per lunedì, occasione per
definire il futuro del Pd.
M. S.

La riflessione di Romina Mura, tra le poche conferme dei Dem alle Politiche
«Rovinati dalle liti tra le correnti I giovani si prendano il partito»

Auguri.
«Grazie. Ma che botta! Sono ancora frastornata».

Lei è una sopravvissuta.
«Ora devo lavorare per la ricostruzione. E ai miei compagni dico,
citando De André: che nessuno si senta assolto, siamo tutti coinvolti,
tutti responsabili». Romina Mura, 47 anni, sindaca di Sadali, è di
nuovo deputata, nonostante il terremoto che ha ridotto il partito al
15% nell'Isola e al 18% in Italia.

Cosa avete sbagliato?
«Non è una scusante, ma credo sia in crisi il pensiero progressista,
socialdemocratico. L'Italia cade dopo diversi Paesi europei».

Sì, ma gli errori?
«Pensavamo, in questi cinque anni, di aver costruito interventi che
potessero dare risposte a una serie di problemi e fare da argine a
questa rabbia diffusa. Non ci siamo riusciti. Credo comunque che il
tema dei temi, quello che ha condizionato e determinato questo
risultato, sia l'immigrazione».

Il fallimento nella gestione dell'accoglienza?
«Non mi pento di aver sostenuto le iniziative che miravano a salvare
vite umane, anche a costo di perdere voti. Però non siamo stati bravi
a dare ai cittadini un senso di sicurezza. Oggi i nostri elettori
chiedono sicurezza proprio come quelli di destra: in questo abbiamo
toppato clamorosamente. E poi c'è voglia di cambiare».

E i vostri leader dicono e fanno sempre le stesse cose.
«Noi abbiamo percorso la strada dell'innovazione, ma non siamo
riusciti ad andare fino in fondo. Le dinamiche sono rimaste sempre le
stesse: gli equilibri tra correnti, gli schemi immutati. Anche nelle
altre regioni il Pd è stato solo lo spazio della conflittualità dei
gruppi dirigenti, nient'altro. Cose che cerco di segnalare da tempo,
non a caso non sono amatissima da tutti nel partito».

Il vostro segretario regionale si dovrebbe dimettere?
«Non credo sia utile chiedere la testa di segretari o dirigenti. Altro
che regolamento di conti, adesso dobbiamo sentire più che mai il senso
di comunità, fare una discussione profonda, riscrivere il perimetro
della nostra azione politica, poi aprire porte e finestre per far
entrare aria fresca».

Ma i giovani dove sono?
«Ecco, ai giovani dico: dovete sgomitare, perché gli spazi politici
non ve li lascerà mai nessuno, ve li dovete prendere, uscite dalle
logiche correntizie, pretendete processi di partecipazione vera e
rifiutate l'abbraccio dei vecchi».

Renzi ha annunciato le dimissioni.
«Renzi è andato in tv e ha detto cose chiare che io condivido
totalmente, farà un passo indietro, ma in maniera razionale».

Condivide anche il “mai con i Cinquestelle”?
«Certo, non possiamo credibilmente sostenere un governo M5S, gli
elettori ci hanno mandato all'opposizione. Loro sono il primo partito
italiano, il centrodestra la prima coalizione, con la Lega primo
partito, spero che riescano a fare un governo e a governare bene».

La Lega in Sardegna ha preso l'11%, poco meno di voi.
«Ha cavalcato i temi dell'immigrazione e della sicurezza».

E si è alleata col Psd'Az.
«Mah, io quest'alleanza non la capisco proprio, anche se ha premiato
il loro segretario, che andrà in Parlamento. Non riesco a dimenticare
che la Lega ha sempre rappresentato solo il Nord, raccontava il Sud
come una palla al piede e i nostri giovani come fannulloni. Non vedo
dove sia il trait d'union, mi auguro che quello che rimane del Psd'Az
ce lo faccia capire e provi anche a recuperare qualche valore».

Serve un rimpasto nella Giunta regionale?
«A meno di un anno dalle elezioni, no: cosa può fare un nuovo
assessore in così poco tempo? Serve invece concentrarsi sulle
politiche di sviluppo e di supporto alle classi più deboli, dare più
attenzione ai territori, aiutare i sindaci, rafforzare i presidi
sociali e culturali. Tante cose sono state fatte, penso ad esempio a
“Lavoras”, un piano importantissimo, ma sono processi che per
attecchire richiedono tempi lunghi, le persone non hanno ancora
percepito le riforme e quando vanno a votare ci puniscono».

Nella scorsa legislatura eravate undici parlamentari sardi del Pd,
nella prossima sarete in tre.
«È stato difficile fare cose importanti, ora lo sarà molto di più.
Spero che sulle grandi battaglie ci siano prese di posizioni
trasversali. Dobbiamo stare uniti».

Anche con i Cinquestelle?
«Sono loro che hanno sempre rifiutato il confronto con noi, adesso
dicono che ci vogliono come alleati, ma fino a ieri ci consideravano
degli appestati».
Cristina Cossu

I “veterani” Corda e Vallascas: resterà un contatto diretto con tutti
i territori «Saremo la voce dell'Isola»
I sedici parlamentari del M5S oggi a Roma da Di Maio

«Siamo pronti a rappresentare la Sardegna in Parlamento». Per i sedici
portavoce del Movimento 5 Stelle, eletti nell'Isola, comincia oggi
l'avventura nel nuovo ruolo, con il primo incontro con il leader,
Luigi Di Maio. L'appuntamento è per questa sera a Roma, per un primo
confronto con tutti i deputati e senatori eletti in Italia.

LA SQUADRA Una rappresentanza fatta in gran parte da esordienti, visto
che soltanto due degli eletti, Emanuela Corda e Andrea Vallascas, sono
alla loro seconda esperienza. Ed è proprio la deputata a sintetizzare
lo stato d'animo: «Sono molto serena, soddisfatta per il grande
risultato, ma soprattutto molto motivata perché è un momento
importante e possiamo fare tanto per la Sardegna».

Per i nuovi sarà il
primo assaggio della vita da parlamentare, con l'onere di
rappresentare la propria terra a Roma. Corda è sicura che «il gruppo
saprà lavorare bene e noi che abbiamo un po' più di esperienza avremo
modo di affiancare i nostri colleghi». Ritorna alla Camera per la
seconda volta anche Andrea Vallascas convinto che l'inizio
dell'avventura sia sempre «un'emozione, anche se ovviamente
l'esperienza di cinque anni aiuta».

PORTAVOCE Avere una nutrita rappresentanza parlamentare significa fare
affidamento su un'azione più incisiva nelle istanze del territorio. Un
aspetto sul quale Emanuela Corda non ha dubbi: «La Sardegna è ben
rappresenta, soprattutto perché siamo i portavoce di tutti i territori
dell'Isola. Questo permette di avere maggiore cognizione di causa
sulle singole problematiche». Sulla stessa linea anche Vallascas,
convinto che rispetto alla precedente legislatura «ci sarà maggiore
possibilità di rappresentare la Sardegna».

I TERRITORI Il Movimento 5 Stelle ha fatto il pieno di voti in tutti e
nove i collegi uninominali, tre per il Senato e sei della Camera. Un
fattore che per Mario Puddu, coordinatore regionale della campagna
elettorale, deve guidare l'azione degli eletti anche dopo aver
ottenuto il risultato: «Noi siamo portavoce e vogliamo assolutamente
mantenere il rapporto con i territori e con i cittadini che ci hanno
dato questa grande fiducia». Dunque, oltre l'attività parlamentare, i
pentastellati eletti non dovranno spezzare il filo con i propri
collegi elettorali.
Matteo Sau

Parla Guido De Martini, il primo sardo approdato alla Camera con la Lega
«Intolleranti sì, ma non razzisti E con il Psd'Az lavoreremo bene»

«Razzisti noi? Una totale falsità. Semmai intolleranti verso chi,
indipendentemente dal colore della pelle, sta in hotel a spese nostre
e si lamenta del wi-fi o del cibo e non rispetta le regole, questo
sì». Guido De Martini è un uomo mite, gentile e loquace. Ha sposato la
Lega quando in Sardegna aveva una manciata di voti, è stato candidato
ed eletto nell'anno del boom: 93mila consensi, di cui 17mila nel
collegio di Cagliari. Così passerà alla storia per essere il primo
deputato della Lega eletto in Sardegna.

Oculista alla Asl, cagliaritano, 61 anni, racconta com'è nato l'amore
politico con Salvini. «Sei anni fa sono andato a sbattere contro gli
effetti deleteri dell'euro. Mi sono reso conto che siamo circondati da
persone che stanno male, da disoccupati, da padri di famiglia con
contratti di lavoro di 15 giorni, da ragazzi costretti ad espatriare.
E mi sono detto: ai miei tempi potevi essere un muratore, un operaio,
un carabiniere, un impiegato e potevi mettere su famiglia e comprare
casa, magari con sacrifici. Invece l'Unione europea ha cambiato tutto
in peggio, non ha tenuto fede alle promesse».

Come è entrato in politica?
«Mi sono messo a studiare i problemi comunitari e sono andato in giro
a fare conferenze alle quali partecipava molta gente alla fine delle
quali mi chiedevano che cosa si potesse fare».

Da lì a Salvini?
«Lui tra la fine del 2013 e la primavera del 2014 faceva il “Basta
euro tour” e sono andato in Lombardia a sentirlo per capire se parlava
solo alla Padania. Non era così. Poco dopo ero il coordinatore del sud
Sardegna».

Poi avete iniziato con i primi banchetti.
«Raccoglievamo firme e a fianco a ogni postazione c'era sempre una
macchina dei carabinieri o della polizia. Mai successo nulla da noi
mentre alle manifestazioni dei centro sociali e di quelli che hanno
letto i libri c'era sempre almeno una vetrina rotta».

Poi è cambiato il vento e i vostri voti sono lievitati senza un
programma specifico per l'Isola ma grazie a un'alleanza strategica col
Psd'Az.
«Vincente è stato il programma di Salvini: gestione dell'immigrazione,
stop alla Fornero, Flat tax, legittima difesa, certezza della pena. Il
Psd'Az è cresciuto anche grazie alla Lega».

E lei ha goduto del vantaggio di questa legge elettorale.
«È indubbio che gli elettori abbiamo scelto soprattutto il simbolo più
che i candidati».
Quando ha capito che avreste potuto sfondare anche in Sardegna?
«Il punto di svolta è stata, a novembre, la manifestazione con Salvini
a Cagliari».

Perché?
«Dovevamo scegliere una sala alla Fiera e molti militanti mi
suggerivano di prenderne una piccola. Io ho preso la più grande e
l'abbiamo riempita: c'erano 1200 persone entusiaste».
Che cosa pensa di un possibile accordo col M5S?
«Decidere spetta a Salvini, che per ora lo ha escluso. Io dico solo
questo: che la Lega stia in maggioranza o all'opposizione, saprà
incidere. Come ha fatto nella scorsa legislatura bloccando lo Ius soli
con 30 parlamentari».

Avete bloccato lo Ius soli ma non siete razzisti.
«Non lo siamo e lo dimostra il fatto che abbiamo eletto il primo
parlamentare di colore: Tony Iwobi, uno che è stato studente, ha fatto
i lavori più umili, lo stagista e oggi ha un'impresa con 12
dipendenti».

Ieri Balotelli ha detto che un nero non può stare in un partito razzista.
«La Lega non è razzista, semmai intollerante nei confronti di chi non
rispetta le regole».

E che cosa significa stop invasione, aiutiamoli a casa loro...
«Che non possiamo accogliere tanta gente».

Volete imporre i dazi come Trump?
«Siamo per un protezionismo intelligente, per la difesa della nostra
nazione e dei nostri prodotto, lo fa anche la Merkel. Non vogliamo
essere costretti a consumare arance marocchine o olio tunisino».
Flat tax o zona franca?
«Sono simili perché trattano della riduzione delle aliquote».

Che rapporti ha con Christian Solinas?
«Lavoreremo assieme su continuità territoriale e bilinguismo, collaboreremo».
Il suo collega di partito, Dario Giagoni, ha presentato un ricorso che
potrebbe penalizzare anche lei.
«Ne abbiamo parlato, lui ritiene che gli spetti un seggio di FdI,
vedremo. Certo è che questa legge elettorale è troppo complessa anche
per chi deve applicarla».

Fabio Manca

No a nuove urne
Berlusconi apre a un'intesa

Silvio Berlusconi apre alle larghe intese e come leader di Forza
Italia farà «tutto il possibile, con la collaborazione di tutti, per
consentire all'Italia di uscire dallo stallo, di darsi un governo, di
rimettersi in modo» scongiurando «una paralisi che porterebbe
ineludibilmente a nuove elezioni». Il leader azzurro mette le carte in
tavola in una lettera inviata ai neoeletti, nella quale li convoca per
mercoledì 14 marzo alle 15.30 per la prima riunione dopo il voto. Il
messaggio dell'ex Cav è chiarissimo, anche quando parla di «leale
collaborazione con i nostri alleati» non si lancia completamente in
una dichiarazione “fedeltà” a favore di Matteo Salvini.

L'impegno «resta fermo a sostenere il candidato premier indicato dal
maggiore partito della coalizione» scrive ma si devono, sottolinea
«produrre le condizioni di una maggioranza e di un governo in grado di
raccogliere un consenso adeguato in Parlamento per dare attuazione ai
nostri impegni programmatici». Insomma il centrodestra ha vinto,
questo lo certificano i voti degli italiani, ma da soli non si può
dare vita a un esecutivo e se qualche mese fa in campagna elettorale
il refrain era «senza maggioranza si torni a votare» oggi l'ex
premier, quasi accogliendo l'appello del capo dello Stato Sergio
Mattarella, parla di urne anticipate come uno scenario totalmente da
evitare. Tutto questo non si sposa, è evidente, con l'ala del partito
nordista, guidata da Giovanni Toti, che invece vorrebbe convergere in
un partito unico con leader Salvini.


-----------------
Federico Marini
skype: federico1970ca

Nessun commento:

Posta un commento