giovedì 7 giugno 2018

Alla ricerca di una chiesa col profumo di chiesa. Di Elisa Lai.



Quando ero piccola la chiesa aveva profumo di chiesa. Tutto profumava genuinamente: le candele bruciavano il loro forte odore di cera, i fiori gridavano primavera e l'acqua benedetta nella fonte sapeva inconfondibilmente di acqua benedetta, ovvero di tutte le altre cose messe insieme.

Quando entravo in chiesa il mio naso era al settimo cielo. Ma era solo frutto del potere accrescitivo dell'infanzia, quello che ti faceva vedere una stanza come un salone da ballo e sentire il bruciore di un graffio come quello di una ferita in cancrena. È quello che ti permette di vedere dei e diavoli, credere al bene e al male, dividere il mondo in assolutamente buoni e assolutamente cattivi.

Vado cercando una chiesa che sappia di chiesa da anni. Inutilmente. Non credo più in dio, ma appena mi capita l'occasione entro a casa sua per annusarla. L'acqua della fonte sa di acqua, cioè di niente. Le candele di cera hanno quasi ovunque ceduto il passo a quelle elettriche, asettiche. I fiori quasi si vergognano di gridare primavera in questo silenzio generale, sussurrano un poco, ma roba da nulla. Il grande vuoto.

Eppure continuo a cercare, e ogni volta che entro in chiesa mi piglio sedici pesti consecutive. Le cose sono due: o io ho un organismo di merda oppure dio, che esiste nonostante io lo neghi, è un profumiere molto geloso delle sue ricette che da anni tenta di dirmi "credi in quello che vuoi, ma vai a odorare casa tua".

Di Elisa Lai

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