giovedì 29 marzo 2018

Rassegna stampa 29 Marzo 2018


La Nuova Sardegna

Lega-M5S, lite sul governo  Ma al Senato è patto anti-Pd Nessun questore ai Dem, renziani infuriati. E Salvini sfida Di Maio

Non cala la tensione tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio e la partita per costruire una maggioranza di governo si intreccia con quella per gli uffici di presidenza di Camera e Senato. Ieri a Palazzo Madama i grillini hanno consumato lo strappo col Pd, lasciando alla sola Anna Rossomando una vicepresidenza e escludendo i dem dal lotto dei questori. E ora il Pd minaccia di disertare gli incontri indetti per oggi dai Cinquestelle per la trattativa sul governo.

LO STRAPPO Tutto come da copione per i vice della presidente Elisabetta Casellati: oltre alla candidata del Pd vengono eletti Roberto Calderoli (Lega), Ignazio La Russa (FdI) e Paola Taverna (M5S). I Dem invece non entrano nella partita dei questori, a cui pure puntavano dato che, a sovrintendere collegialmente alla polizia, ai servizi del Senato e al cerimoniale, predispongono il progetto di bilancio e il conto consuntivo del palazzo.

Ma nella votazione se li spartiscono grillini e centrodestra: i primi piazzano Laura Bottici, mentre la Lega Paolo Arrigoni e la cosiddetta quarta gamba, Noi con l'Italia, ottiene Antonio De Poli. E così sui segretari d'aula, con Tosato e Nisini (Lega), Giro e Carbone (FI). Del Movimento 5 Stelle Castaldi, Montevecchi, Puglia e Pisani.

LE REAZIONI «Un fatto gravissimo», denuncia il capogruppo dem Andrea Marcucci, «per la prima volta nella storia repubblicana l'opposizione parlamentare non avrà accesso al funzionamento della macchina del Senato». «Quando lo facevamo noi era spartizione, ora che lo fanno loro è volontà popolare», ironizza Matteo Renzi. Si unisce alla protesta il reggente Maurizio Martina, e dalla Camera si fa sentire molto duramente anche il neo deputato sardo Gavino Manca: «Mai vista una simile indecenza. Una spartizione pura e semplice: chi vorrebbe rappresentare il nuovo in realtà mostra solo un'assurda fame di poltrone».

GLI SVILUPPI La polemica potrebbe incidere sugli incontri chiesti per oggi dal M5S a tutti i partiti. Lega, Leu e Forza Italia ci saranno, FdI no perché bolla i 5Stelle come «inaffidabili». Ora il timore è che anche il Pd respinga l'invito. L'asse M5S-centrodestra sulle nomine non significa però che sarà facile creare una maggioranza di governo, come dimostra il nuovo scambio di battute tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Col primo che esclude di andare a Palazzo Chigi solo per cambiare la legge elettorale («per quello trovino qualcun altro») e su Di Maio chiede: «Da solo dove va? Voglio vederlo trovare 90 voti», quelli che gli mancano per avere la maggioranza alla Camera.

Secca la replica del capo politico dei Cinquestelle: «Salvini dice che gli bastano 50 voti. Vuole fare il governo con i 50 voti del Pd in accordo con Berlusconi? Auguri!». Tirato per la giacca il Pd replica con Matteo Orfini: i dem saranno all'opposizione, non ci sarà nessun governo con i voti dei democratici.



Unione Sarda

C'è vita dopo la politica: cosa fanno gli ex parlamentari - Uras nello
staff di Pigliaru, Pes e Sanna insegnanti. E Piras scrive un noir

In una mattina di primavera a metà settimana l'ex senatore Luciano
Uras sta lavando i piatti. Libero ormai da impegni istituzionali (è
stato sconfitto il 4 marzo dallo skipper del Movimento Cinque Stelle)
risponde al telefono dopo parecchi squilli, da casa sua, dalla cucina
per la precisione, contento e fiducioso - così dice - per il futuro
che lo aspetta. «Cosa farò adesso? Bé, torno al mio lavoro di
funzionario regionale, sarò nello staff del presidente, sto per andare
a vedere il mio nuovo ufficio».

C'è chi l'ha presa sportivamente, chi invece si sta ancora rodendo il
fegato per la rabbia, chi ha già superato la botta e con una sana dose
di realismo ha preso atto che la vita continua, chi si è ritirato a
meditare e scrivere. Comunque, tutti i parlamentari non riconfermati
continueranno con la politica, «quella a contatto con la gente».
Sottolineano i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo in uno
dei loro libri-inchiesta che «che la Casta, una volta che sei dentro,
ti permette di campare per sempre.

Un po' in Parlamento, un po' nei
consigli di amministrazione, un po' ai vertici delle municipalizzate,
un po' nelle segreterie. Basta un po' di elasticità». Vedremo cosa
faranno i “nostri” per sbarcare il lunario e/o mantenere il potere.
Per adesso, tutti raccontano di un'esistenza che più normale non si
può.

Luciano Uras , 63 anni, viene eletto per la prima volta nel 2004
consigliere regionale tra le fila di Rifondazione comunista e poi di
nuovo nel 2009. Alle Politiche del 2013 diventa senatore di Sinistra
ecologia e libertà, in seguito aderisce a Campo progressista e alle
scorse Politiche rappresenta la coalizione di centrosinistra
nell'uninominale alla Camera a Cagliari.

«Sono un funzionario
regionale, ero in aspettativa, sono andato via quando dirigevo
l'Agenzia del lavoro, ora tornerò alla mia vecchia professione, sarò
in presidenza, Pigliaru potrà fare affidamento sulle mie competenze.
Lo stipendio? Circa 2400 euro. Il vitalizio? Dal Consiglio inizierò a
percepirlo da aprile; dal Parlamento a ottobre 2019, quando compirò 65
anni. Inoltre, sto contribuendo a ricostruire la base organizzativa di
Campo progressista, puntando soprattutto sulle donne».

Ignazio Angioni , 50 anni, Pd, anche lui ex inquilino di Palazzo
Madama (per una legislatura) è tornato a fare quello che faceva prima,
il dirigente della Lega delle cooperative; così come Giampiero Scanu ,
64 anni, Pd, tre legislature - da deputato e da senatore - e due anni
al Governo da sottosegretario, che ha ripreso a fare il dirigente
dell'Inps, a Roma, ma «dal primo agosto andrò in pensione e me ne
andrò al mare, a Olbia. Se mi manca il Parlamento? Sì, se uno vuole lì
lavora, e a me piaceva lavorare».

Francesco Sanna , 52 anni, Pd, eletto consigliere regionale con la
Margherita nel 2004 poi, prima senatore e dopo deputato, riprenderà a
fare l'avvocato, «mi occupo di imprese soprattutto, il mio studio avrà
come base Iglesias, con la politica continuo come cittadino e
dirigente del partito, la politica non può essere una carriera
professionale, oggi è importante avere una professione “robusta”, in
modo da non dover dipendere dalla remunerazione dell'attività politica
e poter uscire di scena in maniera elegante, senza recriminazioni e
senza cercare ossessivamente campo d'atterraggio».

Caterina Pes , 57 anni, dieci in Parlamento, spiega: «Come sto? Bene,
mi sto riappropriando di ritmi umani. Ovviamente la passione per la
politica e la militanza vanno avanti. Riprenderò a insegnare al liceo
classico di Oristano, filosofia e storia, e intanto proseguo con un
master in filosofia contemporanea e logica, all'Università Tor
Vergata».

Anche Giovanna Sanna , 57 anni, ex sindaca di Florinas ed ex deputata,
tornerà a insegnare, matematica e scienze a Sassari, la sconfitta,
spiega, «fa parte del gioco, nulla resta immutato, io continuerò a
fare politica nel Pd, uno dei pochi partiti rimasti».
Roberto Capelli , 61 anni, dichiara di essere «in pensione dal
Consiglio regionale», cioè dal mese prossimo avrà il vitalizio e
spiega che si sta «godendo la famiglia e un periodo di riflessione».

Ancora: «Mi sto occupando del Centro Democratico a livello
nazionale».Mauro Pili , 51 anni, dopo dodici anni a Montecitorio
avverte: «Devo seguire il mio movimento, Unidos, e le numerose
battaglie in corso. Ora sono impegnato nella class action contro
Abbanoa, dopo Pasqua inizierò un tour dell'Isola, 10 comuni al giorno.
A settembre deciderò cosa fare».

Roberto Cotti , ex senatore del M5S non ricandidato, prima insegnava
economia del turismo in corsi regionali. «Non ho ancora trovato
qualcosa da fare, male che vada ci sarà il reddito di cittadinanza».
Michele Piras , 46 anni, ex Sel, ex Mdp, spiega che si sta rilassando.
«Sono tornato al mio paese, Borore, e a quattro mani con un amico sto
scrivendo un noir politico. È un esercizio utile per razionalizzare,
per indagare sul collasso della sinistra e capire cosa si può fare per
la ricostruzione».

Silvio Lai , già senatore e segretario regionale del Pd, non è in vena
di chiacchiere: «Cosa farò? Scusa, non ho voglia di rispondere».
Cristina Cossu


La Nuova

Lega-Psd'Az, Solinas eletto vice capogruppo al Senato
SASSARI

Christian Solinas vice presidente del gruppo della Lega al Senato.
Gruppo che si chiamerà Lega-Psd'Az. Al vertice del gruppo dei 58
senatori leghisti è stato eletto per acclamazione Gian Marco
Centinaio. Solinas sarà il suo numero due. Una scelta che va a
rafforzare il legame tra il partito di Salvini e i sardisti guidati da
Solinas. Un accordo che era stato accolto con molte perplessità
nell'isola, anche dalla stessa base sardista, ma che invece è stato
premiato dagli elettori.

Il 4 marzo il tandem Lega-Psd'az ha superato
quota 10 per cento. Un risultato che neanche i più ottimisti avevano
messo in conto. E alla luce di questo accordo si fa sempre più strada
la possibilità che i due partiti possano presentarsi insieme anche
alle regionali del 2019. L'elezione di Christian Solinas al Senato -
che nonostante fosse candidato anche in un seggio blindato in
Lombardia è stato eletto in Sardegna - segna il ritorno dei sardisti
in Parlamento dopo 22 anni di assenza.

«Non farò il suo ministro. Voglio vederlo trovare 90 voti»
Delrio chiude ai pentastellati: «Non siamo a disposizione»
La sfida di Salvini Crisi con Di Maio
di Serenella Mattera

ROMA«Oggi ci siamo scritti e vedrò Di Maio prima delle consultazioni
ma dire «io io io» non è il miglior modo di dialogare. Gli servono 90
voti. Da solo dove va?», dice Matteo Salvini. «Vuole fare il governo
con i 50 voti del Pd di Renzi in accordo con Berlusconi? Auguri!»,
ribatte Luigi Di Maio. Prosegue così la schermaglia tra i due
protagonisti della partita per il governo. Sullo sfondo, il nodo di
chi sarà il premier: «Non farò il ministro di Di Maio», dice Salvini.
Ma il capo M5s su Palazzo Chigi non sembra transigere. E un possibile
nome terzo, non si vede all'orizzonte.

Le consultazioni al Quirinale
inizieranno mercoledì 4 marzo. Ma il primo giro rischia di andare a
vuoto. Perché la via di un'intesa giallo-verde è irta di ostacoli, a
partire dalla volontà di Salvini di includere Forza Italia. Il M5s
prova a rilanciare la propria iniziativa convocando già per domani un
incontro «sui programmi» dei capigruppo di tutti i partiti. Ma il Pd,
corteggiato dai grillini e agitato dalle sue divisioni, si tira fuori:
«Non avranno i nostri voti», dice Matteo Renzi.

Anche Salvini prova a
spingere sull'acceleratore: «O parte un governo o si va subito al
voto. Non ci sto a tirare a campare, discutere per un anno di legge
elettorale sarebbe devastante». Il leader della Lega assicura che il
centrodestra è «granitico», anche se al primo giro di consultazioni
ognuno si presenterà per proprio conto. E aggiunge che con il M5s «c'è
un dialogo»: un governo è possibile. I Cinque stelle proseguono in
realtà un corteggiamento sotto traccia al Pd. Ma Salvini, che fa
sapere che non accetterebbe un incarico «al buio» senza avere prima un
accordo, mostra di non crederci: «Voglio veder Di Maio trovare 90 voti
in giro che si convincono...».

Il leader della Lega esclude un
esecutivo con i Dem, ma assicura che M5s non ha l'esclusiva dei
contatti: «Sento tutti i pezzi del Pd». L'accenno di Salvini ai
«pezzi» del Pd non è casuale, perché dietro l'unità sulla linea
dell'opposizione, il partito democratico sembra diviso in due, tra
renziani e orfiniani che rifiutano ogni dialogo e il correntone
«governista» che non vuole l'Aventino. Ma per consentire a un governo
M5s di nascere servirebbero un centinaio di voti e tutti i
parlamentari Dem dovrebbero dire sì alla fiducia, mentre per un
esecutivo del centrodestra basterebbe il sostegno esterno di una
cinquantina di deputati Pd.

Ecco perché Di Maio alla provocazione di
Salvini risponde: «Vuole fare il governo con i 50 voti del Pd di
Renzi? Auguri!». «I voti del Pd non sono a disposizione. Decidiamo
noi», replica il capogruppo Graziano Delrio. E nel giorno in cui i Dem
lamentano di essere stati tagliati fuori da M5s e Lega dagli incarichi
negli uffici di presidenza di Camera e Senato, tutto il partito tiene
la linea. «Opposizione», ripete come un mantra Matteo Renzi, che
sottoscrive le parole di Matteo Orfini, che a Di Maio su Twitter
risponde: «Scusate se interrompo il corteggiamento, ma il Pd starà
all'opposizione». In serata, infine, è il reggente Maurizio Martina a
tirare per ora fuori il partito, rispondendo picche all'invito dei
capigruppo M5s a un confronto sui programmi: «Non parteciperemo,
attendiamo con rispetto le consultazioni del Quirinale».

Lo fanno «per
ripicca», ribattono i capogruppo M5s Giulia Grillo e Danilo Toninelli,
che stamani riceveranno i presidenti dei gruppi Fi e Lega. I Cinque
stelle sperano di dipanare la matassa governo a partire dai programmi.
L'incontro difficilmente sarà risolutivo ma l'assenza del Pd al tavolo
potrebbe indicare la via maestra: un accordo M5s-centrodestra.

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Federico Marini
skype: federico1970ca


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